INCONTRO CON IL SIGNOR BORIN

Classe 3A - SSPG di Minerbe

Il 27 gennaio noi ragazzi delle classi terze di Minerbe siamo andati alla Sala Consiliare del Municipio in occasione del Giorno della Memoria, accompagnati dai nostri insegnanti.  Era ospite il signor Borin che ci ha raccontato la storia di suo padre che abitava a Marega e  che era stato reclutato nell’esercito durante la guerra. Lui e gli altri commilitoni furono catturati dai tedeschi mentre tornavano in caserma durante l’ultimo giorno di addestramento. Furono caricati su un treno diretto al campo di concentramento di Dachau in Germania.

A lui e  ai suoi amici  venne l’idea di scappare,  però furono subito catturati e portati nel campo di sterminio, dove quasi tutti venivano uccisi, mentre le persone più forti e resistenti  venivano fatte lavorare duramente e frustate. Il giorno in cui il signor Borin doveva essere ucciso fu, fortunatamente, il giorno in cui i soldati Americani liberarono il campo.

Una volta libero  tornò in Italia, a Villa Bartolomea, con un amico ferito. Arrivò prima a  Legnago e vide che la città era cambiata completamente da come se la ricordava e infine nella sua casa,  distrutto nell’animo e nel fisico da tutto quello che gli era successo. Passati alcuni anni l’intera famiglia andò in gita nei luoghi dove il padre aveva combattuto e dove era stato prigioniero. La preghiera lo aveva aiutato a superare il dramma vissuto.

Questa storia mi ha molto colpito e commosso perché il signor Borin l’ha raccontata con molti particolari e partecipazione. Mi sono immedesimato nel racconto e nel dolore provato da quei giovani durante la guerra.

R. N.


Questo incontro è stato toccante e interessante per il fatto che ha raccontato praticamente la storia di un deportato nei campi di concentramento tedeschi, il deportato era suo padre un umile uomo di Marega di Bevilacqua che quando scoppia la guerra viene chiamato a fare il militare. Il sig. Borin ci ha raccontato, tra le altre cose, come frustassero il padre quasi ogni giorno per cui quando andavano al mare, finita la guerra, il padre aveva paura di togliersi la camicia per le cicatrici della frusta.

Penso che questa sia una storia incredibile che racconta davvero la tristezza della guerra, dei campi di concentramento e come degli uomini debbano abbandonare obbligatoriamente la propria famiglia andando a combattere per conto dei potenti, che se ne stanno sani e salvi a casa loro mentre dei pover’uomini mettono a rischio la loro vita per arricchire queste persone codarde e accecate dal denaro, mi ha suscitato tristezza.

E. B.


Lui nel corso della sua vita (dopo l'esperienza nella guerra) ebbe molti incubi e si faceva sempre questa domanda:"Dovevo morire prima o dovevo farmi uccidere da un soldato". Si vergognava delle cicatrici per cui al mare aveva sempre qualche maglietta e non nuotava. Un giorno andò insieme a suo figlio nel campo di sterminio, lì riconosce la sua baracca e li si china, bacia il terreno e fa una preghiera e poi lo ripete a tutte le baracche.  Da quel momento inizia ad andare nelle scuole per raccontare quello che ha vissuto e vist ed ha portato  scuole in gita nel campo di sterminio .La notte prima della sua morte disse a suo figlio di continuare a ricordare  e trasmettere agli altri quello che ha vissuto e di fare sempre buone azioni.

A.B.


Un fatto che mi ha colpito è stato che in tutto questo suo padre si era fatto un grande amico insieme al quale uscì dal campo. Poi mi è rimasto impresso che loro cercavano aiuto, ma le persone per paura di malattie li evitavano: per questo dovettero fare 3 mesi di camminata per arrivare a casa loro.

E’ stata una storia molto avvincente, che proprio fa ricordare cosa hanno dovuto vivere e subire i soldati o anche semplicemente i cittadini.  

L.V.

Classe 3C - SSPG di Minerbe

Il 27 gennaio 2023, Giornata della memoria, noi alunni di classe terza abbiamo incontrato il dott. Stefano Borin, che ci ha raccontato la storia di suo padre Carlo, deportato nel campo di concentramento di Dachau.  Carlo era stato arruolato nel 1942 come soldato, ma nel 1943 fu catturato perchè antifascista (aveva dichiarato che preferiva Badoglio a Mussolini) e poi tentò di scappare; per questo fu mandato a Dachau.

Nel campo di prigionia il suo lavoro era costruire armi e con i suoi amici cercava di comprometterle. Fu frustato perché gli fu trovata in tasca una focaccia che lui voleva condividere con gli altri compagni prigionieri. Quando le guardie facevano  l’appello, lo facevano durare di più quando c’era freddo o brutto tempo.

Carlo Borin assistette anche a una terribile scena: una sorvegliante nazista strappò un neonato dalle braccia della madre, lo lanciò in aria, lo calciò come fosse un pallone, infine sparò prima al bimbo e poi alla madre. Il signor Stefano Borin ci ha raccontato il ritorno di suo padre e dei suoi due amici in Italia, un viaggio durato tre mesi, a piedi, spesso portando a spalle uno dei due amici che non riusciva più a camminare. Quando è arrivato a casa, sua madre in un primo momento non l’ha riconosciuto, anche perchè i suoi familiari lo credevano morto visto che non avevano mai ricevuto le lettere che lui scriveva.

Nel 1986 Carlo Borin partecipa a un viaggio organizzato a Monaco di Baviera, che prevedeva la visita a Dachau. Il signor Carlo, dopo una notte tormentata, decide di tornare in quel luogo: si veste con un abito elegante, si inginocchia di fronte ad ogni baracca e piangendo pronuncia i nomi di chi vi dormiva; davanti ai forni crematori continua a chiedere scusa. Da quel momento ritiene importante testimoniare, per far sì che l’uomo non commetta più quegli orrori.

Tutto ciò è stato così traumatizzante che anche a distanza di tempo il signor Carlo si svegliava di notte gridando “Basta! Basta!”, al pensiero di quelle persone innocenti uccise. Poco prima di morire, nel 2006, ha affidato il compito di portare avanti la sua testimonianza al figlio Stefano.


La testimonianza è stata toccante perchè il signor Borin ha narrato molto dettagliatamente le sofferenze dei prigionieri e l’abbiamo ascoltato con attenzione e in silenzio mentre ci riportava le parole del padre che ha vissuto queste atrocità. Abbiamo capito anche che è importante visitare i lager, non per un viaggio ma come un pellegrinaggio, come diceva lo stesso Carlo.

La Giornata della memoria è importante per ricordare e diventare persone migliori: il messaggio che ci ha lasciato Carlo Borin, infatti, è che “chi riceve del bene, fa del bene”. Se tutti facessimo così, non ci sarebbero più problemi.

Classe 3D - SSPG di Minerbe