INTERVISTE

NUMERO 20

DICEMBRE 2023

L'ineluttabile e sintetica intervista 

ai rappresentanti degli studenti 2023

INTERVISTATORI: Presentatevi!

GUZZI: Sono Guzzi Massimo della classe 5AT, sono il rappresentante migliore del Bachelet!

CROSIO: Sofia Crosio, 4AT.

CASARINI: Camilla Casarini, 5AG.

INTERVISTATORI: Quanto pensi sia realizzabile il vostro programma da 1 a 10?

GUZZI: Penso che sia fattibile: da 1 a 10, un bel 9.

INTERVISTATORI: Elencami 3 cose da salvare o da cambiare della scuola.

GUZZI: Salverei la Terry

CROSIO: Terry patrimonio UNESCO.

CASARINI: Salverei i campi esterni, gli orari di questa scuola - almeno ho tempo di fare attività pomeridiane senza tornare a casa e gli incontri molto interessanti che svolgiamo in Aula Magna.

INTERVISTATORI: Perché hai deciso di candidarti?

CROSIO: In realtà non è un’idea mia, è stata un’idea di Massimo che mi ha proposto di candidarmi con lui, non pensavo nemmeno di vincere, penso che questo ruolo faccia molto per me e sono pronta a dare voce agli studenti!

GUZZI: Io per dare continuità agli studenti.

CASARINI: Io perché Massimo me l’ha proposto e poi ho pensato, sono in quinta se non lo faccio adesso, non lo posso fare mai più.

INTERVISTATORI: Come vedi il Bachelet tra 5 anni?

GUZZI: Spero di vederlo migliorato rispetto a come lo lasceremo.

CASARINI: Con i nostri desiderati erogatori di acqua installati almeno per gli anni futuri.

INTERVISTATORI: Quale eredità lascerai?

GUZZI: Le feste migliori del Bachelet.

CROSIO: Io e Cami ci stiamo impegnando sul progetto sulle donne.

INTERVISTATORI: È realizzabile mettere gli erogatori a scuola?

RAPPRESENTANTI: Sì sì, ne abbiamo parlato con il preside.

INTERVISTATORI: Pensi che ci sia discriminazione fra i vari indirizzi?

CROSIO: Sì, perché secondo me il tecnico è molto sottovalutato. Penso che se gli studenti del liceo venissero a fare una lezione da noi, capirebbero che in realtà anche il nostro programma è molto voluminoso.

CASARINI: Concordo anche io che sono del liceo, ho partecipato a una lezione di economia e sono rimasta stupita dalla difficoltà di questa materia.

INTERVISTATORI: Cose fattibili/realizzabili e irrealizzabili.

CASARINI: Irrealizzabili, sicuro cambiare la struttura della scuola. Non potremmo farlo noi in un anno perché dipende da Città Metropolitana. Voglio aggiungere che quest'anno vogliamo fare un ballo a fine anno, tipo prom, all’Annunciata, per tutte le classi.

NOTA DEGLI INTERVISTATORI: purtroppo Lorenzo Aceti non s'è presentato all'appello per l'intervista, riusciremo a incastrarlo...? Continuate a leggere B-Log per scoprirlo!

Andrea Bortolotti, Fatima Lamiri, Aurora Pennisi

NUMERO 17

MARZO 2023

Oltre la cattedra

Interviste ai docenti del Bachelet: professor Paolo Maltagliati

Dopo la maturità scientifica presso il nostro istituto (all’epoca intitolato a Blaise Pascal) nel 2005, il professor Maltagliati ha studiato all'università degli studi di Milano nel corso prima triennale poi magistrale di “Scienze Storiche" (nel 2011) ha conseguito l’abilitazione con il Tirocinio Formativo Attivo nel 2013, diventando di ruolo con il concorso ordinario del 2015.  Dopo aver insegnato in un istituto di recupero anni di Milano per due anni e successivamente nell'IIS paritario Barbara Melzi di Legnano, insegna attualmente presso l’IIS Bachelet negli indirizzi Liceo Linguistico e Scientifico

1) Ha sempre voluto insegnare? Quando ha scelto di fare questo lavoro era più appassionato alla sua materia o all'insegnamento?

No, non ho sempre voluto insegnare infatti ero sicuramente più appassionato alla mia materia che all'insegnamento. L'interessamento relativo al mondo scolastico è nato all'università, prima di allora non avevo voglia di andare ad insegnare, alle medie come studente non ho avuto una bella esperienza, alle superiori sì, ma non era ciò che volevo fare. Tutto cambiò quando al secondo anno di università, un po' per gioco, mi iscrissi ad un corso di ambientamento per matricole. Aiutare le matricole a studiare mi è piaciuto tantissimo, poter parlare di qualcosa che sapevo e che mi piaceva a qualcuno che desiderava apprendere qualcosa di più mi ha fatto considerare che l'insegnamento potesse essere un futuro fattibile. Nel periodo successivo è rimasto un po' nel limbo fino alla fine dell'università. All'inizio volevo fare ricerca, solo che un po' perché le porte non erano tanto aperte, un po' perché l'insegnamento stava cominciando a piacermi, ho scelto di fare il dottorato e infine il corso di abilitazione.

2) Ha mai avuto una o più classi che le hanno fatto rimpiangere di aver fatto questo lavoro e/o una o più classi con cui ha creato un legame che non dimenticherà mai?

Penso siano ovvie le risposte in entrambi i casi, ovvero sì per entrambe le cose. Per quanto riguarda l'aspetto negativo mi è capitato soprattutto all'inizio: è chiaro che l'insegnamento è pesante ed è sempre una cosa che si fa in due, colui che spiega e colui che ascolta. In particolare quando ho iniziato la capacità di gestire la classe non è che l'avessi imparata su un libro, quindi è stato abbastanza complesso ambientarmi. Ho iniziato la mia carriera in una scuola privata di recupero anni, con gente che non aveva voglia di studiare quindi direi che è stato l'inizio più traumatico possibile. Diciamo che però vale anche il contrario, o meglio, credo che a tutte le classi ha. Per ora non mi è mai capitato di aver avuto una classe a cui non mi sono per nulla legato. Certo, alcune di più, altre di meno ma in tutte c'è stato qualcosa. E’ difficile dire una classe in particolare che non dimenticherò mai, magari non mi ricordo tutti i nomi ma dei ricordi le ho tutte. Devo proprio fare un nome? Quinta scienze umane di 6 anni fa a Legnano, quella mi ha proprio lasciato il segno, anche perché è stata la prima che ho accompagnato fino alla maturità.(anche per quelle che ho avuto qui al Bachelet ho una mia personale classifica, ma è un segreto!)

3) Come si descriverebbe come professore? Qual è il suo più grande difetto e il suo più grande pregio?

Se dovessi descrivermi mi descriverei come egocentrico, mi piace sentire il suono della mia voce. Poi sono anche logorroico, permaloso e ce ne sarebbero anche altri di difetti... però diciamo che questi sono i principali. I pregi invece dovrebbero essere gli studenti a dirli ma se proprio dovessi dirlo il mio più grande pregio è che mi arrabbio raramente, tendo sempre a cercare di essere il più calmo possibile. Poi questo non vuol dire che non ribollisca dentro... E infatti potrebbe essere visto come un difetto... però in fondo credo che resti una virtù.

4) Quali sono le sue passioni personali? Riesce a bilanciare vita e lavoro?

Per quanto riguarda le passioni personali anche se sono un po' banali ho di sicuro al primo posto la lettura e la scrittura anche se mi piacciono molto anche i manga e gli anime. Poi, in un certo senso, anche le materie che insegno sono delle mie passioni personali. In generale comunque nei periodi più impegnativi della scuola è difficile trovare, più che il tempo, la concentrazione mentale per fare altro, tutti i tuoi pensieri gravitano intorno alla scuola quindi no, non riesco a bilanciare vita e lavoro, secondo me non è fattibile in questo lavoro, è un lavoro che prosciuga.

5) Quale pensa sia la cosa fondamentale per un buon professore e quale per un buon alunno?

Innanzitutto per il professore c'è una questione di prerequisiti, una condizione necessaria ma non sufficiente, ovvero amare quello che in segni, se non si ama ciò che si insegna non importa il resto, non sarai mai un buon insegnante. Poi, ovviamente è importante essere capaci di trasmettere almeno in parte questo amore agli studenti, ma questo non vuol dire che si riesca sempre a farlo (anche se sarebbe bello). L'importante è far capire agli studenti la bellezza di quello che stai insegnando, non bisogna parlare di utilità ma di bellezza. Cosa fa di un alunno un buon alunno? Non chiudere le porte, non dire ‘fa schifo’ a prescindere, in fondo è l'unica cosa che conta secondo me. E’ importante che non vengano mai espressi giudizi a priori, poi una materia può anche effettivamente non piacere, ma prima devi darti (e darle) una chance e capire se può effettivamente piacerti. Dirlo prima, senza nemmeno provare, cosa che succede spessissimo, è la cosa peggiore che può vedere un insegnante in uno studente.

6) È soddisfatto del sistema scolastico italiano? Se dovesse cambiare qualcosa cosa cambierebbe?

No, cambierei tutto. Non sono soddisfatto perché, tralasciando questioni di natura tecnica come il reclutamento, il problema sta nel modo in cui viene affrontata la vita scolastica. La vita scolastica deve essere molto più partecipata di così, deve essere un piacere, non un dovere, deve essere possibile per i ragazzi fermarsi a studiare a scuola, fare attività a scuola e farla diventare parte della loro esistenza... ma questa cosa che in Italia non esiste... ti fai le tue ore e te ne vai, mancano spazi e strumenti. Da questo punto di vista si potrebbero costruire tante cose, rivedere la disposizione degli orari e delle classi come ad esempio associare un luogo fisico ad una materia (come nel modello americano), giusto per fare un esempio. Il problema però risiede nel fatto che la scuola adesso, per come è impostata, è un luogo che si subisce e non si vive.

7) Qual è la più grande lezione che le è stata data e quale vorrebbe trasmettere ai suoi studenti?

La più grande lezione un po' l'ho già detta, tenere gli occhi aperti ed essere curiosi, essere maledettamente curiosi e lasciarsi affascinare dalla realtà; che è anche un po' quello che voglio trasmettere ai miei studenti.

8) Che cosa le piace della sua materia?

Tutto. Il fascino delle mie materie è che rappresentano l'uomo a tutto tondo, raccontano la lotta che l'uomo fa per darsi un senso e purtroppo imporre il proprio agli altri, spiegando come funziona l'uomo nel mondo, anche con le sue irrazionalità.

9) Come fa a tirare fuori il meglio da ogni alunno? Pensa di esserci sempre riuscito?

No, non penso di esserci sempre riuscito e chi lo dice o mente o è in mala fede. Il come faccio beh... guardandoli negli occhi, per dir così, anche se non è una cosa che ho sempre voglia di fare. Per citare Kant bisogna che l'altro sia il fine non il mezzo. Anche senza andare a prendere Kant il succo del discorso è che io devo sempre guardare le persone che ho davanti e avere loro come primo interesse, il che è difficilissimo, ma è lì che tiri fuori il meglio, se non guardi non puoi fare niente... e per guardare si intende guardare veramente chi hai davanti, senza pregiudizi, senza costrutti, cosa che non tutte le mattine uno ha voglia di fare (del resto, implica un lavoro enorme su di sé guardare l’altro libero da pregiudizi), però si deve partire sempre da lì.

10) Come andava lei quando frequentava la scuola?

Bene ma non è che sia stato un particolare modello da imitare, io avevo la capacità di memorizzare molto bene studiando molto poco ed infatti le materie umanistiche mi sono da sempre risultate semplici, non tanto perchè mi piacessero (perlomeno non sempre),ma per questo motivo. Il mio primo amore comunque è stata fisica, non storia, anche se forse ciò che mi piace della storia parte dallo stesso principio di fondo: spiegare come funziona la realtà.

11) Domanda personalizzata: Quale materia preferisce tra storia e filosofia? E quale è il suo filosofo e il suo personaggio storico preferito?

Innanzitutto io preferisco la storia alla filosofia, anche se amo entrambe veramente tanto. Per quanto riguarda il mio filosofo preferito è difficile trovarne uno, però ecco, secondo me i greci avevano detto tutto praticamente ciò che c'era da dire sulla filosofia, buona parte dei filosofi successivi è effettivamente salita sulle loro spalle o rielaborato concetti da loro già esposti, quindi se proprio dovessi espormi direi che i miei preferiti sono Aristotele e Platone. Come personaggio storico preferito anche qui è difficile trovarne solo uno, visto che mi affascinano tutti i sovrani astuti e macchinatori… però pensandoci bene, direi che il mio preferito è Costantino XI, ultimo imperatore bizantino,morto combattendo. Mi piace perché rappresenta la fine di un sogno, ha una sorta di aura eroica e romantica,  il simbolo di qualcosa che ha fatto la storia e che finisce in gloria.

Simone Banfi

NUMERO 16

DICEMBRE 2022

Conosciamo meglio i nostri rappresentati 

Le elezioni dei rappresentanti d'Istituto si sono da poco concluse e per la componente studentesca sono stati eletti tre ragazzi e una ragazza che rappresenteranno tutti noi negli organi più alti dell'organizzazione scolastica.

Ecco quindi l'intervista che abbiamo proposto a Francesco Rizzo (Specialista), Lorenzo Aceti (Lista nera), Matilde Tesa e Massimo Guzzi (Aloud)  [Continua in BBN...]

NUMERO 15

GIUGNO 2022

MATURITÀ:

COSA NE PENSANO I DOCENTI DEL BACHELET? 



Professoressa Simona Alemani



Professor Emanuele Dotti

Ho qualche dubbio in più sulla seconda prova, anche se il fatto che venga preparata dalla commissione e non dal ministero dovrebbe rendervi un po’ più tranquilli. 


Professor Gianluca Comincini


Professoressa Lucia Lorenzo 

Il mio primo consiglio è di non sprecare quest’anno: in quinta spesso non si vede l’ora di iniziare un nuovo capitolo e chiudere con quello vecchio, come è giusto che sia, ma trovo sia importante non ridurre questi ultimi mesi ad un conto alla rovescia bensì vi invito a vivere al massimo ogni giorno a scuola e coglierne ogni opportunità, didattica e umana. 

È importante studiare ogni giorno, con costanza e profondità, con curiosità e spirito critico: fatevi sempre domande su ciò che leggete, mettete in discussione ciò che non vi convince e voi stessi prima di tutto, siate proattivi e collaborativi in classe, abituatevi ad esprimere la vostra opinione e condividere i vostri pensieri e osservazioni. Non accontentatevi mai ma apprezzate ogni vostro sforzo e risultato, la differenza è notevole ed è fondamentale per crescere. 

La strada a volte sarà faticosa ma del resto percorrerla con coraggio e determinazione è l’unico modo per essere soddisfatti, arricchiti, maturati. 

Ludovica Tempesta e Sofia Beretta

Oltre la cattedra

Interviste ai docenti del Bachelet: professoressa Margherita Quaglia


Biosketch

Dopo la maturità scientifica presso il nostro istituto (all’epoca intitolato a Blaise Pascal) nel 2003, la professoressa Quaglia ha studiato all'università Cattolica di Milano nel corso triennale di “Lingue e culture straniere. Esperto linguistico per il management e il turismo" e nel corso magistrale di "Lingue e letterature europee ed extraeuropee" presso l’Università degli Studi di Milano, ha conseguito l’abilitazione con il Tirocinio Formativo Attivo nel 2015 e nel 2019 il master in Didattica delle Lingue Straniere (MaDILS) presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Nel 2013 iniza la sua collaborazione come editor per la rivista di studi culturali Altre Modernità ed entra nel mondo dell'insegnamento dello spagnolo nelle scuole secondarie di primo e secondo grado. Nel 2017 entra di ruolo presso l’IIS Alessandrini (Lombardini) di Abbiategrasso, insegna attualmente presso l’IIS Bachelet negli indirizzi Liceo Linguistico e Istituto Tecnico Economico. 


1) Ha sempre voluto insegnare? Quando ha scelto di fare questo lavoro era più appassionata alla sua materia o all'insegnamento?

Sì, in realtà la prima cosa che ho pensato alla fine della quinta superiore era che non volevo lasciare la scuola, mi sembrava un mondo fantastico, così mi chiesi come potessi tornarci e pensai alla strada dell'insegnamento. Fin da subito infatti sono stata attenta alle questioni burocratiche su come diventare insegnante e all'università ho scelto un corso di laurea che mi avrebbe aperto diverse strade anche nel mondo dell’impresa, ma che aveva già i crediti necessari per accedere all'insegnamento. Per la materia… non conoscevo ancora lo spagnolo (alle superiori ho studiato solo inglese), ma sapevo che sarebbe stata una lingua straniera!

2) Ha mai avuto una o più classi che le hanno fatto rimpiangere di aver fatto questo lavoro e/o una o più classi con cui ha creato un legame che non dimenticherà mai?

Ogni classe è un super-organismo e - come gli essere umani - anche le classi hanno un carattere particolare. Con le classi parallele (dello stesso anno) si nota moltissimo infatti come attività identiche possano risultare fallimentari in una e vincenti in un'altra. Con alcune classi ho formato un legame particolare mentre con altre ho fatto molta fatica: e sicuramente una è stata al mio primo anno di insegnamento. Quella prima media “non mi sopportava” davvero, non avevo ancora trovato il mio stile di insegnamento (ero appena uscita dall’università) e soffrivo del confronto con altri colleghi, così passavo l'ora urlando e uscivo sull’orlo delle lacrime, esperienza che hanno molti insegnanti all’inizio. Anche il rapporto con le famiglie non era affatto semplice: ho ricevuto molte critiche, ma non ho mai mollato, ho continuato a insistere riuscendo infine a capovolgere la situazione in terza. Ancora adesso tengo bene a mente quell'esperienza, quando prendo classi difficili mi ripeto sempre "se ce l'ho fatta in quella occasione ce la posso fare anche adesso" ed è vero soprattutto perché i ragazzi, a differenza degli adulti, sono molto più disponibili a dare una nuova possibilità. Esiste un detto che dice "Chi pianta tamarindi non raccoglie tamarindi", trovo sia molto azzeccato per descrivere l'insegnamento, poiché è uno di quei lavori dove sai che già fallirai, capita spesso e anche più volte al giorno quindi bisogna essere preparati ad avere fiducia perché sul lungo periodo le soddisfazioni sono impagabili!

3) Come si descriverebbe come docente? Qual è il suo più grande difetto e il suo più grande pregio?

Partendo dai difetti mi ritengo diciamo “destrutturata”, le mie lezioni sono molto eclettiche, le attività molto diverse e quindi non c'è una struttura rigida di base che, però, è molto utile per un certo tipo di studenti. Anche questo è uno degli aspetti da accettare dell’insegnamento: non si può piacere a tutti, ma si può provare a proporre più cose possibili per permettere agli studenti di costruire un percorso a loro adatto. Mi rendo conto di funzionare di più con chi ama mettersi in gioco e non ha bisogno di essere molto guidato poiché lascio una certa autonomia e propongo cose creative, perché credo che nel mio corso funzioni di più la motivazione (l’appassionarsi alla disciplina) rispetto alla rigidità. Questo può mettere più in difficoltà chi necessita di essere guidato nello studio di strutture e lessico. Però è anche vero che ciò mi permette di essere più flessibile e di sfruttare l"apprendimento incidentale". Come altro difetto direi che fatico moltissimo con la burocrazia: faccio tutto, ma con grande affanno. 

Come pregio invece direi che sono attenta all'aspetto personale, individuale, emotivo e relazionale delle classi. Spesso i miei alunni mi dicono che apprezzano il fatto che io li ascolti. Anche questo può essere considerato un pregio e un difetto al contempo: a volte gli studenti richiedono più attenzioni anche da parte degli insegnanti in generale… ma io credo che non esista “il modo giusto”: l'importante è essere fedeli a se stessi, se non si è il tipo di persona da instaurare quel tipo di rapporto con gli alunni non è un problema, e non è nemmeno un problema esserlo, le personalità dei diversi docenti si compensano e completano a vicenda senza doversi snaturare, è il modo migliore di “funzionare” in classe: essere se stessi.

Per quanto riguarda la mia descrizione mi descriverei come eclettica, come direbbe Walt Whitman: (I am large, I contain multitudes.)

4) Quali sono le sue passioni personali? Riesce a bilanciare vita e lavoro?

Imparare è una delle mie grande passioni, sono molto curiosa, mi piace leggere saggi o fare corsi, dall’arabo alla LIS, dai funghi alla paleoantropologia: sono sempre una studentessa! Mi piace moltissimo il teatro, ballare e viaggiare. Mi piace anche molto avere uno uno stile di vita “naturale”, all’aria aperta, seguendo i ritmi della natura anche se - purtroppo - non riesco molto a bilanciare vita e lavoro, questo infatti è un mio grande obiettivo. Non penso di riuscire un po' perché ho scelto una professione che mi appassiona - e per questo mi faccio anche travolgere - e un po' perché le richieste di questo lavoro crescono di anno in anno e le trovo spesso poco sostenibili. Non è certo una questione economica, preferirei piuttosto lavorare di meno e guadagnare di meno. Se le richieste sono troppo alte si finisce con gli insegnati in burn out ed è vero che questa professione è una “missione”, ma è anche e soprattutto un lavoro e per farlo bene bisogna anche stare bene.

5) Quale pensa sia la cosa fondamentale per un buon professore e quale per un buon alunno?

Per un buon insegnante come detto prima la cosa fondamentale è essere fedeli a se stessi. Io ho imparato l'inglese con un insegnante vecchio stampo, mentre al contrario io uso più il metodo induttivo rispetto alla lezione frontale: questo vuol dire che chi spiega la grammatica è meno bravo? No, i migliori insegnanti sono quelli coerenti con se stessi perché funziona! La prima volta che insegni vengono dati tanti imperativi (“entra dura”), ma io credo che non siano efficaci: come nelle relazioni affettive non si possono avere strategie: prima o poi la verità viene a galla e la scelta vincente credo sia essere sinceri, questo porta al rispetto. 

Per quanto riguarda un buon alunno, sicuramente la cosa fondamentale è sicuramente la motivazione; essere motivati è il miglior modo per imparare. Non si può “tutto” nella vita, ma essere motivati permette di imparare anche con un (soggettivo) pessimo insegnante.

6) È soddisfatta del sistema scolastico italiano? Se potesse cambiare qualcosa cosa cambierebbe?

Siano in un periodo di transizione quindi coesistono molte diverse realtà, dare un giudizio complessivo è difficile. A livello sistemico posso dire che sicuramente cambierei il processo di reclutamento e formazione degli insegnanti. Chi vuole insegnare non ha un percorso chiaro e si trova praticamente sempre costretto a una preparazione precaria (il colmo per uno che dovrebbe insegnare) e una vita ancora più precaria. 

Inoltre, non avere nozioni di psicopedagogia, didattica, normativa scolastica, docimologia mette estremamente in difficoltà i docenti (e di conseguenza gli alunni). Io mi ritengo fortunata perché ho potuto seguire il percorso abilitante del TFA, ma da quando ho iniziato a interessarmi all’insegnamento il sistema è cambiato almeno quattro volte!

7) Qual è la più grande lezione che le è stata data e quale vorrebbe trasmettere ai suoi studenti?

La più grande lezione che ho “vissuto” è che tutto si può superare, indipendentemente dal fallimento o dal dolore. Si possono sempre trovare le risorse per tornare a vivere, non per forza da soli, ma se ci si guarda intorno si trovano strumenti o mani tese per aiutarci a uscire dalle difficoltà. Anche quando la vita sembra in qualche modo finita, in realtà la vita vuole fortemente continuare a vivere, abbandonando magari il vecchio sé, rinascendo in una nuova realtà: domani non sarai più il te di ieri ma sei sopravvissuto e quell’ostacolo ti ha reso chi sei. 

Ai miei studenti vorrei insegnare che la realtà è immensa. Se potessi anche solo far venire loro il dubbio che esistono non solo più cose di quante percepiscono, ma anche immaginano, potrei ritenermi in gran parte soddisfatta. Questo è un grande motore, mette tutto in prospettiva: la realtà è complessa e infinita ed è proprio ciò che ci permette di immaginare scenari diversi anche per noi stessi, c'è tanto altro che non conosciamo: quella che viviamo non è l'unica realtà possibile.

8) Che cosa le piace della sua materia?

Che è la lingua veicolare (lo spagnolo) di un'infinità di mondi diversi, di storie, di esperienze, di realtà. Mi piace tantissimo il mondo dell'America indigena, infatti sono una ispanoamericanista, ciò mi ha permesso di scrivere una tesi su un poeta maya contemporaneo e su uno nato in Cina, cresciuto in Perù e che vive alle Hawaii… in qualche modo sono arrivata a conoscere il cinese attraverso lo spagnolo. Può sembrare una cosa assurda, ma effettivamente questi due mondi distantissimi hanno tanto in comune. E poi la letteratura è la forma più entusiasmante della lingua e quindi il modo migliore per conoscerla!

9) Come fa a tirare fuori il meglio da ogni alunno? Pensa di esserci sempre riuscita?

No, non penso di esserci sempre riuscita anzi, spero non di rado che ci sia qualche altro insegnante che funzioni meglio con loro e che riesca a farlo. Come faccio a tirare fuori il meglio dai miei alunni? Cerco di trasmettere il mio entusiasmo, ma anche di capire quali sono i loro punti di forza, ciò che li appassiona e le cose per le quali sono “naturalmente” inclini e su quello provo a costruire.

10) Come andava lei quando frequentava la scuola? 

Alle elementari ero molto brava ma facevo molte assenze per motivi di salute, così fin da piccola mi sono abituata a grandi periodi di studio concentrato. Alle medie, al contrario, ho vissuto di rendita, in classe c'era un contesto difficile, me la cavavo senza studiare e ho cercato di passarle. Alle superiori al liceo scientifico ero ancora abbastanza disimpegnata: i primi anni ho avuto il debito in matematica e latino,  di chimica in terza finché all'inizio della quarta - per la paura di essere bocciata - mi sono messa a studiare e inaspettatamente ho visto che mi divertivo, che ero brava e quindi da lì ho continuato "volendolo". Non che non abbia fatto fatica, dopo cinque anni all’acqua di rose ho dovuto correre parecchio… ma è stata un’esperienza utile anche quella. In quinta finalmente bene e all'università molto bene, anche se per me è stato molto difficile scrivere le tesi. 

Insomma ho iniziato a studiare tardi, a 17 anni in realtà, quando ho visto il rischio di perdere l'anno causa insegnante di inglese decisamente intransigente, ma dopo essermi svegliata, proprio lei mi disse "Margherita, hai scoperto che ti piace studiare?" Un po' in controtendenza con gli attuali approcci psicopedagogici, mi ha salvato avere un'insegnante che mi mettesse paura!

 

11) Domanda personalizzata: quanti viaggi ha fatto nella sua vita? Cosa le hanno insegnato?

Ne ho fatti molti, il più importante direi l'Erasmus in Spagna, forse perché non ne sapevo niente e non mi interessava nemmeno particolarmente, ci sono andata per caso e me ne sono innamorata! Un altro viaggio importante è stato in Bolivia un mese con progetto di volontariato alla fine della laurea triennale, ma anche a Cuba a 11 anni (grande passione mai più rivista), a Londra quattro settimane per migliorare il mio inglese orale. Poi tanti posti di vacanza dai quali però mi sono sempre fatta stupire e con i quali ho sempre cercato di entrare in contatto attraverso gli abitanti del luogo. Questi viaggi mi hanno insegnato, come dicevo prima, che la realtà è molto più variegata e ricca di quanto uno non si immagini, ma che questa enorme diversità del mondo la maggior parte delle volte non è un problema! Gli esseri umani sono molto bravi ad andare d'accordo, molto più di quanto si pensi. Quando parli con tante persone finisci per conoscerle e aprirti scoprendo cose e vivendo momenti stupendi, un esempio? Il mercato dei cammelli a sud dell'Egitto nel deserto: erano tutti omaccioni musulmani radicali, ma con me sono stati molto simpatici e scherzosi comprendendo la mia profonda differenza.

Simone Banfi

NUMERO 14

APRILE 2022

Maturità: cosa ne pensano i ragazzi del Bachelet?

Abbiamo provato a intervistare 4 ragazzi di quinta dei rispettivi indirizzi, cercando di capire cosa pensassero della nuova maturità, degli scioperi che si sono svolti a riguardo e degli atti di vandalismo che sono avvenuti ultimamente nella nostra scuola…  [Continua in BBN...]

NUMERO 13

FEBBRAIO 2022

Intervista ai rappresentanti d’istituto

Simone Mancini, Matteo Invernizzi, Lucrezia Trabucchi, Piero Preite

Per questo numero, B-Log ha scelto di approfondire la recente elezione dei nuovi rappresentanti d’istituto con un’intervista. Per questo motivo li abbiamo “interrogati” sui potenziali risvolti dell'evoluzione della scuola e su quello che credono essere il suo futuro, ma abbiamo anche deciso di scoprire qualcosa di più sui loro sogni e ambizioni personali. [Continua in BBN...]

NUMERO 12

DICEMBRE 2021

Intervista a Giovanni Ferrario, nuovo Dirigente Scolastico dell'IIS Bachelet

di Alessandro Scibilia e Camilla Scuri


NUMERO 11

GIUGNO 2021

Ex-Log all'università

La 4BL intervista il nostro ex-studente Luca Frattoni per rispondere alla domanda: c'è vita dopo il Bachelet?

1) Pensi che la tua facoltà ti dia abbastanza tempo libero o lo studio limita molto la tua vita sociale?

Essendo stato un anno particolare a causa della pandemia non credo di poter dare una risposta definitiva, ma in generale sono riuscito a gestire abbastanza bene il tempo in modo da non essere sommerso dallo studio. Dall'anno prossimo spero di avere l'occasione di frequentare con più regolarità l'università ed adattarmi completamente ai suoi tempi.

2) Cosa cambia maggiormente nel passaggio fra superiori e università?

Il fatto di avere classi di 150-200 persone mi ha inizialmente destabilizzato: non c'è più l'opportunità di conoscere a fondo tutti e creare quel senso di comunità tipico delle classi di 20-25 ragazzi. Riguardo allo studio viene richiesta una maggiore autonomia e organizzazione, ma i professori si mettono sempre a disposizione volentieri per chiarire dubbi o risolvere eventuali criticità. È molto importante conoscere a fondo il sito della propria università in modo da non perdersi comunicazioni importanti.

3) Sentite la mancanza del liceo? Se potessi, torneresti indietro per riviverlo?

Sì, mi mancano molto l'atmosfera del Bachelet, i compagni, i professori. Sono molto dispiaciuto di non aver potuto trascorrere in presenza gli ultimi mesi della quinta con la mia classe: ci siamo persi l'ultima gita e molte altre iniziative a cui tenevo, inoltre non abbiamo potuto affrontare come avremmo voluto la preparazione all'esame. Alla fine però ciò che conta sono i bei ricordi accumulati nel percorso dei cinque anni e fortunatamente posso dire di averne molti.

4) Quando e come hai deciso a che facoltà iscriverti? Che fattori hai tenuto in considerazione?

Già dalla quarta liceo avevo iniziato ad andare ad alcuni open day e informarmi sui siti delle università. Ero orientato su un percorso di stampo umanistico o politico e i corsi di Scienze politiche della Statale mi avevano fatto un'ottima impressione: le materie insegnate spaziavano dall'economia all'analisi dei sistemi sociali, dalla storia alle lingue. Mi è sembrato un programma completo, oltre che stimolante. Una preparazione di questo tipo ti permette di tenere aperte diverse opzioni nel momento in cui dovrai cercare un lavoro.

Una laurea di questo tipo ti dà la possibilità di lavorare nelle istituzioni dell'Unione Europea, ma puoi anche ambire a un impiego nelle Nazioni Unite, che, in quanto tali, offrono spesso l'occasione di operare in contesti di livello mondiale. Tuttavia è possibile collocarsi anche nel settore privato e no-profit: molte aziende cercano personale da impiegare nelle relazioni con altre realtà private o con organizzazioni statali e sovrastatali, così come le ONG.

L’hijab e la religione musulmana

intervista a due ragazze del Bachelet 

In concomitanza con la fine del Ramadan abbiamo deciso di intervistare due ragazze di religione musulmana: la prima di queste è una studentessa della nostra scuola, invece la seconda è una ex-studentessa del Bachelet che ora frequenta l’università di Pavia. 

Entrambe le interviste contengono informazioni, curiosità e opinioni personali su tutto il mondo della religione islamica. 

Alcune domande non le abbiamo ripetute in quanto entrambe hanno risposto allo stesso modo. 

Per ultimo, prima di lasciarvi alla loro intervista, vorremmo evidenziare come le opinioni e le risposte di queste due ragazze a volte sono simili e a volte no, questo perché ognuno di noi, qualsiasi religione professi, vive la fede a modo suo e ha avuto insegnamenti differenti nel corso della vita. Ciò rappresenta per noi una ricchezza, per valorizzarla – perciò – abbiamo voluto presentare non una visione “monolitica”, ma un piccolo mosaico composto dai frammenti di due voci originali.

Ecco qui le due interviste, abbiamo deciso di lasciare anonime le nostre inter.

  Che cos’è hijab?

S. ed Ex-S. È un velo che si usa all’interno della religione islamica

Perché le ragazze musulmane portano il velo?

S. È un obbligo che è stato scritto nel Corano

Ex-s. Ti rispondo con un esempio: le leggi dello Stato devono essere rispettate da tutti, ma in realtà non tutti le rispettano. La stessa cosa per la decisione di portare il velo, è un dovere che è stato scritto nel corano che però non tutti rispettano, così come del resto la preghiera.

Io scelgo di seguire le parole di Allah, poiché credo in ciò che dice, ecco perché ho deciso di iniziare a portare il velo in seconda elementare. E aggiungo che portare il velo non significa non curare i propri capelli, anzi io vado dalla parrucchiera molto spesso, e quando lo racconto tanti ne rimangono stupiti perché pensano che le ragazze con l’hijab non ci vadano. 

Per quanto riguarda il cambio del hijab, ogni giorno ne metto uno nuovo. È come se facesse parte della mia biancheria intima.

Lo portano tutte o qualcuna si può astenere?

S. ed Ex-s. Ci sono donne musulmane che non portano il velo. La differenza tra le donne che lo portano e quelle che non lo portano è che le prime hanno più possibilità di entrare in Paradiso, secondo la religione musulmana.  

Lo possono portare anche per altri motivi oltre la religione?

S. Lo si può indossare anche in concomitanza con la morte di una persona cara, durante il funerale.

Ex-s. Si ovvio, per esempio per il pellegrinaggio, per la preghiera oppure quando si entra in moschea. 

L’hijab deve essere posizionato in un determinato modo, coprendo delle parti del corpo, o è indifferente?

S. Deve coprire le orecchie, le spalle, tutto il collo e tutti i capelli, però ci sono dei modi di portarlo più occidentalizzati che tengono scoperte più parti del corpo.

Ex-s. Il modo corretto di portare il velo è coprendo tutta la testa, le spalle, il collo, il petto e la parte sopra della schiena. 

Inoltre quando si indossa il velo si deve moderare il linguaggio, il modo di comportarsi. Come se mettessimo il velo in tutte le cose, a modo di barriera fra se e i peccati. 

Quando ci si può togliere il velo?

S. Lo si può togliere a casa propria e davanti ai familiari e alle amiche femmine. 

Ex-s. Si toglie a casa davanti ai famigliari più stretti (anche davanti ai cugini più piccoli) e alle amiche femmine. 

Perché i musulmani praticano il Ramadan?

S. È un modo per provare a capire come si sentono le persone povere e rappresenta il mese in cui l’Arcangelo Gabriele ha iniziato a trasmettere i versi del Corano (ayat) a Maometto.

Ex-s. È un metodo per l’educazione dell’anima e del corpo, per imparare a governare il proprio corpo. 

È anche un modo per capire i poveri e ringraziare dio per quello che ci ha dato. 

Devi sapere che durante il periodo del Ramadan i diavoli vengono incatenati, quindi è come se in quel mese fossi veramente te stesso, senza avere attorno diavoli che ti stuzzicano. 

Il Ramadan, infine, è anche utile dal punto di vista medico, in quanto aumenta i globuli bianchi e il sistema immunitaria si rafforza, inoltre si rilassa anche lo stomaco, come se si riposasse. 

Durante questo periodo ti senti anche più forte, purificato dai peccati. Vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo. Hai Anima e Cuore bianchi, puri. Perdoni tutti sapendo che Dio ti ricompenserà per le buone azioni. 

Del resto è molto simile al concetto cristiano dell’altruismo, non siamo poi così diversi. 

Quindi non mangiate per un mese intero?

S. ed Ex-s. No, mangiamo la sera al calare del sole e appena risorge smettiamo di mangiare fino al tramonto successivo.

E non potete bere durante la giornata?

S. ed Ex-s. No, non possiamo bere, ne compiere atti sessuali, ne fumare. Non possiamo far entrare niente nel nostro corpo, quindi niente vaccini o interventi. Però se le donne hanno il ciclo possono mangiare, ma devono fare una settimana in più di ramadan per recuperare la settimana persa.

Ci si può rifiutare di fare il ramadan?

S. Ci si può rifiutare se si è malati o se si sta facendo un viaggio, però all’arrivo si smette di nuovo di mangiare.

Ex-s. Si, per esempio se si è malati, in quel caso allora si può fare l’elemosina.

Qual è la differenza tra il burqa e l’hijab?

S. ed Ex-s. Il burqa ti copre anche la faccia e gli occhi (c’è una retina per vedere) e viene indossato dalla popolazione sciita musulmana, i sunniti indossano, invece, l’hijab.

Quando si inizia a indossare il velo?

S. ed Ex-s. Appena alle ragazze arriva il ciclo e lo stesso per il Ramadan.

Ci elenchi alcune cose che la religione islamica non ammette e delle regole da rispettare?

S. 

Ex-s. 

Che cosa pensi delle decisioni del governo francese nel privare le ragazze musulmane sotto i 18 anni di indossare il velo?

S. Per me, in questa situazione, il governo priva a una persona di praticare il proprio culto e se priva le persone di questa religione dovrebbe farlo anche con le altre, cosa che sarebbe insensata. È discriminatorio privare la libertà di culto delle persone di un determinato popolo e in generale di qualsiasi religione.

Ex-s. Non è giusto proibire a qualcuno di fare ciò che vuole se facendolo non fa del male a nessun altro; ognuno di noi è libero di seguire le proprie credenze e di fare e indossare ciò che vuole.

Quali sono le domande o le affermazioni che ritieni sbagliate da fare a una ragazza che porta il velo?

S. Nel mio caso, se mi viene chiesto qualcosa con educazione e rispetto, senza ironizzare o scherzare, rispondo a tutto.

Ex-s. Una volta mi è stato chiesto se avevo mai avuto rapporti sessuali. E inoltre a volte capita che le persone siano imbarazzate a parlare dell’argomento sesso davanti a me. 

Se ti va racconta una tua esperienza: cosa ti sei sentita dire più volte su questa tua decisione di portare l’hijab?

S. Mi sono capitati, alle medie e alle superiore, molti episodi discriminatori, ma li ritengo una cosa troppo personale. Penso solo che ci sono fin troppi pregiudizi sulle ragazze che portano l’hijab e le persone dovrebbero smettere di giudicare le scelte degli altri senza sapere

Se ti va racconta una tua esperienza: cosa ti sei sentita dire più volte su questa tua decisione di portare l’hijab?

Ex-s. Vorrei ringraziare, in primo luogo, tutte le persone e tutti i prof che ho incontrato nel corso della vita che mi hanno appoggiato, insegnandomi a credere di più in me stessa e ad avere fiducia nelle mie potenzialità. È come se fossi riuscita, col tempo a trovare il ponte che connette la mia cultura e quella del paese in cui vivo, e di questo ne vado molto fiera. 

A tutti i lettori di B-Log vorrei dire di non giudicare mai un libro dalla sua copertina, bisogna abbattere le barriere ed essere aperti, dal punto di vista mentale, per conoscere e accettare le altre culture, poiché solo così potremo vivere bene la nostra vita. 

Mara Ranzani

NUMERO 8

NOVEMBRE 2020

Elezioni d'istituto: the day after

Intervista ai rappresentanti degli studenti


Dopo le elezioni dei rappresentanti d’istituto, abbiamo deciso di sottoporre loro dei quesiti, al fine di sapere qualcosa sulla loro candidatura, sui loro progetti e sui loro pensieri. Perciò, eccovi le interviste dei quattro studenti che quest’anno rappresenteranno il corpo studentesco, Tommaso Gambarè (Realista), Luca Gruppo (5.changes), Carlotta Bianchini (Apocalista) e Marco Arpaia (Apocalista).

Ecco le domande che abbiamo loro sottoposto e le risposte dei quattro rappresentanti!

Sofia Beretta

Tommaso Gambarè Penso che le persone abbiano apprezzato in particolare le idee più “sostenibili” come quella di mettere dei cestini e possibilmente delle panche fatte di materiali a basso costo perché appunto a noi sembrava una bella idea per mantenere pulita un’area adibita interamente a noi per l’intervallo.

Luca Gruppo Penso che sia il fatto che la mia lista fosse versatile e innovativa: avevamo proposte interessanti e serie, ma soprattutto nuove. Volevamo portare aria di cambiamento, prendendola direttamente dai posti dove ciascuno di noi ha trascorso un’esperienza all’estero l’anno scorso.

Carlotta Bianchini Credo che le persone abbiano votato Apocalista, sia perché è stata la lista più creativa, e soprattutto abbiamo cercato di rendere l’assemblea il meno pesante possibile per chi ci stava ascoltando, e sono sicura che un fattore decisivo sia stato il fatto che tra di noi c’erano facce conosciute, oltre al fatto che Marco e Arianna erano già stati eletti in precedenza.

Marco Arpaia Penso che le persone abbiano votato la mia lista perché abbiamo fatto le cose con originalità (ad esempio la pagina @apocalista), e perché abbiamo fatto proposte concrete con degli obiettivi.

2. Quali pensi fossero i punti forti tra le vostre proposte?

Tommaso Gambarè Penso che tutte le nostre proposte siano molto valide ma sicuramente quelle che preferisco sono lo sportello dei tutor e dei libri usati.

Luca Gruppo Sebbene tutte le nostre proposte fossero a mio parere molto interessanti, credo che i nostri punti di forza si basassero su:

Carlotta Bianchini Senza dubbio una delle idee che è spiccata tra le altre è il torneo di Among Us, poco utile a livello scolastico ma ci ha dato un vantaggio. Un’altra proposta che è stata molto apprezzata era quella riguardante la collaborazione con i ristoranti del territorio per assicurare un pasto agli studenti che avevano il rientro.

Marco Arpaia Secondo me il punto forte della nostra lista è che abbiamo ideato proposte sia in caso DAD e sia proposte in caso di ritorno a scuola, e poi secondo gli altri punti forti sono che abbiamo idee divertenti come i tornei di Among us... Ma anche idee importanti per la nostra istruzione come ampliare l’orientamento alle quarte.

3. Quali sono quelli che ti coinvolgono o ai quali comunque tieni maggiormente?

Tommaso Gambarè Personalmente tengo a queste due perché le ritengo le più utili e efficienti, soprattutto nel caso dei tutor, anche per i ragazzi del biennio, che speriamo lo trovino efficace.

Luca Gruppo I punti che mi coinvolgono di più fra questi sono senza dubbio quelli legati alla creazione di uno school spirit; il mio obiettivo è quello di far nascere all’interno del nostro istituto qualcosa che vada al di là della semplice scuola, voglio creare un clima di unità e di appartenenza, attraverso attività quali giornate a tema e competizioni sportive. Insieme ai precedenti anche la proposta di un abbigliamento 100% organico ed ecologico, e la promozione di incontri relativi all’anno all’estero, sono punti che mi hanno coinvolto maggiormente.

Carlotta Bianchini Le idee alle quali tengo maggiormente sono l’orientamento esteso alle classi quarte, il contatto con le altre scuole (al quale ho collaborato personalmente) e il merchandising.

Marco Arpaia I punti che mi coinvolgono sono il torneo di Among us, costituire un regolamento per la didattica a distanza e ampliare il progetto orientamento alle quarte.

4. Qual è tra le proposte quella che proporrai e che difenderai, affinché venga ascoltata?

Tommaso Gambarè Non credo che ci sarà bisogno di difendere particolarmente nessuna proposta perché siamo già riusciti a trovare diversi punti di incontro tra tutti i rappresentanti delle varie liste, quindi insieme troveremo le soluzioni migliori.

Luca Gruppo La proposta che cercherò di difendere e che spero sarà ascoltata, è senza dubbio quella sullo school spirit; io e la mia lista crediamo nella possibilità di far nascere uno spirito, qualcosa che ci renda orgogliosi di essere membri del Bachelet: insomma vogliamo creare lo spirito scolastico del Bachelet. Vivendo un anno all’esterno, infatti, ci siamo accorti di come nelle scuole al di fuori dell’Italia, molte cose siano diverse e allo stesso tempo davvero interessante.

Carlotta Bianchini La proposta che sicuramente cercherò di difendere è quella sul contatto con le altre scuole perché credo sia un ottimo mezzo per poter proporre miglioramenti e aiutarci a vicenda.

Marco Arpaia Le proposte che difenderò a tutti i costi sono le proposte che ho indicato nella domanda precedente.

5. Secondo te cosa non va all’interno della scuola?

Tommaso Gambarè Credo che come ogni scuola, anche la nostra abbia degli aspetti che si potrebbero sicuramente migliorare ma, purtroppo molti di essi non dipendono da noi ma direttamente dal preside.

Luca Gruppo A parere mio, il tallone d’Achille del Bachelet è lo sfruttamento degli spazi. Credo infatti, che la nostra scuola abbia un immenso spazio verde, a differenza di altri istituti, ma che purtroppo non viene sfruttato. Si potrebbe infatti costruire un campo da calcio, oppure lezioni all’aperto nei giorni di sole, piuttosto che dare la possibilità agli studenti di muoversi liberamente nel cortile durante gli intervalli, e così via.

Carlotta Bianchini La proposta che sicuramente cercherò di difendere è quella sul contatto con le altre scuole perché credo sia un ottimo mezzo per poter proporre miglioramenti e aiutarci a vicenda.

Marco Arpaia All’interno della scuola secondo me ci sono tanti problemi, ma il problema più rilevante è che c’è poca comunicazione tra segreteria, presidenza... e studenti.

6. Qual è una modifica che vorresti apportare a tutti i costi di fattibile? Qual è invece qualcosa di impossibile, che però vorresti cambiare all’interno della scuola?

Tommaso Gambarè Dunque, in questo momento, se dipendesse da me, cambierei la struttura delle lezioni e le varie pause da 10 minuti sparse nelle diverse ore, che a mio avviso si potrebbero rivedere: meno soste, ma dalla durata più lunga.

Luca Gruppo Mi piacerebbe proporre la costruzione di fontanelle gratuite all’interno della scuola, in modo che chiunque abbia sete possa servirsene, si andrebbe inoltre a risparmiare sul consumo di plastica, riducendo, e magari togliendo completamente le bottigliette d’acqua delle macchinette. Credo che niente sia impossibile 😉.

Carlotta Bianchini Considerando che a breve ci sarà il nuovo bando per le macchinette vorrei davvero che venissero prese in considerazione delle opzioni più salutari e possibilmente ecologiche. Sarebbe bello poter ridipingere le pareti in maniera più colorata e creativa per rendere l’ambiente più accogliente. In alternativa credo che potrebbero essere molto apprezzati dei murales, sarebbe molto più piacevole andare a scuola se ci fossero le pareti (e i muri esterni) decorati.

Marco Arpaia Una modifica fattibile che vorrei portare all’interno dell’istituto è fare più attività formative per aiutarci a scegliere cosa fare nella vita. Una modifica infattibile è avere una area fumatori.

7. Come ti senti ad essere il rappresentante degli studenti? È un ruolo pesante?

Tommaso Gambarè Sicuramente è un ruolo che comporta dei doveri e diverse cose da fare, ma è molto fattibile incastrare gli impegni che ne derivano con la vita di tutti i giorni senza troppi problemi; sicuramente a livello morale sono soddisfatto di esserlo.

Luca Gruppo Sinceramente non mi sono ancora fatto un'idea completa di cosa voglia dire essere rappresentate degli studenti, comprendo però le mie grandi responsabilità e farò del mio meglio per rappresentare il mio istituto i suoi studenti, cercando di assecondare le loro necessità e magari portare dei miglioramenti duraturi e significativi all’interno del Bachelet.

Carlotta Bianchini È la prima volta che vengo eletta come rappresentante d’istituto e non posso dire di sentire pressione perché ricopro questo ruolo da pochissimo tempo, però fa comunque piacere sapere che ci sono persone che contano su di te.

Marco Arpaia Secondo me essere rappresentate degli studenti è una carica importante perché hai sulle spalle responsabilità che incidono su tutti gli studenti della scuola ma non è assolutamente pesante. Quello che mi contraddistingue dagli altri rappresentanti è che non penso solo ai bisogni degli studenti e fare proposte importanti ma penso anche al divertimento degli studenti.

8. Cosa ti distingue dagli altri 3 ragazzi con i quali condividi la carica?

Tommaso Gambarè In realtà siamo molto simili, siamo quattro ragazzi che hanno voglia di fare e di sistemare gli aspetti che non vanno e in cui possiamo intervenire.

Luca Gruppo I fattori che distinguono me e gli altri 3 ragazzi sono molteplici, ma credo che sia questo il nostro punto di forza: abbiamo infatti abilità diverse che insieme si possono rivelare molto efficaci. Da parte mia credo di contribuire con le mie esperienze dell’anno all’estero, così da poter guardare la nostra situazione da un’angolazione diversa.

Carlotta Bianchini La cosa più evidente è che sono l’unica ragazza!. In secondo luogo credo di essere una persona diplomatica e in grado di ascoltare e proporre le richieste degli studenti. Proveró il più possibile a fare da tramite tra alunni e professori per mantenere un corretto equilibrio.

Marco Arpaia Quello che mi contraddistingue rispetto agli altri rappresentanti è che non penso solo ai bisogni degli studenti e fare proposte importanti ma penso anche al divertimento degli studenti.

9. Una proposta che ti ha colpito delle altre liste, e una che a parer tuo non è stata interessante o fattibile?

Tommaso Gambarè Una delle idee che più mi è piaciuta delle altre liste è stata quella di proporre un accordo con alcuni punti ristoro della zona per i ragazzi che svolgono attività extra scolastiche. Io personalmente non ne frequento ma credo che per loro sia un’alternativa indubbiamente migliore all’asporto, che è il modo con cui potevamo avere il cibo, da consumarsi a scuola quando si frequentano attività pomeridiane.

Luca Gruppo La proposta che più mi è piaciuta di Realista è stata quella di sostegno al progetto “Nerolatte-il film”, mentre ho trovato un po’ poco “realistica” quella della realizzazione di un campo da calcio ecosostenibile; parlando di Apocalista mi è piaciuta la proposta sulle ore di educazione civica e sessuale, in quanto le ritengano tematiche importanti che devono essere approfondite. Meno fattibile è sicuramente quella della richiesta di mascherine più comode, in quanto queste ci vengono fornite dallo stato e non sono quindi sostituibili. 

Carlotta Bianchini Ho apprezzato molto l’originalità della lista 5 changes nel proporre di creare uno spirito della scuola, mentre della Realista mi è piaciuta l’idea riguardante i tutor tra triennio e biennio. Invece non ho apprezzato molto la proposta delle ripetizioni gratuite di 5 changes per il semplice fatto che non credo avrebbe partecipato molta gente. Per quanto riguarda realista penso che l’idea meno fattibile fosse quella del campo da calcio ecosostenibile.

Marco Arpaia Una proposta delle altre liste che mi ha colpito è stata la proposta degli 5. changes di cercare di creare uno spiritoso scolastico.

10. Una proposta che se tornassi indietro aggiungeresti tra quelle che avevate, e una che ripensandoci toglieresti?

Tommaso Gambarè Non toglierei né aggiungerei nessuna proposta della mia lista perché quelle che sono state presentate sono state ragionate bene e sono tutte, a mio avviso, molto valide.

Luca Gruppo Una proposta che se tornassi indietro vorrei aggiungere è quella inerente alla gestione della DAD. Durante queste due settimane infatti giorno dopo giorno mi rendo conto di quanto sia difficile affrontare le lezioni davanti a uno schermo e credo si possano gestire meglio i tempi di intervallo fra le lezioni.

Carlotta Bianchini Probabilmente aggiungerei la proposta di ridipingere le pareti della scuola come ho spiegato in precedenza. Se dovessi scegliere tra tutte le proposte di Apocalista toglierei quella riguardante le feste, ma solo per il semplice motivo che, vista la situazione, sarà quasi impossibile organizzare qualcosa.

Marco Arpaia Una proposta che se tornassi indietro aggiungerei è quella di far giornate a tema all'interno della scuola.

11. Come pensi si risolverà tutta questa situazione, a livello scolastico?

Tommaso Gambarè Credo che a livello scolastico ormai dovremo abituarci per il bene di tutti alla DAD, anche se io stesso ho numerose difficoltà a concentrarmi dalle cinque alle sei ore davanti ad uno schermo. Tuttavia è l’unica soluzione a nostra disposizione per contenere i contagi all’interno della regione Lombardia.

Luca Gruppo Io sono positivo. Nonostante il futuro non sembri roseo davanti a noi, continuo a sperare che un giorno o l’altro torneremo a far lezione in presenza. Purtroppo dai continui e nuovi DPCM nasce sempre qualche nuova restrizione e sembra che passo dopo passo torneremo ad un lockdown completo: prima il coprifuoco, poi la divisione in zone di diversi colori con la DAD obbligatoria. Ma sono convinto che se tutti ci impegniamo e ci sforziamo di limitare i contatti con altre persone, presto potremo tornare alla nostra “amata” vecchia scuola.

Carlotta Bianchini Temo che purtroppo questa situazione continuerà per ancora diverso tempo, anche se spero vivamente il contrario. Penso che appena inizieranno a diminuire i contagi riprenderemo ad andare a scuola a piccoli gruppi e con le dovute regole, anche se ho paura che quest’anno le scuole rimarranno chiuse fino all’ultimo.

Marco Arpaia Non so come si risolverà, spero presto.

12. Secondo te come è stata gestita la questione COVID, all’interno della scuola, e cosa poteva essere migliorato? (anche a livello DaD)

Tommaso Gambarè Credo che il rientro a scuola di settembre sia stata una mossa evitabile, poiché dopo poco più di un mese siamo stati costretti al proseguimento in didattica a distanza. Tanto valeva far cominciare l’anno direttamente in DAD!  Una cosa che cambierei, come ho già detto, sono le pause tra una lezione e l’altra.

Luca Gruppo Personalmente non mi sento in potere per giudicare come la scuola abbia gestito la questione COVID all’interno della scuola, ma sono convinto che il preside e i nostri docenti abbiano faticato molto per permetterci quest’anno una lezione in presenza, qualcosa magari è riuscito bene e qualcosa meno. Riguardo alla DAD invece credo si possano fare degli importanti miglioramenti: la mia proposta sarebbe quella di non fare 10 minuti di pausa ogni 50 minuti di lezione ma di svolgere le ore di lezione come quando eravamo a scuola, con due lezioni da 50 minuti e 20 minuti di pausa dopo e così via. In questo modo avremmo delle pause più consistenti in cui far riposare gli occhi e eviteremmo l’inconveniente che spesso succede di perdere preziosi minuti di intervallo perché la lezione si prolunga sempre di qualche minuto. Sono inoltre convinto che fare un orario pieno sia eccessivo, in quanto alcuni giorni ci troviamo a stare davanti al monitor del computer per 6 ore; credo quindi che sarebbe opportuno proporre un orario ridotto.

Carlotta Bianchini Nella nostra scuola sono state messe determinate regole che purtroppo non sono state rispettate appieno. Per far funzionare al meglio il sistema c’era bisogno di maggior sicurezza e attenzione nei confronti degli alunni. Personalmente, per quanto riguarda la DAD ho riscontrato pochi problemi se non a livello di connessione. I professori dovrebbero cercare di limitare il carico assegnato agli studenti ed evitare di mettere troppa pressione, soprattutto per il fatto che noi, come loro, siamo costretti a tenere gli occhi puntati sugli schermi per cinque o più ore.

Marco Arpaia Secondo me la questione COVID all’ interno della scuola è stata gestita bene, perché comunque la scuola ha cercato di non farci mancare nulla come Ipad o computer a chi ne fosse sprovvisto, inoltre ha gestito molto bene gli spazi, come per esempio dare la possibilità di fare un intervallo fuori all’aperto. A livello di DAD devo dire che inizialmente erano mal organizzati però ora con il passare del tempo tutti i problemi che si stavano creando sono stati man mano risolti.

13. Cosa ti ha spinto a candidarti?

Tommaso Gambarè Ciò che mi ha spinto a candidarmi è stata la voglia di provare a rendere migliore la scuola nel nostro piccolo, attraverso le proposte della nostra lista, e sicuramente anche la voglia di fare questa esperienza con i miei compagni della lista.

Luca Gruppo La voglia di cambiamento: tornato da un anno in America mi sono sentito in dovere di cambiare, o almeno provarci, diversi aspetti; mi piacerebbe che anche gli altri studenti come me possano iniziare a crearsi una visione più ampia del mondo scolastico, ognuno dal suo punto di vista critico e personale.

Carlotta Bianchini Se devo essere sincera è stato Marco Arpaia a convincermi. Mi ha chiamata per ricandidarci e onestamente non ne ero entusiasta inizialmente. Poi pian piano discutendo di possibili idee e vedendo che si stava creando anche competizione con le altre liste mi sono lasciata trascinare fino a firmare il foglio per la candidatura.

Marco Arpaia Ho scelto di candidarmi perché fin da quando ero in prima superiore avevo questa ambizione, perché vedevo i ragazzi più grandi fare proposte per il bene della scuola; questo mi ha spinto a candidarmi.

14. Pensi di poter rappresentare al meglio i ragazzi? E perché?

Tommaso Gambarè Più che pensarlo spero di essere un buon rappresentante per gli studenti!

Luca Gruppo Penso di sì, anche se probabilmente non sono l’unico che potrebbe farlo. Una cosa di cui sono sicuro è che farò il possibile per rappresentare al meglio i ragazzi e la mia scuola, cercando di ascoltarli e assecondarli fin dove possibile. So che da grandi poteri derivano grandi responsabilità, ma sono pronto a farmi carico di queste responsabilità e per quest’anno rappresentare insieme ai miei compagni il Bachelet.

Carlotta Bianchini Penso e spero di poter rappresentare gli alunni, soprattutto per il fatto che, come ho detto in precedenza, sono disposta ad ascoltare qualsiasi richiesta o eventuali problemi e cercherò di fare il più possibile per ottenere risultati positivi.

Marco Arpaia Spero di riuscire a rappresentare al meglio gli studenti, anche se so che non sarà facile.

15. E infine cosa ti ha convinto di poter essere anche un punto di riferimento per tutti gli studenti; ti spaventa il fatto di esserlo?

Tommaso Gambarè Penso di poter essere un buon rappresentante perché io, come gli altri studenti, vivo (viviamo) in prima persona l’ambiente scolastico, e perciò credo di poter portare delle proposte brillanti; ovviamente sono solo il portavoce di tutta la mia lista, infatti dalla prima all’ultima proposta sono state ragionate insieme a loro. Detto questo saranno gli studenti a decidere se sarò un buon rappresentante!

Luca Gruppo Più che “cosa” io direi “chi”, infatti sono stato spinto da una mia compagna di lista, Ludovica, che mi ha chiesto se volessi partecipare con lei a quel progetto. Lei mi ha fatto riflettere, alla fine mi sono convinto e ho capito che con un’esperienza del genere io abbia la possibilità di fare nuove esperienze e magari questa potrà essere un’occasione dove poter donare la mia (seppur poca) esperienza agli altri, facendo da punto di riferimento. Devo dire che non mi sento spaventato per il fatto di essere rappresentante, né tanto meno preoccupato, capisco però di non potermi tirare indietro una volta fatta questa scelta, e sono pronto ad affrontarla, con tutti i rischi che ovviamente ne conseguono.

Carlotta Bianchini Onestamente mette un po’ in soggezione l’idea di dover rappresentare tutta la scuola insieme a solamente ad altre tre persone, però potrà diventare una sfida personale e cercherò di rivestire questo ruolo il meglio possibile.

Marco Arpaia Sinceramente non mi spaventa essere un punto di riferimento, anzi questa cosa mi fa molto piacere soprattutto perché mi piacerebbe che qualche ragazzo di prima superiore guardandomi voglia prendere in futuro il mio posto.

Italiens à l'étranger

Buongiorno a tutti! Mi chiamo Benita Saghboan, ho 16 anni e sono un’ex-studentessa del liceo scientifico del’IIS Bachelet. 

Nel luglio del 2020 mi sono trasferita in Francia, ma continuo a collaborare a distanza con il giornale scolastico.

Per questo nuovo numero ho deciso di intervistare un discreto numero di compagni ed un professore, su com’è, da italiani – e quindi stranieri – vivere in Francia. [Continua a leggere nella sezione B-Lingue...]

NUMERO 7

MAGGIO 2020

Videointervista al cast di 

"Nero Latte. Il film"

Francesca Stelitano intervista gli attori del lungometraggio "Nero Latte. Il film", progetto del laboratorio teatrale d'Istituto.

NUMERO 6

MAGGIO 2020

Intervista a Gabriele Tripodi, alunno del Bachelet e creatore di valvole


Durante questa quarantena e questo periodo difficile e sicuramente molto importante, ognuno di noi ha gestito diversamente il proprio tempo libero: chi ha utilizzato questa tranquillità per traslocare, chi lo ha usato per inventare nuove ricette, chi per lavorare su di sé e chi per scoprire nuove cose. C’è invece chi ha preferito usare il proprio tempo per fare qualcosa di davvero significativo per la società e per il nostro paese, che ha dovuto superare i suoi ostacoli per non cadere a terra. Si tratta di Gabriele Tripodi, uno studente del quarto anno del liceo scientifico che frequenta il nostro istituto, che si è rimboccato le maniche e, assieme a un team di volenterosi ha creato valvole per respiratori ad uso medico. Noi della redazione di B-Log abbiamo deciso di porgli un paio di domande per comprendere da dove scaturisce la genialità che lo ha portato ad imbastire e portare avanti un bellissimo progetto. 

Godetevi l’intervista… e le belle parole di questo ragazzo. 

 

Come ti è nata l’idea di creare delle valvole per respiratori? 

Le valvole non le ho disegnate io, ho trovato un post dell’Isinnova su facebook che stava pubblicizzando queste valvole che sarebbero servite agli ospedali in mancanza di valvole fatte in modo professionale. 

Inizialmente, visto che non c’era necessità ad Abbiategrasso, ho lasciato questo progetto nel retrobottega e semplicemente ho continuato a fare le mie cose, ma quando la protezione civile ha fatto richiesta su facebook mi sono subito messo in moto e ho coinvolto il prof Ghiaroni ed alcuni miei amici, sono poi entrato in un gruppo di professionisti e con loro sono riuscito a condividere informazioni importanti e consigli per la stampa.

L’hai consegnata a qualche ospedale, oppure sono prototipi?

Alla fine sono riuscito a stampare un totale di 40 valvole che sono andate tutte negli ospedali e che sono state effettivamente utilizzate come raccordi per l’ossigeno e le macchine dei respiratori, ma non so come funzionino. – Ci confessa. - 

Come mai hai deciso di dare il tuo contributo in questo modo?

Semplicemente volevo fare una buona azione, ne avevo i mezzi e quindi ho detto “perché no?”. È stata un’azione di volontariato, infatti non siamo stati pagati per produrre queste valvole. 

Hai fatto già altri progetti del genere, oppure simili?

Di progetti di volontariato simili non ne ho mai fatti, ma in questo momento sto progettando una mano meccanica motorizzata, oltre ad avere già fatto un pezzo di ricambio per un’ idropulitrice, che ho a casa.

Come hanno reagito i tuoi genitori e gli insegnanti quando li hai detto cosa avevi creato?

I miei genitori si sono dimostrati molto supportivi riguardo a questo argomento, ed erano disposti a comprare tutto il materiale che mi sarebbe servito a fare le valvole necessarie, erano molto contenti di questa mia iniziativa. Quando il prof e la scuola è venuta a saperlo si è offerta di darmi una mano dandomi del filamento.

Come vedi la creazione che hai fatto?

Secondo me è stata una cosa veramente utile e bellissima, e se tornassi indietro nel tempo lo rifarei ancora. 


A corollario, ecco alcune parole del prof. Ghiaroni in merito a questa piccola grande impresa, che ci ricorda come sia in corso una rivoluzione dell'industria, ovvero l'era dell''artigianato digitale', con la possibilità di produrre oggetti concreti, di uso quotidiano, ma allo stesso tempo ad alto tasso tecnologico e attraverso il web:

I giovani, ma anche noi adulti abbiamo bisogno di esempi virtuosi nelle difficoltà. Queste le ragioni per cui si deve far emergere senza cappelli di merito il lavoro svolto dai ragazzi ed è corretto sia dato loro spazio e visibilità, anche ricordando le origini del lavoro svolto pioneristicamente e in anticipo sui tempi.

È nostro dovere diffondere l'educazione alle tecnologie 4.0, far sì che un numero sempre maggiore di studenti sia 'iniziato' e motivato a superare le difficoltà poste dai nuovi linguaggi, soprattutto però ci preme fare conoscere le realtà che sono alla base del successo nel supporto alle strutture sanitarie: i Fablab e la cultura Maker.

Alla base sta il principio della condivisione e dell'open-source, e credo andrebbe ricordato anche il lavoro svolto in questo senso da un nostro tecnico di laboratorio, Daniele Foieni, con lui ho iniziato a battere gli open-day sul territorio, a difendere e promuovere una realtà che la scuola in generale trascurava, la cultura dell'intelligenza manuale e del mondo Makers.

Sofia Beretta

Il dubbio sui test sierologici, intervista a Luca Durè, sindaco di Cisliano


La sieroterapia consiste nell’utilizzo terapeutico di sieri di origine animale o umana: essi si ottengono da pazienti che sono guariti a seguito di una malattia e sono ricchi di anticorpi specifici in grado di neutralizzare una tossina batterica, un veleno o un virus.

In tempo di CoronaVirus sono stati effettuati dei test sierologici, per avere un quadro più chiaro della situazione di coloro entrati in contatto con questo virus, informazione a dir poco essenziale per poter procedere al meglio nelle decisioni che andranno a concernere le prossime fasi di riapertura.

Grazie ad essi è possibile individuare gli anticorpi del nostro sistema immunitario attui a una risposta al virus.

Uno dei primi comuni in Lombardia ad allestire i test sierologici, insieme a Robbio, è stato Cisliano, paese nei pressi di Abbiategrasso da cui provengono diversi studenti della nostra scuola. 

La posizione del comune è stata oggetto di un aspro contenzioso con l’ATS di Milano, che ha negato a più riprese il sostegno a questa iniziativa, sostenendo che “Allo stato non sussistono i presupposti perché l’iniziativa promossa dal Comune di Cisliano possa essere proseguita in condizioni tali da assicurare la tutela della salute pubblica”. Il sindaco Duré ha risposto alla diffida con un esposto contro l’Agenzia Sanitaria Territoriale di Milano, depositato presso la procura di Pavia. Se da una parte l’amministrazione comunale aveva precedentemente sostenuto che la diffida dell’agenzia fosse ‘pretestuosa e illegittima’, dall’altro fronte il dirigente dell’ATS Walter Bergamaschi sostiene che “non abbiamo nulla contro la sua iniziativa, ma la regione regola le modalità con cui questi screening possono essere offerti. Chi li organizza deve prima avvisarci, proporre un piano che garantisca un percorso completo, che garantisca sia le analisi sia i tamponi, ove necessario” [Intervista rilasciata al Corriere della Sera, pubblicata il 21 maggio 2020].

“La preoccupazione era garantire la sicurezza” Così afferma Luca Durè, sindaco di Cisliano, che gentilmente ci ha concesso un’intervista in merito.

I test sierologici, spiega il sindaco, sono degli esami del sangue che, una volta processati in laboratorio, rivelano al cittadino la presenza di specifici anticorpi contro il Coronavirus covid-19.


“Signor sindaco, perché ha deciso di fare i test sierologici?”

il sindaco afferma che l’intenzione era quella di tutelare i cittadini di Cisliano, garantendo loro un monitoraggio sanitario che fino a quel momento non avevano.

Grazie a questi test abbiamo scoperto che alcuni dipendenti comunali erano risultati positivi al covid-19

 “In cosa consistono?”

sono dei prelievi sanguigni che rivelano la presenza di anticorpi igG o igM

“gli anticorpi IgG, come spiegato dai medici, sono degli anticorpi a lungo termine, una volta contratto il covid-19 questi anticorpi sono in grado di sconfiggerlo e rendere il soggetto immune al coronavirus. Gli anticorpi IgM invece sono anticorpi a breve termine, aver sviluppato questi anticorpi significa essere in una fase recente dell’infezione”

Il primo cittadino ha confermato di essere consapevole del rischio di un possibile fraintendimento dell’esito dei test, affermando però che, a suo parere, è dato più dalle notizie di stampa che non dalle informazioni fornite dai test stessi. Specifica infatti che oltre all’esito, i test comunicano in modo chiaro che essi non sono in alcun modo da interpretare come sostitutivi al tampone per coronavirus Covid-19;

Il sindaco Durè ci ha inoltre rivelato che lui insieme ad altri sindaci di altri comuni sono stati più volte definiti “sindaci ribelli”. La replica a questo appellativo, in difesa del suo operato, è però questa: “non siamo noi ad aver fatto una fuga in avanti ma è qualcun altro ad essere rimasto indietro”.

Quanti cittadini si sono sottoposti ai test?

L’opportunità di sottoporsi ai test è stata data non solo ai cittadini di Cisliano, ma anche a cittadini dei dintorni: Bareggio, Cusago, Vittuone e altri paesi limitrofi e non, per un totale di circa tremila test somministrati

“Tremila è un gran numero per la Lombardia; grazie a questi test abbiamo scoperto due focolai a Cisliano e siamo potuti intervenire per tempo. Individuando gli asintomatici abbiamo ridotto di molto la possibilità di espansione del virus”

Quanta importanza hanno i test sierologici nella ricerca?

Secondo il sindaco la prevenzione è sempre il primo passo: questi test hanno un gran rilievo nella ricerca della cura contro il Coronavirus, 

“Proprio grazie al fatto che all’esame vengono collegate le schede anamnestiche, non solo si riescono a individuare i positivi, ma si riesce anche a collegare questa positività ad altre possibili patologie del paziente che potrebbero avere un ruolo nella battaglia contro il coronavirus.”

Il sindaco afferma che il laboratorio a cui si sono rivolti per le ricerche è un laboratorio certificato da regione Lombardia, perciò accreditati al 100%

Quanto è stato difficile allestire i test in relazione alle norme di sicurezza?”

“I test sono stati allestiti mantenendo il distanziamento e prendendo tutte le precauzioni necessarie: la fila era definita da delle “x” sul pavimento, tutte a un metro di distanza fra di loro e all’ingresso della palestra vi era preposto un volontario con disinfettante e termometro per ciascun cittadino che si accingeva ad entrare”   

 I falsi negativi possono essere definiti la zona ombra dei test?

A parere del sindaco è veramente difficile che si trovino dei “falsi negativi” poiché i test hanno un tasso di precisione molto alto.

“I nostri test hanno un tasso di accuratezza del 98%, ragion per cui è molto difficile trovare dei falsi negativi o falsi positivi, un tampone faringeo per coronavirus ha un margine di errore che va dal 20% al 40%”


Che la posizione del sindaco Duré sia condivisibile o meno, a oggi la situazione, presso la palestra dell’istituto comprensivo ‘Erasmo da Rotterdam’, presso cui era prevista l’attuazione dei test, è in stand-by: l’ultima diffida di ATS Milano, del 21 maggio c.m., ha di fatto provocato la cancellazione dell’ultima tranche di test sierologici previsti, in attesa che la procura della Repubblica esprima finalmente la sua ultima parola in questo muro contro muro che prosegue da più di un mese.

Nicolò Sordelli


NUMERO 4

MARZO 2020

DOSSIER

Intervista ai nostri alunni e professori durante la quarantena


Quando ho pensato a quest’intervista, ho immaginato di trovarmi nel salotto di una casa a chiacchierare come nei programmi in TV in cui il giornalista e l’intervistato si trovano nel soggiorno di quest’ultimo. Ho voluto coinvolgere alcuni studenti di diversi indirizzi e alcuni professori del Bachelet per dare uno spaccato di come la nostra scuola sta vivendo questo periodo.

Quando sono arrivate le prime risposte, sono letteralmente entrata nella vita di queste persone e ho trovato le loro storie interessanti e a tratti divertenti. Quindi adesso vi lascio all’intervista, sperando che vi piaccia.

Francesca Stelitano

Mike Wazowski - Illustrazione di Eloise Cestari

Spesso, in una vita movimentata come la nostra, sottovalutiamo la semplice routine del quotidiano. Molte cose mi hanno interessato delle giornate dei miei intervistati, ma la cosa che più mi ha colpito è come abbiano trovato un modo per ridare valore al tempo passato con i propri cari, quel tempo che durante le nostre giornate magari non riusciamo a trovare, scordandoci di creare ricordi e momenti con le persone alle quali vogliamo più bene.

Com'è la tua giornata-tipo durante la quarantena?

Contrariamente a qualsiasi mia aspettativa, sto iniziando ad abituarmi a questa nuova routine, tant’è che ormai la noia quasi non la sento più. La sveglia suona alle otto spaccate di mattina, mi alzo con calma e mi siedo al tavolo in cucina per fare colazione. [Continua a leggere cliccando la freccina a destra...]

Se è mercoledì mi connetto subito per seguire la prima lezione su Meet, altrimenti ho un’oretta buona per svegliarmi del tutto. Dopo le tre ore di lezione, a mezzogiorno pranzo. Poi, passo il pomeriggio a fare le mie cose: sistemare i social, giocare al PC, fare i compiti, vedere qualcosa, suonare… La sera, poi, chiamo il mio ragazzo e i miei amici e chiacchieriamo per ore prima di dormire. Mi metto sotto le coperte, e tutto si ripete. B.E.

La mia giornata modello in questo periodo è molto semplice, monotona, noiosa e brutta, almeno fino a quando non arriva il fine settimana. Durante la settimana mi sveglio sempre tra le 8:00 e le 9:00, faccio la mia mattinata di video-lezioni o audio-lezioni e poi pranzo. Al pomeriggio poi si riprende con lo studio e le esercitazioni, mando tante mail ai professori. Studio fino a sera perché i prof ci riempiono di compiti e studio fino al collo, dopodiché ceno e poi si guarda un bel film. A dir la verità preferivo andare a scuola, c’erano meno compiti, ma soprattutto non era tutto condensato in poche ore, c’era un orario ben stabilito. T.G.

La mattina mi alzo per le nove perché dal lunedì al sabato facciamo le video-lezioni. Terminate le lezioni, pranzo con la tutta la famiglia, momento che assaporo perché è molto raro durante l’anno. Metà pomeriggio lo dedico allo studio. Cerco di stare al passo con le lezioni, di studiare volta per volta e di non ridurmi all’ultimo per le verifiche. In questi giorni riesco a dedicare alcune ore ai miei hobby e al relax. La sera dopo cena guardo la televisione con mio papà oppure leggo. U.B.

Ci si sveglia presto perché in casa ci sono tante cose da fare e la gatta ti fa disperare; si accende il computer e si programmano le attività per la didattica; si guarda sempre il cellulare perché ci sono messaggi da colleghi o parenti; si disinfetta dappertutto (mio marito lavora nei supermercati e quindi è ben esposto); si parla con amici al cellulare, ho rivalutato la TV, leggo, ascolto musica e penso… R.M.

Principalmente la mattina seguo le video-lezioni, poi vado a pranzo, faccio qualche faccenda di casa, giusto per passare il tempo, infine concludo la giornata collassando davanti a Netflix.” S.N.

A dire tutta la verità, sorprendentemente, la mia giornata tipo non differisce poi così tanto da come era prima. Certo, c’è un grosso buco, ovvero quello di mobilitarsi per recarsi fisicamente a scuola, ma le energie mentali per preparare le lezioni e farle, beh, quelle si sprecano comunque. Non potendo uscire forse (e dico forse) trovo più il tempo per leggere e guardare film rispetto a prima, quello sì. M.P.

La mia giornata-tipo in questa quarantena inizia con la sveglia, cosa da non sottovalutare perché, in questo periodo piuttosto confuso e senza piani precisi, darsi un orario a cui alzarsi rende più normale ciò che non lo è. Poi faccio colazione, mi preparo per la giornata e mi cambio. Dalle otto e mezza circa fino a mezzogiorno o all’una mi dedico a queste famose lezioni online. Dopo pranzo, faccio un giro attorno alla casa in giardino e gioco con il mio cane per una mezz’ora, mi concedo un’ora per rilassarmi per poi ritornare in camera mia dove mi aspettano un paio d’ore di studio e compiti. A fine giornata ceniamo tutti insieme, faccio la mia unica uscita da casa del giorno per portare a fare i bisogni al mio cane e poi io e mia mamma facciamo un salto dai miei nonni, mantenendo le dovute distanze per poi ritornare a casa, fare una doccia e ricominciare tutto da capo. B.C.

Mi alzo un’ora più tardi del solito, tra le 6,30 e le 7,00. Faccio colazione e preparo materiali per le video-lezioni della mattinata. Tra una lezione e l’altra sveglio mia figlia e mi assicuro che si organizzi per la mattinata. Verso le 13 preparo il pranzo per la mia famiglia, come sempre, ma adesso riesco a farlo più tranquillamente e prima del solito. Dopo pranzo vedo un poco la televisione con mia figlia. Riassetto la cucina, correggo e preparo per l’indomani. Faccio una breve uscita per le piccole spese e per andare a trovare mia mamma. Dopo cena leggo o vedo un film con i miei. La mia giornata-tipo si differenzia dalle altre per il ritmo: è meno concitato e più tranquillo e ho più tempo per riposare, per condividere momenti con mia figlia. R.A.

Durante la settimana al mattino seguo le lezioni; se mi rimane del tempo prima di pranzare studio, altrimenti rimando a dopo pranzo. Dopodiché gioco con mio fratello a biliardino e dedico un’oretta alla ginnastica; poi, verso sera, guardo Netflix o mi dedico alla musica e a fine giornata, dopo cena, sto un po’ al telefono coi miei amici. Nel weekend invece, non avendo lezioni passo molto tempo in giardino, ma se non c’è il sole rimango chiusa in casa a guardare qualche serie tv o ad ascoltare la musica. C.B.

Anche io, come penso e spero facciano tutti, seguo le norme impostemi dallo Stato per la prevenzione. Ho trovato interessante come una semplice imposizione per il nostro bene abbia suscitato tanto senso del dovere verso chi ha risposto alle mie domande. Mi chiedo solo se tutto il mondo si sia accorto che non si può far finta di niente in questo tipo di circostanze. 

Segui tutte le norme imposte dallo stato per la prevenzione?

Siccome non sono esente dal senso di responsabilità che mi è stato chiesto dalle autorità, le seguo. Sono la mia seconda routine. Ogni volta che, chissà per quale motivo, starnutisco o tocco qualcosa che è stato a contatto con i miei genitori, corro a lavarmi le mani. [Continua a leggere cliccando la freccina a destra...]

Se, ancora per chissà quale motivo, starnutisco o tossisco, lo faccio nel gomito. Se sono entrata in contatto con mia madre, che ancora lavora, evito di toccarmi il viso. Ma soprattutto, non esco. Non esco perché ogni volta mi vengono in mente i miei nonni. I miei nonni che non posso vedere. Mi viene in mente che non devo cedere: lo sto facendo per tutti i miei cari, e anche per quelli delle persone a cui più tengo. Mi viene in mente che lo sto facendo per tutti gli infermieri, per tutti i dottori, per tutti e basta. Quindi sì, diciamo che le norme le rispetto. B.E.

Per quanto riguarda le norme imposte: sì, direi che le rispetto tutte fino in fondo. Ormai è tre settimane che non esco di casa. La cosa di cui sto più risentendo è non fare pallavolo. Non ho più uno sfogo e per fare esercizio fisico faccio palestra in casa. Per quanto riguarda la distanza tra le persone, faccio quello che posso con i miei genitori e i miei fratelli, siamo tutti in casa insieme, quindi si fa quel che si può. Per l’igiene io sono sempre stata attenta e quindi per me in questo periodo non è cambiato molto. T.G.

Sì, seguo alla lettera le norme rilasciate dallo Stato. Infatti non sono mai uscita, gli unici a uscire sono i miei genitori che escono solo per motivi essenziali. Mi lavo spesso le mani, la mattina disinfetto con l’alcol il computer, il mouse e il mio cellullare e se vedo qualcuno mantengo le distanze. U.B.

Sì, mi sento di dire sì, perché, non essendo né medico né paramedico, non posso fare altro; stare in casa è dura, non ero abituata, ma è importante seguire quello che ci consigliano dall’alto. R.M.

Seguo alla lettera tutte le prescrizioni del Ministero, sinceramente ho un po' paura di quello che può accadere perciò come dice il detto, meglio prevenire che curare. S.N.

Sì, seguo tutte le norme. Se devo spostarmi per qualche commissione fondamentale tengo a portata di mano il foglio di autocertificazione, non si sa mai. M.P.

Diciamo che avendo un medico in famiglia è difficile non seguire le norme sanitarie, che comunque sono semplicemente il mantenimento di un livello decente di igiene. B.C.

Direi di sì. Esco solo per la spesa e per trovare mia mamma, evitando contatti. Se incontro qualcuno parlo a distanza. Lavo le mani di frequente e tengo pulita la casa con disinfettanti. R.A.

 Ho iniziato a seguire molto di più le regole circa due settimane fa, quando i contagi sono aumentati in maniera spropositata. Adesso se esco di casa è per fare una corsa o passare un po’ di tempo sola. C.B.

Credo che in questo periodo tutti abbiano scoperto o riscoperto qualcosa, così affermano anche i miei intervistati, tanti parlano di hobby o della riscoperta di sé, ma a tutti è soprattutto comune la riscoperta dei rapporti più importanti: la famiglia e gli amici.

Mi è capitato di buttarmi in tante cose che hanno stimolato la mia creatività – come la pittura, la cucina, la musica o la lettura; e, invece, di trovarmi a farne altre, più comuni, ma che comunque mi hanno appassionato – come la visione di un film o di una serie TV. In una situazione come questa non bisogna far morire la nostra creatività, ma piuttosto coltivarla, affinché la quarantena si riveli meno claustrofobica di quello che sembra.

Che cosa hai scoperto o riscoperto di positivo in questi giorni?

Avendo così tanto tempo a disposizione, posso sperimentare un sacco di cose. Ho finalmente deciso di provare a suonare la chitarra classica, ad esempio. Poi, sto scaricando sempre più film per ampliare la mia cultura. Ho fatto una piccola esperienza di video editing. Sto scrivendo il mio primo “articolo” per il B-Log. [Continua a leggere cliccando la freccina a destra...]

Stranamente, sto interagendo con i miei compagni molto di più adesso che non ci vediamo, piuttosto che in classe. Ho ripreso vecchie letture, ne ho messe in coda di nuove. Mi sono tagliata i capelli e sono venuti decentemente. Purtroppo con la mia famiglia non sto notando miglioramenti, ma non biasimo di certo i miei genitori; hanno i loro pensieri, e io me ne sto sempre sulle mie, li perdono più che volentieri. Ma, sopra ogni cosa, sto capendo quanto siano importanti per me gli altri, quanto significhi per me la loro compagnia. Mi mancano davvero, ed è proprio questo il mio tallone d’Achille. Però, anche se non sarà mai come averli vicini a me, posso comunque chiamarli, o anche vederli in videochiamata. B.E. 

Una cosa positiva l’ho scoperta in queste settimane: mi piace cucinare. Appena posso e ho un attimo libero mi metto a fare qualcosa in cucina. Faccio qualche torta, mi metto a preparare l’impasto per la pizza oppure cucino per il pranzo o per la cena. T.G.

Ho riscoperto alcuni hobby che prima per mancanza di tempo non praticavo: per esempio la pittura, la lettura, la cucina e la musica. Ho imparato a fare nuove cose, come il cubo di Rubik. Ma soprattutto sto dedicando più tempo alla mia famiglia cercando di svolgere insieme alcune attività – come cucinare. Credo che questi giorni ci stiano dando l’opportunità di rivalutare le nostre priorità e di dedicare del tempo a noi stessi e alle persone a cui vogliamo bene. U.B.

La solidarietà, l’aiuto reciproco, la vicinanza. Non mi sento sola. R.M.

Ho riscoperto una vecchia serie che guardavo quand'ero bambino e pensavo che non l'avrei mai più rivista; quanto ai beni “sentimentali”, se così si possono definire… Beh, ultimamente sto facendo molti lavori "fai da te" con mio padre, perciò diciamo che sto cercando di prendermi cura della mia famiglia, anche se in un momento come questo tutti ci stiamo prendendo cura di tutti... S.N.

Esistono lati positivi e negativi di questo immobilismo forzato. Si può dire che si nutre nostalgia delle cose più banali: un caffè in compagnia, una serata tra amici… Forse si ha troppo tempo da dedicare al flusso dei propri pensieri ed essi girano, girano… Ma questo tempo per sé dovrebbe essere visto più come una conquista che come una perdita. Stare soli coi nostri pensieri è un’attività che l’uomo ha gradualmente disimparato a fare, per cui la solitudine diventa un vuoto da colmare, non importa con cosa, come se fosse un’ossessione, quella di riempirsi di cose da fare. Questo tempo del Coronavirus così rallentato, così ovattato, invece, ci fa riscoprire la nostra creatività sopita. E, magari, ci fa rivalutare anche i rapporti con le persone che veramente contano per noi. M.P.

In questi ultimi giorni il contatto stretto con i propri genitori aiuta sicuramente a stringere rapporti più stretti. Questo periodo serve anche a riscoprire hobby passati e inventarsi passatempi innovativi, come le partite al Mercante in fiera con Google Meet… B.C.

Ho riscoperto: la lentezza (dato che posso fare le stesse operazioni senza di fretta), la riflessione e lo studio (visto che ho più tempo per ponderare le scelte e per trovare nuovi stimoli personali e professionali), la cura delle relazioni: mi capita di telefonare per sentire colleghi  e amiche. Ho sfogliato l’agenda e ho chiamato persone che non sentivo da tempo, il piacere della lettura (a cui posso dedicarmi senza sensi di colpa legati al sottrarre tempo al lavoro), la gioia e la fatica di stare in famiglia. Ho scoperto invece: un’Italia che vuole sentirsi unita, la resilienza delle persone, le potenzialità della tecnologia, che mi aiuta nel lavoro, ma che offre anche potenzialità per unire le persone, invertendo il limite che può avere, invece, di isolarle. R.A.

In questi giorni passo davvero tanto tempo a parlare a telefono con i miei amici, cosa che prima di questa situazione non facevo quasi mai. Mi sono trovata molto meglio a parlare con loro attraverso FaceTime piuttosto che utilizzando i soliti messaggi di Whatsapp. C.B.

Da studentessa posso dire che le lezioni online sono un metodo di apprendimento particolare, che mostra lati inediti della scuola. Molti professori, per mancanza di tempo, si registrano e inviano i video ai propri studenti, mentre altri interagiscono “on demand” con le classi. 

Tra gli intervistati, da una parte, qualche studente lamenta per un numero esagerato di compiti ricevuti, per difficoltà tecniche e di responsabilità; dall’altra gli insegnanti, pur  abbiano dovuto affrontare un nuovo modo di fare scuola, molto diverso da quello a cui sono abituati (in alcuni casi con candide - e buffe - ammissioni di inadeguatezza!). Da entrambe le parti, però, si coglie il desiderio di cogliere l'opportunità di crescere attraverso questa sfida.

Che cosa ne pensi delle nuove modalità di fare scuola online?

Devo dire di essere davvero grata a questi nuovi metodi; sono l’ultimo briciolo di normalità che mi rimane; senza, probabilmente, sarei sbandata anche più di così. [Continua a leggere cliccando la freccina a destra...]

Però, è ormai constatato che le lezioni virtuali non eguaglieranno mai quelle in tempo reale. In classe si è più coinvolti, hai meno occasioni per sgarrare, e la distrazione dura poco. Da casa, puoi fare quello che vuoi, quando vuoi: puoi allontanarti, puoi non seguire, puoi non parlare, puoi non ascoltare… Puoi fare e non fare tantissime cose, e lo dico per esperienza personale. In più, lo studio purtroppo passa spesso in secondo piano. B.E.

Credo che “la nuova scuola” sia abbastanza efficace. Per quanto riguarda i programmi, ovviamente, si è più lenti a svolgerli, ma per quanto riguarda l’approfondimento e la comprensione degli argomenti, è tutto molto più approfondito. T.G.

Penso che sia un’opportunità per sperimentare un nuovo approccio, particolarmente moderno. Come metodo funziona, anche se, essendo nuovo, ci sono ancora dei particolari da migliorare. Ancora dobbiamo capire come saranno svolte le valutazioni, ma presto avremo chiarimenti. Ho riscontrato solo due problemi: il primo è che a volte le lezioni sono rese difficili dalla mancanza di connessione; il secondo è che stiamo usando troppe piattaforme diverse, di conseguenza ci arrivano molti messaggi e facciamo fatica ad orientarci. U.B.

Una sfida affascinante per una inesperta come me… con un nuovo computer da 5 giorni, Certo, però, colleghi e studenti mi mancano tantissimo… R.M.

Sinceramente non mi piacciono molto, spesso si perde il segnale e bisogna continuamente riconnettersi, in più la lezione in sé è molto dispersiva, ogni tanto si sente male e soprattutto non c'è il feeling che si ha a scuola, insomma poter guardare negli occhi il professore, poter parlare col compagno di banco senza fare troppo rumore, insomma tutte quelle emozioni che solo la scuola può darti. S.N.

Che cosa ne penso? Che sono retrogrado. Ancora non sono stato capace di adeguarmi fino in fondo e, probabilmente, l’idea che gli studenti possano ‘penetrare’ nella mia casa, abbattere quella barriera di distacco formale (che pure quando sono a scuola mantengo in modo davvero pessimo), sia pur attraverso uno schermo in mezzo, inconsciamente tuttora mi genera timore. Più in generale, credo sia una risorsa affascinante, tanto più affascinante perché ha il gusto della novità… ma credo che la scuola come luogo fisico resti insostituibile sul lungo periodo. M.P.

Lo ritengo un buon modo di fare didattica a distanza, perché si mantiene il contatto diretto con la persona, richiede uno sforzo in più per quanto riguarda la nostra responsabilità nei confronti dei nostri doveri da studenti, il che può essere interpretato sia come aspetto negativo che positivo. B.C.

Penso che siano un’opportunità, sia per questi momenti sia per il dopo. In questi tempi ci possono aiutare a garantire una continuità di lavoro, una normalità, e a tenere contatti tra docenti e studenti. Ho scoperto che queste modalità presentano nuove potenzialità che potrebbero tornare utili anche per il dopo: l’interazione con gli studenti, nuove strategie didattiche come la classe capovolta. Cercherò di far tesoro di ciò che ho imparato della tecnologia per continuare ad aggiornarmi. Da tempo ritengo che per insegnare alle nuove generazioni servono nuovi metodi perché hanno una nuova forma mentis. Questa sarà l’occasione per entrare più in sintonia con i ragazzi di oggi. R.A.

Queste modalità di fare lezioni online sostituiscono di certo in maniera sufficiente quelle utilizzate in precedenza. Le applicazioni utilizzate sono molto comode per poter comunicare con gli insegnanti, anche se può capitare che ci siano incomprensioni su compiti assegnati o su argomenti da studiare. Sicuramente è un’esperienza nuova che ci mette alla prova e che sfrutta le tecnologie a nostra disposizione. C.B.

Leggendo le risposte che mi sono arrivate, una mi ha colpito in particolare: parlava di come, all’inizio di tutta questa storia, persone che non avevano fatto niente di male si siano viste rivolto addosso, da parte di alcuni – per un’inspiegabile ragione – tutto l’odio di questo mondo. 

Gli intervistati concordano come la paura possa facilmente portare a cadere prima nel pregiudizio e poi nella discriminazione, eppure tutti si sono immediatamente dissociati, anzi, sono state riconosciute solidarietà e aiuti da parte proprio della Cina.

Pensi che il coronavirus (covid-19) possa giustificare un atteggiamento di discriminazione nei confronti degli asiatici? 

Una cosa che però non si spegnerà mai è la voce collettiva di classe, o il pensiero dell’italiano medio, sempre alla ricerca di un nemico, piuttosto che di una soluzione. [Continua a leggere cliccando la freccina a destra...]

Quando tutta questa faccenda del COVID-19 è pubblicamente scoppiata, e cioè verso l’inizio di gennaio, ho sentito e visto molte persone –  tra cui miei conoscenti – inneggiare all’odio verso “quei cinesi di m***a”, i quali, a detta loro, che “non vedevano l’ora di saperli tutti morti”. Sentire, leggere parole simili mi ha infuso un’enorme tristezza e un grande avvilimento, senza contare la totale sfiducia verso un’umanità simile. C’è stato un periodo in cui, se avevi dei tratti vagamente asiatici, eri trattato da untore, eri condannato all’odio. B.E.

Ci sono alcune persone che discriminano, purtroppo, gli asiatici, ma credo che sia quasi “normale”. La nostra è una mentalità che troppo spesso cade sul tema della discriminazione di alcune persone, e quelle più inclini ad essere “selettive” hanno semplicemente approfittato di una situazione brutta per fare ciò che di più naturale gli viene. Ma personalmente credo che un virus come questo, piuttosto che una malattia, non possano mai essere una giustificazione per azioni discriminatorie. T.G.

No, proprio perché in tutto il mondo c’è stata una sottovalutazione del fenomeno e le persone, indipendentemente dalla loro etnia, si sono comportate in modo irresponsabile, ora possiamo affermare che si tratta di un’emergenza sanitaria globale. U.B. 

Ma se lo facessimo sarebbe grave… La sconfitta dell’umanità; sì, è partito da quelle parti, ma se fosse partito altrove, magari da noi, come ci saremmo sentiti? R.M.

No, in realtà, no – nel senso – ok, è vero, è partito tutto da lì; ma, se riflettiamo bene, non è colpa loro se il virus è poi arrivato in tutto al mondo. Stando a ciò che ho sentito nei vari telegiornali, in realtà il primo che ha portato il virus fuori dalla Cina è stato un tedesco; ciò non significa che bisogni discriminare i tedeschi, eh – per carità –, però comunque secondo me è inutile, oltre che immaturo, dare la colpa solo ed esclusivamente ai cinesi. S.N.

Ormai ce l’hanno in tutto il mondo, il Coronavirus! Avere paura dei cinesi come ‘untori’ non solo è stupido, ma anche superato dall’andamento degli eventi. M.P.

Passando alle cose più serie; ovviamente questa situazione ha scatenato il panico tra la gente che in alcuni casi si può trasformare in discriminazione, a volte causata anche da semplice ignoranza. Utilizzare un virus come pretesto è solo una decisione irrazionale e di poco senso. B.C.

Assolutamente no. Ma la ‘caccia all’untore’ è sempre in agguato e tenta tanti. R.A.

Appena è scoppiata quest’epidemia ci sono stati molti atteggiamenti di discriminazione nei confronti degli asiatici, presi come degli ‘untori’, ma mi sono subito dissociata da questi atteggiamenti, che prendevano di mira indistintamente un popolo. Inoltre, queste stesse persone che sono state tanto criticate, sono state tra le prime a mostrare solidarietà nei confronti del nostro Paese. C.B.

La precauzione della "distanza sociale", per un popolo caloroso come il nostro, che quasi non conosce lo spazio personale, appare essere una misura veramente molto dura! Abituati ad abbracci, baci e calorose strette di mano, interpretiamo istintivamente la distanza come "diffidenza". 

Ciò nonostante i miei intervistati concordano in una lucida riflessione sulla necessità di questo distanziamento che, se da un lato stranisce, dall'altro inizia ad essere accettata come misura inevitabile.

Hai visto in te o attorno a te un atteggiamento di diffidenza verso gli altri (in generale)? 

Una settimana fa, quando qui in Italia è iniziato il picco di contagi, il mondo ha invece puntato lo sguardo su noi, con quegli occhi inquisitori e odiosi; eravamo noi i colpevoli ora [e non più la Cina], eravamo noi i vettori. [Continua a leggere cliccando la freccina a destra...]

Ci hanno fatto assaggiare quell’odio che alcuni di noi per primi hanno scatenato contro l’Est del mondo. Ma il punto fondamentale è che l’odio non risolve niente. Le accuse non risolvono niente. Un razzismo simile non è quindi giustificabile, per nessun motivo. Piuttosto, una generica diffidenza verso l’esterno sarebbe più giustificabile; anche io, andando in pullman, evitavo di toccare le maniglie, le sbarre, o di sedermi vicina a qualcun altro; se mi capitava di andare in posti come i centri commerciali, mantenevo le distanze. Perché, alla fine, questa diffidenza può semplicemente nascondere paura o senso di responsabilità. B.E.

Molte persone approfittano di questa situazione per spargere sempre maggiori paure e dubbi nei confronti dei sistemi sanitari. Queste persone spargono le cosiddette “fake news”. Spargendo così tante e brutte notizie false, le persone più “credulone” acquistano atteggiamenti di protezione esagerate. Poi invece ci sono quelle persone che sono diffidenti a riguardo delle precauzioni consigliate per non diffondere il virus. Al telegiornale, per esempio, nei giorni scorsi si vedevano ragazzi ammassati l’uno contro l’altro mentre manifestavano contro le precauzioni. T.G.

Si, per esempio mio papà mi ha detto che sarebbe tornato lui a fare la spesa perché fuori c’è un’aria di diffidenza e di distacco. Tutti squadrano tutti. Però, nel nostro condominio, sui balconi ci sono striscioni con arcobaleni e la ormai celebre frase ‘’andrà tutto bene’’; qualche giorno fa abbiamo cantato insieme l’inno d’Italia e altre canzoni importanti per la nostra cultura. L’abbiamo fatto perché oggi più che mai la solidarietà è fondamentale. U.B. 

Beh, no, al supermercato alcune persone indossano la mascherina ed usano i guanti; si mantiene la distanza di un metro e ci si saluta meno calorosamente; ma no, diffidenza no, perlomeno non ancora… R.M.

A contrario delle aspettative, sì. Giusto due giorni fa stavo consegnando dei volantini per il mio paese, distribuivo informazioni riguardo il Coronavirus, appunto, ero in giro munito di guanti, mascherina e tutto il resto, ma nonostante ciò comunque qualche signore mi intimava di stare a distanza, minacciandomi di farmi del male se mi fossi avvicinato. Da una parte ho capito la sua paura, dall’altra non capisco perché questa gente esca a fare una passeggiata se ha così tanta paura di essere contagiato… S.N.

No, non sono particolarmente diffidente. Anzi, forse lo sono troppo poco. Settimana scorsa, quando ancora si poteva uscire un po’ di più, mi è scappato un colpo di tosse (e ho commesso l’errore di non farlo nell’incavo del gomito, ne sono conscio) mentre stavo camminando lungo un marciapiede. La persona dal lato opposto della strada si è schermata spaventata la bocca con la sciarpa. Se questo è il massimo grado di diffidenza a cui ho potuto assistere, l’umanità delle persone si può ancora salvare… M.P.

Queste norme di sicurezza – tra cui il mantenimento di una certa distanza da altri individui  – possono causare in alcune persone una certa diffidenza che, agli occhi degli altri, può apparire come segno quasi di scortesia. Io, vivendo in un paesino di qualche migliaio di abitanti, quando esco la sera, se incontro qualcuno è perché ha un cane; sembra di essere in quei film post-apocalittici con cittadine deserte e con le balle di fieno che attraversano le strade. B.C.

Mi sono accorta che per strada, quando ci si incrocia, sembra che ci si tenga le distanze con sospetto. R.A.

Quando sono uscita mi è capitato di vedere in giro diverse persone e quasi tutte, nel momento in cui dovevamo passare uno di fianco all’altro, si allontanavano un po’. Credo che sia un atteggiamento comprensibile, anche se a volte può sembrare irragionevole, soprattutto da parte dei propri amici. C.B.

Questa è forse la domanda che ho trovato più giusto rivolgere. La mia famiglia è meridionale e, ogni volta, vedo il divario che c’è tra Nord e Sud, come se l’Italia fosse un mondo spaccato in due. Qui al Nord nessuno pensa mai che ci sono persone da altre parti che hanno problemi che noi non ci sogniamo nemmeno, come ad esempio quelli che riguardano la Sanità pubblica. Noi non abbiamo il problema della mancanza di ospedali funzionanti, perché, in quasi tutte le province, c’è un ospedale con apparecchiature sufficienti per aiutare almeno chi ne ha più bisogno. Il divario tra Nord e Sud è molto grande, ma ancora nessuno ha cercato di colmarlo, e questa è una cosa che mi rattrista, perché c’è chi vive ancora con la convinzione che una parte sia più importante dell’altra.

Quello che ho trovato nelle risposte è stato l’unanime giudizio che tutto ciò non sia giusto, che se facciamo parte di un unico Paese non possiamo permetterci di trovarci gli uni contro gli altri, soprattutto in un momento come quello che stiamo vivendo.

Sapevi che in gran parte del Sud Italia c'è una carenza di attrezzature medico-sanitarie per combattere il Coronavirus? Che cosa pensi al riguardo? 

Come anche prima ho detto, spesso penso ai nostri medici che ogni giorno combattono sia per curare i loro pazienti, che per evitare loro stessi il contagio. Ma a causa del taglio economico che la Sanità subì qualche anno fa, questi eroi e i loro castelli sono sempre meno; e, ahimè, il divario tra Settentrione e Meridione si fa sentire anche in questo ambito. [Continua a leggere cliccando la freccina a destra...]

Qui in Lombardia, gli ospedali sono ormai al collasso; se il virus dovesse portare la sua pandemia anche al Sud, temo che non ce la farebbero. La carenza di strutture significherebbe non riuscire a curare le persone, e di conseguenza rischiare di farle morire.  Mi sento molto delusa da questo fatto, perché ancora non siamo riusciti, a livello di unità nazionale, a colmare questo divario che ci portiamo dietro da troppo tempo, ormai. Ma mi dico delusa anche perché tantissime persone, siano esse del Nord o del Sud, hanno, più volte, messo a rischio l’apparente equilibrio di zone visibilmente precarie. Tutto ciò che posso dire, in conclusione, è che spero che il mondo inizi a collaborare seriamente. Nel rispetto di chi sta facendo sacrifici. Nel rispetto di chi potrebbe essere a rischio. Nel rispetto di chi non ce l’ha fatta. B.E.

Credo che più o meno tutti sappiano che nel Sud Italia c’è una grande carenza di attrezzature medico-sanitarie per combattere il virus, ed è per questo che mi chiedo perché tutte quelle persone, il giorno d’inizio della quarantena, si sono precipitate nelle stazioni per prendere i treni e andare al Sud. Credo che il Nord Italia, se ne avesse la possibilità, dovrebbe aiutare gli ospedali nel Sud, inviando tutto ciò che potrebbe essere utile. T.G.

Sì, ne sono al corrente. Purtroppo anche questa emergenza ci ricorda quanto il nostro paese sia spaccato in due. U.B.

Il problema della cosiddetta “malasanità” al Sud non è nuovo, se ne è parlato spesso… oddio, certe volte anche qui al Nord se ne sentono... Penso che sia grave che una democrazia non garantisca uguali livelli di assistenza per tutti. Lo Stato deve garantire a Nord, Sud, Est ed Ovest pari dignità. Tutti i cittadini sono uguali… Dovrebbero esserlo. R.M.

Si, ho sentito; sinceramente, non capisco perché il governo, anziché promettere 600 euro al mese alle famiglie che potrebbero non riuscire a pagare le tasse, non pensi invece prima a fornire le attrezzature adatte. D’altronde, se fermiamo prima il contagio, c'è meno bisogno di spendere queste fatidiche 600 euro... S.N.

No, non ne ero a conoscenza e me ne dispiaccio molto. Non amo ripetere slogan e frasi fatte come ‘si può fare di più’ , ’è inaccettabile’ e altre scontate banalità del genere. Pur tuttavia, è oggettivo che il divario infrastrutturale tra settentrione e meridione della penisola esista, e non da adesso. Francamente, non so cosa si possa fare nel breve periodo e nell’immediato per ovviare a una problematica del genere, tanto più che gli stessi ospedali lombardi sono essi stessi al limite logistico. Posso solo pregare che il contagio non colpisca duramente le regioni del Sud come ha colpito la Lombardia, e che questa sia un’occasione per riflettere con serietà sugli interventi da fare per avere una distribuzione omogenea su tutto il suolo nazionale della qualità del servizio sanitario. M.P.

Recentemente, prima dell’ufficializzazione che rendeva la Lombardia zona rossa, migliaia di italiani hanno preso treni per “scappare” verso il Sud Italia dove pensavano ci fosse una sorta di “immunità”. Purtroppo, tutto ciò è stato solamente un gesto avventato che causerà un drastico aumento di contagi e vittime. Già il Nord Italia sta iniziando a sentire il peso di tutti questi casi che gravano sul sistema sanitario e che stanno rendendo insufficiente il numero del personale; con l’aggiunta delle richieste dal Sud, solo un aiuto proveniente dall’estero può servirci per superare questo momento. Infine, penso che, se la maggior parte delle persone si atterrà alle misure preventive e di contenimento del virus, l’Italia non avrà grandi problemi a risollevarsi e tornare ad essere come prima. B.C.

Potevo immaginarlo.  A volte, però, penso che talvolta ci siano anche in questo caso pregiudizi e affermazioni generalizzate: anche al Sud ci saranno eccellenze. Penso, comunque, che ciò si inquadri in due problematiche: da un lato il divario di servizi tra Nord e Sud, dall’altro il tentativo di smantellamento della Sanità pubblica. In realtà, il problema è il rischio che si tolgano soldi alla Sanità pubblica al Sud per tangenti e clientelismo, ma anche al Nord si è deciso, in anni passati, di finanziare la sanità privata, stornandola da quella pubblica e anche con questo stiamo facendo i conti. Laddove non si pensa al bene dei più ma si incoraggiano comportamenti dettati solo dal profitto, si corrono rischi per la collettività. E sono a rischio le basi dello Stato sociale, che è uno dei cardini e delle conquiste dell’Europa. Spero che, anche a causa di questa emergenza, si capisca che la Sanità pubblica va aiutata sia coi soldi sia con le persone. E allora non limitare a lamentarsi delle tasse, ma pretendere che le tasse servano per ospedali e scuole pubbliche, che stanno aiutando ora il Paese, e che venga formato e immesso più personale sanitario (nuovi medici e infermieri). R.A.

Sì, sono a conoscenza di questa carenza nel Sud Italia e penso che, nel momento in cui sono state comunicate queste restrizioni, tutti avrebbero dovuto osservarle con grande senso civico, proprio per impedire che le strutture sanitarie del Sud Italia non fossero sottoposte a grandi pressioni. Purtroppo, spesso, noi italiani agiamo in modo impulsivo e in quest’occasione molti si sono precipitati a casa, verso sud, portando il virus. Speriamo che questa situazione si risolva presto e che gli ospedali possano sostenere il peso del contagio. C.B.

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