SeaCleaner

SeaCleaner è un progetto di Citizen Science, frutto di un'idea di CNR-ISMAR e l’INGV, che si occupa del problema dei rifiuti antropogenici in ambiente marino. 

Il problema della plastica in mare è un problema crescente su cui, negli ultimi anni, si è posta sempre più l’attenzione politica, mediatica, sociale e scientifica.

Tra i tanti progetti di ricerca che si occupano di questo problema c’è il Progetto SeaCleaner, un progetto di citizen science nato nel 2013 grazie ad un’idea di Silvia Merlino del CNR-ISMAR (Istituto di Scienze Marine) e alla collaborazione con INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) della Spezia. Sin dai primi anni il progetto ha visto susseguirsi numerose collaborazioni con organismi ed enti di ricerca (DLTM, ENEA, CNR-ICCOM, UNIPI) ed associazioni (ToScience, Marevivo LIPU e Legambiente). Negli ultimi anni si sono create, però, delle collaborazioni stabili con alcuni istituti di ricerca, fra cui l' Istituto di Fisiologia Clinica, l’Istituto per la BioEconomia e l’Istituto per i Processi Chimico Fisici, tutti e tre del CNR, e con Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta.

Il focus del progetto è ottenere informazioni sulla presenza, la distribuzione, la quantità e tipologia e l'impatto dei rifiuti antropogenici in ambiente marino, uno dei problemi ambientali emergenti degli ultimi decenni, specialmente nelle aree costiere isolate o protette. In SeaCleaner tale problema viene affrontato da diversi punti di vista: 

-attraverso monitoraggi dedicati alla classificazione e alla quantificazione dei rifiuti marini antropogenici accumulati presso le aree costiere, ed allo studio delle dinamiche di accumulo dei marine litter. Tali monitoraggi e studi sono eseguiti sia secondo i protocolli di raccolta e classificazione manuale standard (Merlino et al., 2015, 2016, 2018 e Giovacchini et al., 2018), e spesso usufruendo dell'aiuto di volontari e studenti (citizen science), che per mezzo di tecnologie innovative, come quella dei droni aerei;

-attraverso esperimenti mirati a studiare come proceda l’effettiva degradazione di materiale di uso comune e di plastica, sia standard che biodegradabile o compostabile, in ambiente marino di superficie, di profondità, e in ambiente di spiaggia simulata;

-attraverso ulteriori esperimenti che permettano di tracciare e seguire le rotte che i rifiuti compiono una volta usciti dai fiumi (considerati come i vettori principali di immissione di rifiuti antropogenici in mare), e quindi capire quali siano, nelle diverse zone studiate, le condizioni e le zone principali di accumulo di tali detriti;

-attraverso l'educazione e la divulgazione, due strumenti importanti e prioritari per far sì che le conoscenze acquisite in ambito di ricerca si possano trasformare in consapevolezza del problema da parte di tutti, e quindi si traducano in comportamenti adeguati ed in azioni volte a prevenire e ridurre tali problemi.

Il progetto SeaCleaner dal 2013 ha coinvolto circa 3500 fra alunni, ricercatori e cittadini volontari nel monitoraggio dei rifiuti antropogenici marini (in inglese “Anthropogenic  Marine Debris” o AMD) che si trovano spiaggiati sui nostri litorali. Il logo stesso del progetto è stato creato da studenti di scuola superiore impegnati in uno stage di alternanza scuola lavoro nel 2014 (Merlino et al., 2015).

Citizen Science

Il concetto di Citizen Science è il fulcro attorno al quale ruota il progetto SeaCleaner (Merlino et al., 2018), in quanto i cittadini sono visti come parte attiva del processo di monitoraggio e raccolta dati: per mezzo di ricerche sul campo da effettuarsi assieme a ricercatori o formatori partecipando ad attività di ricerca a scopo scientifico ma anche didattico/divulgativo. I dati raccolti sono trasferiti a banche dati degli istituti di ricerca che partecipano a queste attività. I risultati vengono resi pubblici per mezzo di articoli scientifici ma anche tramite conferenze divulgative, report su riviste e in rete. Particolare attenzione si pone nel coinvolgere gli istituti scolastici, per mezzo anche di strumenti didattici quali i Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento (ex Alternanza scuola-lavoro). Lo scopo del progetto è quindi triplice:

1) Sensibilizzare maggiormente i giovani su queste tematiche ambientali e, con loro, anche gli adulti a loro prossimi (genitori, parenti);

2) Avvicinare i ragazzi alla scienza in modo attivo, divertente e appassionante. Gli studenti che partecipano a tali esperienze scientifiche ne escono con una conoscenza di cosa sia il metodo scientifico maturata sul campo e con un bagaglio di esperienze che li portano a una migliore applicazione delle proprie conoscenze e l’acquisizione di competenze difficilmente ottenibili in classe. A ciò si aggiunge, spesso, un’accresciuta confidenza nelle proprie capacità (non-formal learning e emotion-based learning).

3) Infine, l’aspetto di ricerca, ha abbracciato sia tematiche scientifiche che educative. Nel primo caso, la partecipazione di un gran numero di volontari e studenti, adeguatamente preparati, ha permesso ai ricercatori coinvolti nel progetto di acquisire un gran numero di dati scientificamente validi, e di utilizzarli per migliorare la conoscenza del problema, come attestano le pubblicazioni su riviste nazionali ed internazionali pubblicate, e le tesi di laurea magistrale discusse (vedi bibliografia). Nel secondo caso, per mezzo di questionari adeguatamente preparati, sono state effettuate valutazioni, correlate di analisi statistiche, allo scopo di comprendere quale fosse, per la popolazione, la percezione del problema dei rifiuti antropogenici presenti in ambiente marino e quale fosse l’impatto, in termini educativi, del progetto stesso sugli studenti coinvolti nelle azioni proposte.  I risultati mostrano come la strategia interattiva adottata, ed il fatto di far agire gli studenti direttamente sul campo, in stretto contatto con la problematica da affrontare e con i ricercatori stessi, contribuisce notevolmente a sensibilizzarli su queste tematiche, rendendoli più consapevoli del problema e di quali siano le possibili misure da attuare ed i comportamenti da assumere per ridurlo (Locritani et al., 2019).