sound of silence
Dopo una primavera pop, caratterizzata da una pioggia di album come Brat di Charli XCX, The Rise And Fall Of A Midwest Princess di Chappell Roan, Hit Me Hard And Soft di Billie Eilish e Short n’ Sweet di Sabrina Carpenter, il nuovo continente ci offre nuova musica. Questa volta, però, non sono le voci delle cantanti statunitensi a dominare la stagione, ma due album rap e hip hop usciti recentemente. Stiamo parlando di Chromakopia di Tyler, The Creator e Alligator Bites Never Heal di Doechii. I due artisti statunitensi hanno molte differenze: uno viene dalla West Coast Californiana, l’altra dalla East Coast di Tampa, uno mescola rap e musica alternativa, l’altra R&B e pop. Ma i due hanno anche molte similarità, come la trasgressività, il tema dell’identità e dell'auto espressione e lo stile eclettico.
Chromakopia di Tyler, the Creator
“You are the light / It's not on you, it's in you / Don't you ever in your life / Dim your light for nobody”
Tyler the Creator (o Tyler Gregory Okonma) è un rapper statunitense cresciuto nel West side, in California, precisamente a Ladera Heights, un posto che Frank Ocean (suo amico e collaboratore) definirebbe come ”The black Beverly Hills” ovvero la Beverly Hills nera. Ladera Heights è infatti nota per essere la patria di molte persone ricche e benestanti di discendenza afroamericana – da qui il paragone con Beverly Hills, luogo dove risiedono molte star del cinema e dell’industria musicale. Non c’è da stupirsi, quindi, se il giovane Tyler crescendo abbia avuto molti riferimenti culturali e musicali a portata di mano (basti pensare all’amicizia con Pharrell Williams). Già da giovanissimo inizia a suonare il pianoforte e a scrivere i primi pezzi, poi escono Goblin e Wolf, due album che avvieranno la sua carriera rap.
Il cantante ha recentemente avuto molto successo grazie ad alcuni suoi pezzi come See You Again con Kali Uchis, Earfquake e New Magic Wand, entrambi appartenenti a IGOR.
Chromakopia è uscito lunedì 28 ottobre, una cosa anticonvenzionale nel mondo della musica. A questo riguardo, l’anno scorso Tyler, The Creator ha rilasciato un’intervista:
«I think we should put music out again on Tuesdays instead of Fridays for some reason. I know people think ‘cause of the weekend they can listen to stuff and streams go up. And stream people are like :“Oh, streams go up on the weekend” but I think there’s a lot of passive listening. (For example) at parties, or people get the time to go to the gym, but they’re not really listening. And people on the weekend, they want to chill and hang out so they’re not really listening. But I think if you put it out during the week, man that commute to work, or that commute to school, or just whatever that is (...) you really have that hour or that 30 minutes to really dive in and really listen. ‘Cause you know, once it’s over, you got to get to work»
«Credo che dovremmo rilasciare la musica di nuovo nei martedì invece dei venerdì, per svariati motivi. So che [i produttori delle case discografiche] pensano che durante il weekend [le persone] ascoltano [la nuova musica] e gli stream salgono. E i produttori pensano “Oh, gli stream salgono durante il fine settimana”, ma credo che ci sia molto ascolto passivo. [Ad esempio] alle feste, o la gente riesce ad andare in palestra, ma non stanno davvero ascoltando. E le persone nei weekend vogliono rilassarsi e uscire, quindi non stanno davvero ascoltando. Ma credo che se la pubblichi durante la settimana, Dio, quel tragitto casa-lavoro, o quel tragitto casa-scuola, o qualsiasi cosa sia [...] hai davvero quell’ora o quei 30 minuti per immergerti davvero (nell’ascolto) e ascoltare. Perché sai che, una volta finito, devi iniziare a lavorare.»
Nardwuar vs. Tyler, The Creator (2023)
In questo caso, quindi, Tyler ha fatto di testa sua, essendo il produttore ufficiale del suo album. Trasgressive sono le premesse dell’album, trasgressivo è il primo singolo uscito, ovvero St. Chroma. Tutto della prima canzone del nuovo album è anticonvenzionale.
Ad esempio, i colori utilizzati nel video musicale di St. Chroma, il primo singolo pubblicato, sono una metafora visuale del messaggio che l’artista vuole comunicare. L’ampio uso del bianco e nero all’inizio del video indica momenti di riflessione silenziosa e monotonia, mentre i colori accesi e saturi rappresentano la rottura con il vecchio modo di pensare e un’attenzione particolare alle emozioni più fondamentali. L’utilizzo del bianco e nero si ricollega al ritmo di marcia che sentiamo nella prima canzone, che scandisce in modo meccanico e costante la parte iniziale del brano. Questo concetto si ricollega ai versi:
P said I could do it too, and boy, did I believe him
I built a path of freedom ‘cause them words that he said
Give a f***k about tradition, stop impressin’ the dead
P ha detto che potevo farlo anch’io, e caspita, se ci ho creduto
Ho costruito un percorso di libertà grazie a quelle parole (che ha detto)
Non me ne frega un c***o delle tradizioni, smettiamola di stupire i morti
Il “P” a cui Tyler si riferisce è Pharrell Williams, e, in particolare, al suo brano “You Can Do It Too” (puoi farlo anche tu) del 2006, dove incitava i giovani ragazzi appassionati di musica a intraprendere una carriera musicale. Pharrell è stato una figura di riferimento per Tyler, The Creator, e gli ha comunicato uno slancio innovativo che lo ha portato ad autodefinirsi una persona a cui non piace seguire le regole (ad esempio, nel suo brano DEATHCAMP).
Oltre alla sua intraprendenza, in Chromakopia troviamo anche un forte sperimentalismo musicale e molte features (come, per citarne alcuni, Daniel Caesar e la stessa Doechii). Infatti, a questo riguardo, potremmo dire che il cantante indossa i panni di una specie di direttore d’orchestra che coordina gli altri artisti, specialmente in brani con molte collaborazioni. A questo proposito è interessante ricordare che l’album è stato interamente scritto, arrangiato e prodotto da Tyler, the Creator. Alcuni fan, poi, hanno notato la somiglianza tra l’estetica di Chromakopia e quella di Chroma il Grande, un personaggio del libro per bambini Il casello magico (The Phantom Tollbooth). Nel libro, Chroma è il direttore dell’orchestra dei colori, e il suo compito è dirigerli nell’alba e nel tramonto – questi gli ennesimi riferimenti ai colori e al bianco e nero ampiamente utilizzati nei video musicali.
Oltre alle tante collaborazioni, in Chromakopia troviamo anche molti sample con la voce di Louise Anna Bolton, la madre del cantante. In un’intervista, Tyler, parlando dell’album, dice:
«(...) ora l'album si è trasformato in me che riprendevo un mucchio di cose che mia madre mi diceva da bambino. Ora che ho 33 anni tutte queste cose hanno un senso. Mi dico :"Oh, ecco di cosa stava parlando. Oh, non sono più il ragazzo che ero a 20 anni. Tipo, oh, la gente sta invecchiando... La gente ha figli e famiglie e tutto quello che ho è una nuova Ferrari". E mi sembra un po' strano. Sto ingrassando, ho i peli grigi sul petto (...). Non lo so, volevo solo scrivere di cose a cui penso quando sto male.»
Tyler The Creator durante un suo concerto, in una registrazione di Complex Music (2024)
I temi dominanti di questo album, infatti, sono il passaggio dall’adolescenza all’età adulta, la relazione con la figura paterna, le pressioni sociali e la libertà personale, l’amore e l’ambizione.
Vediamo in particolare alcune tracce:
In Tomorrow vediamo un Tyler spaventato dal futuro e dalle responsabilità che esso comporta. In particolare l’artista parla delle pressioni esercitate da sua madre, desiderosa di avere dei nipoti, e che lo incita a mettere su famiglia. Nel brano, inoltre, l’artista si concentra sulla vecchiaia di sua madre (che è la sua principale sostenitrice) e sul suo stesso invecchiamento (“few wrinkles on my spirit” – “un po’ di rughe nel mio spirito”)
Mettere su famiglia implica, in molti casi, trovare un compagno o una compagna con cui impegnarsi. L’artista parla anche di questo, in un brano molto personale e introspettivo come il primo, ovvero Darling, I. Nella quarta traccia di Chromakopia, Tyler esplora il suo modo di approcciarsi alle relazioni sentimentali, ammettendo di essere spaventato dall’idea di passare tutta la sua vita con la stessa persona e di avere dei figli. Inoltre confessa, sulle stesse note di Tomorrow, di essere intimorito dall’avanzare del tempo e dal suo stesso invecchiamento. Verso la fine della prima strofa, però, dice che la musica lo soddisfa più di quanto ogni relazione romantica possa fare.
I dubbi e le incertezze che il cantante ha sul suo mondo emotivo potrebbero essere un bagaglio che porta avanti sin dall’infanzia. Infatti, nel brano Like him (forse quello più famoso dell’intero lavoro) viene trattato il tema dell’abbandono da parte del padre. Questo è uno degli argomenti più toccati nella storia musicale del cantante, infatti vi troviamo molto spesso riferimenti, specialmente in Answer, un brano del 2013. La canzone parla del fatto che l’assenza paterna non l’abbia influenzato direttamente, ma indirettamente, attraverso la mancanza di spiegazioni precise da parte della madre su che tipo di persona fosse il padre. Il brano, infatti, si apre con un sample con la voce di Louisa (la madre) che dice a Tyler che, fisicamente, il cantante assomiglia in tutto e per tutto al padre, e si chiude con la stessa Louisa che chiede al figlio di non incolpare il padre per essersene andato, ma di incolpare lei perchè è stata troppo avventata nel desiderare un bambino. Nonostante ciò, però, Tyler, in qualità di figlio, ammette che ha avuto tutto ciò di cui aveva bisogno dalla madre “You gave me love / And affection, attention – Mi hai dato amore / E affetto, attenzioni ” e per questo esprime gratitudine verso di lei.
Ed è con questo approccio positivo e pieno di speranza che, dopo Like Him, Tyler inserisce nella sequenza di canzoni Balloon, una collaborazione con la rapper Doechii. In questo penultimo brano, vengono toccati temi che i due cantanti hanno in comune: il successo, l’ambizione, l’etica del lavoro e il disprezzo per la superficialità altrui. Da un punto di vista musicale, il ritmo del pezzo è molto più veloce; non una ballata riflessiva, scandita dalle note di un pianoforte malinconico, bensì un pezzo puramente hip hop, quasi pop. Il brano si concentra sulle prospettive lavorative dei due. Da una parte Tyler dice di lavorare senza sosta per “il profitto della sua stessa anima” (...Why I work so hard? My soul profit), un verso in cui molti fan hanno visto un riferimento al lavoro di altri cantanti, spesso rapper, che ignorano questo aspetto della loro carriera. Dall’altra parte, invece, troviamo Doechii, che, sulla stessa lunghezza d’onda del collega, evidenzia i traguardi ottenuti e il consolidamento della sua personalità a livello musicale, che, nell’ultimo decennio, è emersa sempre di più.
Alligator Bites Never Heal di Doechii
“Let's start the story backwards”
Queste ultime considerazioni ci portano a una domanda: chi è Doechii?
Doechii, pseudonimo di Jaylah Hickman, è una cantante e rapper statunitense nata e cresciuta a Tampa, in Florida. Questo aspetto della sua personalità, ovvero la sua forte identità floridana, è di rilievo nella sua musica, specialmente nell’ultimo album. Già negli anni passati, però, la giovane rapper si è fatta strada nel mondo della musica con il successo di What it is del 2020, un brano che le è valso un posto nella top 30 della Billboard Hot 100 e una certificazione platino dalla Recording Industry Association of America. Nello stesso anno, Doechii ha pubblicato Oh The Places You’ll Go, album da lei citato in un brano del disco più recente, ovvero Alligator Bites Never Heal. Pubblicato il 30 agosto del 2024, la nuova uscita ha già garantito alla rapper tre candidature ai Grammy Awards del 2025, nelle categorie miglior album rap, miglior interpretazione rap e miglior artista esordiente. Si deduce subito, quindi, che l’ultimo album abbia avuto un grandissimo successo negli Stati Uniti: infatti si può dire che questa uscita abbia rappresentato un punto di svolta nella carriera della cantante, portandola ad ottenere un maggior riconoscimento sia dal pubblico che dalla critica. Alcuni dei temi esplorati nelle tracce dell’album sono la resilienza, la lotta personale interiore e l'auto esplorazione. Per quanto riguarda il tema della lotta, la rapper mette in evidenza l’analogia tra il suo approccio alle sfide personali e il comportamento di un alligatore che, se minacciato, esegue una manovra chiamata death roll.
«The alligator performs a spinning maneuver known as the "death roll" to submerge and dismember its prey underwater. This past year I've grappled with what felt like a relentless death roll in my life: a dance of drowning in my own vices, battling differences with my label and a creative numbness that broke me. (...) in my research about alligator attacks, I found that a common thread in each survivor was that the main reason they survived is because they fought back. This mixtape is my fight back. I am nobody's prey; I was born to be the predator.»
«L'alligatore esegue una manovra di rotazione nota come "death roll” per immergere e smembrare la sua preda sott'acqua. L'anno scorso sono stata alle prese con quello che sembrava un implacabile death roll nella mia vita: una danza di annegamento nei miei stessi vizi, lottando contro le incomprensioni con la mia etichetta e un blocco creativo che mi ha distrutto. [...] Nella mia ricerca sugli attacchi degli alligatori, ho scoperto che un filo conduttore in ogni sopravvissuto era che il motivo principale per cui sono sopravvissuti è perché hanno reagito. Questo mixtape è la mia rimonta. Non sono la preda di nessuno; sono nata per essere il predatore.»
Doechii dal suo profilo Instagram (2024)
C'è un brano, tra tutte le straordinarie tracce di Alligator Bites Never Heal, che ha colpito il pubblico in modo particolare: stiamo parlando di DENIAL IS A RIVER. In questa canzone la cantante, in un dialogo con un’interlocutrice immaginaria, racconta la sua carriera musicale e la sua vita personale da dopo il suo ultimo successo, Oh The Places You'll Go. La narrazione va di anno in anno, ed è scandita dalle risposte dell’interlocutrice, probabilmente una sua vecchia amica con cui non aveva rapporti ormai da molto tempo, come fa intendere il verso iniziale “Hey, I thought it was all over!” (Hey, pensavo fosse tutto finito!)
(2019-2021) Dopo la domanda iniziale dell’amica “So, why don't you tell me what's going on?” (Quindi, perché non mi dici come sta andando?), la cantante parla del tradimento del suo ex compagno, che si è rivelato essere queer. Questo ha avuto ovviamente delle ripercussioni negative sul suo stato emotivo, ma, nel proseguimento della sua vita, ha pubblicato un paio di altre canzoni ed è riuscita ad andare avanti positivamente con la sua carriera.
(2021-2022) Con il lavoro arriva anche il successo: infatti la cantante parla della reazione che ha avuto la sua etichetta discografica al successo con What It Is, un brano che è diventato molto famoso su internet, specialmente su Tik Tok. La rapper racconta, parlando direttamente con l’amica, della sorpresa che ha provato e del fatto che l’etichetta volesse più musica del genere da lei. In un’intervista a Genius la cantante parla di questo aspetto, contestando l’idea che chi vende è un buon cantante o un buon artista, sottolineando che per lei la priorità assoluta è fare musica, a prescindere da quanto possa vendere.
(2023) Parlando del 2023, Doechii valuta sia aspetti negativi che positivi. La cantante osserva che in quel periodo ha guadagnato molto e la sua vita lavorativa stava andando a gonfie vele. Ma, allo stesso tempo, è anche in uno dei momenti più bui della sua vita: a livello personale, parla di un blocco creativo e di un circolo vizioso di dipendenze, dall'alcool alla droga. Nella stessa intervista citata sopra, Doechii dice di essere una rockstar, e che le piace fare festa e divertirsi. Nonostante questo, riconosce la gravità del suo problema, ammettendo che la sua vita si stava concentrando solo su quell’aspetto nocivo. La rapper racconta che, per uscire da quel periodo buio, è stato fondamentale riconoscere il problema e farsi aiutare.
Nei versi finali, Doechii racconta un episodio molto triste, definendolo “il picco del suo periodo più buio”. Il suo ex compagno, una persona a cui ha voluto tanto bene, distrugge tutto ciò che ha – non specificando se intendesse qualcosa di materiale o astratto. Inizialmente la sentiamo commentare questo episodio in un tono ironico (“Whoopsie, made a oopsie”). Ma, negli ultimi due versi la sua voce cambia totalmente intonazione, diventando un borbottio rabbioso che la cantante confessa di aver ereditato dalla tradizione del rap classico, da cantanti come Eminem o Nicki Minaj, che modulano la loro voce esprimendo, seppur in modo palesemente forzato, la loro frustrazione.
L’autunno dell’anno scorso si è concluso con la pubblicazione di un album a sorpresa di Kendrick Lamar il 22 novembre 2024, GNX, che, con 12 tracce inedite, ha stupito tutti i suoi fan. Il disco vanta, inoltre, due collaborazioni con la cantante Sza.
È un lavoro all’altezza della precedente uscita, Mr. Morale & the Big Steppers?...
Se volete scoprirlo, ci vediamo alla prossima puntata!
Sitografia:
Tyler The Creator:
https://youtu.be/JGY71JdCny4?si=VdcTM2HxhhREHqR-
https://www.instagram.com/reel/DBqQFR1xSmB/?igsh=NXB4dzB5cGZ5OXdx
Doechii:
https://youtu.be/J53Z9WPc9fE?si=o-diYUNGq-t2XSUA
Sofia Defendenti
Per cominciare
Ciao a tutti e benvenuti ad un nuovo articolo di Lo scheletro di una canzone!
Mentre nello scorso numero parlavo di rapporti complessi – con la famiglia o con noi stessi – questa volta l'articolo sarà diverso. Per il numero 21, Lo scheletro di una canzone si unirà alla sezione Schermi e Palchi, e tratterà della canzone principale della colonna sonora del nuovo film Hunger Games: La ballata dell’usignolo e del Serpente, ovvero Can’t Catch me now della cantautrice e attrice statunitense Olivia Rodrigo.
Rielaborazione della copertina del libro Hunger Games: La ballata dell’Usignolo e del Serpente, di Sofia Defendenti
TECNICA GRAFICA: Grafica, collageNata il 20 Febbraio del 2003, Olivia Rodrigo è diventata celebre per aver interpretato il ruolo da protagonista nella serie TV “High School Musical: The musical - La serie”. Come musicista, la sua fama comincia nel 2021, quando esce il suo singolo Driver License, seguito da brani come Deja Vu e Good 4 U, tutti compresi nel suo album Sour.
Successivamente, l’8 settembre dell’anno scorso esce il suo album più recente, Guts, che pochi giorni dopo finisce al primo posto in classifica della Billboard 200, e per cui riceve sei nomination per i Grammy Awards. Due mesi dopo esce il singolo protagonista di questo articolo, Can’t Catch me now.
Il Testo
There's blood on the side of the mountain
There's writing all over the wall
Shadows of us are still dancin'
In every room and every hall
There's snow fallin' over the city
You thought that it would wash away
The bitter taste of my fury
And all of the messes you made
Yeah, you think that you got away
C’è del sangue sul fianco della montagna
Ci sono cattivi presagi ovunque
Le nostre ombre stanno ancora danzando
In ogni stanza e in ogni sala
Cade neve sulla città
Credevi che avrebbe lavato via
L’aspro sapore del mio rancore
E tutto lo scompiglio che hai creato
Sì, credi di averla scampata
But I'm in the trees, I'm in the breeze
My footsteps on the ground
You'll see my face in every place
But you can't catch me now
Through wading grass, the months will pass
You'll feel it all around
I'm here, I'm there, I'm everywhere
But you can't catch me now
No, you can't catch me now
Ma sono negli alberi, sono nella brezza
Le mie impronte nel terreno
Vedrai il mio viso ovunque
Ma ora non mi puoi afferrare
Attraverso i prati, i mesi passeranno
Lo sentirai attorno a te
Sono qui, sono là, sono ovunque
Ma non puoi afferrarmi ora,
No non puoi avermi ora
Bet you thought I'd never do it
Thought it'd go over my head
I bet you figured I'd pass with the winter
Be something' easy to forget
Oh, you think I'm gone 'cause I left
Scommetto che credevi che non l’avrei mai fatto
Pensavi che l’avrei lasciato passare
Scommetto che credevi che sarei passata come l’inverno
Che sarei stata qualcosa di facile da dimenticare
Credi che io sia scomparsa solo perchè me ne sono andata
But I'm in the trees, I'm in the breeze
My footsteps on the ground
You'll see my face in every place
But you can't catch me now
Through wading grass, the months will pass
You'll feel it all around
I'm here, I'm there, I'm everywhere
But you can't catch me now
No, you can't catch me now
Ma sono negli alberi, sono nella brezza
Le mie impronte nel terreno
Vedrai il mio viso ovunque
Ma ora non mi puoi afferrare
Attraverso i prati, i mesi passeranno
Lo sentirai attorno a te
Sono qui, sono là, sono ovunque
Ma non puoi afferrarmi ora,
No non puoi avermi ora
You can't, you can't catch me now
I'm coming' like a storm into your town
You can't, you can't catch me now
I'm higher than the hopes that you brought down
You can't, you can't catch me now
I'm coming' like a storm into your town
You can't, you can't catch me now
I'm higher than the hopes that you brought down
You can't, you can't catch me now
I'm coming' like a storm into your town
You can't, you can't catch me now
You can't, you can't, you can't
Non puoi, non puoi afferrarmi ora
Sto arrivando come una tempesta nella tua città
Non puoi, non puoi afferrarmi ora
Sono più grande delle speranze che hai demolito
Non puoi, non puoi afferrarmi ora
Sto arrivando come una tempesta nella tua città
Non puoi, non puoi afferrarmi ora
Sono più grande delle speranze che hai demolito
Non puoi, non puoi afferrarmi ora
Sto arrivando come una tempesta nella tua città
Non puoi, non puoi avermi ora
Non puoi, non puoi, non puoi
There's blood on the side of the mountain
It's turning a new shade of red
Yeah, sometimes the fire you founded
Don't burn the way you'd expect
Yeah, you thought that this was the end
C’è del sangue sul fianco della montagna
Sta diventando di una nuova sfumatura di rosso
A volte il fuoco che appicchi
Non brucia nel modo che ti aspettavi
Credevi che questa fosse la fine
(Attenzione: questo testo è pieno di riferimenti ai film della saga Hunger Games e Hunger Games: La ballata dell’usignolo e del serpente, perciò ci sono alcuni spoiler!)
Prima di iniziare con l’analisi è necessario fare una premessa. Nella prima saga, ambientata 65 anni prima, Coriolanus Snow è l’antagonista, feroce dittatore che governa la nazione di Panem (che coincide con il Nord America). La ballata dell’usignolo e del Serpente esplora, appunto, il personaggio di Coriolanus, cercando di spiegare come e perché sia diventato il mostro che governa una nazione che ogni anno esige due tributi (un uomo e una donna) da ogni distretto, e che manda a combattere all’ultimo sangue in un’arena, facendo sì che sopravviva un solo vincitore. Questo massacro diventa un tetro spettacolo televisivo per i cittadini dello Stato che sottomette tutti i distretti – Capitol City.
Il film mira, appunto, a far scoprire al pubblico a cosa servano gli Hunger Games e chi sia Snow.
All’ultima domanda risponde in questa canzone il personaggio di Lucy Gray Baird, tributo femminile del dodicesimo distretto ai decimi Hunger Games. La sua è, appunto, la voce narrante di questa canzone, che si apre con i versi in rosso, che fanno intuire un cattivo presagio, menzionando il sangue, simbolo del personaggio di Snow. Il rosso sangue, infatti, è un colore che Coriolanus continua ad indossare nel corso del film e che aumenta d’intensità man mano che il suo personaggio si evolve, fino a diventare il futuro e spietato dittatore, antagonista della prima saga, che indossa molto spesso (se non sempre) abiti di un colore rosso livido.3
Nei versi in verde, invece, troviamo un tono più gentile, diverso da quello cupo e profetico dei primi due. Questo ci fa intuire il legame che lega (o meglio, legava) i due personaggi. Coriolanus, infatti, è stato il mentore di Lucy Gray nel corso dei giochi, perciò il suo ruolo era quello di prendersi cura della sua immagine e far sì che vincesse gli Hunger Games. Questo rapporto ha avuto un ruolo rilevante sull’emotività di Lucy Gray, che, come tutti i tributi, era in condizioni pessime, sia fisiche che psicologiche. Per questo, Snow è riuscito a sfruttare questa condizione per stabilire un legame tra di loro, al limite della manipolazione, allo scopo di influenzare al massimo il suo comportamento negli Hunger Games. Questo rapporto (prima di amicizia, poi amoroso) riuscirà a realizzare l’intento di Snow, perciò Lucy Gray vincerà i giochi. Più avanti nel film, i due personaggi si ricongiungeranno, e vivranno alcuni attimi di felicità e tranquillità prima di separarsi di nuovo, a causa di un evento tragico. I versi in verde parlano proprio di questo, dei ricordi dei bei momenti che Lucy Gray ha avuto, legati ad un Coriolanus (o Corio, così amorevolmente chiamato dalla cugina Tigris) diverso da quello che vediamo nella prima saga.
I versi in giallo, però, ci fanno accorgere del fatto che Lucy Gray non è semplicemente stata un burattino nelle mani di Snow: infatti, non si è fatta manipolare tutto il tempo, senza rendersi conto di che persona fosse Coriolanus, ma sperava che lui riuscisse a cambiare. Anche lo stesso Coriolanus aveva la medesima speranza: infatti, verso la fine del film, lo vediamo sempre più tenebroso, sempre più maniacale, sempre più intento a nascondersi e nascondere i segni di quello che sarebbe diventato. A questo fanno riferimento gli ultimi versi prima del ritornello: la neve che cade è, infatti, il simbolo della repressione forzata di Snow - due immagini il cui accostamento stona, ma che sono ugualmente rappresentative del modo di agire del protagonista. La repressione, molto spesso paranoica, infatti, è una delle caratteristiche principali di Snow: prima la vediamo nella saga del 2013, in cui lo scopo è quello di contenere la ribellione dei distretti, guidata da Katniss Everdeen. Nell’ultimo film, però, la repressione si riflette maggiormente sul piano personale: Coriolanus lotta contro la sua parte peggiore, cercando di soffocarla, come la neve che avrebbe dovuto lavare via tutto ciò che aveva fatto. Una parte di questo odio per sé stesso lo trasmette alla figura di Lucy Gray, il cui fantasma, come vedremo più avanti nella canzone, continuerà a perseguitarlo.
Questo ultimo concetto si riflette nei versi in blu, in cui troviamo un tono insistente, quasi persecutorio, che tormenta l’ascoltatore. Questo tono potrebbe far riferimento alla ghiandaia imitatrice, figura sempre presente (sia nella prima saga, che nel film più recente) e protagonista della copertina della versione originale del libro La ballata dell’usignolo e del serpente, da cui è tratto il film. La ghiandaia imitatrice è una specie di volatile che abita le foreste che frequentano i protagonisti: la caratteristica principale degli stormi delle ghiandaie è quella di ripetere un suono più e più volte. Nella saga del 2013 è il simbolo della rivolta, che Katniss Everdeen - tributo femminile del distretto 12, come Lucy Gray - utilizzerà più volte per incitare i distretti a ribellarsi contro Capitol. É interessante osservare come Katniss, all’inizio della saga, non conosca la ghiandaia imitatrice che abitava le foreste del distretto 12 solo sessant'anni prima. Molti hanno teorizzato che Snow, terrorizzato dal fantasma di Lucy Gray, abbia deciso di sterminare tutte le ghiandaie che abitavano quei boschi. Coriolanus incontrerà più volte le ghiandaie nel corso del film: verso la fine, in un momento d’ira, arriverà anche a sparare ai poveri uccelli, che lo stavano tormentando, continuando a imitare il suono della voce di Lucy Gray. Non è chiaro se il suono che Snow sentiva in quel momento fosse reale o fosse una sorta di allucinazione paranoica. Come la ghiandaia imitatrice, prima Lucy Gray, poi Katniss, perseguiteranno la già fragile psiche di Snow, diventando il simbolo della ribellione che terminerà il suo terribile governo e la sua vita. Nel ritornello e nel bridge, troviamo questo concetto, ripetuto più volte con la frase che è diventata il titolo della canzone stessa: You can’t catch me now - non puoi afferrarmi ora.
L’ultima parte della canzone si concentra sul futuro di Panem, su ciò che succederà più avanti negli anni (precisamente 65 anni dopo) con la ribellione guidata da Katniss. Per questo motivo, il tono e il ritmo dei versi viola diventano prima più aggressivi, poi più lenti e quasi rancorosi. Sempre nella disperata cantilena del bridge (che rappresenta il canto delle ghiandaie) troviamo una frase molto rappresentativa – I’m higher than the hopes that you brought down: sono più grande delle speranze che hai demolito. Questa frase è un riferimento a ciò che dice Snow nel primo film della saga, al capo del gruppo di strateghi che organizzano e regolano i giochi, Seneca Crane. Nel dialogo che ha con lui, gli domanda perché gli Hunger Games abbiano un vincitore, e perché Capitol non si limita a prendere ventiquattro persone a caso e ucciderle tutte. Al termine della scena si risponde da solo: “Speranza. È l'unica cosa più forte della paura. Un po’ di speranza è efficace. Troppa speranza è pericolosa.”. Forse era proprio questo che temeva il dittatore: la speranza. La speranza del popolo dei distretti di liberarsi dalla vita vissuta nella paura della mietitura o - peggio - di una morte dopo una vita vissuta tra miserie e continua povertà.
La canzone finisce con un freddo avvertimento, una promessa che agita il cuore di Coriolanus: A volte il fuoco che appicchi / Non brucia nel modo come ti aspettavi / Credevi che questa fosse la fine.
Dalla musica alla vita di tutti i giorni
Come ho già detto, in questo numero la rubrica Lo scheletro di una canzone si unisce alla nostra sezione dedicata a serie TV e film, Schermi e Palchi. Le mie considerazioni sul film riguardano la canzone, e sono solamente in funzione dell’analisi del suo testo, ma una saga come Hunger Games merita sicuramente più spazio, non solamente dal punto di vista della musica, ma anche sul piano della critica cinematografica: per questo motivo invito il lettore ad andare a leggere A Ballad of Songbirds and Snakes – la recensione fatta in lingua inglese da Elisa Frigerio, che offre spunti interessanti nella lingua originale della saga.
Sofia Defendenti
The Record Player Song di Daisy The Great
Per cominciare
Ciao a tutti e benvenuti in un nuovo articolo di Lo scheletro di una canzone!
Nell’ultimo numero ho portato una canzone della cantautrice indie australiana Julia Jacklin: Don’t let the kids win. Anche per questo nuovo numero la canzone di cui parlerò sarà di un gruppo di cantautori: I Daisy The Great, guidati dalle due cantautrici Kelley Dugan e Mina Walker, che saranno anche le due voci principali della canzone che analizzerò, ovvero The Record Player Song. L’origine del nome della band è molto particolare: anche se crea un po' di confusione nel capire da chi sia esattamente composta la band, l’espressione scelta per nominare la band racchiude il senso che essa vuole trasmettere al pubblico. Inizialmente, i suoi membri avevano una lunga lista di potenziali nomi, ma non riuscivano a sceglierne uno. Alla fine, il nome Daisy The Great è stato scelto perché, come dice la Dugan in un’intervista a Medium – blog statunitense a tema musicale – : «È qualcosa che suona femminile e delicato, e aggiungere “the Great” (la grande) lo amplifica ulteriormente, conferendogli un suono decisamente punk». Il genere musicale della band statunitense, è, appunto, indie, punk e alternativo: queste caratteristiche si possono notare nel loro nuovo album All you need is time, ora che il loro stile si è evoluto ed è diventato ancora più punk, soprattutto per il contenuto dei testi, rispetto all’album I’ve Got A Few Friends And I Wish They Were Mine, con cui ha esordito nel 2017 e in cui è compresa The Record Player Song.
Il Testo
I've got a record player that was made in 2014
Dyed my hair blue, it came out a seasick sort of green
I like vintage dresses when they fall just below my knees
I pretend I scraped them
Climbing in the trees
Ho un giradischi che è stato prodotto nel 2014
Ho tinto i miei capelli di blu, è venuto fuori un verde mal di mare
Mi piacciono i vestiti vintage, quando mi arrivano proprio sotto le ginocchia
Faccio finta di averli strappati io
Arrampicandomi sugli alberi
Sometimes I think all I'm ever doing is
Trying to convince myself I'm alive
Sometimes I think all I'm ever doing is
Trying to convince myself I'm alive
A volte penso che tutto ciò che farò sarà
Cercare di convincermi che sono viva
A volte penso che tutto ciò che farò sarà
Cercare di convincermi che sono viva
Wipe my eyes and cut me off
(Wipe my eyes I'm crying)
I'm just crying for attention
(For attention)
I wish I'd been a teenage rebel
(Teenage rebel)
Never even got detention
Mi asciugo le lacrime mentre tu mi tagli fuori
(Mi asciugo gli occhi, sto piangendo)
Sto piangendo solamente per avere attenzioni
(Per le attenzioni)
Vorrei essere stata un’adolescente ribelle
(Adolescente ribelle)
Non mi hanno nemmeno mai messa in punizione
I don't really love you
I just said that for a change of pace
I'm sorry, sometimes I don't recognize my face
Non ti amo davvero
L’ho detto soltanto per cambiare il ritmo
Mi dispiace, a volte non riesco a riconoscere il mio stesso volto
I've got a record player that was made in 2014
Dyed my hair blue it came out a seasick sort of green
I like vintage dresses when they fall just below my knees
I pretend I scraped them climbing in the trees
Ho un giradischi che è stato prodotto nel 2014
Ho tinto i miei capelli di blu, è venuto fuori un verde mal di mare
Mi piacciono i vestiti vintage, quando mi arrivano proprio sotto le ginocchia
Faccio finta di averli strappati io
Arrampicandomi sugli alberi
Sometimes I think all I'm ever doing is (trees)
Trying to convince myself I'm alive (trees)
Sometimes I think all I'm ever doing is (trees)
Trying to convince myself I'm alive (trees)
A volte penso che tutto ciò che farò sarà (alberi)
Cercare di convincermi che sono viva (alberi)
A volte penso che tutto ciò che farò sarà (alberi)
Cercare di convincermi che sono viva (alberi)
I need a dictionary
Someone look me up and define me
Please remind me
Who I'm supposed to be around you
So you will do what I want you to
Ho bisogno di un dizionario
Qualcuno mi cerchi e mi definisca
Per favore, ricordami
Chi dovrei essere quando sto con te
Cosicché tu possa fare ciò che voglio che tu faccia
I'm always winning the wrong game
I don't remember my real name
Vinco sempre la battaglia sbagliata
Non mi ricordo il mio vero nome
I've got a record player that was made in 2014
Dyed my hair blue it came out a seasick sort of green
I like vintage dresses when they fall just below my knees
I pretend I scraped them climbing in the trees
Ho un giradischi che è stato prodotto nel 2014
Ho tinto i miei capelli di blu, è venuto fuori un verde mal di mare
Mi piacciono i vestiti vintage, quando mi arrivano proprio sotto le ginocchia
Faccio finta di averli strappati io
Arrampicandomi sugli alberi
Sometimes I think all I'm ever doing is (trees)
Trying to convince myself I'm alive (trees)
Sometimes I think all I'm ever doing is (trees)
Trying to convince myself I'm alive (trees)
A volte penso che tutto ciò che farò sarà (alberi)
Cercare di convincermi che sono viva (alberi)
A volte penso che tutto ciò che farò sarà (alberi)
Cercare di convincermi che sono viva (alberi)
I've got a record player that was made in 2014
Dyed my hair blue it came out a seasick sort of green
I like vintage dresses when they fall just below my knees
I pretend I scraped them climbing in the trees
Ho un giradischi che è stato prodotto nel 2014
Ho tinto i miei capelli di blu, è venuto fuori un verde mal di mare
Mi piacciono i vestiti vintage, quando mi arrivano proprio sotto le ginocchia
Faccio finta di averli strappati io
Arrampicandomi sugli alberi
Sometimes I think all I'm ever doing is (trees)
Trying to convince myself I'm alive (trees)
Sometimes I think all I'm ever doing is (trees)
Trying to convince myself I'm alive (trees)
A volte penso che tutto ciò che farò sarà (alberi)
Cercare di convincermi che sono viva (alberi)
A volte penso che tutto ciò che farò sarà (alberi)
Cercare di convincermi che sono viva (alberi)
Attraverso i versi in verde, ci viene data una prima immagine della persona che il gruppo vuole rappresentare, cantando, quindi, in prima persona. L’io narrante ha determinate caratteristiche, che sembra quasi ostentare. Infatti, questa immagine iniziale sembra posticcia e falsa: la persona presenta sé stessa attraverso il suo aspetto fisico o cose che la rappresentano, sembrando, però, sempre insoddisfatta. Il verso «I pretend I scraped them climbing in the trees» ci fa intuire qualcosa, forse il frammento di una confessione, che avverrà in seguito nel testo.
Con i versi in giallo, infatti, l'ascoltatore impara qualcosa in più sulla vera natura della protagonista della canzone: il testo, attraverso i versi «Sometimes I think all I'm ever doing is
trying to convince myself I'm alive» indica chiaramente che non fa cose per il proprio divertimento, ma solo per come la fanno apparire agli altri. Non solo: sembra che tutta la sua personalità sia stata costruita da lei per convincere gli altri – e, soprattutto, se stessa – di essere qualcuno.
Dopo che la cantante ha espresso la sua incertezza sulla sua identità durante la seconda metà del ritornello, carico di emozione, con i versi blu cambia marcia, e sottolinea che le persone di cui sta cantando dovrebbero ignorare le sue emozioni ed escluderla dalle loro vite. Per questo, la voce afferma esplicitamente che le sue lacrime sono soltanto un mezzo per attirare l’attenzione e manipolare le persone attorno a sé.
Tuttavia, questo è un pensiero comune tra persone che sono state vittime di abusi di natura emotiva o psicologica: la convinzione che gli individui stiano solo inventando qualcosa per attirare l’attenzione, e, quindi, siano giustificati nel permettere ad altri di interromperli. È forse da questo che nascono i problemi di auto-identificazione della protagonista?
La risposta ci viene fornita con i versi viola: lo stile della canzone è cambiato, così come il contenuto. Qui, la cantante esce allo scoperto e discute i suoi sentimenti e le sue paure riguardo alla sua identità. Questi versi mostrano che la cantante ha difficoltà a comprendere la propria identità, quindi ha bisogno che gli altri le dicano chi dovrebbe essere: ha bisogno che gli altri le dicano chi è, invece di poter definire se stessa. Questa volta, la volontà di manipolare gli altri è espressa in un modo diverso: sembra più un grido di aiuto che un vero e proprio desiderio di manipolazione.
Dalla musica alla vita di tutti i giorni
La personalità e l’auto-identificazione possono,
molte volte, sembrare dei problemi “da ragazzini”,
e quindi vengono sminuiti o considerati come
meno importanti. Nonostante ciò, l’identità è stata
uno degli ambiti di ricerca più studiati durante il
secolo scorso: da Freud a Jung, molti fra i
pensatori
più famosi hanno cercato di individuare
una definizione di identità e di fornire una teoria
valida su questo tema. Uno studioso in particolare,
fornisce una tesi interessante: Erik Erikson.
Secondo lo psicologo, infatti, lo sviluppo della
personalità non è un processo immediato e
stabile, bensì si estendeva lungo tutto l’arco della vita di un individuo, ed è caratterizzato dal superamento di determinate crisi evolutive. Erikson individua otto fasi, dette psico-fasi.
Durante l’adolescenza, ovvero la quinta fase, si contrappongono identità e confusione di ruolo: il ragazzo può essere consapevole della propria personalità, dei propri desideri, delle proprie peculiarità, oppure non averli chiari, e non essere in grado di definire ciò che lo differenzia dagli altri, i suoi obiettivi, i suoi limiti, i suoi punti di forza. Nel caso del mancato superamento di una crisi evolutiva, un individuo si ritroverà a dover affrontare anche la crisi successiva.
Oggi, un secolo dopo la teorizzazione di questa tesi, la società è mutata, ma, per alcuni aspetti, è rimasta la stessa. Ad infierire sulla situazione già critica della formazione della personalità di un adolescente, poi, sono i social media, che forniscono modelli tossici e, molto spesso, non corrispondenti alla realtà di ciò che una persona dovrebbe poter desiderare essere. insomma, la formazione della personalità non è mai stata, e non è, un gioco da ragazzi!
Sofia Defendenti
Solo un concerto?
Le notizie dicono che i fan di Taylor Swift in seguito ai concerti di Seattle sono riusciti a creare un’attività sismica pari a un terremoto di magnitudo 2.3. Viene riportato che c’erano più di ventimila persone fuori dallo stadio di Philadelphia a seguire il concerto, poiché sprovviste di biglietti, ma in realtà in tutte le sue date ci si trova gente che segue l’evento dall’esterno, fuori dagli stadi, mentre si fa picnic. Per non parlare del fatto che per trasportare palco e attrezzatura vengono impiegati circa 70 camion. Taylor inoltre ha aggiunto molte date rispetto a quante fossero in origine. Eppure, ci sono ancora molti fan sprovvisti di biglietto. E allora cos’ha pensato di fare, Taylor? Registrare il suo concerto di Los Angeles e, dopo ovviamente essere stato editato e montato, mandarlo ai cinema di tutto il mondo come film, in modo che sempre più fan possano avere la possibilità di vivere questa esperienza. Il film è uscito Venerdì 13 Ottobre, nonche numero fortunato di Taylor, ma in origine anche il nuovo film dell’esorcista doveva uscire quel giorno eppure il produttore a poche ore dall’annuncio di Taylor, ha pubblicato un tweet dicendo che l’uscita del film era anticipata al 6 Ottobre, non solo appuntando “look what you made me do”, citando una delle canzoni di Taylor, ma aggiungendo anche l’hashtag “Taylorwins” per non lasciare dubbi su quale fosse la causa di tale anticipazione.
Senza dilungarmi ancora oltre, passiamo al film, che è un'esatta riproduzione del suo concerto, privato solo del dietro le quinte o qualsivoglia scena aggiuntiva. Solo due ore e 49 minuti di musica. Questo perché l’obiettivo è “far sentire i fan al concerto”, tanto che Taylor stessa ha incitato i fan a presentarsi al cinema vestiti a tema, come è comune fare per i suoi concerti. Inoltre, tra le curiosità mostrate dal film che denotano una forte attenzione ai fan, vediamo come Taylor abbia anche messo in vendita per i fan una tazza per le bibite e un contenitore in metallo di popcorn personalizzato e riutilizzabile, al costo di venti euro. Considerando i prezzi di una bevanda e popcorn e aggiungendo il fatto che si possano conservare, si potrebbe dire che sia un prezzo “giusto”, a differenza di quello del biglietto del film che, invece, si aggira sui venti euro (precisamente 19.98, come il suo quinto album). Certo, non paragonabile al costo dei biglietti per il concerto, ma si tratta comunque di un costo ben più alto rispetto a un biglietto per qualsiasi altro spettacolo cinematografico (e per film che probabilmente hanno subito più editing e più ore di lavoro). Questa è forse l’unica vera pecca del film, perché magari per una persona che vorrebbe conoscere meglio l’artista potrebbe risultare sconveniente e rischioso spendere venti euro per qualcosa che potrebbe non piacergli.
In conclusione, questo film si dimostra comunque un’ottima occasione di ritrovo tra fan. Del resto, tra le sale si poteva percepire questo legame condiviso tra il pubblico, che, come visto in numerosi video, si è vista ritratta molta gente che ballava con i propri vicini di posto, come a un vero e proprio concerto.
Sofia Rebagliati
Don’t let the kids win di Julia Jacklin
Per cominciare
– Il cantante e il brano –
Negli ultimi numeri ho raccontato storie di ragazze dai capelli blu, feste sfrenate, dipinti “scandalosi” e problemi con la propria immagine: per questo numero ci si potrebbe aspettare di tutto! E invece il mio articolo per il numero 19 tratterà di una cosa molto comune: problemi famigliari. La canzone che verrà analizzata è di Julia Jacklin, cantautrice indie australiana che produce musica dal 2013. Il suo primo ingresso nel mondo della musica avviene con la band Salta, composta da Liz Hughes – chitarra e voce – , la stessa Julia Jacklin – chitarra e voce – e Rosie Mckay – basso –. Facendosi notare dal pubblico e dalla critica con i singoli Pool Party e Coming of Age, la Jacklin decide di abbandonare i Salta e di andare in tournée. Dopo questa esperienza decide di firmare un contratto con una casa discografica e annuncia un nuovo album da cantante solista. Concentrandoci sul suo album di debutto, Don't Let the Kids Win (Non lasciar vincere i ragazzi) – che prende il nome dall’ultima traccia dell’album stesso –, osserviamo la presenza di uno stile sonoro decisamente country-folk, mentre l’atmosfera dei testi può essere definita come minimale e malinconica.
Ed è proprio la traccia numero 11, intitolata Don’t let the kids win, che ora tratteremo. Il brano è sicuramente rappresentativo di tutto l’album : con il suo tono malinconico e i testi di un considerevole spessore emotivo, tratta di problematiche famigliari (come già anticipavo) e di come il protagonista della canzone le affronti, ricevendo dei consigli dalla cantante stessa. I temi principali che emergono sono questi: come affrontare quelle persone che durante tutta la nostra infanzia ci sono state vicine e hanno cercato di proteggerci ma che ora – come anche noi stessi – si trovano a dover fare i conti che le persone crescono?, di come le cose cambiano in famiglia – e fuori da essa? – e di come andare avanti nonostante questo ciò?
Il Testo
Don't let the kids win, just let them lose
They're not gonna learn anything
If that's all you choose to play
Don't let the kids win, just let them fall
Don't want them growing up thinking
Two year olds are good at playing basketball
Non lasciar vincere i ragazzi, lasciali perdere
Non impareranno nulla
Se è il questo il modo in cui cerchi di insegnarglielo
Non lasciar vincere i ragazzi, non ci pensare nemmeno
Non vuoi che crescano pensando
Che a due anni sono bravi nella pallacanestro
Don't let your grandmother die while you're away
Cheap trip to Thailand's not gonna make up for never getting to say goodbye
Don't let your brother stop thinking you're cool
Yeah i know he's got a girlfriend now and he's taller
But that don't mean he stopped looking up to you
Non lasciare morire la nonna mentre sei via
Un economico viaggio in Thailandia
Non compenserà il fatto che non le hai mai detto addio
Non lasciare che tuo fratello smetta di pensare che sei in gamba
Si, lo so che ora ha una ragazza ed è più alto
Ma ciò non significa che ha smesso di prenderti come un punto di riferimento
And I've got a feeling that this won't ever change
We're gonna keep on getting older
It's gonna keep on feeling strange
Ed ho come il presentimento
Che continueremo ad invecchiare
E continuerà a sembrarci strano
Don't let your friends turn cold
While you burn to green
When they walk off a stage
Embrace them and say that's the best shit I've ever seen
And don't let your sister walk down the aisle
Without pulling her close saying ‘I love you
And it's okay if I don't see you for a while’
Non lasciare che i tuoi amici diventino freddi
Mentre bruci di verde
E quando scendono dal palco
Abbracciali e di’ loro che era la cosa migliore che hai mai visto
E non lasciare che tua sorella cammini verso l’altare
Senza stringerla a te e dirle “ ti voglio bene
e non fa niente se non ti vedrò per un po’ ”
And i've got a feeling that this won't ever change
We're gonna keep on getting older
It's gonna keep on feeling strange
E ho come il presentimento
Che continueremo ad invecchiare
E continuerà a sembrarci strano
Don't let the time go by without sitting with your mother down
And asking what life was like for her before you came to be around
And tell her it's okay if she puts herself first
Us kids will be alright if we're not the centre of her universe
Non lasciare che il tempo passi senza aver parlato con tua madre
E averle chiesto com’era la sua vita prima che tu entrassi nella sua
E dirle che va bene che si metta al primo posto
Noi ragazzi staremo bene anche se non siamo il centro del suo universo
And i've got a feeling that this won't ever change
We're gonna keep on getting older
It's gonna keep on feeling strange
E ho come il presentimento
Che continueremo ad invecchiare
E continuerà a sembrarci strano
And after a late one, I don't know anything
Except the more I keep on talking the less breath I got left to sing
E dopo esser arrivata così in ritardo, non so più niente
Tranne che più vado avanti, meno respiro ho in gola per cantare
Attraverso i versi in rosso viene descritto un fenomeno molto triste e purtroppo, inevitabile: la perdita di un famigliare anziano o fragile (che nel testo è la nonna. In questo caso specifico, l’artista riporta il comportamento del protagonista con chiare connotazioni negative. Egli, infatti, ha come il riflesso di scappare da questa situazione problematica e spiacevole, allontanando il dolore causato dal lutto con la distanza fisica. Ma questo evidentemente non basta, poiché, pochi versi dopo, viene esplicitata la previsione della narratrice: Cheap trip to Thailand's not gonna make up for never getting to say goodbye («Un economico viaggio in Thailandia non compenserà il fatto che non le hai mai detto addio»). Il suggerimento che la Jacklin dà al protagonista e al pubblico è quello di non perdere gli ultimi momenti con le persone anziane o fragili della propria famiglia, perché potremmo trovarci a non avere avuto più l’occasione di dire loro addio.
La relazione con gli amici viene descritta nei versi in azzurro. Questa strofa è inizialmente introdotta con una metafora implicita: Don't let your friends turn cold while you burn to green («Non lasciare che i tuoi amici diventino freddi mentre tu bruci di verde»). Il verde, in questo caso, potrebbe simboleggiare il denaro o il lavoro, che portano il protagonista a non prestare attenzione ai suoi amici e a non apprezzarli più, i quali, di conseguenza, si allontanano sempre di più da lui, fino a diventare freddi e distaccati. Il consiglio della narratrice è quello di godersi i momenti con gli amici, esprimendo il più chiaramente possibile l’affetto che proviamo per loro, così da mantenere il legame stabile.
Con i versi blu, l’artista parla di come sia difficile, invece, allontanarsi dai propri fratelli o sorelle, e di come sia complicato accettare che anche loro si faranno una vita diversa da quella che avevano prima. In questo caso il protagonista non accetta la relazione di sua sorella e non approva il suo matrimonio. La cantante, invece, lo incoraggia a elaborare il fatto che sarà lontana da lui per molto tempo, e a darle comunque il suo “benestare”.
La situazione si fa più complicata quando si parla dei versi evidenziati con il colore verde, dove troviamo la relazione madre-figlio: in questo caso, le strofe evidenziate sono due, le più importanti della canzone, quelle che ne costituiscono il cuore della canzone e che ne esprimono il messaggio fondamentale. La prima, (quella che introduce il brano e che contiene il titolo della canzone), parla di come sia molto più costruttivo lasciare i propri figli sbagliare e fallire, piuttosto che farli sempre “vincere” e non prepararli emotivamente alla vita da adulti. Per esempio, i ragazzi di cui parla la canzone potrebbero ritenere di essere bravi a giocare a pallacanestro e sperare di avere un futuro nel campo dello sport; la loro ingenuità, dal punto di vista dei genitori, è enfatizzata diminuendo la loro età Don't want them growing up thinking two year olds are good at playing basketball (Non vuoi che crescano pensando che a due anni sono bravi nella pallacanestro).
Questa strofa anticipa la seconda, dove il protagonista, attraverso i consigli dell’ artista, viene incoraggiato a parlare con sua madre e dirle di mettere sé stessa al primo posto, senza cercare di proteggere i suoi bambini, ormai cresciuti e in grado di badare a loro stessi, incoraggiando, quindi, anche la madre a prendersi cura della sua persona, senza aver bisogno di sacrificarsi e cercare di non deludere mai i figli.
Dalla musica alla vita di tutti i giorni
Crescendo, la situazione che ciascuno vive con il mondo esterno cambia, è naturale. Ma se ciò accadesse anche in famiglia, nel senso proprio della nostra, della mia e della tua, cioè nel posto dove siamo nati e cresciuti? La stessa Jacklin, in un’intervista a The skinny, un periodico britannico, ha parlato della sua canzone, dicendo che forse le canzoni tristi più intelligenti cercano una via d'uscita dalla tristezza. «Immagino che quello che esploro nella title track», prosegue la Jacklin spiegando il concetto, «è l'idea che man mano che cresci e le cose intorno a te cambiano, va bene che ti sembri strano: sembra strano. E devi riconoscerlo e andare avanti. Sì, il titolo che ho scelto mi piace. Le persone sembrano avere idee molto diverse su cosa significhi e anche questo mi piace».
Analizzando i versi in verde troviamo un meccanismo molto frequente nelle famiglie, attuato spesso dalla figura materna: l’“educazione negativa”. Questo termine, coniato nel 1762 dal filosofo e pedagogo Jean-Jacques Rousseau nella sua opera interamente dedicata a questioni pedagogiche (L’Emilio), definisce un tipo di educazione molto particolare. Il termine sta ad indicare un tipo di comportamento, nocivo per il bambino, che consiste nella rimozione degli ostacoli che la società, con i suoi condizionamenti, può opporre al suo sviluppo spontaneo, a quello della sua personalità e, soprattutto, della sua capacità di affrontare i problemi che la vita gli presenterà in futuro. Questo potrebbe riassumere il messaggio della title- track dell’album di Julia Jacklin, Don’t Let the Kids Win. Crescere non significa che il processo stesso della crescita non procurerà disagio. Ma mentre lo viviamo dobbiamo tenere a mente una cosa: il cambiamento non è sempre nocivo, come potrebbe sembrare quando ci causa – appunto – disagio, fatica o dolore. Anzi: è proprio attraverso il cambiamento che le persone possono imparare e migliorare.
Don't Let the Kids Win - YouTube
https://www.theskinny.co.uk/music/interviews/julia-jacklin-interview – Julia Jacklin on Don't Let The Kids Win
Sofia Defendenti
Nel numero 17 ho portato Townie, di Mitski, una canzone turbolenta, che parla del crescere in un modo sgradevole, quasi fosse un fenomeno involontario. In questo numero, la canzone di cui tratterò sarà un brano dei Tv Girl, un gruppo musicale americano originario di San Diego, in California, composto –, al contrario di quanto il nome si possa far pensare –, composto da tre ragazzi e una ragazza – Brad Petering, Jason Wyman, Wyatt Harmon e Jordana Nye. Il nome della band non fa riferimento alla band stessa, poiché esisteva prima che si espandesse per includere la sua unica chitarrista. Rappresenta invece l'oggetto dell'affetto di Brad, il cantante. Il nome rappresenta il «tu» a cui canta, a volte chiamato Louise, Anjela, The daughter of a cop o The blonde, altre volte, invece, e talvolta è un «tu» senza forma, senza nome, una ragazza che ha dei rapporti fisici con uomini per disgusto di sé – come nella canzone Hate Yourself – , per pigrizia – Talk to strangers – o per vendetta – Her and Her Friend –. Ed è proprio The blonde (la bionda) di cui Brad canta in questo pezzo, Blue Hair. La canzone è un monumento al doppio senso e al lirismo intelligente. Il suo backtrack è sia corale che allegro, così come la voce, ma le pause di significato e le frasi interrotte creano significati alternativi, che vengono quasi immediatamente sovvertiti quando il verso viene ripreso e completato. I suoi testi hanno un approccio distante: questa canzone in particolare parla del cantante che guarda una ragazza che amava crescere e diventare una persona diversa, tutto indicato dallo sbiadimento dei suoi capelli e dal suo tagliarsi i capelli blu. In contrasto con le altre tracce dell'album, Blue Hair presenta un narratore quasi completamente ambivalente. Il modo in cui il cantante parla di questa ragazza è molto particolare, ma, tutto sommato, in linea con temi trattati frequentemente dal gruppo.
The blonde – La bionda – è sì una ragazza, ma, in realtà, rappresenta una figura retorica : la bionda, infatti, è una ragazza che scappa dalle cose che la fanno stare male, nascondendosi dietro al suo aspetto. L’aspetto fisico, (in particolare i capelli), potrebbe dunque anche essere una metafora per indicare la vera natura della ragazza. Nella canzone, infatti, i versi:
“You don't need to hide yourself away
You only need to dye your hair”
(Non hai bisogno di nasconderti
Hai solo bisogno di tingerti i capelli)
stanno proprio a rappresentare questo. In Blue hair la ragazza si è tinta i capelli biondi di blu: lo ha fatto cercando di attirare attenzione su di sé o semplicemente per rifugiarsi in un universo infantile privo di dolore?
She asked me how to be funny
But that's not something you can teach
What seemed so blue in the sunlight
By the night was a pale green
Mi ha chiesto come essere divertente
Ma non è qualcosa che puoi insegnare
Quello che sembrava così blu alla luce del sole
Diventava un verde sbiadito entro la notte
And I tried to hold her
But it didn't really last long
And she's getting older
I guess she's gotta cut her blue hair off
E ho cercato di trattenerla
Ma non è davvero durata molto
E sta diventando adulta
Credo che dovrà tagliarsi i capelli blu
She asked me if she was pretty
Well, it's clear that the girl's a fraud
There's really no way of winning
If in their eyes you'll always be a dumb blonde
Mi ha chiesto se era carina
Beh, è chiaro che la ragazza è un’imbrogliona
Non c’è davvero via di vincere
Se ai loro occhi sarai sempre una stupida bionda
And she cried over nothing
So there was nothing I could do to stop
Her from cutting
Her beautiful blue hair off
E piangeva per nulla
Così non c’era nulla che potessi fare per fermarla
Dal tagliare
I suoi bellissimi capelli blu
It looked like cotton candy
And just as quick to get licked away
Last I heard she was living
With a boy who acts his age
Sembrava zucchero filato
Perché era così facile leccarlo via
L’ultima volta ho sentito che viveva
Con il ragazzo che fingeva di essere adulto
And I guess I'll just miss her
Even though she isn't even really gone
But things are just different
Ever since she cut her blue hair off
E immagino che mi mancherà
Anche se non se n’è andata davvero
Le cose sono solo diverse
Da quando ha tagliato i suoi capelli blu
Attraverso i versi in rosa, il gruppo canta della protagonista di questa canzone, iniziando a introdurre la sua personalità e il suo comportamento particolare. La ragazza, infatti, è in costante ricerca di attenzioni. Questa disperata richiesta si traduce in domande con risposte ovvie, o volte puramente a lusingare il cantante. Un esempio del primo caso si trova nel primo verso della canzone, che il cantante introduce con «She asked me how to be funny» , domanda il cui unico scopo è quello di elogiare il cantante, facendogli intendere chiaramente quello che pensa di lui. Per un secondo esempio, possiamo fare riferimento al primo verso dopo il ritornello, e cioè «She asked if she was pretty» : in questo caso, la ragazza sta facendo una domanda con un significato sottinteso, un’altra richiesta non esplicita in cui spinge il cantante a dedicarle attenzioni.
Con i versi evidenziati in azzurro, l’artista risponde alle richieste di attenzione della ragazza. Non lo fa, però, in un’ottica necessariamente romantica. Al contrario, risponde rifiutando le richieste di attenzione della ragazza e introducendo la sua vera natura, che vedremo nei versi successivi. Nel secondo verso evidenziato, vediamo
il cantante usare un termine particolare in inglese americano: «The girl’s a fraud», tradotto letteralmente in italiano significa « la ragazza è un imbroglio». Ovviamente questa frase non ha di per sé senso. Il termine, in realtà, viene usato per descrivere una truffa romantica, un trucco che coinvolge la fiducia: si fingono intenzioni romantiche nei confronti di una vittima per ottenere il suo affetto, anche se non si ha intenzione di intraprendere una vera relazione con essa. Questo verso, in un certo senso, riassume il significato degli altri: la ragazza non fa altro che provocare il cantante per ottenere in cambio affetto o attenzioni, che lui si rifiuta di darle.
La vera essenza della ragazza viene finalmente svelata con i versi in arancione. Infatti, dietro il suo comportamento quasi egocentrico, si cela una persona molto sola e triste, quasi annoiata dalla sua stessa esistenza. Una vita vissuta in un modo estremamente infantile, per attirare le attenzioni di ragazzi – che non desidera realmente –, finisce per rattristarla e stancarla. Per questo l’autore descrive i suoi capelli come di un verde sbiadito durante la notte, mentre durante il giorno sono blu: la formula è chiaramente una metafora per spiegare i cambiamenti nel suo comportamento, per cui da un colore acceso e divertente – che simboleggia l’essere infantile – si passa ad uno poco vivace e malinconico – la tristezza che proviene dal suo comportamento –.
I versi in giallo sono quelli che esprimono come la ragazza affronta il suo cambiamento, come crede di risolvere il suo conflitto interiore, e come questo comporta l’allontanamento dal cantante. Un esempio molto semplice si può trovare nel ritornello, dove l’artista canta di come la musa decida di tagliare via i suoi bellissimi capelli blu per farsi ricrescere i suoi originali capelli biondi. ovviamente, come nell’esempio precedente, qui siamo in presenza di una molto scontata metafora, all’interno della quale i capelli rappresentano lo stato d’animo di lei. Se la ragazza ha deciso di tagliare i suoi capelli blu significa che vuole anche tagliare via il suo legame con la dimensione infantile/adolescenziale, diventando un’adulta, una persona seria. Attraverso questo atto drastico, che può sembrare solamente negativo, decide anche, però, di abbandonare la ricerca di attenzioni e di smettere di ingannare le persone. A causa di questo cambiamento il cantante, che si sente ancora immaturo, si allontana da lei, credendo che la persona che conosceva sia scomparsa per sempre.
Dalla musica alla vita di tutti i giorni
Gli amici d'infanzia, quelli della scuola, gli amici dell'università, quelli conosciuti in Erasmus, o quelli che da sempre abitano accanto casa tua : passiamo la vita a vacillare tra un'amicizia e l'altra, mentre cresciamo e invecchiamo, anche, inesorabilmente. E la verità è che, purtroppo, più andiamo avanti, meno amici abbiamo al nostro fianco. Anche quelli che, quando eravamo studenti in erba, ambiziosi e pieni di sogni, erano le persone più importanti della nostra vita, con cui condividevamo tutto, se ne vanno. Ma perché continuiamo a perdere gli amici? Lo spiega la psicologa milanese Sara Guerra: «Quando abbiamo all'incirca 15-18 anni, tutti noi abbiamo un elevato senso di fiducia negli altri. Crescendo, la vita ci insegna che gli altri possono farci del male, e ci creiamo quindi una corazza di sale che ci protegge. Diventiamo più rigidi, il nostro livello di fiducia si abbassa e così anche l'empatia ». Il fatto è che le amicizie non possono essere sempre una conquista senza sforzo. Fare amicizia è facile, ma mantenere un'amicizia a lungo è difficile. Quando conosciamo un nuovo amico, è tutto bello, ci si sente in reciproca sintonia, si fanno esperienze insieme. Ma la vita poi avanza e spesso smettiamo di avere una visione delle cose in comune con quegli amici. La stessa cosa vale per le relazioni romantiche : come nella canzone, con la crescita personale si cambia e ci si allontana. Questo non rappresenta automaticamente un evento negativo. Le persone cambiano nel tempo, ed è nostro compito accettarlo e andare avanti.
Sofia Defendenti
Per cominciare,
l’ultimo articolo della rubrica “Lo scheletro di una canzone”, che ha accompagnato il numero sedici di B-Log, trattava del disagio delle giovani donne e delle ragazze nella società moderna attraverso il brano "Thérèse” di Maya Hawke.
In questo nuovo numero ho deciso di portare un brano di Mitski: cantautrice indie nata in america con origini giapponesi (aspetto culturale molto forte in alcune delle sue canzoni).Il brano che analizzerò fa parte del disco Bury me at Makeout Creek, album uscito nel novembre del 2014.
Inizialmente il disco non riscosse un gran successo; successivamente, però, il singolo principale dell'album, First Love/Late Spring, divenne maggiormente famoso, soprattutto tra i giovani. L'album è stato annunciato il 16 settembre insieme all'uscita del secondo singolo, Townie. Ed è proprio questo secondo singolo, passato in secondo piano a causa della fama del primo, che vorrei analizzare. Il senso generale della canzone è quello della ribellione –, da parte dei giovani verso i genitori e le autorità, e da parte di una ragazza verso la società: in questo senso, il brano si collega a Thérèse, raccontando, però, questo disagio in modo più aggressivo.
Il Brano
There’s a party and we’re all going
And we’re all growing up
Somebody’s driving and he will be drinking
And no one’s going back
C’è una festa a cui andremo tutti
E abbiamo intenzione di crescere
Qualcuno guida, e pensa di bere
E nessuno si tirerà indietro
‘Cause we’ve tried hungry and we tried full
And nothing seems enough
So tonight, tonight, the boys keep coming on
For more, more, more
Perché ci abbiamo provato con tutte le nostre forze
E nulla sembra bastare
Quindi stasera, stasera i ragazzi chiederanno qualcosa in più
And I want a love that falls as fast as a body from the balcony and
I wanna kiss like my heart is hitting the ground
I’m holding my breath with a baseball bat
Though I don’t know what I’m waiting for
I am not gonna be what my daddy wants me to be
Ma io desidero un amore che sia veloce come un corpo che cade da un balcone
E voglio baciare come se il mio cuore stesse colpendo il suolo
Sto trattenendo il mio respiro con una mazza da baseball
Anche se non so che cosa io stia aspettando
Non ho intenzione di diventare quello che mio padre vuole per me
Smell that, it’s wet grass, and smoke in my hair
I think I had enough
But he wants a finale
And I’ve came prepared
And we’re not going back
And I’ve tried sharing and I’ve tried caring and I’ve tried putting out
But the boys, boys, boys keep coming on for more more more
And change, change, change is gonna come
But when when when?
Lo senti questo, è erba bagnata, il fumo che mi si appiccica ai capelli
Mi sa che ne ho avuto abbastanza
Ma lui vuole un finale
E io sono preparata
E nessuno si tirerà indietro
Perchè ho provato a condividere, ho provato a tenerci e ad aprirmi
Ma i ragazzi continuano a chiedere sempre di più, di più e di più
E il cambiamento, il cambiamento arriverà
Ma quando?
And I want a love that falls as fast as a body from the balcony and
I wanna kiss like my heart is chasing me down
I’m holding my breath with a baseball bat
Though I don’t know what I’m waiting for
I am not gonna be what my daddy wants me to be
Ma io desidero un amore che sia veloce come un corpo che cade da un balcone
E voglio baciare come se il mio cuore lo stesse seguendo
Sto trattenendo il mio respiro con una mazza da baseball
Anche se non so che cosa io stia aspettando
Non ho intenzione di diventare quello che mio padre vuole per me
And I want a love that falls as fast as a body from the balcony and
I wanna kiss like my heart is hitting the ground
I’m holding my breath with a baseball bat
Though I don’t know what I’m waiting for
I am not gonna be what my daddy wants me to be
Ma io desidero un amore che sia veloce come un corpo che cade da un balcone
E voglio baciare come se il mio cuore stesse colpendo il suolo
Sto trattenendo il mio respiro con una mazza da baseball
Anche se non so che cosa io stia aspettando
Non ho intenzione di diventare quello che mio padre vuole per me
I am not gonna be what my daddy wants me to be
I’m wanna be what my body wants me to be
Non sarò ciò che mio padre vuole per me
Ho intenzione di essere ciò che il mio corpo vuole per me
Attraverso i versi in blu l’artista introduce l’argomento, facendo subito una metafora importante, che caratterizzerà la maggior parte del testo: l’adolescenza è come una festa molto movimentata dove le persone sono generalmente confuse e fuori di sé. Proprio come durante una festa, il clima dell’adolescenza – come il ritmo della canzone – è movimentato e caotico. All’inizio della strofa, dopo il ritornello, l’artista fa riferimento all’uso di droghe, elemento molto presente nell’immaginario di un certo tipo di contesto adolescenziale (per esempio nelle feste).
Nelle frasi evidenziate col colore rosso, Mitski descrive quello che per lei è stato il cuore dell’adolescenza: un circolo vizioso che ha origine nel cercare di assecondare i desideri delle persone che, nella sua vita, riteneva essere più importanti (come, ad esempio, i genitori o i partner) con tutte le sue forze. Come dice lei stessa in un’intervista a The Fader – rivista musicale statunitense – « la canzone]) tratta di essere una ragazza e di avere la sensazione di dover sempre andare dalla parte opposta, fare qualcosa di importante per sé stessa, ma finire sempre per andare alle stesse feste e fare cose stupide ancora e ancora perché è l’unico modo in cui si possono allontanare certi pensieri, rilassarsi ed è l’unico ruolo che si sa ricoprire». Questo, però, non ha mai un esito positivo e finisce per sfinire e demoralizzare l’autrice, aspetto che si può cogliere dalle ripetizioni di espressioni nei versi – tonight, tonight / more, more, more / And I’ve tried (...) and I’ve tried / boys, boys, boys / when, when, when – e dal tono quasi ansioso e angosciato con cui le canta. Questo sconforto finisce sempre, inevitabilmente, a trasformarsi in atti di ribellione.
Altro aspetto da non dimenticare è quello indicato dai versi in viola. In questi versi, Mitski racconta l’esperienza femminile dei primi contatti con il genere opposto e come possa trasformarsi in un incubo. Come già espresso nei versi evidenziati in rosso, in quelli di colore viola troviamo la preoccupazione che deriva dal non corrispondere ad uno standard ben preciso di compagna o partner perfetta. Il disagio che queste frasi raccontano deriva spesso dalla richiesta di “qualcosa in più” da parte dei ragazzi, come detto esplicitamente nella canzone. Mentre le richieste che vengono fatte da parte dei ragazzi sono spesso di natura sessuale, quelle della famiglia (nella canzone provengono dal padre, ma provenire da una qualsiasi “autorità famigliare”, in generale rappresentata dai genitori) riguardano il futuro della ragazza, un futuro determinato dal volere del padre.
Quando si realizza che queste aspettative non possono essere soddisfatte, ci si concentra su quello che si vuole personalmente, . Ssia nel contesto delle relazioni sentimentali, sia nello sviluppo personale. Nei versi in verde, l’artista esprime le sue intenzioni, le sue speranze e i suoi obiettivi per il futuro. Nell’ultima frase, in particolare, esprime l’intenzione di diventare “ciò che il suo corpo desidera per lei”; questo potrebbe anche essere un riferimento al movimento femminista: i corpi delle donne – paragonati, in questo caso, all’essenza femminile – vengono soffocati dagli standard di donna perfetta (come fidanzata, come figlia). Attraverso il corpo della donna, nella canzone come nel femminismo, avviene l’emancipazione femminile. Infine, è interessante notare un particolare nel testo della canzone, che non riguarda il significato delle parole, bensì la forma in cui vengono espresse: nell’ultimo verso del ritornello “I am not gonna be what my daddy wants me to be” Mitski non usa la forma contratta, in inglese. Questo fa sì che le parole suonino più dure, anche nella confusione del ritmo musicale della canzone. Ciò indica la forte intenzione di evitare una condizione, come quella imposta dal padre.
Dalla musica alla vita di tutti i giorni
Proprio come nell'ultimo numero, in questo articolo ho voluto concentrarmi maggiormente sulle ragazze, perchè sono quelle che vengono sempre trascurate quando si parla di argomenti come questi. Ma anche i ragazzi sono spesso protagonisti di atti di trasgressione. Come spesso accade, questi ricadono nel circolo vizioso già citato nel testo e, proprio come nella canzone, vanno contro le regole stabilite dalle autorità – genitoriali o governative che siano. Questo comportamento, se non fermato al più presto, può portare alla trasgressione della legge anche in età adulta. Già da ragazzi, però, in molti finiscono in associazioni criminali, conosciute tramite i media con il nome di baby gang: gruppi di ragazzi (solitamente minorenni) che si radunano per compiere atti vandalici o illegali. La causa di questo comportamento è, generalmente, la scarsa educazione e attenzione rivolta ai più giovani in questo Paese, che spesso porta a conseguenze gravi.
Sofia Defendenti
Per terminare l’ultimo anno scolastico ho deciso di iniziare la rubrica “Lo scheletro di una canzone” con la canzone God must hate me di Catie Turner.
Per cominciare questo nuovo anno scolastico e continuare la rubrica, invece, il brano che ho scelto di analizzare è una canzone di Maya Hawke, attrice e cantante statunitense famosa per il suo ruolo come Robin, nella serie Stranger Things.
Ma non è di questo che mi occuperò, bensì della sua canzone Thérèse, uscita proprio quest’estate (il 29 giugno 2022); in questo brano, la cantante parla di un quadro esposto recentemente al Metropolitan Museum of Art, Thérèse dreaming (1938), del pittore francese Balthus, che, subito dopo l’inaugurazione del museo, è stato viene ricoperto da critiche negative e indignazione. Perché? Cosa c’è di così tanto sconvolgente in questo quadro da non poter essere esposto al pubblico?
Il dipinto ritrae una giovane ragazza che, seduta su una sedia, si stiracchia stanca, occhi chiusi ed espressione sognante; la ragazza si trova in una stanza e ai suoi piedi c’è un gatto bianco che beve del latte. Quindi, perché già più di novemila firme sono state raccolte per rimuovere il quadro? La risposta sta in un piccolo particolare, che di certo non è sfuggito all’osservazione attenta della critica: la gonna della giovane è alzata e, sotto la sottogonna, si intravede una macchia di sangue.
Ken Weine, il responsabile della comunicazione del Met, precisa che non rimuoverà il dipinto raffigurante la Thérèse sognante. La motivazione è che l’opera in questione «"appartiene alla storia della pittura europea»" e il ruolo del museo è proprio quello di «"studiare, preservare e mostrare»" le opere di tutte le epoche e di tutte le culture. «"Momenti come questo offrono l'opportunità di confronto e di riflessione sul passato e sul presente»", ha aggiunto Weine. Insomma, se ne parla, ma per ora nessuna rimozione.
Proprio come dice Weine, quindi, il mio ruolo ora sarà proprio quello di analizzare e studiare l’arte — in questo caso sotto forma di brano musicale — allo scopo di illustrare il ruolo delle giovani ragazze nella società moderna.
Il brano
I go see Thérèse dreaming
She's stretching out her sore shoulder
Leaning back, eyes closed, reaching up
Sono andata a vedere Thérèse sognante
Sta allungando la spalla dolorante
Si sdraia , occhi chiusi, protendendosi verso l’alto
Come già spiegato, il dipinto è stato oggetto di controversie a causa della sua protagonista, una bambina di undici anni in posa, incustodita e inconsapevole, persa nei suoi pensieri e sogni. In questi versi, la cantante descrive la posizione di Thérèse in modo molto suggestivo, senza però lasciar trasparire nessun segno di scandalo o indignazione, come se fosse una ragazza normale che si sta solo rilassando.
Dreaming of an Appaloosa
Saddled up, riding out of town
Dreaming of a Shelby Cobra
Digging her tires in the ground
Sogna di un Appaloosa
Di cavalcarlo fino fuori città
Sogna di una Shelby Cobra
Le gomme che solcano il terreno
Con queste parole Hawke lascia trasparire l’anima di Thérèse, come se la cosa più importante di una persona — maschio o femmina che sia, adulto o ragazzo che sia — siano le sue idee e i suoi sogni. In questo caso, Thérèse è appassionata di macchine di lusso (-Shelby Cobra)- e di cavalli (-Appaloosa)-.
White kitten in the corner
Obscene really says it all
Milk matches her underwear
Get her down , take her off the wall
Gatto bianco nell’angolo
La parola “osceno” dice davvero tutto
Il latte che riprende la sua biancheria
Portatela via, toglietela dalla parete
In questo caso la cantante sta cercando di esprimere la sua perplessità nei confronti dell'indignazione del pubblico dopo l’esposizione del quadro. Con le sue parole mette in contrasto fatti semplici e delicati , come un gattino che beve del latte, con le pesanti critiche alternate ad essi nei versi (“portatela via, toglietela dalla parete”; oppure, “la parola “osceno” dice davvero tutto”).
Thérèse does not belong to you
The horses, cars, and cowboys do
Thérèse non appartiene a voi
Lei appartiene a sogni di cavalli macchine e cowboy
Con queste due semplici frasi si riesce a capire il messaggio principale dietro a questa canzone: Thérèse non apparterrà mai ad altri, ma solo a se stessa, alla sua personalità, ai suoi sogni e ai suoi obiettivi.
It's tactless, it's a test
It's just Thérèse
It's just Thérèse
È indiscreta, è una prova
È solo Thérèse
È solo Thérèse
Ho personalmente deciso di interpretare l’aggettivo tactless — indiscreto — con la forma femminile perché ritengo che , con le sue parole, l’artista stia parlando dell’oggetto del quadro — Thérèse — e non del quadro stesso. Queste frasi costituiscono il ritornello del brano e sono le più ripetute nella durata della canzone, e ritengo sia . Questo perchè hanno una rilevanza considerevole per capire che cosa vuole dire la cantante.
Quando il pubblico definisce il quadro “indiscreto” si giudica negativamente una situazione che è, più in generale, quella crea un parallelismo con la situazione di ogni giovane ragazza, leggendovi un atteggiamento non vero: Thérèse non è provocatoria o provocante, Thérèse non vuole mettere alla prova nessuno. Thérèse è semplicemente Thérèse, una ragazza che cerca di vivere la sua vita , continuamente influenzata da stereotipi e dalla visione negativa che ha di lei la società. di lei.
Dalla musica alla vita di tutti i giorni
La condizione della donna nel corso dei secoli ha subito svariati cambiamenti: in quasi tutti i tempi e Paesi essa è stata sottoposta all’autorità maschile e a un trattamento meno favorevole di quello riservato all’uomo dal punto di vista giuridico, economico e civile, tanto da rimanere esclusa da tutta una serie di diritti e di attività sociali. Molte battaglie sono state fatte, molte sono in corso e molte si combatteranno in futuro per la parità dei diritti. Ma, oltre a questo, c’è qualcos'altro che, nelle società moderne — anche Occidentali —, manca alla figura femminile. A causa degli stereotipi perpetuati nel tempo, di generazione in generazione in tutto il mondo, la donna, anche nelle società più evolute dal punto di vista della parità, è sempre stata in svantaggio.
Dalla nascita le bambine vengono trattate diversamente dai loro coetanei. Queste differenze di trattamento vengono accentuate quando le bambine iniziano a svilupparsi e, quindi, a diventare ragazze e giovani donne. Di questo parla Thérèse, di una ragazza che si stava semplicemente stiracchiando, ma viene ugualmente ricoperta di critiche.
«"Thérèse parla degli spazi segreti che costruiamo dove siamo liberi di essere noi stessi, in un mondo che ci fraintende sempre intenzionalmente o sistematicamente»", ha detto Hawke in un comunicato stampa. «“Quanto duramente dobbiamo combattere contro le forze interne ed esterne solo per amarci l'un l'altro, amare noi stessi, amare i nostri corpi. Thérèse è un invito a tornare alla mente del principiante, quando tu eri te stessa e nient’altro»”
Maya Hawke - Thérèse (Official Audio)
Sofia Defendenti
Avete mai pensato di poter arrivare a scoprire il vero significato di una canzone mentre l’ascoltavate? Avete mai pensato al fatto che forse quelle canzoni avrebbero potuto spiegare molto più dettagliatamente di voi i vostri disagi e problemi, o, a volte, semplicemente, i vostri sentimenti? Questa rubrica tratta proprio di questo: tradurre, osservare e analizzare una canzone sono step molto importanti per godersela al massimo e, soprattutto, per comprendere a fondo il suo significato.
“Lo scheletro di una canzone” parlerà di diversi tipi di disagio, soprattutto “giovanile” (poiché molto diffuso soprattutto tra i ragazzi) attraverso l’analisi delle canzoni.
Cominciamo quindi: la canzone che ho scelto di analizzare è God Must Hate Me di Catie Turner, un’artista statunitense diventata famosa per aver partecipato al talent show American Idol; questa canzone, uscita non molto tempo fa (il 23 novembre 2021), parla di disagio rispetto al proprio corpo, più in particolare di come un ragazzo o una ragazza possano arrivare a odiare il proprio aspetto fisico perché non corrisponde a quello che vorrebbero.
Il brano
Do you ever see someone and think "Wow, God must hate me"
'Cause He spent so much time on them and for me he got lazy
Hai mai visto qualcuno e pensato “Wow, Dio deve odiarmi”
Perché ha impiegato così tanto tempo per lui/lei e con me è diventato pigro.
Questa frase fa riferimento a uno dei principali errori che si fanno quando ci si sente a disagio col proprio corpo e cioè paragonarlo a quello degli altri. Spesso i “modelli” a partire dai quali si giudica se stessi sono infatti personaggi famosi che, però, non sempre mostrano il loro corpo per quello che è in realtà, bensì ce ne ridanno una immagine filtrata attraverso uno schermo e ritoccata da molti filtri.
Got ample mental illness personality flaws
While their only flaw seems to be is that they have none at all
Ho parecchie difficoltà mentali e difetti della personalità
Quando il loro unico difetto sembra il non averne affatto
Secondo errore molto ricorrente quando disagio e frustrazione aumentano: le immagini di noi stessi e del mondo esterno diventano sempre più distorte. Si tende, infatti, a pensare che gli altri siano perfetti, mentre ci si vede allo specchio come persone piene di imperfezioni.
Can't hold myself responsible
So I blame the metaphysical
If Jesus died for all our sins
He left one behind, the body I'm in
Non riuscendo ad identificarmi come responsabile
incolpo il “metafisico”
Se Gesù è morto per tutti i nostri peccati
Ne ha lasciato uno indietro, il corpo in cui mi trovo
La cantante, in questo caso, esasperata dal disagio nel proprio aspetto fisico, si rifugia nel dare la colpa a Dio, come se il suo corpo fosse rimasto addirittura l’unica cosa non salvata dalla risurrezione di Cristo.
Do you ever see someone and think "Wow, they got lucky"
The craftsmanship of their bones, their brain, and their body
Hai mai visto qualcuno e pensato “Wow, sono stati fortunati”
La forma delle sue ossa, il suo cervello e il suo corpo
Al contrario di quanto detto nella frase precedente, la voce lirica non accusa più il divino, ma piuttosto la sorte, perché le persone che troviamo “perfette” sarebbero state fortunate a nascere con un corpo senza difetti.
When I look into the mirror for too long it hurts
they don't track how many steps it takes to burn off dessert
Quando mi guardo troppo a lungo allo specchio mi fa male
Loro non contano quanti passi ci vogliono per bruciare il dolce
L’ultimo stadio dell’esasperazione per il proprio aspetto fisico è proprio la ripercussione di questa frustrazione sulla vita quotidiana, sulle azioni che compiamo tutti i giorni, come contare le calorie di ogni portata, in particolare dei dolci in riferimento all'accumulo di grasso corporeo. Non riuscire a guardarsi allo specchio per il dolore di non vedervi un’immagine rispondente alle aspettative è una delle conseguenze dell’estrema vergogna che si prova in queste situazioni.
Dalla musica alla vita di tutti i giorni
Secondo recenti sondaggi, in Italia la maggior parte dei ragazzi tra i 14 e i 17 anni ritiene l'essere in sovrappeso come la causa più frequente di prese in giro ed umiliazioni, mentre un’indagine internazionale rivela che ben 6 ragazze su 10 evitano di andare dal medico e/o di far sport perché non vogliono mostrarsi né spogliarsi di fronte ad altre persone; solo il 3%, infatti, si ritiene di bell’aspetto e, come detto sopra, la preoccupazione più grande è il proprio peso corporeo.
Gli adolescenti allo specchio si vedono brutti, grassi e pieni di difetti: da un lato vorrebbero esser accettati per come sono in quanto come generazione tendono a odiare le discriminazioni e a non avere pregiudizi nei confronti del diverso, dall’altro fanno di tutto per omologarsi ed eguagliare i loro coetanei o gli attuali modelli di riferimento – come attori, cantanti, personaggi della tv dal fisico perfetto. Il disagio, infatti, scaturisce spesso dal confronto con gli altri: immaginando che l’aspetto della persona in questione sia il (perfetto) modello standard si tende a sminuire il proprio e a cominciare a odiarlo sempre di più. La condizione di disagio psicologico che ne deriva può essere molto forte e ripercuotersi sulla vita quotidiana, sui rapporti sociali, sul rendimento scolastico e/o sportivo.
Bibliografia“Adolescenti e immagine corporea”, IPSICO, Firenze https://www.ipsico.it/news/adolescenti-e-immagine-corporea/ “Insoddisfazione del proprio corpo nei giovani”, La mente è meravigliosa, https://lamenteemeravigliosa.it/insoddisfazione-del-proprio-corpo-nei-giovani/
Sofia Defendenti
Nicolò Sordelli ci spiega come imparare a suonare Nuovo Range di Rkomi e Sfera Ebbasta, buon ascolto!
È impossibile rimanere indifferenti al fenomeno dei Daft Punk: che piacciano o meno, hanno scritto un pezzo della storia della musica. Al duo parigino è attribuito più spesso il genere di EDM (electronic dance music), ma la loro discografia attraversa – e soprattutto influenza – un’ampia varietà di generi. Quindi, in occasione del loro scioglimento annunciato lo scorso 22 febbraio, ripercorriamo la loro avventura seguendo alcune tappe fondamentali, distinte da diverso carattere musicale.
Compagni di liceo, Thomas Bangalter e Guy-Manuel de Homem-Christo (ecco i nomi dei due geni nascosti dietro agli iconici caschi robotici) formano una rock band assieme a Laurent Brancowitz. Non ottengono molto successo, tanto che Brancowitz abbandona il progetto (per diventare poi chitarra del gruppo indie rock francese Phoenix). Ma l’ispirazione arriva da una recensione del Melody Maker – il più antico settimanale musicale al mondo – in cui vengono definiti un gruppo di stupidi teppisti, in inglese «a daft punky trash». Da qui è storia.
A questo punto i superstiti Thomas e Guy-Manuel si chiudono in camera e si mettono a fare i compiti. Sì, solo che a quaderni e libri hanno preferito sintetizzatori e drum machine. È così che nel ’97 rilasciano il loro primo album intitolato, appunto, Homework. Queste 16 tracce, sviluppate in maniera lineare secondo sonorità techno piuttosto rigide (e forse anche un po’ cupe), aprono al duo le porte sulla scena internazionale: già nello stesso anno avviene il loro primo tour mondiale.
Ascolta: Around the World e Da Funk
Quattro anni dopo è il turno di Discovery. Come dice il titolo, questo album è ispirato alla fase dell’infanzia attribuita alla scoperta. I brani presentano sonorità più dance e melodie più tranquille, che generano ottimismo, ma la cosa curiosa è che anticipano una tecnica parecchio sfruttata nelle canzoni odierne: l’auto-tune. Ecco, i Daft Punk non hanno mai registrato canzoni trap, ma sono stati forse i primi ad aggiungere un’aura robotica alla voce.
Ascolta: One More Time con Romanthony e Harder, Better, Faster, Stronger, brano con cui i Daft Punk si guadagnano il loro primo Grammy.
Nel 2005 cambia la modalità: in sole sei settimane viene sfornato un album di 10 tracce improntato più sul rock. Il tema è la visione dei media come forza oppressiva; il gruppo, perciò, probabilmente in coerenza con questa convinzione, non rilascia alcuna intervista. Tempo dopo però, i Daft Punk si pentirono di questa decisione e – forse per questo? – non è il loro album più riuscito. Sarà che ci sono delle incertezze sulle idee del disco da parte degli stessi creatori, sarà che le sonorità sono un po’ monotone, ma una cosa è certa: Human After All non ha raggiunto lo stesso successo dei suoi fratelli maggiori.
Ascolta: Technologic e Robot Rock
RAM (2013) è la fine di un viaggio che testimonia la crescita dei suoi creatori: ormai i Daft Punk sono adulti, possono dire addio ai campionamenti e abbracciare nuovi generi quali il funk, la disco dance, il soul e il pop, senza però dimenticare la componente “robotica”. Il titolo deriva da questo concetto, su cui si sviluppa l’album: il parallelismo tra un cervello umano e un hard drive e il modo in cui i ricordi vengono conservati. Per mezzo di un’ampia varietà di stili musicali, collaborazioni strepitose ma soprattutto le emozioni espresse dalla componente umana dei due DJ, quest’ultimo album è ricordato, secondo molte classifiche, come uno dei migliori di tutti i tempi. Non a caso ha procurato ai nostri 5 Grammy nel 2014, tra cui quello per il miglior album dell’anno.
Ascolta: Get Lucky con Pharrell Williams e Nile Rodgers e Instant Crush con Julian Casablancas
Dopo una solenne attesa di 8 anni dal loro ultimo album e 5 dalla loro ultima apparizione, i Daft Punk rilasciano su YouTube un video intitolato Epilogue. Nel video possiamo osservare lo spezzone del loro film Electroma (2006), in cui uno dei due DJ si fa innestare una bomba ad orologeria dall’altro, per poi allontanarsi ed esplodere. Quindi, sulle note di Touch (RAM), viene mostrata una grafica raffigurante la scritta «1993 - 2021», si suppone le date d’inizio e di fine di questa magnifica avventura.
In 28 anni di carriera i Daft Punk hanno plasmato e distorto la linea temporale che segue l’evoluzione della musica, hanno ripreso generi precedenti a loro per anticiparne altri, ampliando i confini del mercato musicale; e, inoltre, nello specifico, sono padri di molti artisti di musica elettronica (come per esempio Skrillex, Calvin Harris o David Guetta), ma anche di R&B (basti pensare a the Weeknd, molto influenzato da dance e dubstep e che, tra l’altro, ha collaborato due volte proprio con loro all’interno del proprio album Starboy, uscito nel 2016).
Si può quindi accettare – anche se tristemente – il fatto che il duo si sia sciolto. Di sicuro, però, possiamo affermare che il loro progetto e la loro musica vivrà per sempre: sia per quanto riguarda il modello di business diffuso nella musica di oggi (furono i primi ad avere una certa indipendenza rispetto alla casa discografica), sia per – e forse ancor di più – l’utilizzo dei campionamenti sfruttati da gran parte dei generi musicali moderni.
Filippo Ciaccia
Pur di ottenere potere, o fama, l’uomo sarebbe in grado di fare di tutto, perfino di “vendere la propria anima al diavolo”.
Da qui nasce la leggenda di Robert Johnson, il “chitarrista del diavolo”, che sarà anche il primo nome nella lista dei personaggi appartenenti al macabro “Club 27”, quel gruppo di artisti musicali misteriosamente accomunato dall’essere morti all’età di 27 anni.
La sua storia inizia e finisce nello stato del Mississippi, nel sud degli Stati Uniti, nei primi decenni del Novecento.
Per Robert, l’infanzia e l’adolescenza non sono stati periodi facili. In parte per il forte razzismo radicato nella società dell’epoca, ma anche per il carattere di Robert e per quello di sua madre, Julia Major Dodds.
Julia ebbe due mariti; il secondo, in particolare, sottolineava continuamente la poca voglia di Robert di lavorare, e il suo passare le notti in luoghi chiamati Juke Joint, dove si sentiva musica dal vivo, il più delle volte improvvisata.
Con il tempo, la passione di Robert per la musica crebbe: lasciò la scuola e imparò a suonare l’armonica e, in seguito, si interessò anche alla chitarra. Robert passava parecchie ore della giornata a suonare lo strumento, in maniera quasi ossessiva, ma senza alcun risultato. Son House, grande musicista blues, che era contemporaneo di Robert Johnson e che si esibì con lui, affermò che quando strimpellava faceva “solo rumore”.
Nel 1929, a diciotto anni, Robert si trasferì a Memphis, dove conobbe Virginia Travis. I due si sposarono e si trasferirono a Robinsonville. Virginia rimase incinta, ma perse la vita durante il parto, e con lei morì anche il bambino. Sconvolto dal fatto, Robert iniziò a girare per il Mississippi, senza mai fermarsi troppo a lungo, come se stesse scappando.
Per qualche mese nessuno ebbe più sue notizie; fino, fino a quando, una sera, si ripresentò in un bar della sua città dove suonavano alcuni suoi amici. Robert cominciò a suonare la chitarra in modo incredibile, impressionando tutti, soprattutto i suoi amici, consapevoli che egli non era mai stato in grado di farlo così. Robert Johnson divenne, da allora, il “sovrano” del blues.
Erano in molti ad essere scettici, dato che, per imparare le tecniche utilizzate da Johnson, sarebbero serviti anni di pratica e un talento naturale che Johnson fino a quel momento non aveva mai mostrato. Questo fu il presupposto per cui qualcuno iniziò a credere che, per suonare in quel modo, Robert avesse “venduto la propria anima al diavolo”.
Secondo la leggenda, durante la mezzanotte di un giorno indefinito Robert si sarebbe trovato all’incrocio di due strade; di fronte a lui un uomo alto, vestito di nero: il Diavolo. Robert, bramoso di imparare a suonare la chitarra, non esitò e vendette la sua anima, ottenendo in cambio un talento ineguagliabile. Lo stesso chitarrista alimentò la leggenda, raccontando di aver fatto questo patto col diavolo e, finalmente, ottenne la fama. Perfino gli artisti che lo avevano criticato riconobbero il suo talento. In seguito, si accorsero di lui anche le case discografiche, e Robert incise ventinove tracce, divenute fondamentali per le basi del rock.
Un esempio di brano tratto da quella sessione di registrazione che ebbe una influenza e un'eredità enorme nella storia del blues e del rock è Sweet Home Chicago.
Le sue canzoni, dai toni malinconici, raccontavano spesso di quei “diavoli che lo cercavano”.
Crossroad Blues, sembra proprio riferirsi a quell’incrocio di strade dove sarebbe avvenuto quel fantomatico incontro con il demonio – rintracciabile, in un punto della canzone, nell’“oscurità” che lo viene a prendere –; ma quello stesso incrocio viene anche descritto come un luogo dove “cadere in ginocchio” in cerca di aiuto divino:
Mmm, the sun goin' down boy, dark goin' catch me here / Oooh, boy dark goin' catch me here
I went to the crossroad, fell down on my knees / Asked the Lord above, "Have mercy, save poor Bob if you please"
Un altro brano, invece, ha un titolo decisamente esplicito: Me And The Devil Blues.
Robert Leroy Johnson – questo era il nome completo – morì inaspettatamente il 16 agosto 1938, a ventisette anni. Non si può definire con certezza la causa del decesso; l’ipotesi più accreditata è quella dell’avvelenamento. Una possibile ricostruzione degli ultimi momenti della sua vita racconta che la notte del 13 agosto, Robert suonava con degli amici al Three Forks, un locale vicino alla città di Greenwood. Durante una pausa, un barista passò una pinta di whisky senza il tappo a Robert, il quale sembrava avrebbe accettato di buon grado se non fosse stato per il suo amico, Sonny Boy, che gli sconsigliò vivamente di bere da quella bottiglia… Johnson gli diede retta, ma, quando il barista gli passò la seconda bottiglia, anche questa stappata, Robert, che non aveva mandato giù il gesto dell’amico, non rifiutò. Subito dopo risultò evidente il fatto che non fosse in grado di suonare; un amico lo accompagnò a casa, mentre le sue condizioni di salute stavano velocemente peggiorando. Lì trascorse i suoi ultimi giorni in agonia, delirando.
La tomba di Johnson non è stata ancora ufficialmente identificata: nei dintorni di Greenwood sono infatti presenti tre lapidi con scritto il nome di Robert Johnson.
Robert Johnson, anche dopo la sua morte, ha continuato a sorprendere chi lo ascoltava. Keith Richards, chitarra dei Rolling Stones, la prima volta che sentì una sua canzone, cercò notizie sul chitarrista che lo accompagnava, per poi accorgersi che Johnson suonava da solo. Infatti, Robert utilizzava una tecnica particolare, che creava l’illusione del suono di due chitarre in contemporanea, anche se c’era solo lui con la sua chitarra; o meglio, lui, la sua chitarra, e… qualcos’altro che nessuno ha ancora indefinito. Che fosse davvero il Diavolo?...
“Ho subito colto la differenza tra lui e chiunque altro avessi mai sentito. Le sue canzoni non erano le solite canzoni blues” (Bob Dylan)
Iris Pecere e Nicolò Sordelli
I don't give a f*** about you anyways
Whoever said I gave a s*** 'bout you?
You never share your toys or communicate
I guess I'm just a play date to you
Se qualcuno tra di voi ha TikTok, ha capito di che cosa sto parlando, visto che la canzone appena citata è diventata virale quest’anno tramite quel social.
Penso quindi che – visto che il suo nome è nel titolo dell’articolo e ho inserito una sua foto – abbiate capito che sto parlando di Melanie Martinez.
Ma partiamo dall’inizio. Chi è Melanie Martinez?
Melanie Martinez debutta nel 2014 con l’EP Dollhouse, e l’anno successivo esce il suo primo album, Cry Baby. Tra le canzoni dell’album è nota Carousel, colonna sonora della serie American Horror Story: Freak Show. Melanie si distingue nella scena pop per il sound quasi infantile e non radiofonico delle sue canzoni (nei brani strumentali, infatti, si trovano spesso i suoni di carillon e campanelle), che si scontra invece con testi che riguardano l’alcolismo, l’omicidio, le violenze sessuali e il tradimento. La stessa cantante, oltretutto, interpreta i propri videoclip e ne dirige la sceneggiatura e la regia, anche questi molto particolari, con costumi in stile “lolita” e ambientazioni che rimandano alle case delle bambole, ma sempre con un lato creepy – come i giganteschi costumi da coniglio (che mi turbano un po’), che appaiono in buona parte dei video, interpretando ruoli differenti, come medici o pasticceri. Le sue canzoni, oltre ad essere facilmente distinguibili, hanno dietro una storia: raccontano dell’infanzia di una bambina, chiamata Cry Baby (ovviamente da qui viene il nome dell’album) per la sua emotività.
Dopo Cry Baby ha pubblicato un secondo EP, contenente il brano Gingerbread Man e le tre tracce bonus del suo album (Play Date, Teddy Bear e Cake).
Arriviamo ora al suo secondo album, K-12, che tutti i fan hanno atteso per tanto tempo: e l'attesa ne è valsa la pena. L’album è uscito nel 2019 anche come film. K-12 continua la storia di Cry Baby e della scuola che frequenta – appunto, l’accademia K-12. I testi delle canzoni di questo album sono più maturi rispetto a quelli di Cry Baby, è più matura, dopotutto, la protagonista della storia. Anche in questo caso i testi affrontano temi seri, quali la bulimia, il bullismo e le molestie, criticando il fatto che le vittime arrivino colpevolizzare se stesse. Nonostante le scenografie siano giocate su colori pastello, si avverte che l’atmosfera non è tranquilla come la si vuole far apparire, in parte perché la protagonista è dotata di poteri paranormali, ma anche il modo in cui i personaggi reagiscono fa intendere che succederà qualcosa.
Alcuni testi contengono dei doppi significati, o meglio, delle vere e proprie allegorie. Come nella canzone The Principal, dove la figura del preside suggerisce quella di Donald Trump; e la cantante non risparmia insulti a questo personaggio. Stessa situazione ritroviamo nel singolo Copy Cat, dove utilizza la metafora dei compiti in classe, e del fatto che a volte gli alunni copino, per riferirsi all’industria musicale.
Infine, c’è il suo ultimo lavoro, l’EP After School, che è il motivo che mi ha spinta a scrivere questo articolo. The Bakery è l’unica canzone uscita con un videoclip, neanche a dirlo, inquietante. Il testo parla del lavoro senza interesse, e riprende una parte della vita della cantante. Quando era alle superiori ha lavorato per poter guadagnare soldi da investire nella sua musica.
Come ho detto in precedenza, i suoi video hanno sempre uno stampo un po' horror. In questo caso all’inizio si vede un'adorabile pasticceria rosa e azzurra, ma nel video la cantante viene impastata con farina e zucchero, per poi diventare un biscotto che verrà, inevitabilmente, mangiato. Carino, no?
Spero che sia stato interessante leggere questo articolo e che vi abbia spinto ad ascoltare qualcosa di questa artista.
Bye!
Iris Bertelli Pecere
Dopo il suo debutto nel cinema nel biopic dei Mötley Crüe, interpretando il ruolo di Tommy Lee, arriva un cambio di marcia per il noto rapper Machine Gun Kelly! Volete scoprire qualcosa di più degli anni ‘90,? Eccovi Tickets to my Downfall, il suo nuovo album, un tuffo nel pop-punk vecchio stile.
L’artista di Houston, tanto contestato quanto amato, il 25 settembre 2020, osando molto, fa uscire un disco insolito per i tempi in cui viviamo.
Ci troviamo davanti a un connubio di punk, pop, hip hop e trap, il tutto condito da una produzione meravigliosa con un sound californiano anni ‘90, che fa sognare. Nel brano WWIII si possono trovare tutte le caratteristiche e la carica del punk di quegli anni.
Le parti strumentali sono l’elemento fondamentale su cui si basa questo album: i testi sono superflui e sono sempre di accompagnamento, tanto che non c’è una ricerca di profondità o di serietà; la musica vuole solo essere rumorosa e tenere l’ascoltatore attaccato alle casse dall’inizio del disco fino alla fine - fatta eccezione per Lonely, messa strategicamente a metà playlist per poter concedere una pausa e Play this when I’m gone, che chiude un album ben riuscito.
I modelli a cui Machine Gun Kelly si rifà sono chiaramente i Blink-182 e il pop-punk anni 90’.
Il disco conta anche la partecipazione di altri artisti, tra cui il celebre Trippie Redd in All I know e Blackbear, il cantante della recente hit estiva Breaking Me, in My ex’s best friend
Dopo molteplici ascolti mi sento di consigliare tre brani di questo disco, che, secondo me, sono quelli che meglio lo riassumono:
Inoltre consiglio anche l’ascolto di Hotel Diablo, il disco precedente e, probabilmente, il migliore di tutta la produzione di Machine Gun Kelly.
Luca Affaticati
Avete presente quando il vostro cantante preferito viene nella vostra città e non vedete l’ora di comprare il biglietto per il suo concerto?
Ecco, da quasi un anno, ormai, questa esperienza non è più possibile: molti concerti sono stati spostati, alcuni addirittura cancellati senza possibilità di rimborso. La domanda che ci stiamo facendo quasi tutti noi che dovevamo essere ad uno di questi è: quando torneremo alla normalità?
Le direttive date dal governo non promettono troppo bene; infatti, è stato comunicato che, probabilmente, fino a marzo 2021 non sentiremo parlare di concerti, o almeno non quelli ai quali eravamo abituati fino anche solo a due anni fa.
Gli artisti non sanno cosa fare, non sanno che informazioni dare ai propri fan, anche per il semplice motivo che, molto spesso, neanche a loro è stato detto niente. Io, per esempio, dovevo essere al concerto dei Green Day il 10 giugno di quest’anno ma, ovviamente, il concerto non è stato fatto; il problema è che pare che nessuno abbia detto alla stessa rock-band californiana la data nuova per l’evento (che è stato rimandato all’anno prossimo). Stesso discorso, per esempio, per il concerto di Ultimo, al quale hanno detto che sarebbe stato rimandato, ma – a quanto pare – senza dirgli quando.
Il punto più discusso dai fan della musica ruota però attorno ad una semplice domanda: “perché vengono aperti gli stadi per le partite di calcio ma non per i concerti?”.
Rispetto a questa decisione del governo, sorgono osservazioni contrastanti: da una parte, c’è da dire che le partite sono state a lungo disputate senza pubblico o, come adesso, con un pubblico ridottissimo e quindi, in linea di massima, senza rischio di assembramenti (cosa che, forse, sarebbe più difficile da evitare per certi tipi di concerto); ma, come altro lato della medaglia, ci si chiede perché anche i concerti non possano essere trasmessi live, senza pubblico, in televisione o via internet, così da dare la possibilità agli artisti di esibirsi e ai loro fan di poterli ascoltare.
Uno dei primi artisti italiani che ha provato a trasmettere un proprio concerto online senza pubblico, proprio durante la quarantena, è stato Giorgio Vanni, con il suo Live in Room del 19/06/2020. In questo modo, ha permesso ai suoi fan di poterlo ascoltare di nuovo in una situazione che, al momento, non prometteva troppo bene; e ha permesso a Giorgio di rassicurare e appagare i suoi fan, presi da un momento di sconforto – principalmente causato da quel lockdown dal quale siamo da non molto usciti.
Se volete assistere a uno dei momenti più emozionanti vi rimando al rifacimento in chiave acustica di “oltre i cieli dell’avventura”, ascoltatela, non ve ne pentirete:
https://www.youtube.com/watch?v=PKkPuSOc6Jc
E voi? Avete per caso assistito a questo Live In Room o a qualche altro concerto online? E, soprattutto, cosa ne pensate dei concerti trasmessi online? Secondo voi è una buona idea? O potrebbe rappresentare una svolta negativa per il mondo musicale contemporaneo? Fateci sapere la vostra!
Se volete tra l’’altro conoscere magari qualche data nuova per i concerti visitate il sito:
https://www.rockol.it/news-711682/coronavirus-concerti-annullati-sospesi-elenco
Troverete molte date, magari anche quella del concerto al quale avreste dovuto partecipare anche voi!
A proposito, invece, di concerti saltati, brutte notizie per i fan dei Guns ‘N’ Roses, che hanno deciso di cancellare definitivamente l’unica data che avevano in Italia. Per quanto riguarda il resto della scena musicale, la maggior parte degli artisti (italiani e non), ha ricevuto comunicazioni di rinvio dei concerti fissati in Italia per il 2020 a date che li ricollocherebbero in un periodo che va da marzo a novembre 2021.
Personalmente, spero che si opti per trasmetterli online, così da ricominciare, seppur parzialmente, a partecipare a questi eventi. Certo è che la soluzione migliore sarebbe, ovviamente, di poterli vedere di persona; parlando anche come giovane musicista, dico che avere un pubblico che ti acclama e canta le canzoni insieme a te è davvero un’emozione unica, un’emozione di cui tutti abbiamo bisogno, sia chi suona che chi ascolta!
Luciano Ligabue la descrive così: “Suonare in uno stadio è puro godimento. È una festa bellissima in cui tanta gente balla, salta, tiene il tempo, piange, urla, si diverte, si abbraccia cantando assieme a me. È per questo che faccio questo mestiere, per salire su un palco, che sia uno stadio o il palazzetto di una piccola città.”
L’ultimo concerto live che ho avuto modo di vedere è stato il concerto dei Dream Theater, a Milano, e l’emozione che c’era tra il pubblico, le urla che si sono sollevate quando è partito il brano “Another Day” e i pianti durante l’assolo del mitico chitarrista John Petrucci... Ecco, queste sono emozioni che, secondo me, un concerto online non potrà mai restituire al cento per cento.
Come sottolinea Kurt Cobain, suonare dal vivo “è la forma più primordiale possibile di scambio di energia con altri.” E io non posso che essere d’accordo con lui.
Siamo curiosi di sapere le vostre idee riguardo a questi temi o di avere qualche racconto su come state vivendo la musica in questi tempi così strani. Alla prossima!
Nicolò Sordelli
Ehi tu! Sì, proprio tu: quando ascolti la musica, sai di preciso che cosa stai ascoltando? Non so se sai, ma, negli ultimi otto anni circa, c’è stata una grande rivoluzione musicale; per esser chiari, si è inserito un nuovo genere che ha spopolato in pochissimo tempo e che oggi ascoltano la maggior parte dei ragazzi… la TRAP.
Che cos’è? Molto semplice: è un genere musicale caratterizzato da alcuni particolari inconfondibili, quali un’elevata presenza di Auto-Tune, un programma che permette ai produttori di correggere l’intonazione della voce nel caso in cui il cantante fosse stonato, e una base totalmente elettronica formata da sintetizzatori, glockenspiel, drum machine e bassi.
Ultimamente sono uscite due nuove hit del mondo della trap: “Bando”, di Anna, e “Auto blu”, di Shiva. Parliamo della prima: ha fatto un record di visualizzazioni, e ha raggiunto il milione nella prima settimana; a distanza di due mesi ha totalizzato sei milioni di visualizzazioni. La base prende molto, ha l’immancabile cassa in quattro quarti – che tiene il tempo dando un ritmo dance inconfondibile incitando la gente a ballare nei modi più disparati – nonostante il testo, a parer mio, non dica assolutamente nulla di sensato. Per citare il ritornello: “Ci beccavamo nel bando, sopra il booster, Anna fattura e no non parlo di buste, mando tutto io, svuota il freezer, c’ho il passaggio assicurato sopra questo diesel”. Se qualcuno ci avesse capito qualcosa me lo faccia sapere, io ormai ci ho rinunciato… anche se bisogna dire che il linguaggio usato dall’autrice non è altro che uno slang moderno che molti dei ragazzi di oggi capiscono, anche la famosissima “stairway to heaven” non dice assolutamente nulla di troppo sensato ma è una hit mondiale che ha fatto la storia del rock.
Come già detto prima posso capire perché ha spopolato, essendo la base molto coinvolgente; peccato per l’uso pervasivo di uno slang che si spalma sempre sugli stessi due o tre temi (delinquenza droga e sesso)e taglia fuori dall’ascolto una gran fetta di pubblico che spesso non capisce il significato delle parole. La canzone che però proprio non capisco è “Auto blu”, di Shiva, un nuovo trapper emergente che, a soli 20 anni, poteva essere una promessa del panorama italiano della trap, perché, a parer mio, era uno dei pochi che ancora non era ricaduto nel solito cliché per cui rapper e i trapper si devono esprimere per forza in modo brutale. La canzone ha una base familiare, molto familiare, infatti non è altro che la famosissima “Blue (Da Ba Dee)” degli Eiffel 65. Quello che non mi permette di comprendere tutto il successo di questa canzone – che ha totalizzato 1 milione di visualizzazioni in un giorno – viene fuori ad una veloce analisi del pezzo: innanzitutto perdonatemi i tecnicismi, so che qualcuno potrebbe non capire alcune delle cose che sto per scrivere, però proviamo a capire DAVVERO di cos’è fatta la musica; notiamo subito che la canzone presenta più Auto-Tune che note musicali, per di più dell’Auto-Tune… stonato, dal momento che, durante il ritornello che dice “Auto blu corro con il mio fra, l’hai messa lì o messa là”, la frase “l’hai messa lì o messa là” è calante di circa un semitono, il che fa risultare la parte cantata estremamente stonata. Nonostante questo, ha totalizzato 6 milioni di visualizzazioni in una settimana, quelle che “Bando” ha totalizzato in due mesi. Oltre alla voce, però, “Auto blu” presenta una base strumentale che è del tutto fuori posto, una tastiera troppo “riverberata”, quasi da sembrare distorta, il beat è incompleto, la voce è troppo saturata e il basso non si amalgama per niente alla base… Insomma, ha tutte le caratteristiche per essere un disastro improponibile; ma, a quanto pare, non solo Shiva ne va fiero avendola pubblicata comunque, ma ha anche fatto tantissimo successo fra i giovani, quasi come se Shiva avesse già previsto tutte le visualizzazioni che avrebbe fatto.
Detto in tutta sincerità, non sono molto a favore di questa rivoluzione musicale; sono d’accordo sul fatto che ogni tanto ci voglia un cambiamento, ma, secondo me, passare da Bon Jovi a Sfera Ebbasta è una caduta di stile. Ho cercato di fare un’analisi completa dei due brani e, per quanto possibile, oggettiva; ovviamente, qualcuno potrebbe non ritrovarsi. L’unica cosa, però, che mi sento di dire è che siamo troppo abituati a sentir parlare in modo banale di droga, sesso e successo alla TV o al telegiornale: il mondo è anche più buio e cupo di come ci raccontano al telegiornale, ma se cerchiamo bene troviamo comunque uno spiraglio di luce, soprattutto nel mondo della trap, è inutile dire a un trapper “fai schifo” perché si difenderà dicendo che lui è un artista incompreso, proviamo invece a guardare oltre, evitando così di generare i soliti cliché per la quale i trapper siano criminali o comunque se la facciano con i delinquenti.
Nicolò Sordelli
[Continua a leggere nella sezione L'ospite...]
Dopo un po’ di conoscenza reciproca e qualche accordo di chitarra messo giù insieme, Giorgio Vanni mi ha gentilmente concesso di fargli qualche domanda (qualcuna anche cattivella…). Ma partiamo dal principio: chi è Giorgio Vanni?
Giorgio nasce il 19 agosto del 1963 a Milano; nella sua vita ha fatto tante cose – come capita a tutti –, ma ce n’è una in particolare che è e rimarrà sempre nel cuore di tutti noi giovani: ha dato una voce ai nostri cartoni animati, scrivendo, interpretando e cantando quasi tutte le sigle che conosciamo oggi. Fra le più famose spiccano: What’s My Destiny Dragon Ball e tutte le altre sigle di Dragon Ball, Gotta catch ‘em all (Pokémon), Diabolik, Oggy e i Maledetti Scarafaggi e Detective Conan…
Illustrazione di Helena Bertolotti
Illustrazione di Iris Bertelli
L’11 gennaio 2020 mi ha concesso di varcare la soglia di casa sua per un pomeriggio insieme, promettendo di rispondere alle domande che gli ho posto in qualità di intervistatore e soprattutto… di fanboy.
Ero abbastanza informato su alcuni dati generali della sua vita e della sua carriera, ma ho dovuto chiedergli quale fosse la sua sigla preferita; beh, per chi lo conosce verrebbe facile pensare che sia Dragon Ball… e invece, nonostante quella sigla sia stata una delle più amate, nel suo cuore ne “brillano” due, come specifica lui: quella di Diabolik (personalmente una delle mie preferite) e quella di Zoids.
Mi ha confidato inoltre che la sigla di Diabolik è nata mentre stava provando un paio di pantaloni in un negozio! Ascoltando la canzone alla radio in sottofondo gli è venuta in mente la linea di basso che poi ha dato la melodia alla sigla; allora ha chiamato il mitico Max Longhi, il socio con cui scrive tutte le sue canzoni, e il giorno seguente hanno sfornato la sigla di Diabolik!
Ho dovuto per forza chiedergli chi fosse il suo personaggio prediletto… non perché io non lo sapessi, ma per smentire tutti coloro che, erroneamente, pensano sia Goku. Ebbene, mi ha infatti ripetuto che, nonostante Dragon Ball gli abbia cambiato la vita, il suo personaggio preferito è… guardate l’intervista e lo scoprirete! Posso solo dirvi che sarà un personaggio che si tatuerà a breve sul braccio destro insieme al drago Shenron (Dragon Ball) e al mitico e tenerissimo Pokémon giallo, Pikachu. Per tutti coloro che se lo stessero chiedendo, all’interno della saga di Dragon Ball il suo personaggio preferito (questo invece ve lo rivelo qui) non è comunque Goku, bensì Vegeta.
Arrivato il momento delle domande personali, non ho potuto fare a meno di chiedergli se si sentisse realizzato per quello che ha fatto: la sua risposta è stata che lui è nato con un sogno (I have a dream – cit.), diventare una star del reggae giamaicano; purtroppo, però, giamaicani si nasce e non si diventa. Presto questo sogno dovette essere abbandonato. Ma non tutto fu perduto: cominciò comunque a suonare la chitarra e, tempo dopo, sempre insieme a Max Longhi, anche a scrivere e produrre musica. Realizzò quindi che stava iniziando a vivere di quella sua passione; quando cominciò poi a scrivere le sigle dei cartoni animati si rese conto che avrebbe lasciato una grande impronta nel cuore e nelle orecchie di noi giovani. Queste le sue precise parole: “Questo [cioè quanto ha fatto finora] mi fa stare bene; realizzato mai, so sempre di poter fare di più. Però devo dire che, quando penso alla mia vita, sono sempre soddisfatto”.
Illustrazione di Iris Bertelli
Una delle cose che lo gratifica di più in assoluto – ha raccontato poi – è la consapevolezza del fatto che molti ragazzi, spesso, ricordano più la sigla del cartone animato stesso; citando l’esempio di Dragon Ball GT, abbiamo concordato entrambi sul fatto che la serie è stata quella meno amata dagli spettatori, ma la sigla è ritenuta una delle più belle in assoluto mai scritte per tutta la saga di Dragon Ball!
Ci ha inoltre raccontato di come il web l’abbia aiutato a crescere e a diffondere la sua musica: tutto grazie ai suoi amici youtuber, che lui preferisce definire “creativi” (per citare qualche nome si parla di Mark The Hammer, Maurizio Merluzzo, iPantellas e i TheShow).
Finito il momento personale, ho deciso di essere più cattivo che mai, facendogli la domanda che sotto sotto tutti avremmo voluto fargli… ma lui ha mai visto tutti i cartoni animati di cui ha scritto e interpretato le sigle? Contro ogni mia aspettativa, la risposta è stata “sì!”, e ha spiegato anche il perché li ha visti tutti. Per un semplice motivo: dice di essere un grandissimo nerd, e va matto per i cartoni animati e per la fantascienza.
Mi ha raccontato subito dopo che, ultimamente, è soggetto a una grande evoluzione – sempre grazie al web. Viene riconosciuto, infatti, da molti più bambini e ragazzini; ma non perché ad un tratto tutti abbiano iniziato a vedere Dragon Ball: semplicemente, grazie alle sue collaborazioni con le star di YouTube, molti lo riconoscono come “quello che ha fatto il video con iPantellas” oppure come “quello che ha fatto un video con Mark The Hammer” (per i metallari).
Come ultima cosa, ci ha rivelato una curiosità molto interessante; ma, per saperne di più… Guardatevi il video!
Dopo quest’intervista ESPLOSIVA, purtroppo, ho dovuto salutare uno dei miei idoli… Lasciando però casa sua con un sorriso veramente enorme!
Nicolò Sordelli
Tu per la coca hai fatto i fossi
C’hai i fossi in faccia
(da “Rozzi” di Paky)
Noi ragazzi, spesso, nel quotidiano, non ci rendiamo conto di quanto siamo fortunati a vivere la nostra situazione famigliare ed economica. Questo si nota molto nelle generazioni dei ragazzi tra i 12 e i 18 anni, i quali, forse influenzati da ciò che li circonda – come i cantanti o i media –, tendono a cercare qualcosa fuori dalla loro quotidianità, volendo provare quello che altri ragazzi, purtroppo, invece, si trovano a vivere e che cercano di abbandonare. Un esempio è l’uso di droghe: dalle più leggere, come la cannabis, alle più pesanti, come la cocaina (sempre più diffusa tra i giovani). È all’ordine del giorno vedere ragazzi, non abituati a queste sostanze e al loro utilizzo, voler emulare questo mondo che hanno avuto la fortuna di evitare.
È paradossale conoscere di persona ragazzi che sentono la loro situazione degradata come una sfortuna da cui sfuggire e, dall’altra parte, ragazzi che hanno avuto la possibilità di crescere in situazioni agiate e che vogliono, invece, entrare in quel tipo di realtà.
Questo, molto spesso, crea divisioni nelle classi a scuola: per esempio, c’è il gruppo di quelli che cercano di emulare ciò che sentono nelle canzoni di cantanti che provengono da situazioni difficoltose; e il gruppo che, invece, usando di più la testa, si accorge di più del valore di quello che ha. Un esempio di musica ascoltata dalle persone che appartengono al primo gruppo è la canzone “Rozzi” di Paky, che sta spopolando al momento: molti la cantano senza neanche sapere che cosa voglia dire vivere in quel contesto urbano, e cioè i quartieri più disagiati di Rozzano.
Nel riquadro sottostante trovate alcune citazioni che sembrano criticare chi si pensa in un modo ma in realtà è in un altro. Io però vorrei concludere l’articolo ponendo una domanda: perché molti ragazzi cercano di vivere situazioni che non appartengono loro e che, per di più, potrebbero avere delle conseguenze anche pesanti nella loro vita? Che cosa li spinge a far questo?
N.N.
Emis Killa
I ragazzi di oggi non sanno cosa sono i sacrifici
Salmo
Loro non sono i nuovi che avanzano ma i vecchi che si riconfermano
Tha Supreme
Oggi non lo so, a volte lo so, che non sai pièu chi sei, mi dico me ne andrei no way
Tha Supreme
La gente vorrebbe solo odio e parlarsi dietro come fosse unlavoro
Salmo
Razzisti che ascoltano hip-hop, qualcosa non torna
Emis Killa
Non dare peso alle persone con due anime
Emis Killa
Non parlare di periferia anche perché non hai le p***e di andare via
I Green Day sono una band punk rock formatasi nel 1986 in California i cui membri sono Billie Joe Armstrong (voce e chitarra), Mike Dirnt (basso e voce secondaria) e Trè Cool (batteria).
Hanno avuto il primo grande successo nel 1994 con il loro terzo album Dookie e, grazie ad esso, è stato accreditato anche a loro il merito di aver fatto tornare in vita il punk rock.
Tra problemi legati a sostanze stupefacenti e problemi di salute, hanno di nuovo un picco di successo quando nel 2004 è uscito il destinato a diventare celebre album American Idiot.
Il 9 ottobre 2014 i Green Day sono stati nominati ufficialmente per l'ingresso nella Rock and Roll Hall of Fame (un museo che dedicato alla memoria di alcuni tra i più importanti artisti che hanno fatto la differenza nel mondo della musica) insieme ai maggiori esponenti della musica rock e metal della storia; sono tra i gruppi musicali con più vendite della storia avendo venduto più di 85 milioni di dischi in tutto il mondo
Circa un anno fa sono stati impegnati in un tour mondiale durato quasi due anni (il Revolution Radio Tour) con band di supporto i Dog Party, i The Interrupters e i Rancid rispettivamente nella prima, seconda e terza fase del tour.
Quest’anno, di nuovo, arriveranno in Italia, a San Siro, il 10 giugno 2020.
Il loro ultimo grande successo è stato il video di Back In The USA, canzone con uno sfondo di protesta per la situazione in cui versa il mondo; sinteticamente, il video narra la storia di un soldato che torna a casa dopo la guerra e vede che è tutto cambiato.
Il video è in bianco e nero e solo con degli appositi occhiali le persone nel videoclip riescono a vederlo a colori.
Tonight, it’s a hero’s welcome home
And there’s no place else to go
And I’m takin’ it to the grave
Back in the USA.
Ormai tutti conoscono la particolarità di questa band, magari ad attirare le persone verso di loro è proprio il messaggio di libertà, indipendenza e uguaglianza di cui i loro testi sono impregnati.
Forse semplicemente, è quella sensazione di carica che fanno provare alcune canzoni, mentre in altre la rabbia palpabile esplode in un turbine di emozioni che si mettono a danzare intorno a chi le ascolta, stringendo il cuore e riempiendolo di nuove sensazioni.
I Green Day possono passare da canzoni come "Time of Your Life", dove le emozioni positive prevalgono, la nostalgia regna sovrana e la rabbia scompare, a canzoni come Jesus Of Suburbia, in cui la rabbia esplode e il puro punk scorre.
La semplicità e significato profondo si intrecciano.
L’esempio migliore è la canzone "Minority" dall’album Warning.
I want to be the minority
I don't need your authority
Down with the moral majority
'Cause I want to be the minority
I pledge allegiance to the underworld
One nation under dog
There of which I stand alone.
Molti, alla domanda “Che cos’è per te essere indipendenti e liberi?” rispondono che essere liberi vuol dire non dipendere da nessuno.
Le persone, molto spesso, hanno paura di questa “minoranza” che non dipende da nessuno, della libertà e dell’indipendenza che essa ci dà.
A volte dipendiamo da qualcuno, da una situazione; ma abbiamo mai provato ad essere la minoranza?
Secondo Billie Joe noi possiamo essere quella stella che brilla di luce propria e riuscire così ad illuminare gli altri.
One light, one mind
Flashing in the dark.
“Minority parla dell'essere un individuo. È come se tu dovessi setacciare nell’oscurità per trovare il tuo posto e essere l’individuo che tu vuoi essere per tutta la tua intera vita” ha detto Billie Joe un giorno.
A face in the crowd
Unsung, against the mold
Without a doubt
Singled out
The only way I know.
Il frontman mentre parlava della dipendenza da droga e alcool ha aggiunto che lui è più grande di ‘quella cosa’, che tutti siamo capaci di staccarci da ciò che ci distrugge, perché esistono quelle dipendenze distruttive che fanno a pezzi membra dell’individuo da dentro, non permettendogli di accorgersene.
Matto. Affetto da un alto grado di indipendenza intellettuale; non conforme ai modelli di pensiero, parola e azione, che la maggioranza ricava dallo studio di sé stessa. In poche parole, diverso dagli altri.
Ambrose Bierce, Il Dizionario del Diavolo
Parole che fanno paura, ma se noi fossimo davvero indipendenti e liberi di essere chi vogliamo, saremmo davvero diversi, non una massa uniforme.
E, come dice Billie Joe, “Avremo mai il coraggio di mostrare i nostri tratti distintivi, al posto di nascondersi dietro a una delle tante maschere di carnevale? Avremo mai il coraggio di liberarci dalle dipendenze che ci logorano dentro? Avremo mai il coraggio di distinguere indipendenza e libertà?"
We will be seen but not be heard.
(Da Revolution Radio)
Do you know what’s worth fighting for,
When it’s not worth dying for?
Does it take your breath away
And you feel yourself suffocating?
Does the pain weigh out the pride?
And you look for a place to hide?
Did someone break your heart inside?
You’re in ruins.
(Da 21 guns)
What part of history we learned
When it's repeated
Some things will never overcome
If we don't seek it
The world stops turning
Paradise burning
So don't think twice.
(Da Troubled Times)
Camilla Scuri
#punk #musica #indipendenza #greenday #rockband
Dopo 37 anni di musica insieme, gli Slayer hanno annunciato lunedì 22 gennaio 2019 la propria ultima iniziativa come gruppo: il tour d'addio battezzato The End is Near ("La fine è vicina”).
Ad accompagnare la band in quest’ultima avventura, ci saranno gli altri caposcuola del genere, come i vecchi amici Anthrax e Testament, e le “nuove leve” Lamb Of God e Behemot.
“If you are lucky enough to be invited to play even just once with living legends like Slayer, it's an incredible honor… To be asked to be a part of their final tour – well, it just makes you stop and realize just how lucky you are.”
(“Se sei abbastanza fortunato da essere invitato a suonare anche solo una volta con delle leggende viventi come gli Slayer, è un onore incredibile, far parte del loro ultimo tour, beh, ti fa fermare e ti fa realizzare quanto sei fortunato.”)
"Gli Slayer sono un gruppo thrash metal noto per il contenuto dei testi, che toccano argomenti riguardanti satanismo, nazismo, guerra, violenza, morte e serial killer. Il primo disco della band di Los Angeles, Show No Mercy, è stato pubblicato nel 1983, ma è con il terzo lavoro in studio, Reign In Blood, che gli Slayer assurgono al ruolo di mostri sacri del metal, “inventando” il trash e gettando le basi per il death metal." Così li descrive Andrew O’Neill nel libro Metal o Niente, raccontando la lunga storia e le origini del genere metal.
Fin dall’inizio della loro carriera, gli Slayer, sono sempre stati bersaglio di molte polemiche, ricevendo tantissime critiche per idolatrie naziste e sataniste. Sono addirittura stati citati in vari episodi di cronaca nera, e ciò ha scatenato numerosi dibattiti sull’impatto della loro musica sui giovani.
Sono considerati tra i principali esponenti del loro genere, insieme a Metallica, Megadeth ed Anthrax, rispettivamente esponenti di trash-metal ed heavy-metal. Hanno suonato solo un’unica volta tutti insieme, erano in Bulgaria al live dei “Big 4” con una cover di "Am I Evil?” dei Metallica.
"Tratti distintivi della loro musica sono assoli veloci e caotici, doppia cassa martellante, batteristici, tremolo picking e rapidi groove, peculiarità che li hanno resi uno dei piú importanti gruppi per lo sviluppo del metal estremo", sempre così lo scrittore e musicista Andrew O’Neill descrive gli Slayer.
A differenza della maggioranza dei gruppi thrash della loro era che negli anni hanno intrapreso nuovi percorsi musicali, gli Slayer conservano tuttora il loro tipico stile, nonostante il cambio generazionale e l’arrivo di nuove forme musicali. Si stima che abbiano venduto circa 20 milioni di album in tutto il mondo finora.
Ecco qualche piccola curiosità sulla band:
dopo la pubblicazione di 'Live Undead' il chitarrista degli Undead, horror-punk band di Bobby Steele, ex-Misfits, intitolò un suo live album come 'Live Slayer';
'Divine Intervention' è l'unica canzone scritta da tutti i membri del gruppo assieme (Araya, Hanneman, Bostaph, King);
a cavallo tra gli anni '80 e '90 agli Slayer fu proibito di suonare a New York, quindi adottarono la pseudonimo di 'Angel of Death';
agli esordi Araya evitava di mangiare per ore prima del concerto perchè l'ansia avrebbe provocato al suo stomaco vomito a non finire;
Kerry King prese lezioni di chitarra prima di registrare 'Seasons in the Abyss';
le chitarre ESP firmate Kerry King sono le più costose della storia della casa (oggi, nel 2015, Kerry King è endorser di BC Rich Guitars);
Bryan Adams è un grandissimo fan degli Slayer e stravede per 'Reign in Blood';
Dave Mustaine si rifiutò di far suonare gli Slayer all'Ozzfest 1998 perchè erano talmente heavy che la gente si sarebbe annoiata durante l'esibizione dei Megadeth, che avrebbero suonato subito dopo Araya & co.;
S.L.A.Y.E.R. è in realtà una sigla che sta per "Satan Laughs As You Eternally Rot", almeno stando alla prima stampa di "Show No Mercy" su Metal Blade;
secondo l'arte magica della numerologia, "Slayer" corrisponde al numero 15, il mago e ciò rappresenta il dono della musica, persona dotato di forte magnetismo e dominatrice del più alto livello di occultismo.
L'ultimo passaggio del gruppo nel nostro Paese risale allo scorso 20 novembre, quando la veterana formazione californiana si è esibita per il grande saluto al palcoscenico.
Che la band avesse ristretto gli orizzonti temporali della propria attività era già chiaro dal 2016, quando, intervistato da Loudwire, Araya ammise di non avere più intenzione di fare programmi a lungo termine con il gruppo: "È tempo di pensare alla pensione", spiegò il cantante e bassista.
Questo probabilmente sarà ricordato come il decennio del pensionamento di quasi tutta la vecchia guardia.
Sulla carta, in un certo senso, è già stupefacente che gli Slayer siano arrivati fino a questo punto. Sono la band estrema più famosa del mondo, cresciuta fino a diventare importantissima senza mai cercare davvero il successo.
Ovviamente, i puristi del metal estremo controbatteranno che i riff e le materie trattate in Repentless (2015) non saranno mai all’altezza di quelle di Hell Awaits (1985); ma la verità è che, nel corso di tutta la loro carriera, gli Slayer non hanno mai scritto una canzone su nulla di più leggero di provare odio per qualcuno fino alla morte. Gli Slayer non hanno una “Home Sweet Home” o una “I Was Made For Loving You”; la cosa più vicina è “Desire”, su Diabolus In Musica (1999).
Gli Slayer sono diventati qualcosa di meglio di una semplice band: sono diventati un punto di vista sul mondo. Il loro suono e la loro estetica rappresentano un sentimento che il metal ispira in noi, un misto di oscurità inquietante e sicurezza.
Gli Slayer sono il colore rosso sporcato di nero e viceversa, la rabbia che fa ribollire il sangue e fa bruciare le emozioni positive.
Il loro stesso nome è, non a caso, un grido di battaglia.
Fonti: Metal o niente. Storia leggendaria dell'Heavy Metal di Andrew O'Neill, 2018, Sperling & Kupfer
Camilla Scuri
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