I Libri di Chandler

Ci sono libri che devono essere letti anche dopo decenni. Classici che vanno sempre tenuti in libreria, a prender polvere, con la sorpresa che si riveli un giorno il momento di prendere in mano quel libro e sfogliarlo, rimanendo piacevolmente incantato. Ieri, mi è capitato fra le mani un libro che ha visto luce nel periodo novecentesco, con la sua copertina antigua e deteriorata dal tempo passato. Quella scrittura evidenzia lontani film americani old style, trascinando la narrazione atipica e sempre più accattivante di Raymond Chandler. Il lungo addio, infatti, è una galleria di storie di “profilo”, dove ci si può immedesimare nella periferia del sogno americano, nel quale si viveva in maniera differente da come lo immaginiamo, anzi, si tratta di recidere i confini di una verità che raramente assume un carattere esistenziale, e dove il viaggiare è il mezzo per raggiungere luoghi lontani. Il protagonista di quest’avvincente giallo, il detective Philip Marlowe, si ritrova a vivere un’ambientazione satura di cinismo, disillusa ma che, grattando la superficie, l’avvincente detective continua a credere nell’amicizia e nell’onestà. Quindi, davanti a un classico noir, seppur abbastanza longevo con le sue ben 414 pagine, non ci si stanca di un’atmosfera caratteristica e mai scontata: con schizoidi rimandi ad una vita che non si riesce ad afferrare, con una dolcezza sottesa fra premura e freddezza. Infine, sin dalla copertina, si possono ben dedurre gli omessi stracci pseudo-

intellettuali e da suffragista ottocentesco, che rimandano al suono delicato di un protagonista romantico e complicato. Pertanto, aver posticipato la lettura di questo capolavoro, mi fa ben sperare in un classico che, essendo senza tempo, può essere sporco e ironico, pur appartenendo alla tradizione.