INCONTRO CON L'AGBD

Giovedì 2 Febbraio è venuta a farci visita la dottoressa Valentina Marogna, neuropsicologa che lavora presso l'AGbD (Associazione Genitori bambini Down) di Marzana (Verona), referente dell’associazione stessa.

La fondazione nasce negli anni Ottanta da un gruppo di genitori che ha unito le forze per aiutare i propri figli, affetti dalla sindrome di Down, detta in campo scientifico Trisomia 21. 

La psicoterapeuta si occupa di riabilitazione cognitiva, che consiste nell’acquisizione di capacità intellettive maggiori da parte delle persone con la sindrome di Down. 

Abbiamo cominciato con una breve presentazione e proseguito con un questionario che riguardava le nostre conoscenze sul campo. 

Dopo aver risposto ad alcune domande, ci ha illustrato i comportamenti e le caratteristiche fisiche delle persone con questa sindrome, ad esempio il deficit al lobo frontale del cervello che, nella maggior parte dei casi, porta ad un importante degrado mentale. Inoltre ci ha detto che i nomi più appropriati e meno offensivi per riferirsi a chi è affetto da questa sindrome, sono “persona che ha la sindrome di Down”, oppure, in generale, “persona diversamente abile”, perché in fondo hanno molte abilità e caratteristiche, ma sviluppate in modo diverso dal nostro. In passato, infatti, venivano chiamati “mongoloidi” per via degli occhi che ricordano la classica forma mongola. 

Successivamente, divisi in vari gruppi, abbiamo discusso sulle abilità e sulle difficoltà di queste persone e del funzionamento  diverso del loro cervello. 

Inoltre, alla fine dell’incontro, la neuropsicologa Valentina ci ha fatto vedere dei video registrati da ragazzi con la sindrome di Down.  

Abbiamo imparato quindi alcune delle caratteristiche fisiche e psicologiche delle persone affette dalla sindrome di Down, come ad esempio l’istinto di opporsi a ciò che non vogliono fare e a quello che per loro è nuovo. Ci siamo incuriositi e interessati all'argomento della Trisomia 21 perché così in futuro potremo rapportarci meglio con le persone che hanno questa sindrome, e soprattutto, ora sappiamo che sono come noi, che hanno i nostri stessi bisogni e che quindi non sono “SPECIALI”, come vengono spesso definiti. Quindi noi tutti dobbiamo impegnarci a non escludere le persone con la sindrome di Down, ma neanche a provare pena per loro.

Il loro bisogno più grande resta comunque quello di essere amati per quello che sono, senza pregiudizi e stereotipi.


A.M. ; M.D.C.P.

Classe 1A - SSPG di Minerbe