16 maggio 2023
E' già stato detto tanto, perché aggiungere qualcosa? perché tanti hanno vissuto, in una specie di realtà parallela interiore, la stessa cosa: si chiama empatia la sensazione che il vicino che racconta di sé stia parlando in qualche modo all'unisono col tuo cuore, e tu non riesca ad ascoltare annoiato, perché sta solo declinando in altre forme la tua stessa memoria profonda. .......Eravamo puntini isolati su una carta geografica stravolta, irriconoscibile:
Via Oslavia
L’unica cosa davvero irreparabile sono le vittime, ma è comunque irreparabile anche il nostro ricordo di quei giorni, di quelle ore infinite, di quell’acqua, di quel fango e di quella angoscia persistente che ti oscura l’anima.
In quei giorni il futuro non era neppure pensabile, ci si domandava quando sarebbe stato possibile rientrare a casa e quando saremmo potuti tornare ad una vita normale, in una casa accogliente e vivibile.
E persiste anche quella costante preoccupazione per il futuro con una altrettanto costante domanda: mi ritroverò ancora a lottare per mesi contro il fango? Non possiamo cancellare il dolore di quei giorni quando anche dormire e consumare un pasto non era scontato. Non possiamo dimenticare il rumore degli elicotteri impegnati a salvare tante vite, né le grida di aiuto che si levavano nella notte scura, né le lacrime per aver perso i ricordi di una vita.
Ma non possiamo dimenticare neppure i grandi aiuti ricevuti, le persone dietro alle pale che ci hanno aiutato in modo instancabile.
Non possiamo dimenticare l’enorme umanità che ci ha invaso.
Via Plinio il Vecchio
Appoggiata allo steccato all'angolo con via Consolare, guardavo con sgomento il lento defluire dell'acqua, laggiù dopo la curva di via Plinio il Vecchio, un cancello ormai smarrito, coperto dal fango e dalle fronde di una vegetazione avvizzita. Nel cuore le immagini della mia quieta e placida via, dove un tempo si udiva il respiro del sole, nel dolce aprirsi di giardini imbellettati dai fiori.
Tragedia subita e affrontata con orgoglio, ricordi e affetti difesi coi denti.
Rabbia, fatica ...e l'affanno di una sfida che senti impossibile.
Tra i sassi in giardino oggi è sbocciato un pallido fiore, sembra di seta e profuma di miele
Meravigliosa emozione di chi non si arrende e non vuole ormai più vedere altro!
Via Monte San Gabriele
L'acqua inizialmente è arrivata piano; eravamo tutti sull'argine a controllare inutilmente il fiume che cresceva e che piano piano si è riversato in strada per poi arrivare alle nostre case, facendosi beffa dei sacchi di sabbia messi sulle porte.
Così l'acqua arriva in casa con garbo, scivola sotto l'ingresso, quasi a non voler disturbare.
Noi siamo increduli e speriamo si fermi, ma poi arriva tumultuosa, va via la luce, l'acqua sale velocemente, ora è arrabbiata e travolge e scaraventa via mobili e ricordi di tutta una vita.
Cerchiamo di salvare quanto possibile, ma ora è tutto spaventoso e l'acqua continua a salire...ho paura, tantissima e mi affido ai soccorsi.
Via Locchi
Inferno di fango.
Via Locchi è come un assurdo incubo....Mezzo chilometro e torni alla normalità.
Sono stremata dalla fatica.
Ho il fango secco negli occhi e nelle narici.
E ogni volta che mi avvicino a quell'incubo la bocca dello stomaco si chiude
È come entrare in un videogioco ambientato in un mondo post apocalittico: avanzi di un passato quotidiano accatastato ai bordi delle strade grigie di fango secco.
Nuvoloni di sabbia al passaggio dei mezzi pesanti
Forze dell'ordine ovunque, Bob-cat, camion, camionette.
Voragini.
Puzza di gas.
Cuori spezzati di anziani che hanno i loro ricordi svelati, infangati, strappati ad una lunga e fragile intimità.
Silenzio
Solo fragori di cose gettate.
E poi di nuovo silenzio, sommesso, assordante.
Poi cala la notte. Rimangono palazzi bui, cancelli violati, entrate infangate. Silenzio ancora più spettrale.
Niente musica, nè rumore di piatti e posate o sedie che si muovono.
No TV, no radio e nemmeno il brusio di sottofondo delle auto sulla Via Emilia.
Ti aspetti un Armageddon dietro ogni angolo, e chissà se Goldrake arriverà a salvarti.
ALLUVIONE: E’ FANGO
CHE MI SOFFOCA
E APPICCICA I MIEI SOGNI
ODORE DI MOBILI GETTATI
DELIRIO DI RICORDI VIOLATI
SEGRETI IMPROVVISAMENTE SVELATI
VITE ATTONITE RACCOLTE AI LATI
DI VORAGINI
CHE SONO DOLORE
E MANCANZA
DISPERAZIONE
DEL NULLA RIMASTO
Via del Canale
Ore 16: "Portiamo le bimbe dai miei che sono al terzo piano, sicuro da loro non arriva"
"Ok, ma tanto non arriva, è impossibile"
Ore 17: "Andiamo a prendere i sacchi a Schiavonia? Almeno mettiamo al sicuro le portefinestre"
"No no, pesano troppo, e in macchina ne entrerebbero troppo pochi, non servirebbero a niente. E comunque tranquilla, è impossibile che arrivi da noi!"
Ore 19: ceniamo
Ore 20: "Mettiamo le auto in garage, almeno se arriva l'acqua non iniziano a galleggiare e non ci arrivano in casa"
"Ok, vado pure a staccare la corrente dal cancello e lo lascio aperto, ma tanto non arriva"
Ore 20,50: "Le auto di via del Canale iniziano a rigirarsi nel nostro cancello per scappare dall'acqua, cominciamo ad alzare le cose da terra!"
"Si ma è impossibile, qui non può arrivare"
Ore 20,55: "CAZZO STA ENTRANDO!"
"È arrivata..."
Via Monte Pasubio
Buio pesto, freddo, silenzio; luci impazzite di auto in agonia che poco a poco smettono di lottare e si spengono. Ho controllato tutto il giorno il canale davanti casa ma la furia del Montone è arrivata inesorabile alle mie spalle e da questo momento, come se all'improvviso fossi diventata davvero "adulta", so che una forza incredibile ed enorme mi ha toccato, ricordandomi le mie reali dimensioni umane; percepisco confusamente che da ora in poi niente sarà più come prima, ma il fango non mi avrà, non voglio pensarlo. Ora vorrei solo il silenzio intorno, sono stanca, ma scopro ogni giorno di più che tanti mi accompagnano, perché quel silenzio inesorabile che scorreva insieme col fango è rimasto dentro di noi. Torno ad alzarmi come hanno fatto, nel tempo, tanti prima di me, e a danzare con Pessoa, per non dimenticare che devo accettare, a capo chino ma senza retrocedere di un passo, i silenzi e gli orizzonti ignoti.
Di tutto restano tre cose:
la certezza che stiamo sempre iniziando,
la certezza che abbiamo bisogno di continuare,
la certezza che saremo interrotti prima di finire.
Pertanto, dobbiamo fare:
dell’interruzione,
un nuovo cammino,
della caduta,
un passo di danza,
della paura,
una scala,
del sogno,
un ponte,
del bisogno,
un incontro.
Eravamo puntini isolati... ora siamo tessere di un mosaico, o, ancor meglio, se davvero non vogliamo dimenticare, pietre di un arco di volta, che non possono cadere perché si sostengono reciprocamente.
Se vuoi esprimere i tuoi pensieri o i tuoi ricordi, per condividerli, per dare valore al tuo vissuto, per testimoniare quei giorni, nel modo che preferisci ma in forma breve, inviali a vittimedelfangoforli@gmail.com, indicando la via o la località in cui ti sei trovato: il tuo contributo sarà inserito tra gli altri, in forma anonima, salvo tua esplicita richiesta di firma.
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