IL TEMA

COME SCRIVERE UN TEMA IN OTTO MOSSE (tratto da: www.studenti.it/COME SI FA UN TEMA)

 

1) Leggere la traccia con attenzione    

Comprendere bene la traccia del tema è indispensabile per cercare di ottenere un buon voto. Prima di tutto quindi, prendetevi 5/10 minuti e leggete con attenzione la traccia, per comprendere bene quale è l'argomento del tema che dovrete affrontare ed evitare di andare fuori tema o di dilungarvi troppo su argomenti non richiesti. Dovete infatti dimostrare di conoscere bene l'argomento proposto, che sia un tema di storia, di italiano o una traccia libera. 

2) Suddividere il lavoro    

Un buon tema dovrebbe essere suddiviso in 3 parti principali:  

L'introduzione, nella quale è necessario fare, appunto, una presentazione dell'argomento che si sta per spiegare.      

Lo svolgimento, che rappresenta la parte più "corposa" del tema, nel quale dovrete analizzare dettagliatamente la traccia dell'elaborato e rispondere ad eventuali domande che sono richieste.

La conclusione, nella quale dovrete in qualche modo riepilogare l'argomento del tema, per arrivare, appunto, ad una conclusione. E' importante infatti che il tema non si interrompa da un momento all'altro, dando l'impressione che non sia finito. Bisogna quindi scrivere una frase che possa far capire a chi legge che l'argomento del tema è stato analizzato con attenzione e che il discorso che si sta portando avanti si è concluso. Sentitevi liberi di esprimere anche il vostro punto di vista, evitando comunque le polemiche oppure le estremizzazioni.

3) Fare una scaletta         

Dopo aver compreso la traccia del tema, è molto utile fare una scaletta, elencando i vari argomenti di cui si vuole scrivere nell'elaborato. Se, ad esempio, dovete svolgere un tema sulla poetica di Foscolo, potete partire dalla descrizione generale della sua poetica, per poi fare esempi concreti, magari facendo riferimento ad alcune opere oppure agli avvenimenti della sua vita che hanno portato all'elaborazione della sua poetica.  

Se invece dovete fare un tema su un argomento più generico (come ad esempio l'amicizia) cercate di segnare sulla scaletta i punti principali che volete affrontare nel tema (potete anche raccontare la vostra esperienza personale!).     

Oltre alla scaletta degli argomenti da affrontare nel tema, cercate anche di suddividere il tempo che avete a disposizione, in modo da organizzare con calma tutte le fasi dello svolgimento dell'elaborato. Una giusta suddivisione, calcolando 3 ore di tempo, può essere questa: 10 minuti per la comprensione della traccia, 20 minuti per la stesura della scaletta, 1 ora e 30 per la stesura del tema, 30 minuti per la correzione del tema e 30 minuti per la copiatura e la correzione finale del tema.  

4) Scrivere il tema 

Dopo aver riordinato le idee, arriva la parte più difficile. Dovete scrivere tutto quello a cui avete pensato e che avete segnato sulla scaletta. In questa prima fase della stesura, non preoccupatevi tanto degli errori. Iniziate ad affrontare l'argomento del tema e a rispondere alla traccia proposta. Avrete tempo poi per rileggere l'elaborato e correggere eventuali errori prima di consegnare la "bella copia". Mentre scrivete il tema, cercate di attenervi alla scaletta e di non allontanarvi dalla traccia principale del tema. Cercate di non fare frasi troppo lunghe ed articolate: meglio la semplicità per evitare che chi legge possa perdere il filo del discorso. Se dovete scrivere un articolo di giornale, ricordatevi le "5 W" dello schema giornalistico (l'articolo deve infatti rispondere a 5 domande): Who? (Chi?), What? (Cosa?), Where? (Dove?), When? (Quando?) e Why? (Perché?).

5) Rileggere il tema          

Dopo che avrete scritto l'elaborato, prendetevi 5 minuti di pausa e poi rileggete tutto il testo, facendo attenzione a quello che avete scritto. Prima di tutto dovete cercare di capire se avete risposto correttamente a quello che vi veniva richiesto dalla traccia del tema. Potete anche rileggere la traccia, per vedere se avete centrato l'argomento o vi siete allontanati troppo dal tema principale. Se pensate di aver dimenticato qualcosa potete aggiungerlo oppure potete accorciare qualche passo dell'elaborato che risulta troppo lungo ed articolato.

6) Correggere il tema       

Una volta appurato che quello che avete scritto è in linea con la traccia del tema, è importante fare attenzione al linguaggio utilizzato e agli eventuali errori grammaticali o di ortografia. Evitate di scrivere il tema come se fosse un sms: bandite quindi le "x" al posto di "per" o tutte le abbreviazioni che si utilizzano abitualmente nelle chat, negli sms o sul web (ad esempio: "cmq" al posto di "comunque", "tt" al posto di "tutti" e via dicendo). Scrivete in italiano e non utilizzate forme dialettali (a meno che non state parlando di un particolare argomento e non vogliate fare un esempio utilizzando una parola dialettale. In quel caso, però, potreste mettere la parola tra virgolette). Fate attenzione ai verbi utilizzati, soprattutto per quanto riguarda la concordanza dei tempi tra la frase principale e la frase subordinata. Evitate di utilizzare sempre la stessa parola, ma cercate anche sinonimi che possano andare bene per il contesto della frase. Un occhio di riguardo, infine, va alla punteggiatura, spesso molto difficile da usare da parte degli studenti. Un buon utilizzo della punteggiatura serve infatti per rendere il tema più scorrevole, soprattutto per chi lo legge. 

7) Copiare il tema  

All'insegnante dovrete consegnare una "bella copia" del tema, non la "brutta copia" che magari sarà piena di errori, correzioni o di frasi scritte e poi cancellate. Arrivati a questo punto, comunque, il tema è pronto. Dovrete solo ricopiarlo su un nuovo foglio per dare al vostro prof un elaborato perfetto, anche esteticamente

8) Rileggere la "bella copia" del tema 

Dopo aver ricopiato il tema, è indispensabile rileggerlo un'ultima volta. Magari arrivati a questo punto sarete stanchi e non vedrete l'ora di consegnarlo, ma è importante leggerlo di nuovo per controllare che non ci siano errori di trascrizione, dovuti ad un attimo di distrazione. Sarebbe veramente un peccato avere un voto in meno per qualche semplice errore di distrazione. Fate quindi un ultimo sforzo e ricontrollate il tema scritto per essere sicuri di non aver commesso errori grammaticali o ortografici ricopiando l'elaborato. 

PROVA ORA A SVOLGERE IL TEMA SEGUENTE:

SVILUPPA LA TRACCIA :   

Cara Prof…

Racconta le tue ansie, le preoccupazioni, i timori, legati alla crescita. 

Stai gradualmente entrando nel mondo dei “grandi”. La scuola media è il primo passo importante di questo lungo cammino. Come hai vissuto l’impatto con questa realtà? Cosa temi di più del mondo dei grandi? Che cosa, invece, ti fa sentire più sicuro/a e protetto/a? Cosa vorresti che gli adulti facessero, per aiutarti in questo percorso?

 

DI SEGUITO, TROVERAI ALCUNI ELABORATI. 

SI TRATTA DI TEMI GIA' SVOLTI DA ALTRI MIEI ALUNNI. PUOI DARCI UN'OCCHIATA E, SE LI TROVI INTERESSANTI, LI PUOI SCARICARE E CONSERVARE, COME MODELLI SUI QUALI BASARTI PER I TUOI ELABORATI.


Le scoperte geografiche

 

I viaggi di esplorazione compiuti dagli Europei tra il XV e il XVI secolo e, in particolare, la scoperta del Nuovo Mondo, cambiarono le conoscenze geografiche e modificarono la vita degli uomini del tempo. Bisognava scoprire nuove terre e trovare vie alternative per raggiungere le Indie. Nel 1453 i Turchi Ottomani avevano conquistato Costantinopoli e, più tardi, il Mediterraneo orientale rendendo pericolose le vie di commercio tra Europa e Asia. Nel Quattrocento le difficoltà di navigazione erano però enormi ed era necessario superare molte paure. Gli uomini dell’epoca ritenevano folle oltrepassare lo stretto di Gibilterra e si pensava che all’Equatore l’acqua ribollisse per il caldo. Tuttavia esistevano utilissimi strumenti per la navigazione come la bussola, il quadrante che permetteva di individuare la stella Polare e l’astrolabio che stabiliva la latitudine. Venne introdotta la caravella, un’imbarcazione adatta alla navigazione in oceano, che permise a Cristoforo Colombo di scoprire l’America nel 1492, data in cui gli storici decisero di dar inizio all’età moderna. La scoperta dell’America ha infatti segnato l’inizio di nuovi scambi commerciali con il Nuovo Mondo e la perdita d’importanza del Mediterraneo nei commerci a vantaggio di stati come la Spagna e il Portogallo. L’Europa aveva bisogno delle preziose spezie dell’Oriente (pepe, cannella, zenzero, ecc.) che servivano come alimenti e medicinali. Le Indie erano le terre della seta e dei tessuti preziosi che giungevano nel Mediterraneo grazie ai mercanti arabi e in Europa grazie a Genovesi e Veneziani. Il prezzo di queste merci era elevato. Già prima di Colombo altri navigatori avevano cercato di raggiungere l’Oriente. Colombo non si rese mai conto di aver scoperto un nuovo continente. Soltanto più tardi Amerigo Vespucci si convinse che quella era una nuova terra. In suo onore fu chiamata America.
Colombo voleva raggiungere l’Oriente navigando verso ovest. L’idea si basava su due convinzioni. La prima era che la Terra fosse sferica e la seconda era che la distanza tra le Canarie e il Giappone non superasse le 3000 miglia. In realtà ce ne sono 10.000! Per poter realizzare la sua impresa ottenne i finanziamenti da Isabella di Castiglia. La regina gli concesse il titolo di ammiraglio, navi ed equipaggi. Il 3 agosto 1492 salpò da Palos con due caravelle, la Nina e la Pinta, e la Santa Maria, la nave ammiraglia. Sulle sue navi c’erano anche sonagli e perline di vetro da usare per gli scambi con gli indigeni o come doni. Dopo oltre un mese di navigazione, il 12 ottobre Colombo sbarcò su una piccola isola da lui ribattezzata San Salvador e chiamò indiani gli abitanti dell’isola, credendo di essere giunto in India. Mentre gli Spagnoli, grazie all’impresa di Colombo, ottenevano nuove terre, i Portoghesi decisero di circumnavigare l’Africa per raggiungere l’Oriente. Ciò accadde nel 1498 con Vasco Da Gama che, dopo aver doppiato il Capo delle Tempeste, poi ribattezzato Capo di Buona Speranza, raggiunse Calicut in India.
Altre spedizioni importanti furono quelle compiute dai fratelli Caboto in Canada e nell’isola di Terranova (1497-1498) e la spedizione di Cabral che nel 1500 raggiunse il Brasile.     
La prova definitiva che la Terra fosse sferica si deve a Ferdinando Magellano che compì il primo giro del mondo. Egli partì nel 1519 trovando nell’estremo sud lo stretto che oggi porta il suo nome. Raggiunse l’oceano Pacifico, l’isola di Guam, ma non fece più ritorno in Europa perché perse la vita in uno scontro con gli abitanti delle Filippine. Soltanto una delle sue cinque navi tornò in patria.      
Le terre scoperte furono suddivise tra i sovrani di Spagna e Portogallo con il trattato di Tordesillas. Esse vennero separate da una linea immaginaria, la raya, presso il 50° meridiano, in terre a est e a ovest di questa: quelle a est appartenevano al Portogallo, quelle a ovest alla Spagna. Portoghesi e Spagnoli furono autorizzati dai papi e in cambio diffusero la fede cristiana tra i popoli sottomessi.

 

Giorgia M. 2^G

 

L’EDUCAZIONE 

 

L’educazione dei figli è un percorso, a parer mio, molto difficile.

È un argomento delicato, riguardo al quale persistono diversi studi, come la pedagogia.

Anche senza una laurea in questa facoltà, l’educazione dei figli è un vero e proprio lavoro.

Quando si mette al mondo un figlio, bisogna assumersi tutte le responsabilità ed essere consapevoli del tempo che esso richiede.    
Essere genitori non è semplice.

L’educazione è un trasferimento di valori, un insegnamento fondamentale per la vita di tutti, per vivere in un ambiente più confortevole.

L’educazione, a parer mio, si basa su piccolezze, come salutare, ringraziare…

Il rispetto del prossimo, è una delle prime cose che i miei genitori mi hanno insegnato.

Portare rispetto, anche se non viene ricambiato, salutare e ringraziare, aiutare chi si trova in difficoltà…

I miei genitori non hanno avuto purtroppo tanto tempo per starmi vicino, anche se hanno sempre fatto del loro meglio.

L’educazione non viene insegnata solo a casa, ma anche a scuola, nei libri, sui mezzi di trasporto.

Io ho appreso molto dall’esterno, ad esempio lasciare il posto alle donne in gravidanza oppure agli anziani in difficoltà, gesti che per qualcuno possono sembrare banali, invece è proprio in questi atti che dimostro la persona che sono.

Spesso mi capita, quando esco con i miei amici, di vedere ragazzi della mia età sputare per terra, urlare addosso alla gente, gettare l’immondizia per strada anche se si ha il cestino sotto il naso. Mi chiedo se sia colpa dei genitori o delle persone e degli ambienti che frequentano.

La colpa di una cattiva educazione viene data generalmente ai genitori, che vengono accusati di non aver prestato le giuste attenzioni e di non aver imposto abbastanza regole, eppure i genitori dei delinquenti non sono tutti criminali.
L’ambiente e gli individui che ci circondano influenzano il nostro modo di fare.
Per quanto mi riguarda, io non sono la persona più educata del mondo, come non sono la più maleducata, spesso sbaglio, ma non perché non me lo abbiano insegnato: vengo coinvolta dalle persone al mio fianco. 
Ho spesso osservato che, se in un gruppo di ragazzi uno è irrispettoso, passano tutti dalla sua parte.  
Ci sono tanti modi di educare: l’esempio dato fin da piccoli, far capire cosa è giusto e cosa non è giusto fare, insegnare ciò che è bene e ciò che è male.

Esistono diverse regole e diverse teorie, ma chi dice quali siano quelle giuste?

Molte volte i risultati sono lo specchio degli errori commessi dai nostri genitori o dagli amici, errori che non vengono evidenziati come tali, permettendo di replicare le cose sbagliate.

L’educazione di oggi è molto diversa da quella di una volta, cioè quella con cui sono cresciuti i miei genitori, insegnanti, nonni, zii…

Ai tempi si alzavano le mani, si castigava, si facevano riempire quaderni su quaderni d’inchiostro, se solo si apriva bocca a scuola.    
Oggi, invece, spesso non veniamo neanche rimproverati per gli errori che commettiamo, poiché ci ribelliamo, infischiandocene del problema o della situazione.

I miei genitori non hanno mai alzato le mani su di me, se non qualche volta da piccola, quando facevo i capricci, ma è una cosa normale.

Mio papà ha sempre preferito parlare, difatti mi ha insegnato che le mani non sono la soluzione e che dobbiamo invece sfruttare il dialogo, che è l’arma più bella e potente che possiamo avere.

L’educazione dei figli non è scontata, richiede tempo e pazienza, ma vedere i propri figli, alunni, compagni, avere un comportamento adeguato all’ambiente che li circonda, è una bella soddisfazione.

Per stare bene fra di noi, abbiamo bisogno dell’educazione. Impariamo allora dagli errori, ascoltiamo i più grandi.  
C’è sempre tempo per cambiare e scegliere la cosa giusta. L’educazione che abbiamo, non è solo lo specchio dei nostri genitori, ma anche quello delle nostre scelte.

 

Elisa D. 3^ E 

 


CYBERBULLISMO, MAFIA, INSPIRINGIRLS:

TRE PROGETTI SCOLASTCI PER CRESCERE.

 

Crescendo, iniziamo ad assumerci più responsabilità e incominciamo a comprendere i limiti delle cose, comportandoci sempre più da adulti e non più da bambini, iniziando a pensare anche al futuro.

Capiamo che dobbiamo rendere conto delle nostre azioni, di ciò che diciamo e di ciò che facciamo, poiché alcune cose, pur dette magari anche solo per scherzo, potrebbero procurare sofferenze ad altre persone, lasciando, a volte, gravi conseguenze.

Un progetto di questo anno scolastico ha trattato un argomento ormai molto noto: il cyberbullismo.  

Che cosa significa questa parola? Molti forse pensano sia un sinonimo di bullismo, il quale può essere stato vissuto anche dai nostri genitori nel passato, ma non è esattamente la stessa cosa. Il bullismo, infatti, si riferisce a un atteggiamento scorretto: insulti, discriminazioni, minacce, ricatti, botte. È un comportamento sociale che si verifica nella vita reale, in luoghi comuni come la scuola, un parco, una strada… Il cyberbullismo, al contrario, è un “fenomeno” che avviene online, sui social media o comunque non dal vivo ma attraverso strumenti DIGITALI.   

Sinceramente penso che questa variante sia molto più grave rispetto alla prima: venire bullizzati online, la maggior parte delle volte, porta alle peggiori conseguenze, offende o fa sentire male le persone, le quali entrano in una bolla chiamata “depressione”.

“Sono davvero così brutta?”

“La gente davvero mi vede così?”

“Io mi vedo bella nelle foto che pubblico!”

“Perché mi insultano così tante persone?”

“Era solo un video con mia mamma…”

Quanti problemi ci creiamo, a causa di persone che, nella maggior parte delle volte, rimangono anonime!

Queste persone, probabilmente, stanno vivendo esse stesse dei brutti momenti o hanno già affrontato brutte esperienze, e cercano poi di scaricare i loro problemi su altri individui, facendoli sentire “in colpa”, “sbagliati”.

Nei migliori dei casi, le vittime ci restano semplicemente male, ma nel peggiore, potrebbero persino arrivare al suicidio.

Voi cosa fareste, se qualcuno pubblicasse qualcosa del vostro privato che non avreste voluto far vedere a nessuno e che invece verrà visto da 100, 200, 300 persone?

Un consiglio che mi sento di dare alle vittime di cyberbullismo è di parlarne subito con qualcuno, che sia un parente, un amico, un insegnante, qualunque persona che li possa aiutare.

Successivamente, occorre informare la polizia postale, la quale cercherà di rintracciare il cyberbullo. 

Se invece le vittime di questo comportamento riprovevole sono state ferite profondamente nel loro animo, occorrerà che si facciano aiutare da uno psicologo.

Comunque vada, la prima cosa da fare è ignorare il cyberbullo e ogni tipo di insulto o azione, da esso messo in atto, che vada contro la legge.

A proposito di legge, ora mi collegherò a un altro discorso importante che abbiamo trattato in classe, sempre quest’anno, grazie a un secondo progetto: la Mafia.  

Come si sa, noi abbiamo una Costituzione che ci “aiuta” a rispettare le regole. Ora elencherò di seguito il senso dei primi 3 articoli:

1° ARTICOLO: LO STATO SIAMO NOI

2°ARTICOLO: DOVERE DI SOLIDARIETA’

3°ARTICOLO: TUTTI I CITTADINI SONO UGUALI DI FRONTE ALLA LEGGE.

Bisogna prestare molta attenzione a questi articoli e bisogna saperli rispettare.

Nell’ambito del progetto LEGALITA’, abbiamo parlato anche di una particolare associazione, “LIBERA”, che nasce nel 1995 con l’intenzione di sollecitare la società civile nella lotta alle Mafie e promuovere appunto legalità e giustizia. Perché questo? Per far capire agli italiani che la Mafia si “sposta” per tutto il Paese e non agisce solo in posti circoscritti. È un invito affinché tutto il nostro essere non sia “IO VOGLIO”, “IO FACCIO”, ma “NOI VOGLIAMO”, “NOI FACCIAMO”.   

Che cosa intendiamo con la parola legalità? Che tutti gli organi dello Stato debbano agire secondo la legge.   

Anche questa lezione mi è servita molto, però vorrei trattare questo argomento ancora tra qualche anno, quando sarò più grande, così da approfondirlo meglio, nel frattempo cercherò di prestarvi sempre più attenzione, perché si tratta di questioni importanti soprattutto per il futuro.

Ed ecco, da ultimo, l’argomento IL FUTURO, che abbiamo trattato nell’ambito del progetto INSPINGIRLS.

C’è chi è convinto di sapere cosa accadrà nel suo futuro o cosa farà e diventerà da grande.  

Non sempre è così per tutti, magari oggi si hanno delle idee che con il tempo potranno cambiare. Io, per esempio, non so ancora che liceo frequenterò e non ho la minima idea di quale carriera intraprendere in futuro.  

Però, dalla lezione svolta in classe, in collegamento con un’esperta di marketing, ho capito alcune cose: non bisogna mai farsi influenzare dagli altri per nessun motivo.

La maggior parte delle volte, il lavoro ideale per se stessi non si trova seguendo gli altri. Occorre capire in profondità cosa ci piace fare, le nostre passioni, i nostri hobbies, oppure quali materie ci piacciono di più a scuola.  

L’importante è crederci e non abbandonare mai i propri sogni.  

Adesso di certo ho ancora tempo per poter decidere il mio futuro, ma spero entro il prossimo anno di riuscire a trovare un indirizzo che mi piaccia davvero.

Questi tre progetti sono stati delle vere e proprie lezioni di vita che tutti, prima o poi, dovrebbero affrontare, poiché sono risultati molto d’aiuto a me come a tutti i miei compagni.

Samuela C. classe 2^E


Propongo un testo scritto da alcuni maschietti di classe 3^... Molto simpatico e carino... 

CHE FORTUNA ESSERE NATI UOMINI... 

A noi uomini, a differenza delle donne, non importa assolutamente del nostro peso. Al contrario, le donne, sono fissate a mantenere una linea perfetta facendo uso di diete molto rigide e permanenti nel tempo. Anche se noi mangiamo più del dovuto non abbiamo sensi di colpa e non ci preoccupiamo degli effetti che brioches, torte e focacce possono provocare sul nostro aspetto fisico. Non ci importa di ingrassare, perché noi uomini, anche se con un po' di pancetta o qualche chilo di troppo siamo affascinanti ugualmente, anzi forse anche un pizzico di più che essere secchi come un chiodo. Cambiando discorso, lasciando da parte il cibo, passiamo alla precisione e all'accuratezza di tutte le cose che fanno le donne: - Lettere - Bigliettini - Il quaderno - Il diario ecc. ecc. perché si potrebbero aggiungere moltissime altre cose. Loro sono precisissime e ogni cosa che fanno, la fanno con estrema accuratezza ed attenzione, perché se sbavano solamente una piccola parte del foglio succede un gravissimo sacrilegio. Mentre le donne utilizzano tutte le tecniche e marchingegni speciali per essere precise e per fare delle meravigliose scritte colorate, noi uomini, facciamo tutto il contrario, non ce ne frega nulla di essere precisi e accurati come loro e non abbiamo tutta questa grande motivazione per essere sofisticati nello scrivere, disegnare, incollare, tagliare, mangiare e parlare. Noi infatti non mangiamo a bocca chiusa, bensì spalanchiamo le "fauci" e divoriamo a bocca aperta tutto quello che ci passa sotto mano, mostrando all'intero pubblico che ci sta di fronte tutto il cibo maciullato appoggiato sulla lingua e alcuni residui "incollati" sul palato. A fine pranzo, merenda o cena che sia, il rutto libero è di consuetudine, anch'esso a bocca aperta, cercando di essere più rumorosi possibile. Ah! Questo si che è essere uomini! Le donne invece mangiano a bocca chiusa, forchettata per forchettata, bocconcino per bocconcino, lentamente degustandosi tutto il cibo, ma non troppo, altrimenti si ingrassa eh! A fine pranzo ad esempio, prendono un tovagliolo e con l' indice lo posano accuratamente sui bordi delle labbra (altrimenti si rovinano il trucco) con estrema precisione come quando parlano e utilizzano le parole più complicate e incomprensibili del mondo (per noi uomini) e stanno attentissime a non pronunciare nemmeno una parolaccia... Questa è proprio una vera schifezza, a noi non interessa parlare bene, ci rovineremmo la vita, per fortuna noi siamo nati uomini e uomini lo resteremo per tutta la vita. Tutte le cose che fanno le donne sono troppo perfette, precise, complicate da fare per gli uomini. Noi parliamo con semplicità chiarezza e colleghiamo sempre il cervello alla bocca, non come loro che come zabette sprecano parole di continuo! Beh, che possiamo dire ora, essere uomini è decisamente meglio che essere donne, è più gratificante e semplice! Insomma noi uomini viviamo in maniera limpida e serena, perché non siamo continuamente asfissiati da tutte quelle cose che le donne, invece, sono quasi obbligate a fare dal loro carattere troppo impulsivo e quindi noi siamo liberi e viviamo la nostra esistenza in maniera semplice... 

CHE FORTUNA ESSERE NATI UOMINI! 

Giulio P. classe 3^D 


CHI SONO, DA DOVE VENGO, DOVE VADO? 

Ovviamente, come tante altre persone, queste domande me le sono poste anch’io un sacco di volte. Credo che sia normale porsele, soprattutto a questa età, in cui sapersi rispondere è fondamentale, ma quasi mai facile. Penso che chiunque se la debba porre, perché senza sapere chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo, non si va da nessuna parte. Chi non ha certezze sulla propria vita, sulla propria persona, difficilmente riuscirà ad integrarsi in queste società, che già ci confonde e ci rende più difficili le cose. Spesso ho cercato risposte, ma, guardarsi dentro, non è una cosa immediata, richiede tempo, pazienza, e, a parer mio, molto coraggio. Coraggio che non sempre si trova. Tanti ragazzi che non conosco, e tanti altri a me noti, lo hanno trovato solo dopo molto tempo. Per quanto riguarda me, non ho ancora risposto completamente, in modo soddisfacente a tutte queste domande, che vanno ben al di là di queste tre. Cominciamo dalla prima, forse la più importante: chi sono? La cosa più difficile da fare è distinguere, dividere quello che si è da quello che si vorrebbe essere. Riguardo a questa cosa, io, purtroppo, ho impiegato tanto, troppo tempo a darmi una risposta. Fin da piccolo, ho sempre pensato di essere diverso, volevo differenziarmi dalla “massa”, perchè vedevo mio fratello e volevo assomigliargli. Lo vedevo diverso da tutti. Per spiegare questo concetto, devo esprimere il mio modo di vedere. Ci sono delle classificazioni che nella mia testa si sono create da molti anni ormai: c’é la gente “seria”, che è tutta quella gente (ragazzi) che non se la tira, non necessariamente sta al centro dell’ attenzione, solo per farsi vedere dagli altri ma, per sfortuna, queste persone sono in netta minoranza e sono invece in soprannumero tutti quei ragazzi che io definisco “tamarri e tabbozzi” che, al contrario di quelli seri, se la tirano e vanno in giro, credendo di essere superiori a tutti. Fatta questa divisione, io ho sempre pensato di fare parte del primo gruppo, ma, come dicevo, era di quel gruppo che volevo far parte e quindi, quando ho trovato il coraggio di farmi la domanda “chi sono?” la risposta che ho trovato è stata: io sono esattamente quello che non vorrei essere. Questa risposta non l’ho trovata tanto tempo fa e questo mi fa sentire ancora più stupido della risposta stessa , perché, oltre a non essere ciò che vorrei, bensì l’esatto contrario, in più non me ne sono mai accorto. Con questo pensiero contorto, che spero abbiate capito, ho già espresso anche la seconda risposta, quella alla domanda “Da dove vengo?”. Dopo tutto il ragionamento, è semplice rispondere. Ho una famiglia stupenda, che mi dà tutto quello di cui ho bisogno e che mi ha cresciuto nel miglior modo possibile, ma, nel punto in cui è toccato a me scegliere chi essere, ho sbagliato e così sono cresciuto (al di fuori dell’ambiente familiare) nel peggior modo possibile, perché mi sono preso in giro (ho fatto tutto da solo). E poi arriva la domanda più complicata a cui rispondere, la terza, “Dove vado?”. Adesso so che devo migliorare, non voglio più fare cazzate, ma di futuro ancora non so parlare. Sono come un libro, voglio scrivermi giorno dopo giorno, pagina dopo pagina, spero solo che il romanzo che ne verrà fuori piacerà, ma non a tutti, non alla gente: dovrà piacere a me. Spero che, quando sarò grande, riguarderà la mia vita, la risfoglierò come un album fotografico e spero che le foto che vedrò mi renderanno orgoglioso di ciò che è stata la mia vita, di come ho usato il tempo a mia disposizione. Così ho scritto quello che fino ad ora ho capito di me e della mia ancora povera vita. Spero di arricchirla nel modo che credo giusto e di trovare nel futuro risposte più soddisfacenti. 

Marco 


Dalla Cina alla Vidoletti... Incontro con Etienne Philippe

 Il giorno 24/02 si è svolto, per tutte le classi terze della Scuola Vidoletti, un incontro con Etienne Philippe, professore universitario di economia che lavora e abita a Pechino con la moglie e i figli. Inizialmente, il professore si era recato in Cina solo per una vacanza, ma, successivamente, si è trasferito, perché là ha trovato l’amore e un lavoro fisso da docente. Gentilmente, Philippe ha risposto a tutte le domande che gli sono state poste da noi alunni, per soddisfare tutte le nostre curiosità. Ha raccontato del tempo meteorologico in Cina, che varia molto, essendo questo un paese quasi più grande dell’Europa: a nord, verso la Manciuria e la Mongolia interna, è molto freddo e in questo periodo non si sale quasi mai sopra lo zero; a sud invece, già se si va a Hong Kong, è particolarmente caldo, circa 20°C in inverno. In complesso, piove e nevica poco e non si riesce ancora a gestire al meglio un’abbondante nevicata (sempre che avvenga). A Pechino fa molto freddo rispetto al tempo a cui Philippe era abituato in Italia. Pechino è una città piena di inquinamento. Per diminuirlo, volevano spostare delle fabbriche al di fuori della città e in questo momento stanno alternando i giorni di produzione all’interno delle fabbriche. È anche per questo che nelle grandi città italiane si incontrano i cinesi con la mascherina: perché abituati a tenerla nella loro città. Lì vivono molte persone che utilizzano i trasporti pubblici, quindi, per andare da un capo all’altro della città, si impiega molto più tempo di quello che in realtà ci vorrebbe. Molte persone, per “scampare” al traffico, utilizzano la metro, anche se molto affollata. Rispetto alle grandi metropoli italiane, Pechino è completamente diversa: intanto è più grande e lo spazio per le metro è maggiore; inoltre, vengono costruite più linee in un anno (anche due o tre rispetto a neanche una in Italia). Per via del traffico e dell’inquinamento, Philippe non si trova molto bene nella capitale cinese. Ci ha però spiegato che, se si va solo poco fuori dalla città, si arriva subito in campagna, dove si sta meglio, perché non ci sono inquinamento e traffico. Anche nella capitale ci sono però posti molto belli e caratteristici: per esempio, di fianco a grandi palazzi moderni, si trovano dei ristorantini molto piccoli, ispirati all’antico, anche se costruiti in epoca moderna. Dalle foto che ci ha mostrato, si notava proprio la differenza tra la modernità dei palazzi e “l’antichità” dei piccoli ristoranti, molto affascinante e caratteristica. In questi si mangia cibo tipico cinese, ma anche molte specialità di altre nazioni (soprattutto di Giappone e Italia). In Cina si mangiano molti cibi che per noi occidentali possono sembrare “strani” o “disgustosi”, come la carne di cane (solo una razza che viene allevata apposta), di gatto oppure l’orecchio del maiale, il cervello della scimmia e molte varietà di insetti. A loro il pane piace senza crosta, fatto con la farina di mais e cotto a vapore. Philippe ci ha però spiegato che per loro il Gorgonzola, che a noi occidentali piace molto, è disgustoso. Nei paesi poveri, anche uscendo dalla Cina, per riuscire a sfamarsi, gli abitanti mangiano molti insetti: il professore ci ha mostrato le foto di una donna che vendeva un enorme ragno al peperoncino. Le persone li mangiano perché non possono mangiare nient’altro e, piuttosto che non mangiare niente, preferiscono i ragni. Lo sport è una materia molto importante nelle scuole. Nel 2008 a Pechino si sono svolti i giochi olimpici. La manifestazione è servita a mostrare al mondo un altro lato dei cinesi che nessuno conosceva. A questo popolo piacciono molto il calcio, (anche se in generale i paesi asiatici non sono molto forti), il pingpong, il basket (molto popolare), il nuoto, la ginnastica (nella quale sono molto forti), le arti marziali (molto conosciute; la più popolare è il Kung fu). Per quanto riguarda la lingua, in Cina la situazione è molto diversa rispetto all'Italia. In Italia bene o male vi è un’unica lingua nazionale usata e conosciuta da tutti. In Cina, invece, vi è una lingua ufficiale, il cinese mandarino, che è però parlato in pochi posti. Ognuno ha un suo “dialetto”, diverso da tutti gli altri, che viene scritto e pronunciato in modo differente rispetto alla lingua ufficiale. E’ molto difficile parlare in cinese, perché per ogni vocale o sillaba ci sono quattro “toni” diversi (per esempio la vocale secca, quella lunga e così via); quindi magari in certe occasioni si vuole dire una determinata cosa, ma se ne comprende un’altra. La scrittura è molto complicata: un cinese la apprende completamente alla fine delle scuole superiori. Esistono cinesi che non sanno scrivere, perché non hanno terminato la scuola. In complesso, questo incontro mi è servito molto, perché mi ha fatto comprendere, conoscere e approfondire aspetti della Cina che non conoscevo o di cui sapevo solo l’esistenza ma non in modo dettagliato. Mi piacerebbe un giorno visitarla e magari incontrare a Pechino il professor Philippe, che mi aiuterebbe a scoprire i posti più belli e caratteristici. 

Agnese F. 3I 

Abbiamo imparato anche che: 

La Cina ha regole molto severe sul lavoro 

(Luca P.) 

E’ stata fatta una legge dove vengono “privilegiate le famiglie con un solo figlio” 

(Ginevra B.) 

D’inverno la popolazione mette delle calzamaglia sotto i pantaloni. Sono vietatissime le armi 

(Anna C.) 

Uno dei più bei posti di Pechino è Il tempio del cielo. Per costruirlo non sono stati usati chiodi: tutto il tempio è fatto ad incastro. Contrariamente a quanto si crede da noi, a Pechino c’è poca criminalità e non ci sono zone malfamate. C’è molta discriminazione. L’occidentalizzazione si vede soprattutto per quanto riguarda le marche di borse, vestiti, auto 

(Cecilia S.) 

Si usufruisce molto più che in Italia della bicicletta per andare in giro. Si vedono molte persone per strada, senza lavoro, che riciclando la plastica che si trova nella spazzatura, guadagnano il minimo per vivere. Secondo me questo incontro è stato molto istruttivo ed ho scoperto cose che non conoscevo 

(Lorenzo B.) 

Le persone muoiono per assenza di cibo, per congelamento oppure per malattie 

(Beatrice Z.) 

Noi pensiamo che i cinesi siano tutti uguali, ma loro pensano lo stesso di noi 

(Camilla T.) 


Dopo avere trattato il genere horror e aver letto diversi racconti, ho assegnato come tema la traccia seguente: 

PIU' CHE UN SOGNO, UN INCUBO... Ecco cosa è nato dalla fantasia di Davide . 

DI NOTTE COMPAIONO 

Quella sera andai a dormire tranquillo... Mi svegliai che sembrava ancora notte. Ricordo una figura che apparve di fianco al mio letto. Non l'avrei neanche notata, se non fosse stato per il rosso dei suoi occhi. Per il resto era composta d'ombra, un'ombra nera, più scura delle ombre che quella notte avvolgevano la mia stanza. Mi alzai di soprassalto, ma dalla mia bocca, per la paura, non uscì neanche un urlo. L'ombra si fiondò giù per le scale, le sue gambe non si muovevano, sembrava fluttuare. I miei occhi si erano abituati al buio, così mi alzai e la seguii. Caddi. Mi rialzai in un corridoio cupo e molto lungo, illuminato da centinaia di candele che emanavano una luce tremolante. Ai muri erano appesi dei quadri. Mi feci coraggio e li guardai. Erano ritratti di persone: i miei genitori, i miei familiari e i miei amici, tutti senza gli occhi. Sembrava che i loro bulbi oculari si stessero sciogliendo e stessero colando sulle loro guance come lacrime. Procedendo lungo il corridoio, mi sembrò di vedere sempre gli stessi quadri, ancora, ancora e ancora. Andai nel panico. E se poi non fossi più riuscito a uscire da lì? La figura ricomparve a molti quadri distanza da me. Ora, illuminati dalle candele, si vedevano i denti, tutti allungati, che si incastravano perfettamente a formare un sorriso orribile, spaventoso. Mi misi a correre, ma, dato che il corridoio era come uno strano limbo, me la ritrovai davanti. L'orribile figura aprì le sue fauci e ne uscì un tanfo fetido. La gola sembrava un buco senza fondo. Svenni. Mi rialzai da terra con fatica e mi ritrovai in una specie di fabbrica abbandonata, grigia. Sul tetto c'era una grande finestra, attraverso la quale vidi che fuori era ancora notte, non c'era neppure la luna né le stelle. Appoggiate ai muri della fabbrica, c'erano tutte le persone dei ritratti nel corridoio. Ero davanti alla porta, così, d'istinto, mi misi a camminare verso il centro dell'edificio. I miei amici, i miei familiari mi seguivano con lo sguardo, ma non mi vedevano. Gli occhi continuavano a colare lungo le guance. La figura comparve davanti a me, sorridendo in quel modo orribile, e aprì le sue fauci. La paura mi avvolse, ma questa volta non svenni. L'ombra mi inghiottì. Avvertivo che anche i miei occhi si stavano sciogliendo. Mi sentii cadere in quel pozzo senza fondo che era la sua gola... Questa volta mi svegliai, ma mi svegliai davvero. 

Davide B. 2^E 


La descrizione può essere oggettiva o soggettiva. Quella oggettiva è denotativa, mentre quella soggettiva è connotativa. Nel primo caso, la persona, l'animale e l'oggetto vengono descritti in modo impersonale, basandosi su dati che tutti possono constatare senza inserire nulla di personale; nel secondo, vengono descritti secondo valutazioni personali, quindi inserendo sensazioni, opinioni e impressioni della persona che descrive. 

Ecco un bellissimo esempio di descrizione soggettiva: “Il mio cane Fulmine” di Alessandro C. 1^

E Il mio cane si chiama Fulmine, ha sei anni ed è un gran giocherellone. Ha gli occhi marroni e dolci, pronti a vedere un gatto da inseguire o qualche pezzo di carne da mangiare. Sotto gli occhi ha due righe formate dallo sporco che lasciano le lacrime. Il suo naso è sempre umido e tenero, ma soprattutto potente. Con quello mi annusa sempre quando torno da scuola. La sua bocca è grossa con le guance bavose e ballonzolanti; fa inoltre mostra di certi denti bianchissimi e affilati, dietro ai quali si nasconde una lunga lingua pronta a leccarti con allegria. Le sue orecchie sono lunghe e morbide come lana. Ha zampe forti e scattanti, come quelle di un leone, di cui si serve per giocare e inseguire gatti; una lunga e vivace coda, che spesso scodinzola, ma che, a volte, mette fra le zampe, in segno di tristezza o di paura. Il suo manto è fulvo, tranne in pochi punti, che sono bianchi, come il petto, la fine della coda e delle zampe e una riga fra gli occhi che scende sino al naso. Per la maggior parte del tempo, Fulmine dorme, ma spesso gioca con molta (forse troppa) vivacità; è magro e forte e non ha mai fatto male nemmeno a una mosca (solo a un gatto e a qualche gallina). E' un boxer, una razza, strettamente vicino all’alano, creata in Germania per dare la caccia agli orsi e per uccidere tori. Fulmine ha una sorellastra, anche lei nostra, che si chiama Neve. Il mio cane compie gli anni il 16 di settembre ed è nato nel 2008. E' simpatico e sempre allegro, anche se in rari casi si dimostra aggressivo e feroce, come quando un mastino mi è saltato addosso ringhiando. Allora Fulmine è scattato subito, abbaiando e affrontando il mastino, salvandomi da ben più di qualche graffio. Nonostante quest’episodio, Fulmine mi fa sempre ridere. Per esempio, tutte le volte che butto anche una singola carta nel cestino, lui si china e ci infila tutta la testa, annusando profondamente. Questo è il mio cane Fulmine, pronto a farmi ridere e a confermarmi detto: il cane è il migliore amico dell’uomo! 


INCONTRO CON IL SIGNOR D’IPPOLITO, IL PESCATORE DI LAMPEDUSA 

Qualche giorno fa è venuto a trovarci, da Lampedusa, il signor Simone D’Ippolito, pescatore e sub, che esercita le sue battute di pesca nella piccola isola al sud della Sicilia, proprio dove, soprattutto negli ultimi anni, arrivano, trasportati su grandi barconi, centinaia di immigrati. Purtroppo, però, gli spostamenti via mare non vanno sempre per il verso giusto. Si sono, infatti, verificati numerosi naufragi. Essendo rimasto coinvolto in prima persona, come soccorritore, in uno di questi, il signor D’Ippolito ha scelto di raccontarci del terribile 3 ottobre 2013. “Già di prima mattina, mentre stavo preparando la mia barca per la battuta di pesca in programma quel giorno, sentivo qualcosa di strano in mare”, ci comunica subito il pescatore. Non molto tempo dopo, a poche miglia dal porto, si intravedono sagome che si agitano disperate in cerca di aiuto. E’ stata subito avvertita la guardia costiera che ha inviato volontari e soccorritori per ridurre il più possibile il numero delle vittime. “Quando sono arrivato io, era ormai troppo tardi”, ci racconta il signore con gli occhi lucidi. “Mi hanno avvertito di muovermi lentamente con la barca. Non ne ho capito subito il motivo, ma sono bastati pochi metri di viaggio per comprenderlo: sulla superficie galleggiano i corpi privi di vita di chi non era riuscito a sfuggire alla pressione che l’acqua aveva esercitato”, ricorda Simone. Le vittime di questa terribile strage sono state più di trecento e oltre venti i dispersi. Dell’incontro mi hanno colpito specialmente il buon senso e i pensieri del pescatore. E’ difficile trovare qualcuno con una mentalità così aperta come la sua. Le diversità erano in passato, e lo sono ancora oggi, motivo di discriminazione ed è per questo che si sente parlare del “problema” dell’immigrazione. Le persone che sono costrette a lasciare la loro casa, la loro famiglia e i loro ricordi, per ricominciare una nuova vita in un paese straniero, lo fanno per vedere cosa si prova a vivere un giorno senza guerra, lo fanno per non sentire più la fame e per sfuggire alle torture. Vorrei ricordare a tutti gli italiani che oggi protestano e si lamentano di questo fenomeno che, nel corso dei secoli, sono stati moltissimi i nostri connazionali che sono emigrati in America in cerca di fortuna e successo; e se abbiamo avuto noi la possibilità di costruirci una vita migliore in terra straniera, perché adesso chi deve sfuggire dai massacri non può godere dello stesso “privilegio”? 

Samuela C. 3^E 


L’ADULTO CHE VORREI ESSERE… 

Mi chiamo Mary J., sono una ragazza di 13 anni e ormai non sono più una bambina. Infatti sono cambiata nel carattere, nei gusti e nelle scelte. Da piccola ero molto più timida di adesso: mi vergognavo di parlare con gente che non conoscevo, di chiedere alla maestra delle cose e di cantare. Da bambina, inoltre, mi piaceva molto giocare con le bambole, con i giochi di società e con i puzzle. Ora, invece, questi giochi non mi piacciono più e preferisco chiacchierare e passeggiare con gli amici. Stare con gli amici non mi fa sentire sola, perché a casa i miei genitori o non ci sono o non mi danno retta, si occupano di me solo nelle cose materiali, non mi chiedono mai se sono felice. Quando ero piccola, avevo un forte legame con mia madre, poi, mentre io crescevo, lei ha iniziato ad avere molti più impegni e così ci siamo distaccate e da lì mi sono legata maggiormente a mio padre e anche ora preferisco lui. Nonostante ciò, non voglio assomigliare a nessuno dei due. Io vorrei diventare più comprensiva di loro, più presente e disposta ad ascoltare. Alla mia età, molti adolescenti come me si sentono incompresi, non vogliono più essere trattati come dei bambini e quindi rifiutano il mondo degli adulti. D’altra parte, gli adolescenti non sanno ancora come costruire la vita e così pretendono la libertà e sognano. 

Mary J. 


"L'AMORE RUBATO", LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE. ESPRIMI I TUOI PENSIERI 

Avere la possibilità di visionare a scuola un film contro la violenza sulle donne, per poi riportare quanto visto in forma scritta, è una bella opportunità per esprimere la mia opinione al riguardo. Sarò sincera: ricordo poco del film in sé (è trascorso un po' di tempo), tuttavia so di averlo visto con piacere. È, questa della violenza contro le donne, una tematica a me molto cara. Una delle prime cose a cui si pensa, sentendo la parola violenza sulle donne, è probabilmente la violenza fisica. Eppure esiste anche una forma di violenza psicologica, trattata anche nel film. Penso che quest'ultima sia quella più devastante. La persona che si ha di fronte, quella che sostiene di amare, ha il completo controllo sulla vittima e spesso risulta innocente agli occhi degli altri. La violenza fisica, come tale, è visibile a tutti, mentre quella psicologica è "interna" e mette la vittima in una condizione di inferiorità e di paura. Nella sua testa non ci sono pensieri circa la violenza subita, spesso, invece, la vittima pensa che questa sia meritata. Quando sento parlare di certi casi di violenza sto quasi male. Mi chiedo come sia possibile essere così cattivi. Che cosa spinge una persona ad agire contro un'altra? E non parlo solo di donne che vengono maltrattate, picchiate, violentate. Parlo di qualsiasi essere vivente. Qualsiasi forma di violenza per me è insensata. Per fortuna esistono persone che la pensano come me sull'argomento, persone che ne parlano e che lottano per questa causa, siano esse vittime o non. Ci sono anche canzoni che affrontano la tematica, come "Rape me" e "Polly" dei Nirvana. Entrambe parlano di un singolo evento di molestia. In "Polly" è lo stupratore a parlare, mentre in "Rape me" (letteralmente "Stuprami") è la vittima ad avvicinarsi e a osservare la violenza dal proprio punto di vista. La ragazza nel testo si rassegna a essere violentata, perché sa di non essere abbastanza forte da uscirne. Poi, però, ci comunica che, nonostante tutto, sarà lo stupratore a pagare le conseguenze del suo atto. Al primo ascolto la canzone risulta banale, ma il messaggio al suo interno è importantissimo. "Rape me" fu censurata da MTV e la cosa mi fa infuriare, perché reputo importante che si parli di queste cose sia in famiglia che a scuola, ma soprattutto, ritengo fondamentale che se ne parli attraverso la musica, che ha molta diffusione tra i giovani. Io sono molto attaccata a essa e lo sono anche i miei compagni, come penso tutti i ragazzi e i giovani, più di molti adulti. La musica, per questo motivo, non solo può essere, ma di fatto è un buon mezzo di propaganda. (Di seguito la traduzione dei due testi sopra citati) 

Alessia T. 3^E 


LO STRANO ANIMALE (racconto fantastico) 

di Luca F. 3^E 

Tutto era pronto. Come sempre, la mamma aveva preparato i vestiti e li aveva messi ordinatamente in ogni valigia. Poi il lavoro era passato a papà, che doveva caricare i bagagli in macchina. Come di consueto, fece molta fatica, ma ci riuscì. Intanto mio fratello Jack era costretto a salutare i vicini, i signori Jones, che ogni anno, prima della partenza per le vacanze, lo riempivano di baci e abbracci, cosa che lui non sopportava proprio. Nei miei confronti, invece, i Jones si sprecavano solo in un freddo "A presto"; questo dopo lo spiacevole incidente col pallone che vide coinvolta la loro finestra. Durante gli ultimi controlli della mamma sui rifornimenti per il viaggio, io mi apprestavo a salutare Pupa e Smeraldo, gli orsacchiotti che mi proteggono durante la notte. Finalmente riuscimmo a partire. Eravamo diretti a Malpensa, dove ci stava aspettando un aereo diretto all'aeroporto di Bari. La mamma aveva prenotato tramite Internet la vacanza che, secondo lei, sarebbe stata spettacolare. Il viaggio in aereo durò o tre ore e mezza e fu per me molto bello. Vedere l'Italia dall'alto mi suscitava una bellissima emozione. Ogni volta che il comandante annunciava "Stiamo sorvolando...", io mi precipitavo a guardare dal finestrino. Arrivati a Bari, un furgoncino cinque posti ci stava aspettando. L'autista era un po' spazientito a causa dei numerosi bagagli da caricare e la mamma provava a scusarsi, sentendosi un po' in colpa. Prima di arrivare all'hotel, intravidi una meravigliosa struttura tutta bianca con tanti balconcini. Pensando che saremmo andati lì, mi immaginai quella che sarebbe stata la nostra stanza, tutta moderna, con i camerieri che ci avrebbero servivano la colazione in camera. Ma fu una grande delusione: infatti, passammo oltre. L'autista si fermò davanti a un rozzo hotel che sembrava più un ospizio che un albergo. Con mia grande sorpresa, le camere si rivelarono decisamente come me le ero sognate. Jack, dopo neanche cinque minuti, era già in bagno e poi sul suo letto a chattare con la sua nuova amica Vanessa, conosciuta alle superiori e ora compagna di corso all'Università. Mentre la mamma riempiva meticolosamente gli armadi, io accompagnai papà alla reception. Eravamo tutti stanchi, tanto che alla sera, dopo aver mangiato andammo subito a dormire. L'albergo era prenotato per due settimane, ma prolungammo la permanenza di altri sette giorni, perché stavamo troppo bene in quel posto. Al mattino andavamo in spiaggia, facevamo il bagno in mare, giocavamo con gli animatori e facevamo tuffi in piscina. Il pomeriggio, dopo il sonnellino, ritornavano in spiaggia per un'altra nuotata. A ogni pasto, compresa la colazione, il menù cambiava. Eravamo contentissimi, anche se ogni giorno facevamo sempre le stesse cose. A rompere la nostra routine, fu la notizia che un piccolo battello di massimo venti posti faceva per una settimana di fila il tour di due piccole isole non tanto lontane dalla costa. Senza neanche chiederlo, la mamma andò al molo a prenotare. L'indomani ci svegliammo presto e alle 8:00 ci presentammo all'imbarco. Dopo averci chiamati per nome, ci fecero salire a bordo e aspettammo cinque minuti, prima che le porte si chiudessero e che i motori partissero. Ci volle un quarto d'ora, per arrivare alla prima isola. Subito sceso, capii che c'era qualcosa di strano in quel posto. Avevamo cinque ore per visitarlo, perché era molto grande, ma tutti i turisti imbarcati a bordo, tranne la mia famiglia, non fecero in tempo a scendere che già risalirono. Noi invece lo perlustrammo in lungo e in largo. Ci inoltrammo nella radura. Ogni tanto un cespuglio si muoveva, ma sembrava che solo io me ne accorgessi. Preso da una fortissima curiosità, mi avvicinai all'ultimo che aveva vibrato e, dopo aver spostato un po' di rami, intravidi una piccola pallina bianca. Spaventato, emisi dalla bocca uno strano verso che assomigliava a un'imprecazione, ma non lo era. I miei genitori si voltarono e chiesero cosa stesse succedendo, senza però avere una risposta sensata da me (e, ripensandoci, mi sembrava solo una mia illusione). Il tempo a nostra disposizione per l'escursione dell'isola era terminato e arrivavamo appena in tempo al ponticello, prima che la barca ripartisse. Per tutta la sera, non feci altro che pensare a quello che avevo visto. Leggendo per caso la brochure dell'hotel, mi imbattei in una sezione dal titolo "Miti e Leggende" proprio relativi all'isola in cui avevo visto quella strana pallina. C'erano stati avvistamenti di un piccolo oggetto sferico bianco. Il giorno seguente, preso dalla voglia di rivedere lo strano oggetto, convinsi Jack a seguirmi e, con una scusa un po' strana, riuscire a farmi dare i soldi per il biglietto della barca. Arrivati all'isola deserta, ricominciai a frugare nei cespugli come un pazzo. Li controllai tutti due volte ma niente: nessuno conteneva quello strano oggetto. Poi però mi venne la strana idea di dare solo un'occhiata agli alberi. Cerca e ricerca, niente. Fu proprio quando decisi di andarmene, che mi accorsi di uno strano rumore, simile alla vibrazione di un telefono. Non riuscivo bene a capire da dove provenisse, ma sapevo che era molto vicino a me. Poi squillò di nuovo e ora ero riuscito finalmente a capire. Mi avvicinai a un albero dai cui rami pendevano molte liane, le spostai e davanti ai miei occhi mi trovai un grosso foro nel tronco che era pieno di telefonini. Stavano suonando musiche tutte diverse: ne veniva fuori nell'insieme una melodia bellissima, ma poi il suono cambiò. Sembrava proprio un'orchestra, solo che non capivo chi la dirigesse. Feci per prenderne uno, ma una zampina veloce, fulminea, me lo sottrasse di mano e lo rimise all'interno del tronco. Per un attimo rimase immobile, poi vidi lo strano oggetto spuntare e pian pianino spuntarono anche le zampe poi il corpo e infine la testa. Era uno stranissimo animale: aveva il corpo di un coniglio e la testa di un canguro, i denti erano aguzzi, gli occhi viola. Riusciva pure parlare. Sembrava molto timido. Mi chiese cosa ci facessi io lì. Mi veniva da ridere ogni volta che parlava e riuscivo a malapena a rispondere. Era un animale così carino, con la coda che sembrava un batuffolo di lana e i denti un ago da cucito. Io lo invitai ad uscire e fu in quel momento che scoprii che aveva due grandi ali, ali d'aquila ma molto più grandi. Gli feci mille domande e, mentre mi rispondeva, capii che lui si fidava di me. Poi fu lui a farmi delle domande alle quali io risposi con molta sincerità. Notai che era un po' spaventato, mi salutò frettolosamente e ritornò nel tronco. Rimasi per qualche secondo, poi rimisi a posto le liane e me ne andai. Alla sera decisi di non raccontare niente, anche perché ero talmente sorpreso e immerso nei miei pensieri, che non davo retta a nessuno. I miei genitori fecero una passeggiata sul lungomare insieme a Jack, mentre io rimasi in camera a fare alcune ricerche sulla mitologia della zona. Rimasi molto deluso, perché tutti i testi accennavano solo ad animali. Con la stessa scusa del giorno prima, riuscii a prendere dei soldi e mi imbarcai. Mi diressi subito all'albero, ma, spostate le liane, mi accorsi che i telefoni non c'erano più e neanche l'animale. Poi sentii uno squillo, subito dopo un altro e un altro ancora. Capii che provenivano dall'albero che stava dietro di me. Spostai le liane e vidi la piccola montagna di telefoni... E ora divertitevi a continuare voi la storia. 


PIU' CHE UN SOGNO, UN INCUBO 

Monica B. 2^E 

In una notte estiva, feci un brutto sogno che mi fa rabbrividire ancora adesso, al solo pensiero. Credo che sia stato causato da un film dell'orrore, visto la sera, poco prima di andare a dormire. In quel brutto sogno, io abitavo in montagna e una donna anziana viveva in una casa di fronte, nel mio stesso paesino, dove alloggiavo con la mia famiglia. Si narrava che quella signora fosse pazza e addirittura immortale. Io stentavo a crederci e facevo finta di niente. Mi accorsi però che la vecchia signora non apriva mai le finestre, tranne una, quella del salone che si affacciava sul paese. Quando le imposte erano aperte, all'interno si poteva intravedere la sala con una tavola molto grande al centro. La signora, la sera tardi, aveva l'abitudine di ascoltare musica classica e di ballare. Io mi sforzavo di vedere la sua faccia, ma non ci riuscivo mai. Una notte, con i miei amici, spinta dalla curiosità, decisi di andare alla casa della misteriosa signora e di bussare alla porta. Nessuno rispose. Ritentammo svariate volte. Quando stavamo per gettare la spugna, la porta si aprì e vidi un braccio lunghissimo e una mano gigante avvicinarsi per afferrare alcuni miei amici, che quella notte sparirono. Io e gli altri superstiti ci separammo per tornare a casa, ma, a un tratto, mi accorsi che in giro non c'era nessuno, non c'era neanche una persona in tutto il paese, tranne me. La notte tardi, disperata, in lacrime, mi addormentai sotto a un ponte e la mattina seguente, quando mi svegliai, mi ritrovai distesa sulla grande tavola della signora nel salone, lo stesso che avevo visto dalla finestra. Appena capii dove mi trovavo, vidi la signora vecchia che rideva con un ghigno malefico, seduta sulla sedia a dondolo vicino al camino e sentii le voci dei miei amici che erano scomparsi la sera prima. Istintivamente corsi nella loro direzione. In quel momento, vidi una cosa a dir poco orribile: vidi i loro corpi deformi, le gambe al posto delle braccia, il naso sulla spalla... Erano pieni di cicatrici marcate su tutto il corpo, frutto di orribili esperimenti. Mi voltai un attimo col cuore in tumulto e, quando mi girai di nuovo verso di loro, erano spariti e tutto era silenzio, nemmeno il minimo rumore. Da allora pensai di essere impazzita io stessa. Volevo urlare, ma non riuscivo, ero completamente bloccata per la paura. Ero in trappola. Mi accorsi che le porte erano chiuse, i vetri non si rompevano, la casa era come un labirinto e la vecchia era sparita. Invecchiai lì. Mi affacciavo sempre alla finestra, ballavo, ascoltavo musica classica, mangiavo, facevo tutto dentro a quel salone. Mi accorsi di essere diventata la pazza del paese, proprio come lo era stata quella vecchia signora. Poco per volta, le persone ritornarono a popolare il borgo, anche i miei amici. Là fuori sembrava che la vita fosse felice, mentre io ero lì, intrappolata in quell'incubo, e morivo disperata, pazza e triste, chiusa dentro quella casa. 


PORTACI DENTRO CASA TUA… DESCRIVI LA TUA CASA, IMMAGINANDO DI PORTARVI UN OSPITE. LA DESCRIZIONE DEVE ESSERE SOGGETTIVA! 

ELABORATO DI AURORA 

Un pomeriggio, ero a casa sola e stavo aspettando i miei genitori, che avrebbero dovuto incontrare un promotore finanziario, per discutere con lui circa alcuni investimenti. Verso le quattro, mentre guardavo la televisione, sentii suonare alla porta. Andai ad aprire e mi apparve un uomo alto, piuttosto grasso, con la faccia tonda come un hamburger. Aveva piedi piccoli, rispetto al corpo, la testa pelata, senza nemmeno un millimetro di capelli: sembrava una palla da bowling. Sulla giacca portava una targhetta con tanto di nome e foto. Dopo aver letto il nome, compresi che quegli era l’uomo con cui mamma e papà si sarebbero dovuti incontrare. Lo feci accomodare in salotto e lui mi ringraziò. Gli appesi giacca e guanti sull’attaccapanni nell’ingresso poi mi sedetti anch’io. Lui mi fece alcune domande ed io risposi tranquillamente. Dopo alcuni minuti, visto che i miei ancora non arrivavano, gli domandai se, nell’attesa, volesse visitare la casa. Prima di rispondermi, ci pensò un po’ su, poi disse di sì. Cominciammo dal salotto… In tutta la casa, ma soprattutto in questa stanza, ci sono molte vetrinette, che “ospitano” molti bicchieri di cristallo luccicanti e numerose bomboniere delle varie cresime e comunioni, che, a guardarle, fanno ritornare in mente molti bei ricordi. Il divano è verde e ricorda le bellissime giornate, trascorse a giocare nei prati, con l’aria tra i capelli. Passammo quindi alla cucina, in legno marrone, con un tavolo di marmo che ha sempre al centro un vaso di fiori freschi e profumati. Attraversammo il corridoio, lungo il quale, alle pareti, sono appese numerose fotografie dell’infanzia mia e di mio fratello. Ci sono anche le foto della mia prima settimana di vita, dove io ero su una sdraietta, a pancia in giù, con la faccina cicciottella (ora, invece, sono magra). Nel corridoio, c’è un bellissimo lampadario con fiori di tutti i colori, incollati col decupage, risalente a due anni fa. Finalmente, raggiungemmo la stanza più bella, la mia camera, con un mini letto a castello dove dormo io. Quando salgo sul letto più in alto, mi sembra di essere su una scogliera con i piedi immersi nel mare. Davanti al letto, ci sono un computer, la stampante e i videogiochi, molto divertenti, specialmente quello sulla danza, che mi consente di imparare sempre passi nuovi ed interessanti. Sopra al pc, c’è un piccolo armadietto pensile con un’antina, che non è proprio bianco come l’armadio, ma un po’ più scuro, perché, quando ero piccola, mi ero attaccata con le mani alla maniglia dell’anta e l’avevo staccata, così avevamo dovuto sostituirla con una di colore simile. All’interno di un piccolo scaffale, conservo i miei scaldamuscoli di tutti i colori e i collant (solo rosa) che, quando li indosso, mi sento così leggera che mi sembra di volare! Passammo quindi alla stanza dei miei genitori, dove troneggia una splendida specchiera tonda, con un ripiano per tutti i trucchi di mia madre, davanti alla quale, quando ero piccina, nel pomeriggio, mi divertivo a pettinarla. Visitammo infine l’ultima stanza della casa, quella piena di CD, dove ballo ogni giorno. Ma ecco che arrivarono i miei genitori, proprio quando la “visita guidata” per la casa era terminata. Si intrattennero con l’omone per circa un’ora, dopodiché il signore si congedò. 

Aurora L. 1^I 


QUANDO IL PC ENTRA NELLA NOSTRA VITA E NON SE NE PUO’ PIU’ FARE A MENO… 

USO E ABUSO DEL MEZZO INFORMATICO. COME CAMBIANO I RAPPORTI TRA LE PERSONE E COME CAMBIA IL MODO DI VIVERE. 

Ormai già da anni il computer è entrato nella mia casa e io, come mio fratello e mia mamma, non ne possiamo più fare a meno. L’ultima volta che il mio computer si è rotto, ho dovuto aspettare due settimane e io non ce la facevo più a non vederlo. Di solito uso il computer per andare in msn, per chattare con i miei amici e sapere come va la vita alla gente. Ogni giorno sento una nuova storia e mi stupisco, perché molte cose rispecchiano perfettamente il mio atteggiamento verso gli altri. Quando invece è possibile fare delle ricerche più approfondite su un argomento didattico che mi piace, vado alla ricerca di più informazioni. Altre volte invece entro in facebook, per conoscere altre persone, per scoprire un po’ come si vive nel resto del mondo. Molti mi hanno consigliato di scrivere sul mio blog qualcosa sui miei sentimenti o sulle cose che mi succedono nella vita quotidiana, ma io non ho voglia di modificare e aggiungere sempre cose nuove, per questo il mio blog è ancora tutto in bianco. Le persone che chattano non vengono isolate dal mondo della chat, ma, molte volte, si escludono dalla famiglia. Ad esempio mia mamma, da quando le ho attivato msn, è sempre attaccata al pc e ormai non pensa quasi più a me e, se ho qualche problema, mi dice sempre di aspettare, perché deve finire la conversazione con altre persone e a me e a mio papà non sta bene, perché, da quando il pc è entrato in casa, non c’è più tanta comunicazione in famiglia. Proprio adesso che io avrei bisogno del suo aiuto e dei suoi consigli, lei mi lascia da sola. Non ce la faccio più! Va bene, anche io ci tengo al pc, ma, quando mia mamma mi chiama, io deve correre, non posso dirle di aspettare, perché sto chattando, ecco perché forse non riesce a capire quanto soffro, quando lei non mi ascolta. La chat per me è un po’ pericolosa, perché in rete puoi trovare di tutto e di più, dai maniaci alle persone false e bugiarde, dalle ragazze che fanno vedere solo il loro corpo per apparire più interessanti e poi oscurano la faccia, a quelle che pensano solo al sesso. Però devo dire che puoi incontrare anche delle persone dolci e socievoli che, in cambio ti chiedono solo amicizia e affetto. Ma il pc non serve solo per chattare, perché, il più delle volte, mi stupisco su molte cose perché, entrando in internet e facendo ricerche, ampli le tue conoscenze e vedi o leggi cose che non avresti mai pensato che esistessero. Sì, credo che senza il computer nessuno riesca a resistere così come senza il cellulare, due tecnologie ormai fondamentali per la nostra vita. 

Viviana 


Ci sono ragazzi che non hanno alcuna voglia di studiare, che sentono lo studio come un peso, come una noia, come qualcosa che non gli appartiene e che non serve al loro futuro. Questi ragazzi sostengono di "volersi godere la vita", anziché sprecarla sui libri. Qual è, secondo te, il motivo di tale atteggiamento nei confronti dello studio? Prova ad analizzarlo e considera le conseguenze. 

E' vero che esistono ragazzi che non hanno voglia di studiare ma, secondo me, non tutti pensano adesso al loro futuro e non sanno che senza lo studio il futuro non c'è. E' per questo che non studiano. Hanno dei sogni troppo grandi, tipo "divento un calciatore", ma, per diventare un calciatore, bisogna avere tantissima fortuna. Nessuno sa cosa vorrà fare fra due, dieci, o quindici anni. Lo studio è come un'assicurazione del nostro futuro e le persone che dicono che andare a scuola non serve ed è tempo sprecato, secondo me non sono abbastanza adulte per sapere che non tutto andrà bene, così come nei loro piani. Senza il diploma, non diventeranno neanche bidelli. Infatti, crescere significa anche pensare a cosa faremo e a chi diventeremo, senza per forza avere grandi idee, come quella di diventare una principessa. Un altro motivo di allontanamento dallo studio può essere che alcuni alunni hanno difficoltà con esso. In queste circostanze, non è colpa dell'alunno. Altri non sono interessati agli argomenti che devono imparare. E' ovvio che andare in giro con gli amici è più bello che stare a casa e studiare. Ma (magari!) la vita non è fatta di sole rose! Aprite gli occhi! Smettete di sognare! I ragazzi che non aprono i libri sprecheranno la loro vita. Neanche io sono una che studia con gioia o che ogni giorno alla mattina si sveglia col sorriso sulle labbra, ma so che l'unico modo in cui posso realizzare i miei sogni è studiare, per potermi iscrivere ad una buona università. Lo studio è importante anche perchè l'uomo ha bisogno di sapere. Non siamo come gli animali ( FATTI NON FOSTE A VIVER COME BRUTI, MA PER SEGUIR VIRTUTE E CONOSCENZA) e ci serve la conoscenza, almeno quella del mondo che abbiamo attorno. Già da bambini, facevamo domande, per sapere di più, per capire tutto ciò che ci succedeva. Anche le esperienze con gli amici ci serviranno e, una volta comprese, non spariranno mai. Si nasconderanno, ma non spariranno. Studiare non significa stare davanti ai libri aperti e ripetere le formule noiose: ciò che leggete deve essere inteso. Non può essere memorizzato come una frase scolpita nella pietra della quale non si può spostare neanche una virgola. Questa è la capacita di imparare, la quale ci servirà sempre, ed è questa la cosa più importante in tutto lo studio: capire. 

Agnieszka M. 3^D 


TI GUARDI ALLO SPECCHIO e vedi che non sei più un bambino. IL tuo aspetto fisico è cambiato, ma stai cambiando anche dentro. Come vivi questo momento particolare della tua esistenza? Come stanno cambiando i tuoi rapporti con i coetanei e gli adulti, da quando sei diventato più grande? 

Già ..... Mi guardo allo specchio, mi soffermo un attimo e ..... Cavolo, sono cresciuta, sono cambiata! Un po' mi dispiace, perché mi sono resa conto che i miei cambiamenti, sia interiori che esteriori, mi hanno dato non molte soddisfazioni o almeno così penso! Ho 14 anni ora; poco tempo fa, ho visto una mia foto di quando ne avevo 11 e devo dire che sono parecchio cambiata, cioè, la mia espressione è cambiata tantissimo e tutto il resto del mio corpo ha fatto la stessa cosa! E' CAMBIATO TUTTO IN ME, TRANNE ...... tranne il mio modo di pensare e vedere le cose. Beh veramente maturo, col passare del tempo, capisco di più la realtà delle cose e la cattiveria che è sempre con noi, e non ci abbandona mai, è tra e nelle persone che ci circondano! Crescendo, ho capito tante, tante cose. Cose che era giusto che capissi e tante che vorrei tanto non aver mai scoperto! La nostra età è un'età particolare, é un'età in cui tutto e niente è ammesso, dove la confusione e l'indecisione sono roba di tutti i giorni e soprattutto dove la bellezza è la cosa che conta di più di qualsiasi altra dentro di noi (dentro la nostra mente delicatissima, almeno in quest'età). Penso che i cambiamenti sia del fisico che della mente siano la cosa più veloce alla nostra età e penso anche che addirittura noi stessi ce ne rendiamo conto e ci rendiamo conto anche di quelli degli altri. Delle volte, capita che non vengano presi da tutti molto bene. Io sinceramente non mi lamento tanto dei miei, è naturale che le persone vedano, in quest'età , gli aspetti negativi e io riconosco di averne tanti, ma non mi disturbano, perché, se devo esistere per piacere alle persone, preferisco chiedermi (dico davvero) che cavolo vivo a fare? Io penso che le persone dovrebbero pensarla come me, dovrebbero dirsi prima di tutto: io devo piacere a me stessa; se mi vado bene e mi piaccio così non mi interessa cosa mi dicono gli altri! Già, facile a dirsi e difficile a farsi! La crescita non è una cosa da poco, è un argomento serio e non dovrebbe essere preso sottogamba. Quando si cresce, si cambia e non si cambia solo dentro oppure esteriormente, ma si cambia anche con la gente; il modo di capire , di comprendere , di ascoltare di aiutare, di voler fare qualcosa in più che non dispiacerebbe! Il rapporto con i compagni diventa profondo e .... no no no ..... STOP!!!! Fermiamoci un attimo , mi sono resa conto che sto PARLANDO TROPPO AL PLURALE , ora parlerò solo al singolare, perché emozioni e sensazioni non sono uguali per tutti! Quindi, dove eravamo rimasti ?!!? .....Ah..... già....... io e gli altri! Come ho già detto prima , il rapporto con i compagni cambia e diventa ancora più profondo. Si scherza in modo diverso .... (ANCHE SE NON CON TUTTI , beh stiamo crescendo, ma abbiamo pur sempre 14 anni!) e poi ci sono gli adulti ! Con loro le cose per me sono davvero cambiate cerco di avvicinarmi un po' a loro, tanto quanto basta per riuscire a comprenderli e a farmi comprendere ! Poi ..... che altro dire! ....? Sono diventata più grande !? Non per menarmela, per tirarmela o per vantarmene .... Sì , sono diventata davvero più grande, almeno posso dire che finalmente riesco a distinguere ( credo, eh! ) il bene dal male. Mi rendo conto che di bene ce n'è tanto, ma il male purtroppo ... non manca! ... Per bene intendo tutto ciò che ognuno può desiderare e sperare e che non ha... invece il male è malizia, potere che si vuole esercitare sulle persone ingiustamente, pensieri espressi, solo vedendo e sapendo davvero come stanno i fatti. Bene, dai, ora basta! Non ho finito eh.... di queste cose se ne possono a migliaia, avrei ancora tutto da raccontare, ma pietà per la mia prof! 

Irene 3^D 


12 Ottobre 1492: Viaggio verso l'ignoto. - Dalla Spagna alle Indie – 

È ormai da molto tempo che siamo in viaggio per le Indie e già i viveri scarseggiano. Il solo fatto di essere in mezzo al nulla nel mare aperto, con la famiglia lontana e il timore di non poterla riabbracciare, di non sentirsi troppo stretti tra le braccia dei familiari, mi terrorizza. L’Ammiraglio ha deciso di dimezzare le porzioni, affinché i viveri possano bastarci fino all’arrivo nelle Indie. Quanto mi manca il caos della Spagna, qui c’è solo quiete. Quando puliamo la nave, al mattino, le onde quasi non fanno rumore. Vorrei tanto tornare indietro, ma allo stesso tempo voglio andare avanti, scoprire davvero se, come l’Ammiraglio Cristoforo Colombo sostiene, la Terra è rotonda, e voglio vedere le Indie con i miei occhi. Cristoforo Colombo non è pazzo come può sembrare dalle sue idee stravaganti. È un ottimo ammiraglio e sa tenerci in riga, anche se non è mai troppo severo. Sa sempre cosa fare, è un ottimo oratore, sa convincerti in ogni modo. Mi riesce difficile credere alla sua idea della Terra, ma ogni tanto penso che potrebbe essere vero. Cosa c’è oltre la Spagna? Io e i miei compagni ne parliamo spesso. Inventiamo mille storie: un mostro marino ci porterà via, scopriremo una nuova terra, però di fuoco, troveremo le Indie davvero. Se così fosse, se l’Ammiraglio avesse ragione, vorrebbe dire che la Terra è rotonda. E io spero che sia così, e che a queste Indie ci arriviamo in fretta, perché mi manca guardare il mare da lontano, su qualcosa che non traballa ad ogni onda. - Dalle Indie alla Spagna – Abbiamo davvero trovato le Indie! Il 12 ottobre, il cannone ha segnalato quello che tutti volevano sentire. Eravamo arrivati. Che bella la sensazione della terra sotto i piedi! La delusione però non è mancata. I grandi imperatori sono uomini nudi e sporchi, che vivono in capanne costruite in qualche modo. In ogni caso ora siamo di nuovo a bordo, pronti a tornare in patria, con più cibo e qualche pepita d’oro. - Anni dopo – Cristoforo Colombo è ormai morto, solo e dimenticato. Alla spedizione narrata sul mio giornalino di bordo, ne seguirono altre quattro, di cui non scrissi, convinto di aver perso i miei racconti e ricordi in mare. Prima della sua morte, andai dal mio vecchio amico e ammiraglio. Mi diede il mio giornalino. Lo aveva avuto lui per tutto questo tempo. Comunque ora, Amerigo Vespucci, si prende il merito della nostra scoperta. Quelle non erano le Indie, era un nuovo continente. Avevamo scoperto un nuovo mondo, e nessuno l’aveva capito. E ora sono vecchio e stanco per esultare. Mi spiace solo che Cristoforo non abbia potuto rendersi conto di questa nostra grande scoperta. 

Alessia T. 2^E