Rén inspirò profondamente. L’aria profumava di bambù e rugiada. Non ricordava l’ultima volta in cui aveva provato una simile calma interiore. Negli ultimi due anni aveva, a suo dire, elaborato la rabbia piuttosto bene. Ora, la sensazione dell’erba fresca attorno alle caviglie le ricordava il suo legame con la natura e con la quiete profonda delle acque poco distanti.
Il suo sguardo perso verso est fu improvvisamente illuminato dai primi raggi del sole. L’atmosfera era sospesa, quasi surreale. Il cielo rosato si specchiava nelle acque perlacee del lago coperte a tratti da una bruma leggera, mentre ghirlande di lanterne color amaranto tremolavano lungo le sponde. Quella visione la confortava.
Aspettava quel giorno da quasi due mesi. La curiosità la stava divorando. Quel messaggio nel vento — probabilmente inviato da uno Shirai del Legno molto potente — l’aveva raggiunta mentre esplorava le grotte di Viralume. Si era ripromessa di prendere quell’invito come un nuovo inizio, qualunque fosse la sua destinazione.
Ed eccola lì, sulla riva del Lago di Anatzuki, celebrato in numerose leggende. Si era immaginata una mattinata tranquilla, quasi da eremita…e invece aveva più compagnia di un mercato del sabato mattina.
Era circondata da una cinquantina di suoi coetanei, tra i venti e i trent’anni. Non conosceva nessuno e ancor peggio il ragazzo accanto a lei era…a dir poco inquietante, e buffo allo stesso tempo. Sembrava si fosse appena risvegliato in un corpo non suo: si osservava braccia, gambe e infine, come colto da un’improvvisa rivelazione, esclamò: «Ah, ma sono nero!»
Rén non era certamente l’unica spettatrice di quella scena bizzarra. Poco più a destra, un altro giovane si lasciò sfuggire una risata. Doveva provenire da uno dei villaggi vicini, pensò Rén: occhi e capelli castani, indumenti semplici di lino dai colori naturali, arco e faretra sulla schiena.
Si scambiarono uno sguardo complice, che fu interrotto da un suono improvviso — un grugnito, forse — alle loro spalle.
Rén trasalì. Fu come se un ricordo si fosse materializzato in carne ed ossa.
Un ragazzo alto, dall’aria seria, dagli occhi color ghiaccio e con indosso abiti modesti, li stava fissando.
Poi un nitrito ruppe il silenzio.
I tre ragazzi si voltarono. Dall’altro lato della folla, c’erano due figure, probabilmente due guardie, che cercavano di tener fermi quattro cavalli, uno dei quali particolarmente infastidito dalla presenza di un giovane dalla massa di capelli fulvi.
Lui invece sembrava perfettamente a suo agio, e sicuramente non provò alcun imbarazzo quando, con voce esclamò: «Ragazzi, io sono Houràn! Vi starete chiedendo perché vi abbia riuniti qui oggi…».
«Non credo tu abbia riunito proprio nessuno». La voce giunse dal boschetto di bambù che circondava il lago. Apparteneva a un uomo sulla quarantina, dai capelli scuri raccolti in uno chignon legato con un nastro rosso, in tinta con i suoi paramenti: una tonaca che sfiorava il terreno, brache di cuoio, una fascia color terra bruciata stretta alla vita. La barba perfettamente curata disegnava un pizzetto, da cui partiva una cicatrice che andava a nascondersi dietro la maschera di bronzo che gli celava la parte superiore del viso. Il suo portamento era regale. Sicuro.
Houràn trattenne la mascella che minacciava di cadere. Non poteva crederci. Quello era il suo capo gilda. Com’era possibile?
«Buongiorno a tutti, — disse l’uomo, — io sono Kaede. Molti di voi mi conoscono come il capo della Gilda del Fuoco, almeno per quanto riguarda i territori a nord delle Sabbie Rosse».
Fece una pausa d’effetto, gonfiando il petto e passando lo sguardo su tutti i presenti.
«Non sono venuto da solo. Permettetemi di presentarvi Linia, Donlan, Tzuji e Ashira. Rispettivamente: capi gilda del Legno, della Terra, del Metallo e dell’Acqua.»
I quattro si fecero avanti, raggiungendolo su una sorta di banchina di legno che si estendeva verso il lago.
Fu Linia a parlare per prima: «Vi ringrazio per esservi fidati del mio messaggio. Vi prometto che il vostro viaggio ne è valso la pena.»
Il suo volto, così come i suoi abiti, ricordavano molto il ragazzo delle terre dell’Est — ad eccezione della graziosa ghirlanda di fiori secchi e gemme d’ambra che le adornava il collo e la vita. Trasmetteva semplicità, in netto contrasto con gli altri tre capi gilda, che indossavano abiti simili a quelli di Kaede, ma in colorazioni differenti.
Anche Donlan si fece avanti, gli occhi di un incredibile giallo-nocciola. Ringraziò i presenti con voce calma. Tzuji, in grigio, e Ashira, in nero, invece rimasero in silenzio. Si limitarono a un accenno di assenso.
«Non abbiamo molto tempo, Kaede» — tagliò corto Tzuji.
«Hai ragione» disse Kaede. Si voltò lentamente verso i giovani schierati davanti a lui.
«C’è un motivo per cui siete stati convocati qui. Il luogo che abbiamo scelto non è casuale, così come non lo è la nostra presenza. Il lago di Anatzuki, conosciuto anche come lago dell’alba, per secoli è stato il punto in cui i guardiani venivano scelti dalla magia che scorre da sempre attraverso la nostra Pangu. Anche se questa forza si è affievolita negli anni, abbiamo motivo di credere che tra voi vi siano i prossimi cinque guardiani».
Houràn si sporse in avanti, stringendo gli occhi. «I guardiani sono una leggenda. Probabilmente metà della gente qui non sa nemmeno chi siano. Sono passati più di trecento anni… ammesso che siano mai esistiti».
«Non sono una leggenda» ribatté Rén, quasi sottovoce. «Chi conserva le antiche memorie sa che vissero davvero e senza di loro la presa di potere del sud avrebbe ridisegnato i confini in modo ben diverso».
Linia fece un passo avanti, il mantello sfiorava il legno umido della banchina. «Esattamente. I guardiani venivano scelti ogni cento anni. In origine si occupavano di far prosperare la magia del proprio elemento per la comunità. Ma, con il tempo, la potenza che detenevano e il loro ruolo a corte li resero figure decisive. Combatterono a fianco dell’imperatore Yin fino all’ultimo. Come molti, anche noi pensavamo che fosse tutto perduto e che i guardiani non sarebbero mai tornati…fino a una decina d’anni fa quando una profezia ci ridiede speranza. Grazie alla cooperazione fra le varie gilde abbiamo trovato un modo per individuare, tra i pochi Shirai nati, quelli con la concentrazione più alta di magia. Voi. Vi abbiamo cercato, villaggio dopo villaggio. Ci sono voluti anni, ma finalmente il giorno è arrivato».
Linia strinse nella mano la pietra incolore appesa alla cintola. «Dobbiamo proteggere il nostro lavoro, e proteggere voi. Le spie australi potrebbero essere ovunque. Per questo, non saprete più di quanto Kaede vi ha detto.»
«Procediamo con il rituale» la incalzò Tzujii. «Non vi accadrà nulla. Sollevate un braccio, palmo verso il cielo. La magia farà il resto».
Un lieve brusio serpeggiò tra i giovani, ma il senso di dovere e la fiducia nei maestri prevalsero. Nessuno osò contestare il capo della gilda del metallo. Così, obbedirono. Con i palmi rivolti al cielo, li osservarono voltarsi verso il lago per prepararsi a canalizzare i poteri nei propri meridiani.
Donlan fu la prima a muoversi. Camminò fino alla riva, inginocchiandosi. Le sue dita affondarono leggermente nel terreno. Chiuse gli occhi. «Per coloro che proteggono» mormorò. L’energia si raccolse nei suoi meridiani e linee giallo oro si accesero sotto i tessuti, salendo dai piedi verso il busto. La terrò vibrò e le acque del lago cominciò a incresparsi; minuscole onde portavano con sé scie elettriche.
Tzujii la raggiunse. Si chinò, e sotto le maniche si accesero linee bianco-argento. «Per coloro che ricordano» pronunciò, e le onde si fecero regolari, irradiandosi come anelli dal centro. Dal fondo del lago si levò un bagliore freddo: filamenti luminosi azzurri si ramificavano verso le sponde. L’aria, saturata di cariche elettriche, vibrava impercettibilmente. Un ronzio basso si mescolava a un odore ferroso. I fili d’erba sulle rive si piegavano e si raddrizzavano, mossi dal campo elettromagnetico.
Ashira, silenziosa, aveva già richiamato la propria energia. «Per coloro che ristorano» sussurrò, e dalla superficie del lago si sollevarono decine di sfere d’acqua, rimanendo sospese a mezz’aria.
Accanto a lei Linia disse «per coloro che agiscono» e i suoi meridiani si accesero di verde vivo, correndo lungo le gambe, salendo al volto e fermandosi vicino agli occhi. Una brezza si alzò da est, sospingendo ogni sfera verso ognuno dei giovani, fermandosi sopra i loro palmi aperti.
Houràn trattenne l’istinto di scoppiare la sua e vide Kaede alzare le braccia. I meridiani del capo gilda si illuminarono di rosso vermiglio, e così l’acqua del lago, insieme alle sfere. «Per coloro che animano» disse. Le sfere esplosero. Una dopo l’altra. Tranne cinque.
Scontato pensò Houràn, gli occhi illuminati dal riflesso della sua sfera.
«Sono loro, Kaede» disse Donlan, commossa, portandosi una mano alla bocca e l’altra sulla spalla dell’amico. I maestri fissavano i prescelti, visibilmente emozionati…o quasi: l’espressione di Tzujii era la stessa di quando era emerso dal boschetto, notò Rén. Faticava ancora a realizzare che anche la sua sfera fosse rimasta intatta, come quella del ragazzo accanto a lei, quello confuso sulla propria provenienza e di quello dietro che li aveva ammoniti poco prima. Un attimo..anche il ragazzo dell’Est aveva ancora la sfera.
Un vociare crescente li circondò: giovani curiosi, sconosciuti, si avvicinarono chiedendo nomi, cercando di vedere meglio quelle sfere che lentamente evaporavano.
«Abbassate la voce, per favore» disse Ashira. «Venite tutti con me…tranne voi cinque. Voi, raggiungete Kaede.» I giovani a malincuore si dispersero, radunandosi attorno ad Ashira. I cinque prescelti avanzarono invece verso gli altri capi gilda.
«Come vi dicevamo, spie potrebbero già essere in ascolto» disse Kaede. «Non possiamo fidarci di nessuno, e non possiamo rivelarvi altro qui.»
Donlan li osservò, seria. «Se siete disposti a fidarvi di noi, e di voi stessi… se volete mettere le vostre capacità al servizio di Pangu, partirete subito.» Indicò le due guardie con i quattro cavalli. «Se accettate loro vi condurranno dalla veggente. Sarà lei a dirvi il resto.»
Linia li guardò uno per uno. «Pangu vi osserva. Siete nati Shirai, e il destino vi ha scelti come guardiani. Cosa rispondete?»
In perfetta unanimità, i cinque risposero: «Sì».
Una volta concluse le presentazioni, il gruppo prese forma.
Rèn si sistemò sullo stesso cavallo di Hashirama, il ragazzo dell’Est. Houràn invece, con l’aria annoiata di chi sopporta a fatica la fatica stessa, si sistemò con una delle guardie, così come Takeshi. Tatsuo, il più misterioso e taciturno, ottenne un cavallo per sé e preferì cavalcare da solo.
Mentre lasciavano il lago Rèn notò Ashira con gli altri ragazzi..per un momento i loro occhi sembravano completamente bianchi. Forse ho visto male..Ashira non stava nemmeno canalizzando pensò Rén sistemandosi il cappuccio sul viso.
Per diversi giorni percorsero le valli isolate a nord di Kiremi, impregnate di un silenzio antico, come se il tempo esitasse a scorrere in quel luogo dimenticato. Davanti a loro si stendeva un tappeto verde-argenteo, costantemente velato da una bassa foschia. Qua e là, cespugli e rovi avvolgevano piccole case di pietra dai tetti erbosi e dalle pareti bianche, consunte dal vento e dall’umidità. Nessun fumo usciva dai comignoli, nessuna voce umana rompeva la quiete.
«C'è calma. Troppa calma» commentò Hashirama a mezza voce.
«Bravo Hashima..finalmente qualcuno che lo dice» intervenne Houràn stiracchiandosi. «Questo viaggio è una noia mortale!»
«Mi chiamo Hashirama» puntualizzò il ragazzo, con pazienza. «E non stavo cercando compagnia nelle mie riflessioni. Solo…non avevo mai attraversato queste terre. In più è insolitamente fresco per essere a fine stagione.»
La guardia spiegò: «Sono lande desolate. Troppa umidità, i contadini non riuscivano a coltivare nulla. Quella che vedete laggiù invece è la foresta di Hoshino, la Foresta delle Stelle. Segna il confine con le terre del Nord: attraversarla è come entrare gradualmente nell’inverno stesso.»
«È lì che ci accamperemo?» chiese Hashirama, già scrutando il limitare degli alberi.
«Sì…anche se la foresta è nota per le creature che vi abitano. Dovremmo...»
«Che sono quelle?» lo interruppe Rèn. Puntava a delle sfere lattiginose che si muovevano verso di loro, fluttuando nell’aria.
«Spore! State indietro!» gridò Hashirama.
Troppo tardi.
Le sfere esplosero a mezz’aria. La nube tossica fece impazzire i cavalli che disarcionarono i cavalieri con violenza. Tutti finirono a terra, tranne Takeshi e Tatsuo, che con riflessi opposti ma efficaci riuscirono a restare in piedi.
Hashirama rialzò la testa stordito, giusto in tempo per scorgere due kunai che arrivavano dal bosco, come guidati da una mano invisibile. Uno Shirai del Legno pensò immediatamente.
Uno dei pugnali puntava a lui, ma Hashirama era pronto e lo evitò senza difficoltà. L’altro mirava a Takeshi che rapidamente appoggiò le mani al terreno ed eresse un muro di roccia che si sgretolò subito dopo aver deviato l’arma.
La nube tossica si dissolse, lasciando dietro di sé due guardie schiacciate dai cavalli agonizzanti. Rèn tossiva disperata; Houràn si accasciò con teatralità.
«Hashorima… salvami… sto morendo…» gemette Houràn, allungando una mano tremante.
«Primo, mi chiamo Hashirama. Secondo, non morirai. Mastica questo.» Gli mise tra le labbra della radice di drago tritata.
«Oh certo…io sto per lasciarci le penne e tu pensi alle presentazioni» ribatté Houràn.
Dalla foschia comparvero tre figure maschili. Vestiti semplici e comuni ma le loro armi non erano certo roba da contadini pensò Tatsuo che si fece avanti domandando «Chi siete?».
«Vi ripeto che non è il momento per le presentazioni!» strillò Houràn, che già brandiva la sua frusta. Vi disegnò un simbolo e dallo strumento esplose uno sciame di falene di fuoco. Una visione spettacolare…che durò poco. Il nemico nel centro tese un arco d’acqua e una freccia lo colpì in pieno, scaraventandolo a terra.
Takeshi, Tatsuo e Hashirama si lanciarono al contrattacco. O meglio: partirono in tre, ma nel giro di pochi istanti rimase solo Takeshi a correre verso i nemici. Prima vide Hashirama prendere distanza e imbracciare l’arco, poi Tatsuo, un attimo prima gli correva accanto e un attimo dopo si era dissolto nel nulla.
Ma serviva ben altro per spaventare o rallentare quella massa di muscoli temprata a spaccare rocce a mani nude. Con un ringhio Takeshi sfidò le leggi stesse della magia: intorno a lui si materializzò uno scudo minerale sospeso a mezz’aria, senza bisogno di essere impugnato. Con il tetsubo già pronto, caricò dritto contro nemico a sinistra che stava canalizzando la magia del fuoco e lo travolse. Poi si voltò di scatto e con la mano libera evocò uno scudo di shungite che bloccò in pieno una sfera d’acqua diretta a Hashirama.
Il ragazzo dell’est fece un rapido cenno di ringraziamento, poi tese l’arco e scoccò una freccia diretta allo Shirai dell’Acqua. Preparò subito un nuovo colpo, stavolta contro lo Shirai del Legno...ma in quel momento Tatsuo riemerse dalle ombre e lo colpì con un tekko alla testa. Solo allora Hashirama notò che il braccio destro di Tatsuo non era di carne, ma interamente di metallo.
Intanto Rèn si era gettata a soccorrere Houràn, ma una bomba d’acqua li travolse. Lui, ferito più nell’orgoglio che nel corpo, accecò lo Shirai del Fuoco piegando la luce stessa, dando a Takeshi l’occasione di finirlo. In pochi istanti, anche gli altri due caddero sotto i colpi di Hashirama e Tatsuo.
Il silenzio tornò improvvisamente. Una sola guardia respirava ancora, a fatica. Con l’ultimo fiato porse a Hashirama una foglia triangolare grigio-verde. «Seguite…la coda di topo…vi condurrà dalla veggente.» Poi morì.
«Meglio perquisire i corpi» disse Tatsuo, indicando i cadaveri dei nemici. «Abiti comuni, lame troppo raffinate. Tipico di chi si nasconde male.» Si chinò per esaminarli con la massima cura, ma alle sue spalle..un suono di tessuto strappato.
«Takeshi!»
Il colosso alzò le mani, innocente. «Ehi, calma. Era solo una canotta. Con questi muscoli è difficile contenersi.» E piegò un bicipite per rafforzare l’argomentazione.
Tatsuo sospirò. «Allora usali per trascinare i corpi delle guardie nel bosco. Daremo loro sepoltura. Anche a questi tre.»
«E i cavalli?» domandò Hashirama, raggiungendo i compagni.
«Beh…a meno che tu non abbia raccolto un campo intero di erbe, saranno la nostra cena» commentò Takeshi.
Rèn prese un lungo respiro, poi si chinò su Houràn, ormai privo di sensi. Posò la mano sulla sua spalla ferita. In pochi istanti la carne lacerata si richiuse. Houràn riaprì un occhio, strascicando un sorriso.
«Ti devo la vita, dolcezza» mormorò, aggrappandosi a lei come a una stampella.
Rèn lo aiutò a sollevarsi, e insieme seguirono gli altri verso il boschetto, dove li attendeva una notte di sepolture e decisioni.
Avevano discusso del piano per estenuanti ore, l'obiettivo era chiaro ma il problema era il come raggiungerlo, agi occhi di Houran stavano tutti perdendo una marea di tempo, come al solito il destino lo condannava ad essere circondato da persone che non vedevano i suoi bisogni come i più importante e improrogabili dell'universo, così per l'ennesima volta, decise di abbassarsi al loro livello e spiegare con calma come li avrebbe aiutati ad aiutarlo.
<<Amici>> disse, alzandosi in piedi e richiamando l'attenzione di tutti <<so che siete qui per me e lo apprezzo, e so che il momento è critico, ma >> fece una breve pausa per aumentare la drammaticità del momento.
<<ma dobbimao trovare un modo per raggiungere il mio filo rosso, come avevamo deciso già nella foresta questa è la nostra missione, ques.....>>
<<eccolo che ricomincia>> sbuffò Harashima, non ne poteva più dei soliloqui galvanizzanti di quella fiammella da strapazzo, l'unico che se li beveva tutti e si caricava abbestia era takeshi, ma quello era chissà dove a fare chissà cosa.
Ren imbarazzata alzò la mano timidamente, Houran stava di nuovo partendo per la tangente, ma non era educato interromperlo, soprattutto perchè cercava il vero amore, e sembrava un bravo ragazzo, tranne per il fatto che aveva ammazzato delle persone per amore, ah già quello era una cotraddizione pensò, ahhhh ricordare sempre tutto era una maledizione a volte si disse perdendosi nei propri pensieri.
<<dobbiamo entrate a Omiros, Houran,>> disse tetsuo, <<e dobbiamo farlo in fretta mio padre tiene degli appunti fondamentali per il futuro di Pangu, e se il regno sopravvive lo farà pure il tuo filo rosso, concordi?>>
preso alla sprovvista Houran, ammutolì <<ma è proprio per questo che vi stavo spronando no?, su dai ripetiamo il piano assieme>>
Harashima, esasperato, esausto, e con una leggera spolveratina di acne da stress, smise di pestare le sue piantine e ricapitolò il piano per tutti, per la sesta? settima? o forse ottava volta.
<<Omiros è una città blindata, nessuno entra e nessuno esce a meno che non si abbia un lascia passare del seggio, che a quanto pare nessuno può avere. il suddetto lasciapassare non è cedibile, ne trafugabile in quanto è protetto da magia, quindi Houran, no!!!, non puoi stendere una lama silente,e rubarlo, e no !!! non puoi neppure pretendere che te lo diano perchè TU ne necessiti>>
Houran chiuse la bocca di scatto, come faceva Harashirama a sapere cosa avrebbe detto? forse perchè la stima che provava per lui era talmente alta che le loro menti erano connesse e i pensieri si completavano a vicenda? si doveva essere per quello.
<<l'unica speranza è convincere qualcuno a farci entrare, ma non possiamo sperare di farlo ne dicendo la verità ne mentendo perchè, Tetsuo correggimi, le lame silenti capiscono se si mente loro>>
Tetsuo annui, a lui piacevano le cose sintetiche, efficienti ed affilate, e soprattutto voleva assolutamente sapere cosa suo padre aveva scritto per lui.
<<ricapitolando, l'oste ci aveva consigliato di usare la birra per inibire il potere delle lame di smascherare le menzogne, e poi......>> si fermò a metà tra un tremito e un conato di vomito.
Ren si preoccupò vedendolo, che avesse assunto qualche suo intruglio andato a male, nella foresta degli shinigami aveva raccolto almeno 3 piante differenti magari erano cancerogene? oh miseria ricordare tutto era una tortura!!
<<chiederemo a Houran di usare il suo potere di ammaliamento>> ecco ce l'aveva fatta, aveva detto quella terribile frase che avrebbe portato a nefaste conseguenze.
<<lo shirai della birra aveva per l'appunto approvato il mio piano sin dall'inizio, e mi ricordo ceh avesse pure raccomandato di considerarmio il perno portante dell'operazione, li ammalierò io, appena mi guarderanno neglio occhi li convincerò a fare tutto quello che è necessario per ritrovare il mio filo rosso>>
<<il quaderno del padre di Tetsuo>> ripetè Ren
<<il quaderno del padre i tetsuo, passello fondamentale per trovare poi il filo rosso>> confermò Houran.
<<Bene abbiamo un piano>> sentenziò Tetsuo alzandosi, meglio andare prima che Houran non si mettesse a blaterare nuovamente.
I quattro si avviarono verso la locanda , Tetsuo non conoscevanessuno degli abitanti, sembrava che tutti i suoi conoscenti fossero spariti e li vedeva tesi e un po vuoti.
Houran invece percepiva la felicità della gente, che era però strana, troppo finta forse, la festa che li attendeva era qualcosa di artefatto.
Furono dirottati alle terme da Zonghli un commerciante che fece notare loro, in primo luogo che era troppo presto per attuare il piano, e in secondo luogo se volevano ingannare le guardie dovevano sembrare gente rispettabile non avventurieri che avevano attraversato mezzo regno senza neppure una doccia così dopo una breve discussione con il negoziantem nella quale Houran si annunciò come brace primogenita, e pertanto degna di uno soconto, vennero a conoscenza che uno shirai della roccia le aveva scavate poco tempo fa, tutte in una sola notte, e che adesso il cugino di questo scavatore instancabile si stava per appunto riposando tra i vapori termali.
Che ci fa un toro alle terme pensò Houran appena prima che il toro si girasse, era una persona, o meglio un ammasso di muscoli neri, torniti e levigati che sorrideva e ricordava vagamente takeshi...
Houran Tetsuo, e hirashina iniziarono a parlargli mentre Ren ascoltava da dietro le canne, nella pozza femminile, scoprendo che li davanti avevano Zenitsu il cugino del loro compagno che viveva li da circa 2 anni.
Aveva visto la città cambiare, e ora era tutta mura alte, zone interdette e gente con sorriso finto in faccia.
<<Non ti preoccupare cugino del mio amico, io sono qui per salvare questo posto, riaccenderò le forgie, il metallo riprenderà ad essere lavorato, si da il caso che davanti tu abbia la Brace incommensurabile>>
la faccia da bue di Zenitsu non fece una piega, non aveva capito nulla di quello che era stato detto, ma sembrava fosse una cosa buona così prese una fialetta e propose un brindisi.
Houran con le mani a coppa bevve l'acuqa delle terme ma Tetsuo