Sfuggire dalle grinfie dell’Arcimago non è stato assolutamente facile. Jasmine sa perfettamente che le zone impestate di arcano sono tutte di proprietà dell’Arcimago ed è stato questo che l’ha spinta ad accettare il suo incarico: salvare più creature possibili da quei boschi. Dopo giorni passati a far migrare tutti i piccoli animali del sottobosco, si ritrovò davanti ad un particolarissimo albero. Di certo lei di piante ne sapeva più di chiunque altro, ma di alberi con l’armatura non ne aveva mai sentito parlare, a meno che…
Senza la luce del sole, tutti i vegetali appassiscono, dal più bel fiore alla più grande quercia. Ikant non è da meno. Erano settimane che non usciva un sole degno di una così bella giornata di primavera. Si era stanziato nei dintorni della capitale dell’Arcimago, osservando i soldati e le truppe muoversi avanti e indietro per la foresta. Questo lo rendeva malinconico. Avrebbe dovuto essere già in marcia a salvare innumerevoli vite piuttosto che stare fermo a recuperare le energie, come una semplice pianta.
Mentre apprezzava la luce del sole, durante il suo lungo riposo, notò una piccola volpe ai piedi delle sue radici che l’osservava. Sembrava quasi che fosse affascinata da qualcosa. Ikant decise così di alzarsi in piedi, mostrandole la sua vera natura.
“Forse se ti acquistavo al ferro vecchio facevo meno fatica!”. Queste, queste furono le prime parole che Xantharanjeudeliun udì non appena fu in grado di intendere e di volere. Dolore. Cos’è il dolore? Perché si sentiva così vuota dentro? Domande. Troppe… domande. Rabbia. Ed eccola, l’unica cosa che conosceva: la rabbia incontrollata e irrefrenabile. L’unica cosa che la rendeva se stessa era la rabbia. Quel sentimento che conosceva tanto bene. Lei provava rabbia all’idea di esser stata messa in discarica. Lei provava rabbia al pensiero di quelle prime parole che udì. Lei provava… gioia e sicurezza. Due sensazioni nuove che non trovavano posto nella sua motrice infernale. Eppure scaldavano lo stesso il suo nucleo, facendola sentire al sicuro e desiderata. Forse in quell’albero parlante e in quella volpe che l’hanno aiutata c’era davvero qualcosa di speciale…
Il mal di testa era atroce. Pochi ricordi confusi, forse nemmeno suoi. Parole. Lingue miste, umano e orchesco. Parolacce, strattonate. Pochi lampi di luce e poi i lividi dovuti allo sballottolamento.
Si vedeva che non era programmato. L’armatura ancora addosso, le vesti pure. Le armi legate dietro il carro, tutto ciò che era con lei doveva sparire e l’idea migliore è stata quella di lasciarlo in mano ai padroni dell’accampamento in cui venne trascinata. “ Perché Diacarus? Perché tradire tutto ciò che hai per i Tre? ”.
Gli spettri, i ricordi del tradimento le balenarono davanti agli occhi. Questo fu sufficiente a svegliarla.
Riaprì gli occhi…
Dopo giorni di marcia, il gruppo si ritrovò in un piccolo boschetto abitato da svariati animali. Mentre Xantharanjeudeliun si faceva spiegare il significato di ogni singola cosa dal mistico Paladent (paladino+treant), Jasmine, ranger qual era, iniziò a controllare i dintorni e setacciando il terreno da orme sconosciute. Fu più tranquilla quando scoprì che l’unico essere nelle vicinanze oltre a loro era un gufo stitico. Il treant però, sempre mal fidente, tentò comunque di verificare la presenza di altre entità e, sprofondando le radici nel terreno, si mise in posizione di totale ascolto, attendendo anche la minima vibrazione…
Dentro alla gabbia c’era il buio più totale. Magia? Zilvira cercò in primis di capire dove la stessero portando. I suoi carcerieri erano orchi. Le loro voci erano come striduli violini per le sue orecchie abituate alla voce della Grande Sacerdotessa e sicuramente erano creature che servivano una divinità infima e maligna…
Tastando oltre la gabbia, si rese conto che non era vittima di un potentissimo incantesimo, ma era semplicemente un grosso telo opaco che ricopriva completamente la gabbia. Afferrando il tessuto, Zilvira tentò di tranciarlo con i denti, ma questo insospettì un orco. Quest’ultimo, credendo di poter tener testa al Chierico della Sacerdotessa, tentò di tirarla per farle sbattere il viso, ma, prontamente, Zilvira tirò a sua volta con una forza tale da incastrarlo in una fenditura della gabbia (con un piacevole 20nat) e disarticolare le spalle dell’orco, lasciandolo lì agonizzante.
Non fu necessario che Ikant disse ai suoi compagni che qualcuno stesse urlando come un folle. Xantharanjeudeliun, terrorizzata, cercò in parte di trattenere un urlo, ma non abbastanza. Gli orchi si resero conto di non esser soli e partirono alla ricerca delle loro prede, inviando due scout alla ricerca del gruppo. Passarono attimi di terrore, silenzio tombale e terrore. Ad un certo punto, quando tutti credettero di esser salvi, il suono di un corno da caccia orchesco iniziò a suonare, dando il via alla battaglia.
Due orchi, un altro con l’arco e una specie di Treant non morto attaccarono il gruppo, caricandoli con il carro. Jasmine scelse il ghepardo, trasformando se stessa in una macchina da guerra della natura, lanciandosi sul Treant Non Morto. Iniziò a farsi le unghie sulla corteccia della creatura e subito fu seguita da Xantharanjeudeliun che, con ansia ma allo stesso tempo fervore, tirò la sua cordicella collegata al cuore. Fiamme e fuoco si scatenarono e vapore iniziò ad uscire dai suoi pori semi-metallici. Ikant non attese un secondo in più. Sprigionò le sue fruste di rami e la sua lucente armatura e si lanciò alla battaglia, attaccando uno di quegli orchi che l’avevano assalito dai cespugli.
Mentre la battaglia proseguiva, Zilvira colse l’occasione per dimostrare ai suoi rapitori che quelli in vero pericolo erano loro, e non lei. Dopo aver ucciso l’orco agonizzante, uscì dalla gabbia, puntando il dito verso il Treant Non Morto e caricò nella sua mano una lancia di luce che si spiegò in volo, finendo il lavoro iniziato dagli altri avventurieri. Restava solo una cosa da fare dopo aver cancellato quell’odiosa puzza di non morte: cancellare anche le minacce che le si paravano davanti. Alzò lo sguardo verso Xantharanjeudeliun, osservando come stesse martoriando il corpo dell’ormai già martoriato orco che l’aveva colta di sorpresa alle spalle. Zilvira pensò immediatamente di lasciare alla sacra luce il dovere di giudicare l’empia creatura, liquefacendo le gambe a Xantharanjeudeliun (24 danni al primo livello). L’orco arciere, notando che la sua prigioniera stava cancellando i suoi nemici, decise, in un atto d’onore, di abbattere Zilvira con una freccia nel ginocchio.
Intanto, L’Alto Druido non poté rimanere a guardare il gruppo combattersi a vicenda e così si manifestò a Jasmine, assicurandole che Zilvira non era una minaccia, ma un grande aiuto per la compagnia ed era una benedizione che si fossero incontrati in tale circostanza. L’Alto Druido curò Zilvira, permettendole di rialzarsi e difendersi. Il gruppo capì l’errore commesso, terminando la battaglia uccidendo l’ultimo orco.
Ancora ignari di ciò che i loro nemici avevano in serbo per loro, si presero un attimo per riposarsi e curarsi, facendo i primi passi in quella che potrebbe essere una grande storia, da narrare per eoni ed eoni. D’altronde, le mani di svariate divinità poggiano sulle spalle di questo gruppo, attendendo che compiano il loro destino.
Dopo il combattimento, tutti gli eroi trovarono un momento per leccarsi le ferite e parlare delle loro strade percorse fino a quell’istante. Zilvira stava curando i suoi nuovi amici quando, tutto d’un tratto, apparve da un cespuglio un alleato della Via della Luce, inviato per mandarle nuove informazioni riguardo la sua missione, visto che era appena stata liberata dalla cattività degli Orchi che la tenevano prigioniera. “La direzione è Pilastro Folgore. La hai un oggetto da recuperare ed è vitale per la riuscita delle tue missioni.”, disse l’alleato. Anche Jasmine, Xantharanjeudeliun ed Ikant erano diretti a Pilastro Folgore. Jasmine doveva trovarlo per comprendere le sue visioni della Natura, mentre Xantharanjeudeliun e Ikant la aiutavano nei suoi viaggi, in cerca di qualcosa che desse un senso ai loro vagabondaggi. L’unica cosa che restava da fare era trovare la direzione per il Pilastro. Guardandosi attorno, Zilvira trovò un sentiero che probabilmente avrebbe portato alla loro meta. Percorrendo la strada, decisero, dopo un po’, che era il momento di fermarsi e riposare. Si accamparono ai lati del sentiero, lasciando fare da guardia prima Xantharanjeudeliun e poi Ikant, il quale attendeva solamente le sue ore di sole giornaliere. Durante la notte non accadde nulla di particolare, se non il solito Gelsomino che nasceva di fianco a Jasmine. Arrivata la mattina, Xantharanjeudeliun si mise a riposare dopo aver colto il Gelsomino di Jasmine, aggiungendolo alla sua scorta personale. Ikant terminò la sua ronda fino all’alba per poi aprire tutti i suoi rami verso il cielo e assorbire quella fantastica luce mattutina.
Gli eroi ripresero il viaggio e Jasmine utilizzò i suoi poteri druidici per parlare con gli abitanti della foresta e chiedere loro se la direzione che stavano seguendo era giusta. A rispondergli fu uno scoiattolo mattutino intento ad accendersi la sua ghiandaretta (ghianda+sigaretta) il quale, con accento molto marcato, le rispose che erano sulla giusta via. Ikant, vedendo Jasmine parlare con lo scoiattolo, non fu da meno e improvvisò un po’ di scoiattolese. “Ma sta cercando di parlarmi? Ao, ma che sta a fa’?” rispose lo scoiattolo, vedendo che Ikant stava tentando inutilmente di parlargli.
Camminando verso il Pilastro, Xantharanjeudeliun iniziò a mangiare delle bacche intraculari di Ikant, le quali le causarono non pochi disturbi intestinali. Il culmine dello sfogo avvenne mentre tentò di salire sulle fronde dell’albero in movimento, il quale non venne inondato di liquame perché la Fornace con le gambe riuscì a resistere all’attacco di diarrea. Dopo mezz’ora di cammino arrivarono a destinazione. La foresta terminava 4/5 metri prima delle mura del Pilastro, lasciando un piccolo spazio verde, privo di alberi o arbusti. La zona era colma di carrozze rotte, assi di legno buttate in giro per il sottobosco e nessuno era a guardia del Pilastro. Jasmine tentò immediatamente di parlare con gli animali, ma non ottenne risposta. Nessun nido era presente nei dintorni del pilastro e nessun uccellino cinguettava vicino alle mura. Sospettosi di un assalto, tentarono di nascondersi in giro per la boscaglia. Non accadde nulla per minuti, quando uno dei carri li presenti iniziò a muoversi: dei goblin stavano tentando un’imboscata, ma si erano addormentati sotto il carro lasciando agli eroi il tempo di nascondersi. Solo Xantharanjeudeliun si lanciò, fungendo da diversivo per i goblin.
La battaglia iniziò e i goblin pensarono subito di poterla concludere con due attacchi, visto che l’unico avversario era la fornace con le gambe. Però, uno dopo l’altro, gli eroi uscirono dai loro nascondigli, assalendo i goblin e lasciandogli sempre meno speranze di vittoria.
Jasmine piombò dal cielo in forma felina, quasi fosse ormai una mossa standard. Assalì uno dei due goblin appena usciti dal carro assieme a Ikant, che si era fermato ad apprezzare l’energia solare mentre si mimetizzava nel sottobosco. Da distanza, Zilvira lanciò una saetta di luce verso il goblin più grosso, lo Sciamano, che stava lanciando maledizioni a tutto il gruppo di eroi, i quali erano presi da continui movimenti di bacino e tremolii quasi sensuali…
La battaglia stava andando per il meglio quando, dopo la morte di un goblin sgherro il suo corpo iniziò ad avere convulsioni. Una creatura bianca come la morte e con artigli insanguinati uscì dalla bocca del cadavere, quasi fosse stato appena vomitato. Era un Imp. Qualche eroe aveva infatti notato che le teste dei goblin erano attraversate da sfregi come quelle degli orchi combattuti i precedenza, quasi avessero un prurito bestiale sulla capocchia. Tutto tornava! Erano goblin alla mercè della Diabolista!
L’imp, in preda alla frenesia, si lanciò verso Zilvira per rifarle la capigliatura, aggrappandosi alla sua testa e tentando di grattare con gli artigli talmente a fondo da arrivare al suo cranio.
Intanto i goblin caddero uno ad uno sotto i potenti attacchi di Xantharanjeudeliun, la quale, come un frullatore, stava tranciando braccia, arti, orecchie, pettorali, e qualsiasi altro pezzo di carne attaccato a quelle povere creature. Jasmine non era da meno, ancora in forma felina e in preda alla frenesia, stroncò la vita ad un goblin, aiutando poi la Fornace su Gambe a terminare il lavoro. Ikant si ritrovò presto senza lavoro e decise di correre in aiuto della povera e scarnificata Zilvira. L’imp non le lasciava la testa, urlando come un folle:” Siiiiii, doloroso per te e piacevole per me! Devo sdebitarmi per avermi fatto nascere!”. Quando restò solo il selvaggio imp, il gruppo riversò tutti gli attacchi contro la malevola creatura, terminando il lavoro iniziato pochi turni prima. “Abbiamo ricambiato il favore, cosa si prova ora?”, disse Zilvira guardando negli occhi la belva morente.
Dopo aver sterminato la piccola rappresaglia goblin, agli eroi non rimase altro da fare se non guardare le alte mura di Pilastro Folgore e dirigersi verso le sue porte in ferro…
Le mura della torre erano imponenti e guardavano gli eroi dall’alto verso il basso. L’accesso a Pilastro Folgore era libero dalle maledette creature alle mercè della Diabolista; l’unica cosa da fare ora era attraversare le porte di ferro che fungevano da accesso all’interno delle mura. Fu Xantharan la prima a parlare :“Tutto quello che è stato creato dall’Arcimago non vale nulla! Giuro che questo portone lo butto giù!”, terminando la frase e avviandosi di fretta verso l’immenso portone. Le guardie di Pilastro Folgore erano intente a guardare la situazione dall’alto, ridendo tra di loro. Tutti dentro Pilastro Folgore sapevano dell’illusione creata dal Mago dei Sogni a difesa della torre solitaria. Xantharan si lanciò di peso e, non appena tentò di aprire le grandi porte di ferro con uno spintone, si ritrovò spanciata all’interno delle mura. “La Torre giudica tutti! Fate un passo avanti e scoprirete se, come la vostra amica, sarete degni di mettere piede all’interno del sacro territorio dell’Alto Druido!”, urlò una guardia dall’alto delle mura. Il gruppo di fece forza e si preparò ad attraversare le porte di ferro, mentre le guardie continuavano a ridere imperterrite. Una volta dall’altra parte, la prima figura a venire in contro agli eroi era Torrente, il Capo delle guardie di Pilastro Folgore, affiancata dal suo affascinante secondino, Sole. Ikant osservò Sole, guardandolo dritto negli occhi… e rimase estremamente affascinato dal suo sguardo, quasi non fosse in grado di toglierli gli occhi di dosso. “Beh, ho sentito che siete stati voi a liberarvi dei maledetti goblin che erano nascosti qui fuori dalle mura del Pilastro. Avete fatto un ottimo lavoro, ma ciò che mi preoccupa è che nessuno dentro la torre fu un grado di avvistarli…” disse Torrente. Gli eroi allora le posero alcune domande riguardanti il Mago dei Sogni. Torrente rispose che era andato via settimane prima, lasciando al pilastro il suo assistente, l’Alchimista Melvin, che si trovava nella sua solita capanna dietro il pilastro a contemplare i suoi intrugli. Torrente chiede al gruppo se i goblin servissero qualche icona in particolare e fu sorpresa dallo scoprire che la Diabolista stava tramando all’oscuro della visione del Pilastro Folgore…
Il gruppo decide allora di avviarsi dall’Alchimista. Entrarono nella sua sistemazione, notando erbe e aromi da ogni dove, che riempivano le narici di tutti gli eroi. “Benvenuti, vi stavo aspettando.”, disse Melvin, con il suo falco pellegrino sul braccio che fissava incessantemente il gruppo. “Il Mago dei Sogni aveva detto che sareste arrivati, vi aspettava tutti. Ho delle cose da darvi e delle cose da farvi scoprire. Il Mago del Sogno crede in voi e sa che siete la chiave per la riuscita delle sue missioni.”. Guardò Xantharan e le disse :” Hai mai guardato nel passato, cara mia? Prima avevi una vita, una bellissima vita. Se mi permetti, posso raccogliere i tuoi ricordi e farteli vedere.”. A tale domanda, Xantharan rispose di si e, in stile Harry Potter, Melvin estrasse i ricordi della donnafornace, permettendole di vederli dentro un fonte pieno d’acqua. Xantharan immerse il viso nell’acqua, dove iniziarono a formarsi delle immagini…
“E tu, caro mio Treant! Non restano molti della tua specie! Eppure eccoti qui. Per te oggi ho qualcosa di speciale. Hai mai innestato una pianta? La tua amica, Jasmine, ha un fiore molto particolare. Essere nati in un periodo di grande fioritura porta i suoi frutti. Prova a prendere un Gelsomino dorato e innestalo in un tuo bocciolo… il fiore ti rivelerà ciò che ti attende.”.
Xantharan si ritrovò a cucinare dello stufato dentro un pentolone. I suoi pensieri confusi non le permisero di apprendere cosa fosse successo, quando un bambino iniziò a parlare:” Mamma mamma, è pronta la cena?”. Xantharan si riprese e capì all’istante il legame che c’era con quel ricordo: lei e il Mago dei Sogni, il cui nome reale era Leolund, erano sposati, molto molto tempo prima e avevano un figlio di nome Brombery. Xantharan apprezzò il ricordo fino a fondo, e tentò in tutti i modi di intervenire per modificare il futuro, parlando con suo marito e cercando di avvertirlo sul futuro. Ahimè, i ricordi sono ricordi e non si possono modificare. O forse…
“Che bel ricordo. Peccato che sia mio. Tutto qui è mio. Tu sei mia. Una mia marcescente creazione, uno scarto che COMUNQUE RIMANE MIO.”. Tutto d’un tratto, Leolund iniziò a disciogliersi come se fosse sabbia, permettendo a Xantharan di riconoscere quel mostruoso viso dell’Arcimago.
I rimanenti eroi fuori dal sogno, notarono Xantharan iniziare ad avere delle convulsioni e soffocare. Ikant e Zilvira si lanciarono subito verso la donna fornace, tentando di tirarla fuori dal fonte. Ci riuscirono, ma Ikant urtò il vaso, facendolo cadere. Quest’ultimo iniziò a ribollire e tutto il liquido nero si riversò all’interno della stanza, lasciando gli eroi nel buio più totale. “Non tutti i sogni sono destinati ad avverarsi, ma vi assicuro che questo lo farà.”, ringhiò l’Arcimago.
Dal buio più totale, apparve un tavolo, un calderone, una stanza. Xantharan riconobbe essere quella del suo sogno, solo che mancava tutto ed era buio pesto. Le pareti erano zeppe di ragnatele e in un bozzolo riconobbe Benjamin. Jasmine si trasformò immediatamente in un ragno, sperando di poter captare qualche rumore in particolare. La mossa fu quella corretta, e poté udire delle zampettate sul tetto. Due ragni stavano scommettendo chi sarebbe riuscito a imbozzolare prima l’albero gigante con le gambe. Zilvira e Xantharan si lanciarono fuori dalla casa. Una volta fuori, apparve davanti a loro un gigantesco ragno, che stava scendendo il tetto della casa davanti, distruggendone le tegole. Iniziarono lo scontro.
Zilvira si ritrovò fin da subito in preda ad incessanti morsi da parte dei ragni, trovandosi costretta a ripararsi in lontananza, combattendo da distante. Xantharan, assieme a Ikant e Jasmine, ingaggiarono la battaglia, attaccando i ragni che erano sopra il tetto e fronteggiando il ragno gigante. Jasmine troncò 2 ragni medi, mentre Ikant, con il potere del Grande Drago D’oro ne uccise un altro. Zilvira, iniziò a curare gli alleati e nel mentre che si allontanava dalla battaglia, inciampò su delle uova che si schiusero, facendo fuoriuscire dei cuccioli di ragno inferociti. Nel mentre, Xantharan accumulò così tanta rabbia che esplose, bruciando di ira. Iniziò a roteare su se stessa, lacerando qualsiasi cosa si contrapponesse tra lei e il ragno gigante, squarciando un ragno medio e iniziando a danneggiare il ragno grande. In un atto di rabbia incontrollata, la fornace iniziò a bruciare di un blu intenso, che le permise di effettuare un altro attacco. Con un solo turno, stroncò il ragno gigante, ponendo fine alla minaccia maggiore. Jasmine, intanto, si ritrovò accerchiata da altri due ragni che si stavano assaporando il cosciotto di orsogufo, ma non abbastanza da fermarla. Con un balzo, squarciò in due un ragno e l’altro lo uccise affettandolo con i suoi artigli e le sue ali ormai diventate di ferro. Zilvira riuscì a liberarsi dell’ultimo ragno e il gruppo pose fine alla battaglia.
La città restava silenziosa e il buio ricopriva tutto… la domanda sembrò ovvia: dove erano finiti e dove si nascondevano tutti?
Le domande erano molte e il gruppo non riusciva ad ottenere risposte. Dove erano finiti? Cos’era quel posto e cos’era successo a tutti gli abitanti di Pilastro Folgore? Guardandosi attorno non erano in grado di vedere nulla se non case abbandonate e insediamenti completamente ricoperti di ragnatele e uova di ragno. Tutto d’un tratto, un uomo incappucciato si nascondeva in un vicolo del piccolo insediamento. Ikant lo notò immediatamente e con il suo solito tatto da Treant avvertì tutto il gruppo della presenza estranea. L’uomo incappucciato era un dragonide dalla pelle dorata e si presentò come servitore del Grande Drago d’Oro. “Come siete entrati in quest’epoca? Come siete finiti dentro il Sogno dell’Arcimago?”, gli eroi allora spiegarono tutto quello che era successo nella capanna dell’Alchimista. “Beh… se il Sogno Vivido è qui con voi questo è un problema. Il Mago del Sogno ha creato una creatura durante i suoi studi che possiede il potere di farvi uscire dal Sogno in cui vi trovate. Qui siamo nell’anno 768, 2000 anni prima della vostra epoca. La creazione del Mago del Sogno è l’unico modo per tornare alla vostra Realtà. Trovate il Sogno Vivido e non perdetevi per strada lungo il tragitto. Questa non è la vostra epoca e non dovreste rimanere dentro il Sogno dell’Arcimago. Non è sicuro per voi e nemmeno per noi. Ora andate, il Drago d’Oro è con tutti voi.”, disse il guerriero Draconico. Il gruppo si avviò allora verso il centro della cittadina. Zilvira riconobbe che effettivamente si trovavano ad un Pilastro Folgore, ma non quello che avevano visitato in precedenza. Le strade, le curve che percorrevano i vicoli, le case, tutto ricordava in modo vago il Pilastro Folgore che avevano visitato in precedenza. Ma cos’era un Sogno Vivido? In che luogo ed epoca si trovavano allora? Di chi era questo sogno e per quale motivo era pericoloso restarci dentro? Tutte queste domande ancora non trovavano risposta e forse era ancora tutto confuso per capirci qualcosa. Gli eroi concordarono che l’unica strada percorribile era quella di proseguire e raggiungere il Pilastro, facendosi strada tra i pericoli del Pilastro Folgore del Sogno dell’Arcimago.