BULLISMO E CYBERBULLISMO
Venerdì 21/03/2025 io e la mia classe abbiamo partecipato a un incontro con la dottoressa Mastronardi, psicologa, nell’ambito del progetto “bullismo e cyberbullismo”.
Prima di iniziare, la dottoressa ci ha illustrato tutti i tipi di bullismo che si possono verificare: fisico, attraverso la violenza appunto fisica; verbale, attraverso le parole; cyberbullismo, attraverso i social; e infine psicologico, che si verifica quando una persona viene completamente esclusa dal gruppo o lasciata da sola.
Secondo me, le forme più brutte di bullismo sono quello verbale e quello psicologico, perché, come ha scritto Carolina Picchio (di cui parlerò in seguito) prima di suicidarsi, “Le parole fanno più male delle botte”.
Dopo averli classificati, ci siamo soffermati sui pericoli che possono avvenire nelle chat dei social o dei videogiochi, come per esempio persone già adulte che si fingono molto più giovani di quello che sono, provando a stabilire un rapporto a distanza con altri giovani, spingendoli poi a incontrarsi con i rischi che questo comporta (per esempio, essere violentati).
Per evitare che questo accada, l’esperta ci ha parlato dei possibili segnali che ci possono avvertire e allontanare da questo pericolo, ovvero se la persona inizia a chiedere dati personali come l’età, il numero di telefono, la via e se il dispositivo su cui ti scrive è controllato da adulti.
Nella seconda metà dell’incontro abbiamo parlato di alcune tragiche storie di bullismo, come la storia di Andrea Spezzacatena che, per aver indossato a scuola dei pantaloni rosa, è stato considerato da tutti omosessuale e preso in giro continuamente sia di persona che virtualmente attraverso i social e questo lo ha portato al suicidio.
Oltre alla storia di Andrea, abbiamo parlato della storia di Carolina e Igor.
Carolina Picchio era una ragazza che frequentava il liceo. Invitata a una festa, era svenuta dopo aver bevuto troppo e i suoi amici, invece di chiamare aiuto, l’hanno violentata. Anche lei, proprio come Andrea, si è suicidata.
La storia di Igor riguarda l’ultimo argomento che abbiamo trattato con l’esperta, ovvero le challenge.
Le challenge sono sfide che si postano sui social per essere virali e per noia. A volte con queste i ragazzi si spingono troppo oltre, perché secondo loro, per fare più visualizzazioni, bisogna sfiorare la morte, e Igor ha provato a farne una, mettendosi una sciarpa al collo molto stretta, fino a perdere il respiro, per poi liberarsi, ma il nodo era talmente stretto, che Igor non è più riuscito a scioglierlo ed è morto.
La cosa che mi ha colpito di più delle challenge è che c’è sempre qualcuno che riprende e che incoraggia l’altro a mettersi in pericolo, invece di parlargli e cercare di metterlo al sicuro.
(Giorgia M. 2^E)
AFFETTIVITA'
Io e la mia classe abbiamo partecipato al progetto affettività per un totale di tre incontri, due con la pedagogista e uno con l’ostetrica.
Gli incontri con la pedagogista sono stati di due tipi: nel primo e nel terzo abbiamo parlato delle emozioni, nel secondo del cambiamento fisico.
L’ostetrica, invece, ci ha parlato dei cambiamenti fisici. Ci ha detto che durante l’adolescenza il nostro corpo continua a cambiare e che è proprio alla nostra età che avvengono i primi cambiamenti: iniziamo a diventare più alti, abbiamo bisogno di mangiare di più per ricavare energie, cominciano a crescere i peli, la nostra pelle non è più liscia e perfetta e tante altre cose. Ci ha spiegato che, soprattutto adesso, dobbiamo lavarci, perché, per colpa degli ormoni, abbiamo un odore sgradevole.
Con la pedagogista nel primo incontro abbiamo realizzato un cartellone dal titolo “L’isola che…c’è!”, sul quale abbiamo riportato gli argomenti di cui abbiamo parlato, cioè le cose che perdiamo e che guadagniamo diventando grandi.
La specialista ci ha chiesto cosa secondo noi perdiamo e cosa invece prendiamo. Io credo che, quando si inizia a crescere, si perda l’essere bambino nel senso che incominciamo ad avere paura del giudizio altrui, non siamo più spensierati, perdiamo i sogni. Non siamo più quelli di prima, quando l’unico pensiero era giocare con i nostri amici. Certo diventare grandi significa avere più responsabilità, più autonomia e conoscere più cose, ma credo che tutti, se potessero, vorrebbero ritornare bambini e riavere quel pensiero magico che non riavranno mai più. Quando si diventa grandi si hanno i primi problemi con il proprio corpo e ci chiediamo cose come: perché non abbiamo la pancia piatta, perché il nostro naso è così grande o perché le ragazze sui social hanno la pelle favolosa e noi no. Questo non vale solo per le femmine ma anche per i maschi. Questi pensieri più la paura del giudizio degli altri alcune volte ci fanno arrivare a non mangiare e a soffrire di anoressia, bulimia o qualsiasi disturbo alimentare.
Abbiamo detto anche che iniziamo ad avere paura di deludere le persone. Credo che l’adolescenza e la pre-adolescenza siano i periodi più brutti e incasinati a livello emotivo, perché si riescono ad avere emozioni contrastanti allo stesso tempo e iniziamo a provare cose nuove.
Il titolo del secondo incontro con la pedagogista è stato “Il mio arcipelago”.
In esso abbiamo parlato delle persone che ci stanno intorno.
La dottoressa ci ha diviso in due gruppi, i genitori e i figli, e ci ha invitato a litigare. Subito dopo, su un cartellone, abbiamo scritto le cose che fanno i genitori e le sensazioni che proviamo noi con le persone che ci stanno intorno.
Per i genitori abbiamo scritto che ci paragonano con i nostri compagni al loro livello scolastico, ci lasciano poca autonomia e non ci ascoltano.
Grazie a questi incontri, ho capito che sto crescendo e che questo è un periodo di cambiamenti importanti. Il progetto è stato molto utile, perché adesso so che non sono sola.
(Anna F. 2^E)