Psicosociale

I soggetti del privato sociale si vedono spesso subordinati nel loro agire al decisori politici e/o Enti pubblici, manifestando oltretutto una effettiva limitazione nel loro potere di negoziare funzioni, prodotti, assetti, competenze. Eppure per molti versi privato sociale e soggetti pubblici lavorano per medesimi obiettivi (come si dice, il welfare mix), e soprattutto quando questi rientrano nell’area della promozione della salute e dello sviluppo sociale. Salute e sviluppo sociale sono aree complesse, di difficile definizione (anche il concetto di salute, non è inquadrabile in modo assoluto, ma trova accezioni contingenti e costruzioniste; e ancora più multiforme è il concetto di sviluppo, e ancora di più quello di sviluppo sociale), che per essere trattate dovrebbero essere opportunamente declinate, cosi come gli interventi confinati, situati, e posti in una articolata continuità d’azioni e di intenti: ma per far questo bisognerebbe ingaggiare scambi, verifiche, approfondimenti dialogici fondativi attraversanti il confronto tra le scienze sociali di intervento, ovvero tra i diversi modelli e letture dei fenomeni. Insomma una sollecitazione delle competenze, e un livello che tale resta nei rapporti progettuali e operativi tra il pubblico e il privato sociale. Ma tutto questo è più solitamente ovviato utilizzando il ventaglio concettuale del senso comune, o magari del buonsenso comune: ecco che nel vocabolario comune, nella simbolizzazione affettiva condivisa, trova pace l’instabilità ansiogena della complessità delle dimensioni di intervento sociale, e allo stesso tempo si sposa consenso e si sancisce simmetria, appartenenza. Nel repertorio immancabile delle ricorrenze pacificanti troviamo ad esempio categorie concettuali polisemiche dal significato ambiguo e tutt’altro che scontato, ma molto evocative, come ad esempio ben-essere, promozione, sviluppo, approccio bio-psi-sociale, intervento psico-sociale, ecc, oppure problemi come bullismo, mobbing, deviazione, dispersione, ecc… ma se invece di bullismo usassimo la parola che si usava prima, ovvero prepotenza? E se poi la prepotenza la mettessimo in rapporto anche con il modello relazionale promosso, spesso sì nelle famiglie, ma anche e soprattutto in molti contesti scolastici? Qualche anno fa, chi scrive, ha avuto l’interessante disavventura di imbattersi in una ricerca-intervento progettata e coordinata da una dirigente (di formazione giornalistica) di un Istituto Pubblico di Ricerca, e portata avanti da psicologi: si trattava dell’educazione musicale a prevenzione del bullismo, misurata attraverso l’autostima degli alunni, prima e dopo il trattamento che consisteva in un ciclo di 3 o 4 incontri di classe. Ebbene, nel rapporto di ricerca gli psicologi affermavano che effettivamente l’autostima dopo il trattamento era cresciuta (…) e si concludeva sugli effetti positivi della musica (…!): una roba che lascerebbe incredulo persino il pifferaio di Hamelin!

Gli approcci psicosociali sembrano trovare attualmente un notevole riferimento negli interventi, e spesso anche un cappello comodo entro cui far ricadere tutto quello che ha a che fare con la psicologia e con interventi rivolti a più persone. Per far chiarezza rispetto alle ambiguità: l’approccio psicosociale dovrebbe fondarsi e riferirsi a modalità di conoscenza dei fenomeni, di definizione di obiettivi e di intervento, attraverso l’analisi e la comprensione dei processi simbolico-affettivi (…se si preferisce consci<->inconsci) che connotano e organizzano le mentalità gruppali, organizzative e di comunità, ovvero i modelli di convivenza. Chiaramente l’approccio psicosociale non dovrebbe prescindere da questo livello comprensivo, oltre il quale si andrebbe a cadere inevitabilmente dentro l’evocatività naif derivante dall’unione compositiva delle parole psico + sociale.

L’utilizzo di un approccio psicosociale permette di analizzare, comprendere ed intervenire sui modelli attraverso cui è organizzata la convivenza, il senso e le azioni relazionali, i diversi livelli delle identità attuate e messe in gioco. Il vantaggio sta nell’offrire strumenti che permettono di lavorare su prodotti complessi, così come nella possibilità di cogliere e lavorare su un fenomeno a più livelli.