Per la posizione dell’accento nella lettura esistono tre leggi:
- Legge del trisillabismo: l’accento non va mai oltre la terzultima sillaba.
o Quindi può esserci al massimo una parola sdrucciola, tipo "tàvolo" (ad es. ìncipit), ma assolutamente non una parola bisdrucciola, tipo "telèfonami".
- Legge della baritonèsi: in latino l'accento non cade mai sull'ultima sillaba: non esistono quindi parole tronche, tipo "città".
o C'è qualche eccezione (apparente): adhùc, illìc, illùc e parole di questo genere; ma in realtà si tratta di parole apocopate, ovvero mutile dell'ultima sillaba (in origine erano adhùce, illìce, illùce).
- Legge della penultima: (regola più importante) riguarda le parole di tre o più sillabe.
o se la penultima sillaba è lunga: l'accento cade su di essa;
o se la penultima sillaba è breve: l'accento cade sulla sillaba precedente.
- Se la parola presenta la congiunzione enclitica –que l’accento cade sulla vocale immediatamente precedente all’enclitica (-que è una congiunzione coordinante copulativa, si unisce alla fine della parola che segue; es. puer puellàque = il ragazzo e la ragazza)
o populùsque (e il popolo)
N.B. Non bisogna lasciarsi ingannare dall’accentazione italiana.
Esempi:
o cadĕre (càdere = cadere)
o ridēre (ridère = ridere)
o philophĭa (filosòfia = filosofia)
o gratuītus (gratuìtus = gratuito)
o sapĕre (sàpere = sapere)
o geometrĭa (geomètria = geometria)
o mordēre (mordère = mordere)