le regole per scrivere un buon giallo

Venti regole per scrivere romanzi polizieschi

Il romanzo poliziesco è un tipo di gioco intellettuale. Anzi, è qualcosa di più - una gara sportiva. Ed esistono leggi ben precise che governano la scrittura di romanzi polizieschi: leggi non scritte, forse, ma ugualmente vincolanti, con le quali si deve misurare ogni rispettabile inventore di misteri letterari che sia anche onesto con se stesso. Ecco di seguito, quindi, una sorta di Credo, basato in parte sull'esperienza di tutti i grandi autori di romanzi polizieschi e in parte sulle sollecitazioni della coscienza dell'autore onesto. Vale a dire:

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

11

12

13

14

15

16

17

18

19

20

Il lettore deve avere le stesse opportunità del detective di risolvere il mistero. Tutti gli indizi devono essere presentati e descritti con chiarezza.

Al lettore non possono essere rifilati altri trucchi o inganni oltre a quelli con i quali il criminale tenta legittimamente di buggerare il detective.

Non dev'essere posta eccessiva enfasi sull'elemento amoroso. Lo scopo è quello di assicurare un criminale alla giustizia, non quello di condurre una coppia innamorata all'altare.

Nè il detective né uno degli investigatori ufficiali possono risultare colpevoli. Questo vuol dire giocare sporco; è come offrire a qualcuno una moneta da un centesimo in cambio di cinque dollari d'oro. E' frode bella e buona.

Al colpevole si deve arrivare attraverso deduzioni basate sulla logica, non per caso o coincidenza o confessione senza motivo. Risolvere un problema di detection in questo modo equivale a spedire deliberatamente il lettore su di una falsa pista e poi dirgli, dopo che è tornato con le pive nel sacco, che la cosa che lo avevate mandato a cercare ce l'avevate nascosta voi nella manica fin dall'inizio. Un autore di questa fatta è poco più di un buffone.

Nel romanzo poliziesco ci deve essere un investigatore; e un investigatore non può dirsi tale se non indaga. La sua funzione è quella di raccogliere gli indizi che, in fondo al libro, condurranno all'identità di colui che ha commesso il crimine di cui al primo capitolo; e se l'investigatore non arriva alle sue conclusioni grazie all'analisi di codesti indizi, non ha risolto il suo problema alla stessa stregua dello scolaro che copia il compito di aritmetica.

Ci dev'essere un cadavere nel romanzo poliziesco, e più è cadavere meglio è. Nessun reato minore dell'assassinio può essere considerato sufficiente. Trecento pagine sono troppe per un reato diverso dall'assassinio. Dopo tutto, la fatica e lo sforzo del lettore devono essere ricompensati.

Il problema presentato dal delitto dev'essere risolto con metodi rigorosamente scientifici. Metodi di scoperta della verità che si basano su lavagnette e tavolette parlanti, lettura del pensiero, sedute spiritiche, sfere di cristallo e simili, sono assolutamente vietati. Un lettore può competere con un detective raziocinante, ma se deve gareggiare col mondo degli spiriti e rincorrere la quarta dimensione della metafisica, allora è battuto in partenza.

Ci dev'essere un solo investigatore autorizzato a trarre le conclusioni, un solo deus ex machina. Impiegare i cervelli di tre o quattro o un'intera banda di investigatori per trovare la soluzione al problema, non solo disperde l'interesse e spezza il filo della logica, ma dà all'autore un vantaggio scorretto sul lettore. Se c'è più di un investigatore, allora il lettore non è più in grado di distinguere chi è il suo avversario. Gli tocca correre da solo contro una staffetta.

Il colpevole deve essere una persona che ha avuto un ruolo più o meno significativo nella vicenda; ovvero, una persona che è divenuta familiare al lettore e per la quale egli ha provato interesse.

Il colpevole non deve essere scelto tra il personale di servizio. E' assolutamente una questione di principio. E' una soluzione troppo semplicistica. Il colpevole deve essere una persona che ha giocato un ruolo significativo, una persona della quale non si dovrebbe sospettare.

Ci deve essere un solo colpevole, al di là del numero degli assassinii. E' ovvio che il colpevole può essersi servito di complici o aiutanti, ma la colpa e l'indignazione del lettore devono cadere su una sola ed unica anima nera.

Società segrete, camorra, mafia e così via non hanno spazio in un romanzo poliziesco. Un assassinio affascinante e ben riuscito è guastato senza remissione da una colpevolezza all'ingrosso. E' certo che anche all'assassino debba essere offerta una scappatoia, ma concedergli addirittura una società segreta con cui spartire le colpe è un po' troppo. Nessun assassino di classe e consapevole dei propri mezzi accetterebbe di giocare contro queste probabilità.

I metodi impiegati nell'assassinio, e i sistemi usati per scoprirlo, devono essere razionali e scientifici. Vale a dire, la pseudo scienza e i congegni di pura e semplice immaginazione non possono essere tollerati in un romanzo poliziesco. Una volta che l'autore è partito verso il regno della fantasia, alla maniera di Jules Verne, si è posto definitivamente fuori dai confini della narrativa poliziesca e si è messo a fare capriole in una zona dell'avventura che non è segnata sulle carte geografiche.

La rivelazione del problema deve essere sempre evidente, ammesso che il lettore sia abbastanza sveglio da individuarla. Con questo intendo che se il lettore, appresa la spiegazione del crimine, decide di rileggersi il libro da capo, deve accorgersi che, in un certo senso, la soluzione giusta era sempre stata lì, a portata di mano, che tutti gli indizi portavano al colpevole e che, se solo fosse stato asuto come l'investinatore, anche lui avrebbe potuto risolvere il mistero prima dell'ultimo capitolo. Va da sé che il lettore intelligente risolve spesso l'enigma in questo modo.

Un romanzo poliziesco non dovrebbe contenere descrizioni troppo lunghe, divaghazioni letterarie su argomenti secondari, studi di caratteri troppo insistiti, preoccupazioni di creare un'atmosfera: Questi elementi non hanno spazio in quello che sostanzialmente è il resoconto di un crimine e di una deduzione. Tali passaggi bloccano l'azione e introducono argomenti di scarso rilievo per l'obiettivo finale, che è quello di esporre un problema, analizzarlo e condurlo ad una conclusione soddisfacente. E' chiaro, comunque, che ci debba essere sufficiente materia descrittiva e studio di carattere per dare verosimiglianza al romanzo.

Il colpevole di un romanzo poliziesco non deve mai essere un criminale di professione. Scassinatori e banditi appartengono alla pratica quotidiana dei dipartimenti di polizia, non degli autori e dei loro brillanti investigatori dilettanti. Un crimine davvero affascinante è quello commesso da un vero baciapile, o da una zitella dedita ad attività benefiche.

Un crimine, in un romanzo giallo, non può mai essere derubricato in incidente o suicidio. Far finire un'autentica odissea di detection in questo modo così banale significa voler infinocchiare a tutti i costi il fiducioso e gentile lettore.

I moventi dei crimini nei romanzi polizieschi devono essere esclusivamente personali. Complotti internazionali e azioni di guerra fanno parte di un'altra categoria di romanzi, quelli di spionaggio, ad esempio. Ma un romanzo giallo deve mantenere un carattere intimo, per così dire. Deve riflettere le esperienze quotidiane del lettore, ed offrire uno sfogo ai suoi desideri ed emozioni represse.

E, per dare al mio Credo un numero pari di regole, ecco una serie di stratagemmi che nessuno scrittore di gialli degno di questo nome potrà più permettersi di adoperare. Sono già stati troppo sfruttati, e sono molto familiari a tutti i cultori dei crimini di carta. Avvalersene equivale a confessare la propria incapacità e mancanza di originalità.

Altre preziose regole

TROVI ALTRI CONSIGLI SUI LINK DEL SITO  https://www.google.it/#q=20+regole+per+scrivere+un+giallo