GENOCIDI E STERMINI
Il termine “genocidio” è stato utilizzato per la prima volta da Raphael Lemkin nel 1944 per indicare la distruzione sistematica di una popolazione.
Lemkin era un ebreo polacco che si occupò del genocidio armeno. Perse circa 49 dei suoi familiari più stretti nell’Olocausto. Si interessò alla promulgazione di leggi internazionali che fossero contrarie al genocidio.
Il termine GENOCIDIO significa letteralmente “UCCISIONE DI UN POPOLO”.
Dopo lo sterminio degli Ebrei e l’istituzione di un tribunale internazionale, la parola ha indicato un crimine specifico e rientra nei CRIMINI CONTRO L’UMANITÀ.
Il genocidio, commesso sia in tempo di guerra sia di pace, comprende:
1) l’uccisione di membri di un gruppo nazionale, razziale o religioso;
2) lesioni gravi all’integrità fisica o mentale dei membri del gruppo;
3) Il fatto di sottoporre il gruppo a condizioni di vita finalizzate alla sua distruzione fisica, totale o parziale;
4) il trasferimento di bambini da un gruppo a un altro.
Esiste anche una forma di genocidio culturale che mira alla distruzione della cultura di un gruppo umano come sta accadendo, ad esempio, in Tibet.
Il governo cinese sostiene che il Tibet, soprannominato “Il tetto del mondo”, sia parte del suo territorio e ha imposto così dei divieti, ad esempio non si può usare il tibetano nei media e nella vita pubblica ed è stato imposto il cinese, anche nelle scuole; sono stati distrutti monasteri e templi; sono state vietate le pratiche religiose tibetane. Inoltre c’è stata una forte immigrazione di cinesi in Tibet.
Nel 1959 la popolazione si ribellò e fu massacrata.
Il genocidio è il crimine dei crimini.
Durante la prima guerra mondiale si verifica quello degli armeni: circa 1,5 milioni di armeni vengono sterminati dai turchi. Gli armeni erano in minoranza, erano cristiani ed erano guardati con sospetto, oltre che discriminati.
Il 24 aprile del 1915 vengono arrestati i capi politici e deportati. Seguono poi delle “marce della morte” verso il deserto siriano e massacri di ogni genere.
Il governo dei Giovani Turchi accusò gli armeni di tradimento in favore dei nemici russi. Era in realtà una giustificazione infondata. Questo massacro, ricordato dagli armeni come il “grande male” (netz yeghern) è stato il primo genocidio del Novecento. I morti, per lo sfinimento e per le violenze subite, furono circa 700.000, quasi il 40% della popolazione armena.
I giovani uomini furono subito uccisi, i bambini, circa 100.000, furono trasferiti ad esempio in famiglie curde.
All’indomani della fine della prima guerra mondiale fu firmato il trattato di Sèvres (1920) tra l’impero Ottomano e le potenze europee vincitrici. Oltre a cedere porzioni del suo territorio, l’impero avrebbe accettato la creazione di uno stato armeno. Questo trattato non fu mai approvato e fu visto come ingiusto dai turchi che lo negarono e più tardi nel 1923 firmarono quello di Losanna, in cui è negata l’esistenza di uno stato armeno.
I turchi hanno negato il genocidio. Ci sono però diverse testimonianze chiave che sono servite per documentare il crimine commesso.
Alcuni sopravvissuti armeni hanno tramandato oralmente o tramite dei diari quanto successo.
Alcuni diplomatici, missionari e medici hanno documentato gli eventi. Tra questi possiamo ricordare l’ufficiale medico tedesco Armin Wegner che fotografò e nascose, persino nel cinturone porta pallottole, i rullini contenenti le foto scattate. Tra i testimoni oculari c’è stato anche l’italiano Giacomo Gorrini, console nel 1915. Quest’ultimo cercò di salvare vite umane e lanciò il suo appello per la salvezza del popolo armeno ad un’Europa che nulla però fece per opporsi a ciò che stava accadendo.
L’ebreo Henry Morgenthau organizzò una raccolta fondi per salvare le vite di molti armeni, soprattutto dei bambini. Nei secoli armeni ed ebrei hanno sperimentato la perdita della sovranità nazionale, la diaspora, le deportazioni, il negazionismo. L’Olocausto si verifica tra il 1941 e il 1945. I nazisti del Terzo Reich uccisero circa 6 milioni di ebrei. Alla “soluzione finale”, cioè allo sterminio, si giunse in modo progressivo attraverso l’emarginazione degli ebrei dalla società tedesca.
Essi furono ghettizzati ed in seguito deportati.
Ma c’è un altro massacro, di cui non si parla, ed è quello che si verificò ai danni dei nativi americani. Questi vennero cancellati per vari motivi uniti da un unico filo conduttore e cioè quello di impossessarsi di terre e ricchezze dei nativi.
Durante la conquista del West ci fu ad esempio la strage dei Sioux.
Le tribù furono deportate in modo forzato dal sud-est per circa a 1.600 km. Un terzo morì durante il viaggio.
Alla fine dell’Ottocento il potente sovrano del Belgio si impadronì del Congo e ridusse in schiavitù le popolazioni indigene, mutilando milioni di persone.
Il sovrano, che passava per filantropo, fu invece l’artefice di un genocidio purtroppo ancora poco conosciuto. Si impossessò di un vasto territorio, quello del bacino idrografico del Congo, dalle cui foreste si ricavava il caucciù, ai tempi il precursore della plastica.
Gli Africani furono obbligati a raccogliere il caucciù in determinate quantità. Chi si rifiutava o consegnava quantità minori era punito duramente, fino alla mutilazione delle mani o dei piedi per l’uomo e delle mammelle per le donne. I ribelli venivano uccisi. Nell’arco di circa vent’anni anni morirono circa 10 milioni di persone, non solo per le violenze ma anche per fame.
Il famoso cioccolato belga, apprezzato in tutto il mondo, veniva realizzato con una forma che ricordava le mutilazioni commesse in Congo.
Agli inizi del Novecento i colonialisti tedeschi commisero il genocidio degli Herero e dei Nama nell’attuale Namibia nel periodo della spartizione dell’Africa.
Lo sterminio fu atroce: furono avvelenati pozzi, furono fatti morire di fame e di sete.
Nel 2004 il governo tedesco ha ammesso le sue responsabilità.
Lo sterminio può avvenire anche all’interno di un popolo. Stalin, nel periodo della collettivizzazione delle terre, obbligò i contadini a entrare in fattorie statali come dipendenti. In molti si opposero e furono deportati e costretti ai lavori forzati in Siberia, oppure sterminati. Almeno 3 milioni persero la vita. La stessa sorte toccò agli oppositori politici.
Un altro sterminio si verificò nel 1937 con la battaglia di Nanchino tra le truppe giapponesi e i resti dell’esercito cinese, in ritirata. I soldati giapponesi eliminarono i soldati cinesi e uccisero sia i prigionieri sia i civili. Il generale Yasuhiko Asaka guidò le operazioni. Furono 42 giorni di terrore. Avvennero stupri, si sparava senza pietà, l’unità 731 effettuava esperimenti su cavie umane a cui somministravano gas velenosi o scariche elettriche. Furono seppelliti vivi fino alla cinta per poi essere sbranati dai cani.
La parte che mi ha impressionato di più tra tutte è proprio questa, poiché non avrei immaginato che l’uomo si potesse spingere a così tanta crudeltà.
I genocidi e gli stermini hanno attraversato tutto il Novecento.
Nel 1944 c’è stato uno dei più sanguinosi genocidi della storia dell’umanità del XX° secolo. Vennero massacrate milioni di persone prevalentemente di etnia Tutsi, furono anche uccisi gli Hutu. Il genocidio fu preparato nei minimi dettagli, in soli 100 giorni morirono circa un milione di persone uccise con asce, mazze e machete.
Giorgia M. 3^G