Cattive Ragazze

ANGELA DAVIS

Una figura importante per il movimento femminista nero degli anni Settanta


Prova a immaginare un paese che separa il suo popolo in base al colore della pelle. Prova a immaginare una città in cui uomini armati girano incappucciati la notte. In questa città c’è un quartiere dove le case dei neri vengono fatte saltare in aria con la dinamite. Gli abitanti lo chiamano “DYNAMITE HILL”. Immagina di essere nato qui e del colore sbagliato.


Nel mio paese chiamato ‘DYNAMITE HILL’ tutte le persone di razza nera venivano uccise per colpa della dinamite che veniva fatta esplodere nei pressi delle loro case o perché la polizia “bianca” aveva dei pregiudizi.

Io vivevo giorno e notte con il timore di morire, per noi neri era tutto diverso, scuole separate, negozi separati e autobus separati.

Grazie a una borsa di studio ero arrivata in Germania, ma volevo terminare gli studi in America per essere vicina ai miei fratelli neri durante le battaglie per l’acquisizione di maggiori diritti civili.

Ero contenta di essermi unita a un movimento afroamericano, il Black Panther Party, un’organizzazione che combatteva contro il razzismo.

Molti leader di questo movimento vennero sbattuti in carcere o furono uccisi.

Nel frattempo avevo ottenuto una cattedra all’università di California, ma venni buttata fuori soltanto per la mia ‘razza’ e perché ero comunista.

Nel 1970 mi ero schierata in difesa dei Soledad Brothers, tre detenuti neri accusati ingiustamente di aver ucciso una guardia carceraria, infatti durante il processo uno dei fratelli dei tre detenuti, Jonathan Jackson, fece irruzione in aula armato e rapì il giudice. Nello scontro a fuoco con la polizia, persero la vita quattro persone tra cui il giudice e lo stesso Jonathan. Qualche giorno dopo mi resi conto di essere stata accusata di complicità nell’omicidio, perché risultavano intestate a me le armi utilizzate nell’azione. L’F.B.I. mi inserì nella lista dei dieci criminali più pericolosi al mondo, e rischiavo di essere arresta e condannata a morte.

In quel periodo mi nascondevo e mi travestivo per non essere trovata e riconosciuta.

La polizia arrestò decine di ragazze che mi somigliavano, ma mi trovarono una sera in un albergo a New York, venni sbattuta in cella di isolamento, ma sapevo di non essere sola, infatti fuori c’erano i miei compagni.

Io iniziai a protestare contro l’isolamento, c’erano altre donne nelle celle vicine, quasi tutte nere o protorace che mi appoggiavano e mi aiutavano, fu così che la direzione decise di trasferirmi in una cella comune.

Al processo non avevo un avvocato che mi si affiancasse e dovetti difendermi da sola, all’esterno grazie ai miei amici, iniziarono manifestazioni in tutto il mondo, si formarono comitati per la mia liberazione.

Sono stati scritti libri e canzoni per me, lo stesso John Lennon leader dei Beatles scrisse – Angela – a me dedicata.

Il 28 febbraio 1972 finalmente venni liberata. Da quel momento mi interessai sempre più alla causa delle donne nere, mettendo in relazione oppressione di classe, di genere e di razza.

Negli anni successivi rifiutai i movimenti neri di ispirazione islamica che discriminavano le donne.

Ancora oggi insegno, all’età di 77 anni, storia della conoscenza all’università della California, cioè l’università dove non ero riuscita ad entrare anni prima e dirigo anche il Women Institute! Frase di Angela Davis:

“Nella lotta la propria vita personale e la politica diventano una sola cosa. Ho dedicato la mia vita a questa battaglia, ma la mia vita ne è parte integrante.” Angela Davis

EGITTO, ADDIO A NAWAL EL SAADAWI, LA PENNA RIBELLE E FEMMINISTA DEL MONDO ARABO


Il 27 ottobre 1931 è nata una grande donna Nawal El Saadawi e lunedì 22 marzo 2021 purtroppo ci ha lasciati all’età di 90 anni, per una malattia. È stata l’unica penna femminista ribelle egiziana di fama internazionale. Anche il Ministero della Cultura le ha reso omaggio, ricordando il suo interesse per le questioni sociali e per i suoi libri, le sue opinioni hanno dato vita ad un movimento intellettuale. Infatti nel suo primo libro, “DONNE E SESSO”, raccontava della lotta contro l'abitudine del suo popolo di mutilare alle donne i genitali. Nel 1972 le costo l’esilio dal Ministero della Sanità e l’umiliazione dalle autorità religiose. Se trovava un ostacolo davanti al suo percorso, non si arrendeva, lo superava con forza e lo sconfiggeva.

Quando era piccola fu mutilata e ad 11 anni volevano darla in moglie, contro la sua volontà, il padre cercò in tutti i modi di farla apparire più bella con il trucco e vestiti stretti, ma lei non voleva sposarsi e fece di tutto per apparire goffa e sgraziata, causando incidenti e situazioni imbarazzanti per la famiglia. Nawal ha continuato a scrivere libri sulla condizione femminile nel suo paese e nel mondo arabo, fin da piccola, raccontava la verità e fu nominata penna femminista-ribelle, ma per questo suo spirito ribelle fu minacciata di morte. Una notte del 1981, tre uomini armati la presero e la portarono in prigione, nella cella conobbe una signora che poi divenne sua amica. In prigione le vietarono di scrivere, anzi la minacciarono di non azzardarsi a farsi trovare con una penna in mano. La sua nuova amica che era in prigione con lei aveva una matita per gli occhi, e grazie a questa matita riuscì a scrivere su pezzi di carta igienica ogni notte, cosa le accadeva in prigione. Appena uscì pubblico tutto e creò un’associazione internazionale di solidarietà alle donne arabe. Avendo pubblicato le sue memorie del suo periodo in prigione, nel 1991 venne inserita nella lista nera di un gruppo islamico fondamentalista rischiando la morte. Non le restò che l’esilio negli Stati Uniti d’America dove insegno come professoressa universitaria, si occupava di creatività e dissidenza, obiettò contro l’uso del velo e la poligamia. Anche nel gennaio del 2011 con le prime manifestazioni contro il regime di Mubarak, Nawal volle scendere in piazza a manifestare la sua dissidenza.

L’ultima frase che disse al riguardo fu:

“HO 80 ANNI E NON SONO STANCA DI LOTTARE. PRIMA O POI SAREMO LIBERI. NON DOBBIAMO PERDERE LA SPERAZA, PERCHÈ LA SPERANZA È POTERE.

REGIME MUBARAK


R. T. 3C