verba non volant
verba non volant
per fare luce su proverbi ed espressioni entrati nell’uso corrente e "donati" a noi dalle nostre lingue-madri, il latino e il greco.
16 dicembre 2023
In vino veritas
“Nel vino è la verità”
L’espressione trova le sue origini in un antico aforisma del poeta greco Alceo di Mitilene (Ἐν οἴνῳ ἀλήθεια); esso venne successivamente tradotto in lingua latina da Plinio “il Vecchio” (divenendo In vino veritas).
Tale frase ha acquistato fama mondiale, ma viene da sempre citata in modo incompleto: in realtà, per intero essa sarebbe In vino veritas, in Aqua Sanitas, ossia Nel vino c’è la verità, nell’acqua la salute.
Ma qual era il suo significato nell’antichità?
Partendo dal mondo greco, lo storico Erodoto ci ha tanto parlato dei Persiani all’interno dei suoi scritti; di tal popolo, conobbe anche i dettagli più nascosti, come la seguente regola: tutte le decisioni prese da ubriachi sarebbero dovute essere rivalutate da sobri.
Altri autori, però, hanno creduto si trattasse del contrario: nei momenti di ubriachezza, avrebbero dovuto ripensare alle decisioni prese da sobri.
Nel mondo romano, invece, lo storico Tacito ha descritto le usanze dei popoli germanici durante le riunioni del Consiglio, le quali si discostavano un po’ da quelle dei Persiani: era necessario bere alcol prima e durante l’assemblea, poiché solo da ubriachi nessuno sarebbe stato capace di mentire.
Ad oggi, l’espressione di cui sopra conserva pressappoco lo stesso utilizzo; difatti, è intrinseca l’idea che le persone, sature di alcol, possano perdere facilmente il controllo e possano esprimersi più liberamente, dicendo talvolta verità scomode.
18 novembre 2023
Excusatio non petita, accusatio manifesta
“Scusa non richiesta, accusa manifesta”.
Il detto di origine medievale trova la sua prima formulazione in San Girolamo (IV/V sec.) che, nell’Epistola 4, scriveva “dum excusare credis, accusas” (“mentre cerchi di scusarti, ti accusi”) ed è oggi diffuso nell’equivalente “chi si scusa, si accusa”. È usato da chi anticipa le proprie giustificazioni senza aver ricevuto un’accusa vera e propria, manifestando colpevolezza.
La locuzione non appartiene propriamente all’ambito giuridico, nonostante l’impiego di termini che si riferiscano all’ambito processuale. Tuttavia, la Corte di Cassazione è solita usare l’espressione per indicare nella discolpa delle parti in causa la presenza di un’autoaccusa implicita. È importante precisare che la locuzione non fa parte dei brocardi, cioè delle frasi latine con valore normativo usate in associazione alla legge.
Fonti: www.studiocataldi.it
09 maggio 2023
Avere una spada di Damocle sulla testa
“Avere una spada di Damocle sulla testa” è un’espressione usata per indicare un pericolo imminente, qualcosa di negativo che può accadere da un momento all’altro.
Tale modo di dire deriva da una storia molto antica il cui autore, probabilmente, fu Timeo Tauromenio (356-260 aC.), tramandata, in seguito, da Cicerone nelle sue Tusculanae disputationes.
Damocle, cortigiano alla corte di Dionisio I, tiranno di Siracusa del IV secolo a.C, invidiava lo stile di vita del re, tanto che passava le sue giornate desiderando di vivere nel lusso e nella ricchezza. Il sovrano, allora, decise di offrirgli uno scambio di ruoli per un giorno: lo invitò al banchetto e gli permise di sedersi sul suo trono. Ma, alla fine della cena, Damocle alzò gli occhi e vide pendere sul suo capo una spada sostenuta solamente da un crine di cavallo, simbolo delle preoccupazioni e dei pericoli che incombono sui sovrani. Questo bastò per far ritornare Damocle alle sue mansioni quotidiane.
Sitografia:
30 aprile 2023
Essere un cavallo di Troia
L’espressione, solitamente utilizzata in riferimento a una persona, indica una talpa, qualcuno che agisce in segreto all'interno di una comunità, di un'organizzazione per danneggiarla, dunque fa riferimento ad un inganno, ad una situazione apparentemente innocua ma che nasconde fini loschi.
In informatica la locuzione Cavallo di Troia (in ingleseTrojan horse) fa riferimento ad un virus diffuso attraverso programmi apparentmente innocui
L'espressione deriva dal famoso cavallo di Troia di cui parlò per primo Omero nella sua Iliade, seguito, poi, da Virgilio nell’Eneide.
Dopo dieci anni di assedio, i Greci decisero di ascoltare e attuare l’inganno ordito da Ulisse: abbandonarono sulla costa troiana un enorme cavallo di legno costruito da Epeo (con l’aiuto di Atena). Invece di ritornare in patria, alcuni tra i più valorosi guerrieri di Agamennone si nascosero all’interno del grande dono guidati dallo stesso Ulisse. Nonostante i tentativi di Laocoonte, guerriero troiano divenuto sacerdote di Apollo, di spingere i suoi concittadini a diffidare del nemico e di distruggere il cavallo, i Troiani lo fecero entrare in città considerandolo dono divino.
In tal modo, gli Achei riuscirono finalmente ad entrare a Troia, ad incendiarla e a sterminare i suoi abitanti.
Sitografia:
20 aprile 2023
Εὕρηκα!
Heureka
Voce greca (εὕρηκα, perfetto del v. εὑρίσκω «trovare») che significa «ho trovato»; secondo la leggenda trasmessaci da Plutarco e Vitruvio, sarebbe stata pronunciata da Archimede quando scoprì la legge fisica che va sotto il nome di «principio di Archimede», relativa alla spinta verso l’alto (spinta idrostatica: v. idrostatico) che riceve un corpo immerso in un fluido e che è pari al volume di fluido spostato. Capì che il volume di acqua spostata era uguale a quello della parte del suo corpo immersa. Si racconta inoltre che il desiderio di condividere questa scoperta fu talmente grande che si mise a correre nudo per le vie di Siracusa. Grazie a questa intuizione il matematico riuscì a risolvere il problema che gli era stato posto da Gerone. Il tiranno di Siracusa aveva commissionato una corona d'oro al suo orefice personale e, sospettando che l'uomo lo avesse imbrogliato utilizzando una lega d'oro e d'argento, rifilandogli quindi un copricapo fasullo, chiese ad Archimede quale fosse il metodo per valutare la purezza di un oggetto d'oro. Archimede, immergendo la corona nell'acqua, ne calcolò il volume e, quindi, verificò che il peso era inferiore rispetto a un uguale volume d'oro, rivelando così fondati i sospetti del sovrano.
Da allora eureka indica un'esplosione di gioia dopo la soluzione di un problema complicato.
La lettera iniziale ‘h’ col tempo venne eliminata in alcune lingue europee, tra cui lo spagnolo, l'olandese e l'inglese, ma venne comunque conservata in altre, come il finlandese, il danese e il tedesco.
Curiosità:
In California si trovano undici città con il nome di Eureka, la più grande delle quali fu fondata nel 1850 (nel XIX secolo erano circa una quarantina) e fu punto di partenza di una corsa all'oro minore nella Contea di Trinity nel 1850.
Sitografia:
Eureka, https://www.treccani.it/vocabolario/eureka1/
Eureka, www.wikipedia.it
04 aprile 2023
Fu Eschilo nella tragedia Agamennone a sancire in queste sole due parole il grande valore greco su cui si fonda l'eroismo degli uomini. È nella fatica, nella sofferenza che l'essere umano matura la conoscenza di se stesso e delle sue possibilità.
Nell’Agamennone la saga degli Atridi non è presentata come un meccanico gioco di vendette, ma diviene l’oggetto di un dibattito in una prospettiva etico-religiosa. Stando alla voce del coro, la sofferenza proviene ai mortali da Zeus, che attraverso di essa ha voluto avviare gli uomini, anche loro malgrado, sulla via della saggezza.
“Riconosco solo Zeus come colui che può sgravarmi dal peso della mia sterile angoscia… Egli ha aperto agli uomini le vie della prudenza, dando loro come legge “soffrire per comprendere”. Quando in pieno sonno, sotto lo sguardo del cuore, stillano i dolorosi rimorsi, la saggezza penetra in essi, loro malgrado.” (AGAMENNONE, VV. 160 E SEGG.)
Da qui la perentoria affermazione di Zeus: “chi agisce patisce” (Coefore 312) e “non c’è decisione senza sofferenza” (v. 442). La sofferenza inflitta dagli dèi è giusta in quanto corrispondente a un’azione umana sbagliata, ed è perciò didatticamente orientata e funzionale alla conoscenza.
Alla luce della funzione edificante della punizione è chiaro che l'essere umano si renda conto, scontando la propria pena, dell'esistenza di un ordine perfetto e immutabile che regge il suo mondo.
27 marzo 2023
L’espressione è contenuta nella lettera di San Paolo a Tito, discepolo incaricato di reggere la comunità religiosa di Creta. La lettera, parlando dell’importanza che i riti e le abluzioni avevano nella chiesa giudaica, si concentra sull’aspetto della purezza d’animo, di pensiero e delle opere.
Per cui, se tutto è puro per i puri d’animo, è vero anche il contrario, “omnia immunda immunidis”, che l’Apostolo spiega in riferimento alla corruzione e all’ipocrisia di alcuni religiosi della comunità cretese retta da Tito che deviano e corrompono i puri.
L’espressione è celebre per essere stata citata da Manzoni nel Capitolo VIII dei Promessi Sposi: Fra Cristoforo pronuncia il motto latino in seguito all’incertezza di Fra Fazio circa la convenienza di far entrare di notte nel convento Agnese e Lucia. Con l’affermazione “omnia munda mundis” fra Cristoforo intende sottolineare che nulla è sconveniente se le azioni sono governate da purezza, integrità e rettitudine d’animo.
Il detto latino, quindi, afferma che chi agisce con intenzioni pure e secondo coscienza rende puro (mondo, appunto) tutto ciò che compie.
Varianti: Cicerone, nel Libro IV delle Tuscuolanae Disputationes, scrive un concetto analogo: “Hominem frugi omnia recte facere”, cioè “L'uomo probo fa tutto con giustizia”; Diogene Laerzio scrive invece “L'uomo probo ha la coscienza completamente integra”.
Variante popolare è “ male non fare, paura non avere”.
Sitografia:
21 marzo 2023
La locuzione si ritrova nella pietra commemorativa dell’Apollo-1 della NASA ed è registrata in codice Morse sulla Voyager Gold Record lanciato nello spazio nel 1977.
immagine webL’origine della locuzione risalirebbe ai Greci e alla loro visione mitologica, secondo cui gli eroi, che avevano vissuto una vita difficile segnata dalla fatica, avrebbero avuto la possibilità di salire all’Olimpo, il monte degli dei.
L’espressione trova la sua prima formulazione nell’Eneide di Virgilio, dove, nel IX Libro, Apollo osserva dal cielo le gesta di Ascanio, figlio di Enea, e pronuncia le parole “Macte nova virtute, puer: sic itur ad astra”, cioè “Viva il tuo nuovo valore, fanciullo: così si giunge alle stelle” e in Seneca che, nell’opera Hercules furens, scrive “Non est ad astra mollis e terris via”, cioè “Non esiste alcuna via semplice dalla terra alle stelle”.
La frase latina esorta a perseguire i propri obiettivi, senza abbattersi per le difficoltà che si incontrano, perché sempre si riuscirà a rivedere le stelle (parafrasando il sommo Poeta).
Impieghi
La locuzione è usata negli stemmi nobiliari di origine medievale e nello stemma donato da Luigi XVI a Pierre Montgolfier, padre degli inventori della mongolfiera.
Nella Royal Air Force, la formula si trova nella variante “per ardua, ad astra” (“attraverso le cose ardue, alle stelle”).
Il film russo fantascientifico Cherez Ternii-K Zvyozdam prodotto nel 1981 con la regia di Ričard Viktorov ricalca fedelmente in cirillico il motto latino.
Fonti: www.studenti.it
11 marzo 2023
La traduzione della citazione latina in inglese è largamente impiegata: Spoken words fly away, written words remain.
immagine webLa frase fu pronunciata dal senatore Caio Tito in un discorso rivolto al Senato in cui invitava gli oratori a usare abilmente le parole per farsi ascoltare, per lasciare un segno nella memoria degli ascoltatori. Dunque, il significato originario della locuzione latina era opposto a quello odierno: era più facile imprimere e diffondere un messaggio usando la forma orale e non quella scritta, che necessitava di competenza per essere letta e quindi diffusa.
In seguito, si iniziò a considerare l'espressione secondo l’accezione per cui, se le parole volano di bocca in bocca, lo scritto costituisce un documento, del quale è difficile dimenticare o travisare il contenuto. La locuzione, quasi come una sentenza, invita ad essere prudenti quando si usa la forma scritta, perché, se le parole, affidate all'oralità, possono essere modificate, lo scritto rimane e potrebbe ritorcersi contro lo stesso autore.
Varianti: “Carta canta e villan dorme”.
Fonti: scriveregrammaticando.itscuola-e-cultura.itwww.impariamoitaliano.com