Metodologie

TEAL, Technology Enhanced Active Learning

TEAL: Tecnologie per l'apprendimento attivo

Spazi policentrici, privi di cattedra, nei quali la lezione frontale è solo una piccola parte dell’azione didattica, mentre largo spazio è lasciato ai processi collaborativi, di brain storming, ricerca, peer teaching, rielaborazione, presentazione. Insomma aule laboratorio, aule di proprietà del gruppo, a responsabilità di gruppo, in cui il ruolo del docente assume il carattere di regista e facilitatore dell’apprendimento.

L’acronimo TEAL (Technology Enabled Active Learning) indica una modalità didattica basata sull’apprendimento attivo e assistita dalle ICT. Per questo tipo di didattica, occorrono spazi profondamente diversi da quelli che popolano le nostre scuole, basati su una filosofia dell’apprendimento non più di tipo trasmissivo. Spazi ampi, compositi, in cui si integrano molteplici funzionalità, ricchi di risorse tecnologiche e non solo, colorati, ricomponibili in molte configurazioni in base ai bisogni del momento e dunque modulari.


Le strategie didattiche per questi nuovi ambienti richiedono notevoli competenze, profondi ripensamenti della professionalità docente, tempo per la preparazione di nuove risorse, ma godono anche del vantaggio dato dalla collaborazione attiva offerta dai discenti come creatori essi stessi di materiali di apprendimento aperti e riutilizzabili. Largo spazio alle simulazioni, agli esperimenti hands-on, al gioco didattico, perché nell’apprendimento attivo è importante imparare dall’errore, essere liberi di sbagliare senza sentirsi giudicati, aver modo di argomentare il proprio ragionamento, di correggerlo strada facendo, di presentarlo agli altri.

Cooperative learning

La tecnologia, a volte percepita come un'entità complicata e distante, se utilizzata in gruppo, con una condivisione delle competenze e in modo cooperativo, diventa sicuramente più accessibile e strumento necessario per il raggiungimento di particolari obiettivi.

Il cooperative learning è una tecnica di conduzione della classe per la quale gli studenti lavorano in piccoli gruppi organizzati per attività di apprendimento e ricevono valutazioni in base ai risultati acquisiti. Il presupposto è che il risultato si consegue attraverso il successo di tutti e che all'interno del gruppo si crei una interdipendenza positiva. Quest'ultima si verifica quando uno studente collabora con altri suoi pari per il perseguimento di un obiettivo, dividendosi i compiti, condividendo materiali, risorse e informazioni, nel rispetto dei ruoli diversi all'intero del gruppo. Si attivano in questo modo competenze diverse: di leadership, di soluzione dei conflitti, di soluzione dei problemi e di capacità decisionali.

Peer education

Questa ulteriore metodologia, da non confondersi con la precedente, mira a favorire la comunicazione tra gli studenti, attivando lo scambio di informazioni e di esperienze nel gruppo dei pari e si basa sul presupposto che, gli adolescenti in particolare, considerano il confronto tra pari il miglior metodo formativo, in quanto si basa sulla condivisione delle conoscenze e delle esperienze. Anche in questo caso le competenze attivate sono diverse: problem solving, pensiero creativo, comunicazione efficace, empatia, efficacia personale e collettiva; gli studenti diventano più responsabili e acquisiscono competenze particolari che permettono loro di intervenire per la comunità, anche grazie all'uso integrato delle tecnologie.

Qui il parere della prof.ssa Letizia Cinganotto, esperta del MIUR, di Elena Mosa, ricercatrice di Indire, e del prof. Mario Morcellini.

Flipped classroom

L’idea-base della «flipped classroom» è che la lezione diventa compito a casa mentre il tempo in classe è usato per attività collaborative, esperienze, dibattiti e laboratori. In questo contesto, il docente non assume il ruolo di attore protagonista, diventa piuttosto una sorta di “mentor”,

il regista dell’azione pedagogica.

Nel tempo a casa viene fatto largo uso di video e altre risorse e-learning come contenuti da studiare, mentre in classe gli studenti sperimentano, collaborano e svolgono attività laboratoriali.

A tutti gli effetti il «flipping» non è tanto un approccio pedagogico, quanto una filosofia da usare in modo fluido e flessibile, a prescindere dalla disciplina o dal tipo di classe. È importante che il tempo "guadagnato" in classe grazie al flipping venga usato in maniera ottimale e che le risorse utilizzate dallo studente nel tempo a casa siano di qualità elevata, oltre ad essere calibrate sul livello di conoscenza fino a quel momento raggiunto dall'allievo. Una libreria di contenuti integrata con video online vagliati in base a qualità e accessibilità è il miglior punto di partenza per ottenere un buon risultato finale.

Debate

Nelle Avanguardie Educative (http://avanguardieeducative.indire.it) è presente una metodologia che nei documenti ministeriali (ad esempio il decreto 663 / 2016 del Miur) affianca spesso il Service Learning: il Debate. Trattasi di una pratica didattica ampiamente diffusa nel mondo anglosassone, e che ha radici nella disputatio delle università medioevali.

Gli studenti affrontano un tema dividendosi in squadre, e dopo averlo adeguatamente approfondito si fronteggiano usando abilità retoriche e dialettiche per far prevalere il proprio punto di vista. Leggiamo dalla presentazione su Avanguardie Educative: “il debate permette agli studenti di imparare a cercare e selezionare le fonti con l’obiettivo di formarsi un’opinione, sviluppare competenze di public speaking e di educazione all’ascolto, ad autovalutarsi, a migliorare la propria consapevolezza culturale e, non ultimo, l’autostima.

Il Debate allena la mente a considerare posizioni diverse dalle proprie e a non fossilizzarsi su personali opinioni, sviluppa il pensiero critico, allarga i propri orizzonti e arricchisce il personale bagaglio di competenze. Acquisire ‘life skill’ da giovani permetterà una volta adulti di esercitare consapevolmente un ruolo attivo in ogni processo decisionale”.