8 marzo e oltre è una rubrica che nasce con l'intento di far conoscere storie di eroine antiche e moderne, vicine e lontane. Storie di donne che hanno avuto il coraggio e la forza di innovare, di lottare, di tentare nuove strade, talvolta difficili o sconosciute. Storie di donne che sono state in grado, da sole, di costruire il proprio destino.
25 gennaio 2024
“Our family are an alternate stratification of poetry and mathematics.”
di M.R. Trupo VC SUAugusta Ada Byron, figlia della matematica Anne Isabella Milbanke e del poeta George Byron, nacque a Londra il 10 dicembre 1815. Trascorse la sua infanzia nella casa materna e venne indirizzata agli studi scientifici, poiché la madre non voleva che sviluppasse l’indole poetica del padre. Fra il 1842 e il 1843 diede vita ad un algoritmo per il calcolo dei numeri di Bernoulli, che in termini di programmazione oggi funzionerebbe sugli attuali computer. Ada realizzò il primo software pensando alla Macchina Analitica di Charlaes Babbage, una calcolatrice elettronica che si utilizzerà fra gli anni Trenta e Quaranta del Novecento; aveva capito le potenzialità di questa nuova macchina non solo con termini numerici, ma anche con simboli astratti. Ada ricevette lezioni di matematica dalla scienziata e divulgatrice Mary Somerville ed ebbe anche una corrispondenza con il matematico Augustus De Morgan, approfondendo le scienze naturali.
Sir Charles Wheatstone, fisico e inventore britannico, chiese di tradurre l'intervento dell'ingegnere Luigi Menabrea sulla Macchina Analitica per la rivista "Taylor’s Scientific Review" e il matematico Babbage, approfittando dell'occasione, chiese alla giovane traduttrice, Ada, non solo di tradurre, ma anche di aggiungere commenti ed esempi. Ada, nelle note della traduzione di Menabrea, corresse errori, presentò il suo algoritmo e anticipò un'era. Nonostante l'opposizione di Babbage, l'articolo venne pubblicato sulla rivista le "Philosophical Transactions". Nel 1835, Ada sposò il conte di Lovelace, William King, dal quale ebbe tre figli. Spesso ricevette a corte Charles Dickens e Micheal Faraday. Morì di cancro all’utero all’età di trentasei anni e fu sepolta, come lei desiderava, accanto a suo padre che non aveva mai conosciuto. I suoi scritti, fra cui le lettere con Babbage, ancora oggi non sono mai state pubblicati integralmente.
Nel 1979 ad un linguaggio di programmazione commissionato dal Pentagono fu dato il suo nome per sostituire i molteplici idiomi usati nella gestione di banche dati e sistemi d’arma.
Nel 1991, l'intera macchina di Babbage fu costruita per la prima volta presso lo Science Museum di Londra.
Fontihttps://www.enciclopediadelledonne.it/edd.nsf/biografie/ada-augusta-byron-lovelace/ https://pin.it/4tnTG1sZs28 dicembre 2023
“Uno scienziato nel suo laboratorio non è soltanto un tecnico, è anche un fanciullo posto di fronte a fenomeni naturali che lo impressionano come un racconto di fate.”
di S. Cupparo e M.R. Trupo VC SUMarie Curie è nata a Varsavia il 7 novembre 1867. È l'unica donna a vincere due premi Nobel (in due distinti campi scientifici); la prima donna a laurearsi in Scienze alla Sorbona e ad ottenere il dottorato in Scienze, la prima ad essere sepolta nel Pantheon degli uomini illustri. Tuttavia, tutte queste conquiste furono considerate troppo per una donna. I suoi successi, la sua libertà e il clamore attorno a lei attirarono critiche, come accadde a molte altre donne prima e dopo di lei. Iniziò di una vera e propria campagna contro di lei, in cui venne descritta come una donna che si occupava di cose ritenute maschili. Le polemiche erano iniziate già in occasione della candidatura per l'Accademia delle Scienze svedese, russa, ceca, polacca e americana. La stampa la descrisse come "l'assistente di Pierre" e "la Polacca". Nel frattempo, vinse il suo secondo premio Nobel, ma le consigliarono di non andare a ritirarlo per evitare ulteriori polemiche. Albert Einstein fu una delle persone che appoggiarono Marie Curie e le scrisse da Praga: "Stimatissima signora Curie, non si meravigli se Le scrivo senza avere nulla di ragionevole da dire, ma sono talmente arrabbiato per il modo indecente in cui il pubblico si sta recentemente interessando a Lei, che sento il dovere assoluto di dare sfogo a questo mio sentimento. In ogni caso, sono convinto che Lei disprezzi coerentemente questa gentaglia, sia che essa Le mostri ossequiosamente stima o cerchi di soddisfare il proprio appetito per il sensazionalismo! Sento il bisogno di dirLe quanto io ammiri il Suo ingegno, la Sua energia e la Sua onestà, e mi sento fortunato ad aver avuto la possibilità di conoscerLa di persona a Bruxelles..."
Fonti:https://www.collettiva.it/copertine/culture/2021/11/07/news/marie_curie-1618126//amp/https://pin.it/4zUKTbha.s. 2022/23
24 aprile 2023
“Sono ex tante cose ma non ex partigiana, perché essere partigiane è una scelta di vita e lo sarò sempre”.
di Sofia Leone IVC SUimmagine web
Nata a Novara nel 1924, Lidia Menapace, all'anagrafe Lidia Brisca, iniziò la “sua battaglia” partecipando alla Resistenza con il nome di Bruna e coltivò per tutta la vita i valori dell’antifascismo.
Partecipò alla Resistenza come staffetta, compito solo in apparenza meno rischioso, infatti le donne rischiavano quanto gli uomini, pedalavano una bici trasportando sulle spalle armi e tanto altro.
Partigiana non violenta, chiarì subito che non avrebbe mai sparato ad un essere umano; nel dopoguerra rinunciò al riconoscimento economico destinato ai partigiani affermando: “Non ho fatto la guerra come militare e ciò che ho fatto non ha prezzo e non è monetizzabile.” Se Lidia scelse di attivarsi per la pace, per difendere la sua patria che tanto amava, non lo fece né per soldi e né per riconoscimento, ma per amore e per senso del dovere verso il suo Paese. Dopo la guerra partecipò a molte manifestazioni, il suo motto era: ”la guerra fuori dalla storia”, convinta che costruire la pace in ogni modo è la maniera migliore di “ripudiare” la guerra, dichiarò: “Continuo ancora oggi a essere affascinata dall’idea che la storia umana può continuare senza guerra”.
A proposito della partecipazione delle donne alla Resistenza, affermò che ”senza le donne che rincorrevano l’esercito italiano in fuga la resistenza non avrebbe potuto esserci”; dunque le donne avevano svolto un ruolo fondamentale quanto quello degli uomini, uomini e donne avevano avuto bisogno l’uno dell’altro per vincere quella guerra e per liberare il Paese.
Laureata in Letteratura italiana, Lidia Menapace insegnò, con l’incarico di lettrice di lingua italiana e metodologia degli studi letterari, all’Università del Sacro Cuore di Milano, partecipò attivamente alla politica, infatti è stata la prima donna eletta nel consiglio provinciale di Bolzano nel 1964 nelle fila della Democrazia cristiana e, in quella stessa legislatura, anche la prima donna ad entrare nella giunta provinciale come assessora per gli Affari Sociali e la Sanità, infine è stata eletta al Senato nelle elezioni politiche del 2006 nelle fila di Rifondazione comunista. Terminato l’impegno parlamentare entrò nel Comitato nazionale dell’Anpi (Associazione Nazionale Partigiani d'Italia). Ha scritto per “Il Manifesto”, che ha contribuito a fondare,e ha pubblicato il libro autobiografico Io, partigiana. La mia resistenza (2014).
Lidia Menapace è stata ed è un grande esempio di donna: orgogliosa e lottatrice, con le sue azioni ha dimostrato che la donna è un essere straordinario, coraggioso e rispettabile quanto l’uomo.
Sitografia di riferimento:Lidia Menapace, semplicemente partigiana. Sempre in https://www.patriaindipendente.it/ci-guidavano-le-stelle/lidia-menapace-semplicemente-partigiana-sempre/ collettiva.itLidia Menapace in https://it.wikipedia.org/wiki/Lidia_MenapaceMenapace, Lidia in https://www.treccani.it/enciclopedia/lidia-menapace/13 aprile 2023
È morta la stilista britannica Mary Quant
Nata a Blackheath, l'11 febbraio del 1930, proveniente da una famiglia di professori universitari, Mary Quant studia al Goldsmiths College ma matura una passione per l'arte e per la moda della quale si serve immediatamente per esprimere il suo spirito anticonformista e libertino. Nel 1963 lanciò la minigonna simbolo della rivoluzione dell'abbigliamento femminile.
All'età di 16 anni intraprende una travolgente storia d'amore, che la porta a vivere “alla giornata”, viaggiando e sfoggiando capi sempre più eccentrici, soprattutto abiti e gonne. È proprio questa esperienza che avvicina sempre più la giovane Mary al mondo della moda, visto come strumento per trasmettere le sue idee, del tutto innovative per l'epoca. Dopo aver intrapreso i primi lavori, finalmente, insieme al marito, l'aristocratico Alexander Plunket Greene, nel 1955 apre una propria boutique “Bazaar”, nel quartiere di Chelsea, punto di incontro di artisti e intellettuali. Qui, servendosi delle sue clienti, che cominciano a richiedere abiti e gonne sempre più corti, lancerà mode rivoluzionarie: calze colorate a vista, pantaloni, abito a sacchetto, capelli corti e, soprattutto, l'intramontabile minigonna, da sempre considerata icona della storia del costume femminile.
Da subito la stilista si mostra sostenitrice delle donne e, tramite i suoi capi, riesce a parlare alle generazioni più giovani, utilizzandoli per rivoluzionare non solo la moda, ma anche lo scenario degli stereotipi di genere, abbattendone i pregiudizi e trasmettendo la volontà di emancipazione, intesa come liberazione da una società ancora fortemente tradizionalista e maschilista.
Per questo Mary Quant è considerata non solo come la stilista che rivoluzionò la moda, ma anche come colei che “rinventò le donne”, “tagliando la gonna e il mondo che c'era prima”.
Sitografia di riferimento:https://www.marieclarie.it/moda/fashion-news/a40149015/mary-quant-minigonna
https://primabergamo.it/persone/mary-quant-nominata-dama-taglio-gonna-mondo-prima/
25 marzo 2023
“Non è quello che diciamo o pensiamo che ci definisce; ma quello che facciamo.”
di Emilia Giannandrea IVC SUJane Austen nacque a Steventon Hampshire il 16 Dicembre nel 1775 da George Austen, pastore anglicano, e Cassandra Leigh. La sua era una famiglia numerosa, sono infatti in otto figli, ma Jane si legò particolarmente alla sorella Cassandra con cui aveva più affinità e conosceva meglio di chiunque altro. L’amore per la letteratura era sempre stato presente in famiglia, infatti Jane a soli 11 anni si avvicinò al mondo della scrittura che diventerà la sua migliore amica.
I romanzi per cui la ricordiamo e che l’hanno fatta diventare un'autrice così famosa sono sei, scritti durante l’età adulta: Ragione e sentimento del 1811, Orgoglio e pregiudizio del 1813, Mansfield Park uscito nel 1814, Emma del 1815, L'abbazia di Northanger del 1803 e infine Persuasione, uscito postumo nel 1818.
Della sua vita privata sappiamo ben poco. La sua educazione avvenne tra le mura domestiche ed ebbe una vita molto ritirata per tutto l’arco della sua infanzia e dell'adolescenza che trascorse a stretto contatto con le sorelle. Jane era molto riservata non voleva divulgare i suoi segreti a nessuno, si confidava solo con sua sorella Cassandra, la sua unica amica, che dopo la morte di Jane, decise di bruciare tutte le sue lettere così da custodire tutti i suoi segreti più intimi dalla curiosità di eventuali studiosi.
Le sue opere sono state a lungo sottovalutate e male interpretate, solo a partire dagli anni Settanta sono state riconsiderate, quando finalmente critici e lettori iniziarono a capire che Jane esplorava emozioni molto più profonde, facendo emergere dai suoi scritti la capacità di coniugare la tradizione al desiderio di emancipazione femminile.
Jane fu una grande femminista, ha insegnato ad essere donne in una società di uomini, esattamente quella in cui lei era cresciuta.
Il nome di Jane Austen per le suffragette era simbolo di libertà, una ribelle mascherata all’interno di una società maschilista, che non rinunciò al suo essere donna. Vissuta tra il Settecento e l'Ottocento, periodo in cui era impensabile che le donne potessero avere un destino diverso da quello degli uomini, Jane Austen ha insegnato e insegna a tutte le adolescenti ad essere libere e lo ha fatto e continua a farlo attraverso i suoi romanzi, che solo a una lettura superficiale sembrano presentare ciò che un uomo si aspetta da una fanciulla: matrimonio, casa e figli. Nei suoi romanzi c’è la vita che Jane non ha mai vissuto; non per imposizione, non perché non aveva alternative, ma perché tra la libertà di scrivere e il ruolo di moglie e madre, lei ha scelto la sua penna. Molti personaggi femminili dei suoi romanzi vedono il matrimonio come un sacrificio obbligato per ottenere una sorta di indipendenza e una casa propria: dalla testardissima Emma Woodhouse ad Anna Elliot, a Marianne ed Elinor Dashwood, finendo con Elizabeth Bennet, conosciuta ormai da tutti. Ognuna di loro è un frammento della donna che Jane Austen avrebbe potuto essere se avesse scelto di vivere un solo destino tra i tanti possibili e invece, lei ha scelto di scrivere e di vivere per sempre.
Jane Austen fu una donna pratica, ha scritto di quello che sapeva, ben conscia, più di quanto lo siano i lettori. Leggere le sue opere è come chiacchierare con un’amica brillante e sarcastica, pronta a farci notare tutte le stranezze dell’animo umano e a sorriderne, magari con le labbra nascoste dietro un ventaglio, o meglio, dietro una penna.
Sitografia di riferimento:https://www.mlaworld.com/blog/jane-austen-la-figura-femminile-nella-societa-nella-letteratura-romantica-vittoriana/https://dilei.it/lifestyle/essere-donne-societa-uomini-insegnamento-jane-austen/702433/#:~:text=Il%20nome%20di%20Jane%20Austen,mai%20al%20suo%20essere%20donna.https://mondointernazionale.com/domina/jane-austen-una-femminista-incompresa27 febbraio 2023
Artemisia Gentileschi, Susanna e i vecchioni, 1610 ca., Castello di Weißenstein.
Mia illustre signoria, Le mostrerò cosa può fare una donna
NOME E COGNOME: Artemisia Gentileschi
LUOGO E DATA DI NASCITA: Roma 8 luglio 1593
PROFESSIONE: pittrice
OPERE PRINCIPALI: Susanna e i Vecchioni, Giuditta che decapita Oloferne, Giuditta con la sua ancella, Conversione della Maddalena, Autoritratto come allegoria della pittura.
Artemisia Gentileschi, Giuditta che decapita Oloferne, 1620, Galleria degli Uffizi, Firenze.
Artemisia Gentileschi, nata l’8 luglio 1593 a Roma da Orazio e Prudenzia di Ottaviano Montoni, era la primogenita di sei figli. Suo padre era un pittore pisano, che solo dopo l’approdo nell’Urbe arrivò ai massimi livelli artistici. All’età di dodici anni Artemisia rimase orfana di madre e forse fu proprio da questo periodo buio che iniziò a trovare la luce nell’arte. Grazie agli insegnamenti del padre, riuscì a valorizzare sin da bambina il proprio talento. Dopo aver acquisito dimestichezza e familiarità con gli strumenti pittorici, Artemisia si dedicò alla rifinitura di opere iniziate dal padre inserendovi tratti ripresi dal Caravaggio. Alcuni critici del passato hanno dubitato circa il loro rapporto, pensavano vi fosse stata una frequentazione tra i due artisti; altri, invece, ritengono che ciò sia alquanto improbabile considerata la severità e le restrizioni di Orazio. Per lo stesso motivo, la giovane donna non potè incontrare sin da subito l’arte assieme a colleghi maschi: la pittura, ai tempi, era considerata una pratica esclusivamente maschile (o quasi).
All’età di quindici anni Artemisia iniziò a collaborare con suo padre e in quegli anni dipinse l’opera che la introdusse nel mondo artistico: Susanna e i vecchioni.
Probabilmente, la sua concreta formazione ebbe inizio attorno al 1605 per poi culminare nel 1609. Orazio riponeva molta fiducia nel talento della figlia, perciò nel 1611 decise di porla sotto la guida di Agostino Tassi, pittore talentuoso e dal brusco carattere, che fu coinvolto in diversi processi giudiziari e fu mandante di numerosi omicidi. Per il padre di Artemisia il suo male era invisibile, tanto da avere enorme stima di Agostino e da permettergli di frequentare la sua dimora.
È proprio nel 1611 che Artemisia, a soli 18 anni, subì diversi approcci da parte del Tassi e, nonostante i costanti rifiuti, venne violentata. È nota la descrizione dell’avvenimento fatta dalla stessa Gentileschi, colma di terrore e disprezzo per il suo maestro; «mi mise una mano con un fazzoletto alla gola et alla bocca acciò non gridassi», racconta la pittrice.Tassi, però, non si arrese: chiese la sua mano per rimediare al disonore arrecato a lei e alla sua famiglia.
Una donna del nostro secolo di certo non avrebbe accettato simile proposta, in quanto una violenza, soprattutto se carnale, non è perdonabile in alcun modo; stessa cosa avrebbe fatto un uomo se si fosse trovato nella stessa situazione. Purtroppo Artemisia nacque in un’epoca sbagliata, forse fin troppo chiusa per i suoi ideali: ai suoi tempi, difatti, vi era la possibilità di cancellare un reato di violenza carnale tramite il “matrimonio riparatore”, in quanto l’immaginario collettivo intendeva la violenza sessuale come cosa da niente, come cosa che non lede e non offende la persona colpita, anzi. Artemisia cedette, continuò ad avere rapporti con il suo maestro coltivando invano la speranza di sposarlo. La fanciulla non potè contare subito sull’appoggio paterno: Orazio tacque a lungo sulla vicenda, fino a quando non si scoprì che Tassi era già sposato, quindi impossibilitato al matrimonio. Da qui nacque la querela a papa Paolo V contenente la denuncia a Tassi. Si tenne un processo, dal quale il reo uscì praticamente indenne mentre i Gentileschi, subirono pesanti condanne morali, oltre alla crudezza (e crudeltà) dei metodi inquisitori del Tribunale. Artemisia testimoniò sotto tortura, costretta a provare la sua verginità precedente allo stupro e sottoposta alla sibilla (supplizio destinato ai pittori che consisteva nel fasciare loro le dita delle mani con delle funi fino a farle sanguinare).
Artemisia superò anche questo dolore e riprese coraggio grazie alla sua arte; si sposò con il pittore fiorentino Pierantonio Stiattesi; il matrimonio determinò il suo trasferimento a Firenze e l’inizio di una nuova stagione artistica. Fu quindi membro dell'Accademia delle arti e del disegno, stimata e apprezzata da Galileo Galilei e da Michelangelo Buonarroti. Poi si allontanerà da Stiattesi, fu a Roma, Venezia, Londra e infine a Napoli dove morì nel 1653.
Tra le sue opere, di grande rilievo è Giuditta che decapita Oloferne, opera dipinta a seguito del processo contro Tassi vicenda che, secondo parte della critica, influenzò il dipinto, probabilmente frutto dei sentimenti della donna. Difatti, è possibile notare la veemenza e la rabbia con la quale Giuditta uccide Oloferne sia dal sangue che sgorga dal suo collo, sia dai movimenti della donna stessa.
La fama di Artemisia Gentileschi fu grande presso i contemporanei ma probabilmente divenuta nota per gli avvenimenti della sua vita, invece Artemisia non merita di essere considerata e ricordata come “la vittima del Tassi”, ma come una delle più interessanti pittrici del Seicento.
Sitografia di riferimento
http://www.enciclopediadelledonne.it/biografie/artemisia-gentileschi/
21 febbraio 2023
22 gennaio 2022 “Il Collegio di garanzia dello Sport avrà per la prima volta un presidente donna, la scelta è andata su Gabriella Palmieri Sandulli, avvocato generale dello Stato”. E’ l’annuncio del presidente del Coni, Giovanni Malagò, al termine della Giunta Nazionale che si è tenuta presso il Palazzo H al Foro Italico. Prende il posto di Franco Frattini, che lascia dopo la nomina al vertice del Consiglio di Stato"
La giurista napoletana Gabriella Palmieri Sandulli è la prima donna a rivestire ruoli di prestigio politico, dalla nomina di avvocatessa dello Stato nel 2019, il 22 Gennaio 2022 è stata eletta Prima Giurista del Collegio di Garanzia dello Sport del CONI. Lei, come tante altre figure femminili,nel corso della sua carriera sia lavorativa che personale, dimostra la forza nella lotta della parità di genere, ormai in corso da molti secoli. La giurista ha avuto il coraggio di inserirsi nella politica dello sport che generalmente è guidato da soli uomini, convinzione ormai al limite dello smascheramento. Fino ad allora non era mai stata nominata una donna all'interno della Giuria del Coni. Dalla sua intervista, sono state evidenziate alcune considerazioni ritenute giuste e importanti che raffigurano anche il suo modo di pensare: riguardo la disuguaglianza di genere che caratterizza lo sport, ha affermato che nella maggior parte dei casi nello sport non conta il sesso maschile o femminile, ma contano i risultati raggiunti, la VITTORIA.
Il messaggio che la giurista cerca di trasmettere dalle sue dichiarazioni è quello di riuscire ad operare in maniera equilibrata. "Resta però il divario economico tra lo stipendio percepito dagli uomini e lo stipendio percepito dalle donne" afferma la giurista, sostenendo che il calcio professionistico maschile è pagato in modo diverso, favorito anche dagli sponsor, perciò sarebbe opportuno intervenire nel Gender Pay Gap.
Ciò che dimostra la sicurezza ed eleganza di questa donna è il suo rifiuto di essere chiamata avvocatessa, ma avvocato poichè non intende assumere titoli che possano delineare la differenza rispetto ad un uomo che svolge il suo stesso mestiere: "Faccio l'avvocato, non mi sento lesa se non vengo chiamata avvocatessa. Non mi piacerebbe fosse sottolineata la mia differenza rispetto a un uomo che fa il mio stesso mestiere solo dal titolo". Quello che conta non è il titolo di una professione, ma è metterlo in atto in modo egualitario.
28 dicembre 2022
Nome: Letizia
Cognome: Battaglia
Luogo e data di nascita: Palermo, 5 marzo 1935
Professione: Fotografa, fotoreporter e politica
Premi: W.Eugene Smith, Mother Jones Lifetime Achievement Award, The Erich Salomon Prize, Cornell Capa Infinity Award
Letizia Battaglia nasce a Palermo il 5 marzo 1935. Vive i primi anni della sua infanzia a Trieste, città che la rende felice e spensierata, in cui fa esperienza della libertà. La sua famiglia, però, torna a Palermo. Qui, a soli dieci anni, gli accade qualcosa che segnerà per sempre le sue scelte: viene molestata da quello che lei definisce “l’orco". Dopo aver raccontato l’accaduto, i suoi genitori decidono di chiuderla in casa, spaventati perché, in quanto “femmina” che cresce, il mondo può essere un pericolo.
È privata della libertà, che dimostra di poter riconquistare da sola scegliendo di sposarsi a sedici anni con un uomo sette anni più grande di lei, da cui ha tre figli. Non riesce, tuttavia, nel suo intento: il matrimonio si rivela una gabbia da cui uscirà solo all'età di trentotto anni.
Prende in mano la sua vita e incontra la macchina fotografica: un oggetto che non sapeva gestire, con cui - come disse più volte -andava un po’ a caso, ma che le ha permesso di dare una nuova piega alla sua vita, che le ha permesso di esprimersi e di essere libera per la prima volta. Grazie a quella “cosuccia”, diviene la prima donna fotoreporter a lavorare per un giornale italiano, il palermitano L’Ora.
Inizia a documentare gli anni di piombo, fotografa la sua Palermo, che ama e odia insieme, e si guadagna l’appellativo di “fotografa della mafia”: i suoi scatti testimoniano la guerra civile tra corleonesi e palermitani, le stragi di mafia, politici intenti a colludere con mafiosi, funerali di uomini “morti ammazzati”. I suoi scatti più famosi riguardano Peppino Impastato, Piersanti Mattarella, Cesare Terranova, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Andreotti che parla con i fratelli Salvo nell’Hotel Zagarella (le fotografie in questione saranno atti del Maxiprocesso a Cosa Nostra); degna di nota è la mostra allestita da lei e dal compagno Franco Zecchin a Corleone, da cui la folla si dilegua non appena compare la foto di Luciano Liggio.
Ma Letizia fotografa anche la sua di Palermo, i suoi quartieri, i suoi abitanti e soprattutto le sue donne, le bambine. La macchina fotografica di Letizia non abbellisce, non aggiunge edulcoranti: rappresenta la realtà così com’è, in bianco e nero perché simbolo di un Paese che vive a metà tra passato e presente, di una parte d’Italia dimenticata dalle Istituzioni. Letizia fotografa prevalentemente bambine, quelle di una città abbandonata, bambine con gli occhi tristi ma forti; solo dopo qualche anno, riuscirà a dare una spiegazione a questa sua inclinazione: aveva viaggiato moltissimo, in Europa, in Africa, in America, ma le bambine che fotografava erano solo quelle siciliane, ed erano quelle magre, non ancora sviluppate, con i capelli lisci, le occhiaie, lo sguardo serio, con gli occhi pieni di tristezza e di sogni, quelle che avevano un rapporto con Palermo, quelle in cui intravedeva il desiderio di giustizia, che aveva caratterizzato il suo rapporto con la sua città, bambine povere e ricche "perché il sogno della giustizia, della bellezza, direi il sogno dell’amore, ha che fare con l’umanità”.
Nel 1979 fonda il Centro di Documentazione “Giuseppe Impastato”. Diventa consigliera comunale di Palermo e assessore alla Vivibilità con Leoluca Orlando. Viene eletta deputato all’Assemblea Regionale Siciliana e nominata vicepresidente della Commissione Cultura.
Letizia non abbandonerà mai la macchina fotografica ma decide di interrompere la sua carriera nel 1992, in seguito agli omicidi di Falcone e Borsellino, ferita dalla troppa violenza e dalla brutalità del mondo che fino a quel momento aveva fotografato.
Nel 2002-2003 diventa co-direttrice della rivista tutta al femminile Mezzocielo. Lascia Palermo per Parigi, ma ritorna nella città che ama perché non può fare a meno di lei, nonostante tutto.
Intraprende un percorso di sensibilizzazione nelle scuole, nel 2017 il New York Times la inserisce fra le undici donne più influenti del mondo, nel 2020 inaugura a Firenze la mostra Nudi di donna e inizia a lavorare alla mostra Palermo nuda.
Muore a Cefalù il 13 aprile 2022.
Sitografia di riferimento:
https://fotografiaartistica.it
Bibliografia di riferimento
Simona Dolce, La battaglia delle bambine. Insieme contro la mafia, Mondadori, 2019
23 dicembre 2022
NOME: Giulia
COGNOME: Solomita
DATA DI NASCITA: 1937, Satriano di Lucania
PROFESSIONE: autista di autobus
Giulia Solomita è stata la prima donna del Sud e la seconda d'Italia ad ottenere la patete D. I coniugi Solomita e Camera gestivano un'impresa di famiglia, fondata nel 1959, quando Felice Camera acquista il suo primo autobus.
Fin da subito, Giulia si mostra tenace e coraggiosa davanti alla società degli anni Sessanta caratterizzata da un forte maschilismo. Entra subito nel cuore dei Satrianesi grazie al suo sorriso e alla sua disponibilità verso tutti e in particolare verso i più deboli e i più fragili. Giulia è stata un esempio di donna che è riuscita a coniugare il lavoro con l’amore per la famiglia. L’esame di guida non fu una passeggiata, spiega in un’intervista, nessun commissario voleva assumersi la responsabilità di promuovere una donna. Finché arrivò la sospirata teoria “mi chiesero anche di smontare un motore!” e la temutissima pratica “mi portarono davanti a una scuola, per vedere come mi comportassi con i bambini”. Poiché non c’erano ostacoli alla promozione ottenne finalmente la patente, per Giulia questo traguardo rappresentò innanzitutto una gratificazione personale e in secondo luogo si rese utile per l’impresa di famiglia. La richiesta del servizio Camera si stava espandendo pian piano in tutta la penisola, serviva almeno un altro autista e la Solomita pensò bene di aiutare il marito senza dover arrecare ulteriori spese all’azienda. Giulia ha trascorso metà della sua vita alla guida del pullman mostrandosi una “mamma accompagnatrice” nei confronti dei bambini di ogni età, muore il 9 Gennaio 2022 all’età di 85 anni.
Video intervista su Raiplay del 23 Maggio 2021
Sitografia di riferimento
foto: da autolineecamera.it
19 dicembre 2022
NOME E COGNOME: Clara Reisenberg Rockmore
DATA E LUOGO DI NASCITA: 9 marzo 1911, Vilnius (Lituania)
PROFESSIONE: musicista
OPERE: LP The Art of the Theremin, 1977
Clara Reisenberg (tale il suo cognome da nubile) nacque a Vilnius, territorio che un tempo apparteneva al Governatorato di Vil’na ma sottoposto al controllo russo. A soli due anni iniziò a suonare il pianoforte e due anni dopo diventò la più giovane studentessa di violino del Conservatorio Imperiale di San Pietroburgo.
Il suo primo insegnante fu Leopold Auer, il quale riconobbe sin da subito in lei un grande talento. Dopo la Rivoluzione russa, tuttavia, i genitori di Clara decisero di fuggire dal Paese. Intrapresero un lungo e pericoloso viaggio da clandestini in cerca di un nuovo posto in cui vivere negli USA. Grazie ai concerti che Clara e sua sorella davano lungo il tragitto, la famiglia riuscì a pagare tutti gli spostamenti fatti. Attorno al 1921 sbarcarono a New York, pensando di poter vivere finalmente in tranquillità. Ma Clara fu costretta ad abbandonare la colonna portante della sua vita: lo studio del violino. La ragazza sviluppò dei problemi ossei al braccio (probabilmente a causa della malnutrizione) che le impedirono di continuare a suonare.
Ma se i miracoli esistono davvero, Clara ne ricevette uno: scoprì uno strumento musicale per il quale non era necessario utilizzare le braccia allo stesso modo del violino. Scovò un dispositivo per musica elettronica che stava iniziando a diffondersi sia in Russia che negli Stati Uniti: il theremin, uno strumento a radiofrequenza che permette di modificare il suono a seconda del movimento delle mani del musicista, il quale si trova in piedi dinanzi ad una sorta di contenitore. Come funziona questo strumento? È privo di pedali o tasti, presenta unicamente due antenne poste ai lati del contenitore; muovendo le mani all’interno di tale campo, è possibile controllare altezza e intensità del suono. Clara ebbe la fortuna di conoscere l’inventore del curioso strumento, Léon Theremin, il quale riconobbe nella ragazza una straordinaria abilità musicale. Theremin, secondo alcuni, si innamorò di Clara tanto da proporle più volte di sposarlo, ma lei non accettò mai, decidendo di sposare Robert Rockmore, dal quale avrebbe preso il cognome.
In ogni caso, la vita di Clara subì ormai una svolta: uno strumento così strano le diede la possibilità di raggiungere il suo sogno, quello di diventare una musicista famosa. Il theremin, infatti, la accompagnò nelle platee di New York, Philadelphia e Toronto. La musicista pubblicò, poi, nel 1977 il suo primo LP dal titolo The Art of the Theremin.
Clara Rockmore morì il 10 maggio del 1998, due giorni dopo aver accolto la nascita della nipote della sorella.
È davvero straordinario pensare che solo grazie ad un progresso in campo musicale e tecnologico Clara abbia avuto la possibilità di superare gli ostacoli che la vita le aveva posto dinanzi. Grazie ad inventori come Theremin anche i meno fortunati possono essere loro stessi, anche i meno fortunati possono essere ricordati. Clara e la sua musica, infatti, non sono mai state dimenticate.
Ecco allegato il link di un’esibizione di Clara Rockmore: suona “The Swam” https://youtu.be/pSzTPGlNa5U
Bibliografia di riferimento
F. Cavallo, E. Favilli, Storie della buonanotte per bambine ribelli 2, Verona, Mondadori, 2018
Sitografia di riferimento
https://www.focus.it/cultura/arte/clara-rockmore-chi-era-la-donna-che-rese-celebre-il-theremin
a.s. 2021/22
NOME E COGNOME: Malala Yousafzai
DATA E LUOGO DI NASCITA: 12 luglio 1997, Mingora - Pakistan
PROFESSIONE: attivista, lotta per i diritti civili, soprattutto per l'istruzione di tutti i bambini e le bambine del mondo
PREMI: Premio Nobel per la Pace (10 ottobre 2014)
OPERE: Io sono Malala, Garzanti 2013
I talebani, o talibani, sono un'organizzazione guerrigliera afghana e dal 15 agosto 2021 sono al potere in Afghanistan. La condizione della donna in Pakistan è tra le peggiori al mondo: la struttura e le relazioni sociali sono rigidamente patriarcali, la maggior parte delle donne non lavora e non studia, e non ha il permesso di uscire liberamente dalla propria casa, la nascita di una bambina è considerato un peso sociale. Alla fine del 2007 i talebani invadono la valle dello Swat dove vive la famiglia Yousafzai. Viene proibita ogni forma di divertimento, imposto il burqa alle donne e tolto loro quasi ogni diritto. Malala diventa corrispondente in incognito per la BCC urdu, documentando in un blog le condizioni di vita in Pakistan e le limitazioni quotidiane per le donne e le bambine. Firma i suoi articoli con il nome di Gul Makai “fiore di granturco”. Quando i talebani, a causa delle tante apparizioni pubbliche, intuiscono la vera identità di Gul Makai, il blog viene oscurato e Malala riceve dal Governo pakistano il primo Premio Nazionale per la Pace. Quando l’esercito internazionale riesce a sconfiggerli, sembra che la vita riprenda normalmente e Malala e i suoi possono tornare a Mingora: la città è distrutta e rovinata, ma le attività lentamente riprendono a funzionare e alle ragazze è consentito tornare a scuola a condizione che indossino il burqa.
Il 9 ottobre un uomo armato sale dalla parte delle ragazze chiedendo chi sia Malala: nessuna risponde ma le bambine più piccole si girano istintivamente e guardarla e l’uomo spara più volte. L’ultimo sparo raggiunge Malala alla testa. Viene accolta all’ospedale di Birmingham in Gran Bretagna. Malala sopravvive: devono ricostruirle la parte sinistra del cranio con una placca di titanio e impiantarle una protesi acustica per permetterle di recuperare l’udito all’orecchio sinistro. Ci vogliono mesi per riprendersi ma è sostenuta da migliaia di lettere e disegni di auguri e incoraggiamento da ogni parte del mondo. Dal letto di ospedale continua a leggere e a studiare, consapevole che non può tornare nella sua terra e che deve rifarsi una vita nel nuovo paese. Malala sopravvive.
Nel dicembre 2012 il presidente pakistano Asif Ali Zardari annuncia la creazione di un fondo in onore di Malala di 10 milioni di dollari destinati all'educazione, e nello stesso periodo prende il via la Fondazione Malala per sostenere l'educazione delle ragazze in tutto il mondo. Nel 2013 Malala è invitata a tenere un discorso alla sede dell’ONU a New York, dove ribadisce il proprio impegno nella lotta per il diritto allo studio e invita chiunque altro a combattere la povertà educativa (non solo femminile) con ogni mezzo a propria disposizione. Nel 2014 è la più giovane vincitrice della Liberty Medal della National Constitution Center per l'impegno per la libertà ma vince il premio Nobel per la pace per la loro battaglia contro la repressione dei bambini e dei giovani e per il diritto di tutti i bambini all'educazione''.
Si laurea all’Università di Oxford nel 2020 in filosofia politica, manifestando il desiderio di impegnarsi nella politica del suo paese per dare un futuro alle donne e, l’8 marzo 2021, annuncia una nuova collaborazione professionale con Apple dove crea storie digitali per ragazze disponibili in più di 20 lingue.
L’attivista ha deciso di proseguire la sua lotta e lo scorso 25 febbraio 2020 ha partecipato a un incontro con l’attivista svedese Greta Thunberg amica e compagna di battaglie internazionali. Questa volta hanno parlato di crisi climatica e di come questa influisca anche su diritti umani fondamentali, come il diritto all’istruzione.
La vita di MalalaYousafzai che lotta per i diritti civili, per l’istruzione e per i diritti delle donne sembra seguire un percorso tortuoso, costellato di successi, riconoscimenti internazionali e forti gesti di coraggio. Questo però continua a provocare reazioni violente da parte dei gruppi talebani che la osteggiano. Yousafzai, però, non ha paura di lottare per la verità e la giustizia.
“One child, one teacher, one book, one pen can change the world" significa che solo con la scuola e l’istruzione potremo costruire un mondo migliore, con più diritti e benessere. Ripetiamocelo ogni giorno quando entriamo nelle scuole, nelle università, diciamolo a gran voce a chi governa e da decenni sotto-finanzia il sistema scolastico, ponendolo sempre in fondo alla propria agenda d’investimenti e mettendolo alla fame, non capendo che solo dalla scuola si può ripartire per uscire da questa crisi non solo economica, ma anche di valori e diritti. Il miglior augurio di inizio d’anno scolastico ce lo ha lasciato Gramsci, quando, rivolgendosi a giovani uomini e giovani donne, disse: «Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza».
Un coraggio che si traduce anche in amore: il 9 novembre 2021 l’annuncio del suo matrimonio con Asser .
di C. Lo Gatto IVD SUSitografia di riferimento
hhtps://www.studenti.it/malala-yousafzai-biografia-e-storia.html
NOME E COGNOME: Frida Kahlo
DATA E LUOGO DI NASCITA: 6 luglio 1907 Città del Messico
PROFESSIONE: pittrice
A partire dal 1925, in seguito a un grave incidente automobilistico che la costrinse a lunghi periodi di immobilità, Frida Kahlo si dedicò da autodidatta alla pittura. Nel 1929 sposò D. Rivera con il quale ebbe un rapporto intenso e tormentato, condividendone l'impegno politico e la ricerca artistica, presto definita da un linguaggio personalissimo che fonde elementi surreali e naïf in atmosfere e immagini legate alla propria terra. In contatto dal 1938 con A. Breton e il gruppo surrealista, K. proseguì tuttavia isolata il proprio lavoro, che trovò negli autoritratti di un realismo violento e visionario e nelle desolate, talvolta inquietanti, nature morte i temi più congeniali.
Le sue opere sono emerse all'attenzione di un più vasto pubblico, negli Stati Uniti d'America e in Europa, a partire dagli anni Ottanta anche in seguito alla pubblicazione, a cura di H. Herrera, della biografia dell'artista: Frida: A biography of Frida Kahlo (1983). La casa in cui visse a Coyoacán, donata allo stato nel 1955, è stata trasformata in un museo a lei dedicato.
Messicana, diceva di essere nata nel 1910 con il nuovo Messico della rivoluzione, un po’ per vezzo, un po’ per ribadire il legame profondissimo con la terra natia e la sua storia. Pittrice di opere altamente simboliche e sature di colore, Frida si è ritratta con cura maniacale in ogni frangente, quello della sofferenza del corpo, ma anche nella luminosità di fiori, foglie rigogliose e cieli messicani azzurrissimi. La sua vita è stata tormentata da avvenimenti funesti – l’incidente che l’ha costretta ad un busto di gesso per 9 mesi della sua vita, la poliomielite da bambina, gli aborti spontanei, le operazioni alla colonna vertebrale – e Frida comincia a dipingere proprio in una lunga convalescenza. È il destino cinico e doloroso a renderla quello per cui sarà sempre ricordata: una delle più grandi artiste del Novecento. Frida diventa, allora, un simbolo indiscusso per tutte le donne con una rapidità unica nel panorama artistico mondiale e non è certo la storia personale tragica a renderla tale. Frida è una commistione evidente di talento, resistenza e vitalità; una maestra di libertà e indipendenza contro gli stereotipi che inchiodavano la donna a pochi ruoli predefiniti, ai codici di comportamento del suo e persino del nostro tempo. Infine, Frida è il simbolo, per tutte le donne, di come si possa accogliere la sofferenza e il dolore, che mai l’abbandoneranno nella sua intera vita, e trasformare il tutto in arte, colore, poesia.
di M. Fortunato IVD SU
Sitografia di riferimento
https://www.centodieci.it/arte/frida-kahlo-simbolo-donne/treccani.it/enciclopedia/frida-kahlo
NOME E COGNOME: Maria Tecla Artemisia Montessori
DATA E LUOGO DI NASCITA: 31 Agosto 1870, Chiaravalle (AN)
DATA E LUOGO DI MORTE: 6 Maggio 1952, Noordwijk.
PROFESSIONE: Educatrice, pedagogista, medico, neuropsichiatra, filosofa e scienziata.
MERITI: “Metodo Montessori”, prima donna a laurearsi in medicina in Italia, fondazione della Casa dei Bambini.
Maria Tecla Artemisia Montessori, figlia di Alessandro Montessori e Renilde Stoppani, nacque a Chiaravalle (AN) il 31 agosto 1870 e nella sua vita svolse attività di educatrice, pedagogista, medico, neuropsichiatra infantile, filosofa e scienziata italiana. In Italia, fu una tra le prime donne a laurearsi nella facoltà di medicina.Divenne famosissima nel mondo grazie al famoso metodo educativo per bambini che prese il suo nome, ovvero il “Metodo Montessori”. Questo metodo inizialmente fu utilizzato in Italia, ma a breve fu adottato in tutto il mondo, ed ancora oggi le scuole montessoriane vengono preferite ad altre.
Iniziò la scuola dimostrando grandissimo interesse verso le materie letterarie, un po’ meno verso quelle prettamente scientifiche come la matematica. Nello stesso periodo decise di iscriversi alla Regia Scuola Tecnica Michelangelo Buonarroti di Roma. Dopo il diploma iniziarono i primi scontri con il padre. Quest’ultimo vedeva nella figlia un futuro da insegnante, ma le idee del padre mal si conciliavano con gli interessi di Maria. Lei era sempre più indirizzata alle scienze biologiche. Dovette abbandonare l’idea di iscriversi al corso di Medicina poiché riservata esclusivamente agli studenti del Liceo Classico. Decise quindi di iscriversi alla facoltà di Scienze e dopo due anni di trasferirsi alla facoltà di Medicina, riuscirà a laurearsi brillantemente in questo corso di studi.
La Montessori manifestò immediatamente un interesse precoce nei confronti dei bambini con maggiori difficoltà, frequentando quindi assiduamente i quartieri più poveri di Roma ed informandosi sempre maggiormente sugli argomenti di igiene medica. Decise quindi di specializzarsi in neuropsichiatria infantile dedicandosi in maniera assidua alle ricerche in laboratorio. Si concentrò in modo particolare proprio sui batteri e le malattie presenti nei quartieri più poveri di Roma che aveva precedentemente frequentato. Maria ebbe molto interesse nel combattere per l’emancipazione femminile. Partecipò al congresso a Berlino nel 1896, totalmente finanziato dalle donne di Chiaravalle, cinque anni dopo anche al congresso a Londra . Nel 1988 otterrà l’incarico di direttrice della scuola ortofrenica di Roma, grazie al brillante intervento nel congresso pedagogico dello stesso anno a Torino.
In queste occasioni conoscerà anche Giuseppe Montesano, con il quale si legherà moltissimo tanto da avere un figlio, Mario. Maria decise però di partorire il figlio di nascosto e di affidarlo ad una famiglia laziale, finanziando però sempre le spese per l’istruzione. All’età di quattordici anni comparirà nella vita di Mario facendogli credere di essere una zia. Riuscirà ad ottenere l’incarico di tutore legale grazie alla morte improvvisa della precedente famiglia. Nel 1907 a San Lorenzo, Roma, aprì la prima Casa dei Bambini. Durante un congresso in America nel 1913 verrà presentata come la donna più interessante d’Europa. Con la comparsa del ventennio fascista in Italia venne accusata di legami con il regime, in realtà a Maria non interessavano minimamente le idee fasciste ma collaborava con quest’ultime solo per arrivare al suo fine ultimo: la costruzione della Casa dei Bambini in modo da poter tirare fuori i fanciulli dalla strada.
Nel 1926 organizzò il primo corso di formazione nazionale che preparava gli insegnanti ad utilizzare il suo metodo, con oltre 180 insegnanti provenienti da tutta Italia. Successivamente vennero chiuse tutte le scuole che insegnavano secondo il suo metodo sia in Italia che in Germania. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale si trova con il figlio in India, qui fu internata in quanto proveniente da un paese nemico. Riuscirà a tornare nella sua amata Italia solamente nel 1946 per poi trasferirsi nei Paesi Bassi. Il 6 maggio del 1952 morì a Noordwijk, nell’Olanda meridionale.
di F. Vitale IVD SUSitografia di riferimento
Michelle Obama, ex first lady e prima donna afroamericana a ricoprire questo ruolo. Figura di rilievo per l’emancipazione femminile in quanto ha sempre difeso i diritti delle donne, rivendicando il loro ruolo nella società, prima e durante la sua permanenza alla Casa Bianca; promotrice della campagna State of Women, volta a difendere i diritti delle donne e a trattare temi come la violenza di genere e la disuguaglianza nel mondo del lavoro; è stata inserita nella National Women’s Hall of Fame, l’istituzione che rende onore alle donne che si sono distinte in vari campi, dello sport o scienza o governo e che con il loro esempio hanno contribuito allo sviluppo del Paese; votata dagli americani “donna più ammirata” nel sondaggio Gallup 2018/2019, strappando il primato a Hillary Clinton.
È una donna che ha avuto la possibilità di studiare, privilegio che non ha mai dimenticato, per questo le sta così tanto a cuore il tema dell'istruzione femminile, per cui si è sempre battuta, in tutta la sua vita. Non tutte le bambine e ragazze, infatti, hanno la possibilità di portare avanti gli studi, anche quando magari vorrebbero. Ricordiamo il famoso discorso del 13 ottobre 2016 contro il linguaggio "offensivo e odioso" di Donald Trump, allora candidato Repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti. Disse: "Abbiamo visto questo candidato vantarsi di aver aggredito sessualmente delle donne. Non riesco a credere che sto dicendo che un candidato alla presidenza degli Stati Uniti si è vantato di aver aggredito sessualmente delle donne. E devo dirvi che non riesco a smettere di pensarci, mi ha scossa nel profondo, in un modo che non avrei mai immaginato. E dunque, nonostante mi piacerebbe fingere che questo non stia accadendo, e mi piacerebbe venire qui a fare un normale discorso per la campagna elettorale, sarebbe disonesto e ipocrita da parte mia passare semplicemente alla questione successiva, come se tutto fosse stato solo un brutto sogno. Non è qualcosa che possiamo ignorare. Non è qualcosa che possiamo nascondere sotto il tappeto. Perché quelle non erano semplici chiacchiere da spogliatoio".
Con questo suo discorso l’ex first lady ha urlato e precisato la forte disuguaglianza e le violenze di genere tutt’ora presenti nelle società, e che, per alcuni, sono ritenuti ancora validi e giusti da seguire.
di A. Guarini, M. Pellitta IVD SUSitografia di riferimento
https://www.zankyou.it/p/17-donne-che-rappresentano-un-esempio-di-lotta-per-i-diritti-femminilihttps://www.ispionline.it/it/pubblicazione/michelle-obama-modello-molte-donne-negli-usa-27448
Franca Viola nacque nel 1947 ad Alcamo da una modesta famiglia. A quindici anni, con il consenso dei genitori, si era fidanzata con un ragazzo del paese: Filippo Melodia; quando quest’ultimo venne accusato di furto e sospettato di essere legato alla mafia, il padre di Franca ruppe il fidanzamento fra i due giovani. Filippo Melodia partì per la Germania e, al ritorno, dopo aver scontato un breve periodo di reclusione, cercò di riallacciare il rapporto con la ragazza. Nel portare a termine il suo obiettivo non si fece scrupolo di usare minacce e intimidazioni contro il padre, che invece era fermamente intenzionato a proteggere la figlia tenendola lontana da lui. Andate a vuoto tutte le strategie mafiose intimidatorie, Filippo, con l'aiuto di un gruppo di balordi, decise di rapire la ragazza e con lei anche il fratellino: il 26 dicembre del 1965. Il bambino fu rilasciato dopo 48 ore, ma la ragazza rimase prigioniera per 11 lunghissimi giorni. Dopo una settimana di segregazione, subì anche violenza carnale e fu tenuta in isolamento e digiuna. Venne liberata dalla polizia il 6 gennaio 1966. Filippo Melodia venne arrestato insieme ai suoi complici, ma nessuno di loro ebbe timore di finire in carcere per troppo tempo perché, all'epoca, il rapimento per stupro e la violenza carnale non erano inquadrati come reati contro la persona e la legge 544 del codice penale prevedeva il matrimonio riparatore come alternativa alla pena. Fino a quel momento nessuna ragazza si era mai rifiutata di sposare il proprio stupratore: la paura di essere additata come “svergognata”, insieme a quella di rimanere zitella per tutta la vita, avevano sempre indotto le vittime di rapimento e stupro ad accettare il “matrimonio riparatore”, rassegnandosi così ad una vita infelice dove la violenza diventava doppia. Con la cosiddetta “paciata” tutto rientrava nella normalità: le due famiglie si riappacificavano, i reati di sequestro di persona e violenza carnale si estinguevano e veniva anche riparata l’offesa arrecata alla società. Dei danni subiti dalla donna sequestrata e violentata non se ne preoccupava più nessuno. Ma Franca Viola, supportata fortemente dalla famiglia, infranse quella assurda consuetudine: si rifiutò di dare luogo alla “paciata” e, quindi, di sposare Filippo Melodia; egli fu costretto a sottoporsi al processo insieme ai suoi complici. Alla fine Melodia fu condannato solo a 11 anni, la pena fu poi ridotta a 10 anni con l’aggiunta di due anni di soggiorno obbligato nei pressi di Modena. Proprio a Modena Melodia fu ucciso il 13 aprile 1978, due anni dopo essere uscito dal carcere. Franca Viola invece si sposò nel 1968 con Giuseppe Ruisi: la coppia ebbe due figli. Franca Viola vive tuttora ad Alcamo.
Quella di Franca Viola è una storia di emancipazione sociale non da poco, se si pensa che, secondo la morale del tempo, una ragazza uscita da una simile vicenda, ossia non più vergine, avrebbe dovuto necessariamente sposare il suo rapitore, salvando il suo onore e quello familiare e che la violenza sessuale era considerata oltraggio alla morale e non reato contro la persona.
Un esempio di coraggio per tutta l’Italia
Benché dopo questa tragica faccenda abbia preferito vivere una vita lontana dalla ribalta, Franca Viola è diventata un simbolo di libertà e dignità per tutte quelle donne che dopo di lei avrebbero subìto violenze, se non per l’Italia intera. La sua vita e la sua storia sono state anche di ispirazione per il cinema e, nel 1970, Damiano Damiani girò infatti La moglie più bella, in cui la protagonista è impersonata da un’esordiente Ornella Muti. A Franca furono inoltre dedicate anche varie onorificenze.
Le due Italie
Nell’aula del tribunale di Trapani va in scena anche la questione meridionale. L’attenzione mediatica sulla storia di Alcamo riflette la differenza del sud e il senso stesso della modernità per la società italiana. Sono gli anni in cui Camilla Cederna racconta il miracolo economico e la modernizzazione che hanno spogliato il sesso di molti paludamenti moralistici. Ma l’Italia di Cederna è quella dove sta aumentando la frequenza femminile nelle università. Le ragazze che vivono a Milano e dintorni, rivela uno studio, non vedono più il loro futuro come legato esclusivamente al matrimonio. Non è vissuto così al Sud. «Per la donna italiana spesso il matrimonio è l’unica sistemazione possibile» sottolinea il pubblico ministero che però ammette: “ma non la sola”.
La frase che più di ogni altra può riassumere questa vicenda è quella che pronunciò Franca Viola durante il periodo del processo: <<Io non sono proprietà di nessuno, nessuno può costringermi ad amare una persona che non rispetto. L’onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce>>.
di G. Viola IVD SUSitografia di riferimento
" È qui con suo marito?" Chiese convinta che fossi la moglie di uno dei relatori-scienziati. "Sono io mio marito"
Rita Levi Montalcini da Ragazze con i numeri di V. De Marchi e R. Fulci, Editoriale Scienza
NOME: Rita Levi Montalcini
LUOGO DI NASCITA: Torino
DATA DI NASCITA: 22 aprile 1909
LUOGO E DATA DI MORTE: Roma 30 dicembre 2012
PROFESSIONE: neurologa, accademica, senatrice a vita
Premio Nobel per la Medicina 1986
Ricordiamo Rita Levi Montalcini come una donna colta e innamorata della vita, un modello da prendere in considerazione. La prima battaglia la vinse all’età di 18 anni, non conducendo la vita tradizionale che le spettava ma iniziando invece il percorso di studi in medicina, laureandosi nel 1936 e iniziando la specializzazione in neurologia e psichiatria. Essendo ebrea, per via delle leggi razziali nel 1938, dovette emigrare e continuare gli studi all’Università di Bruxelles fino a quando, nel 1940, tornò a Torino e, scampata alle deportazioni nel 1944, divenne medico nel quartier generale anglo-americano. Nel 1947 venne chiamata come docente di neurobiologia alla Washington University e nel 1961 ottenne un incarico dal nostro CNR, per poi andare in pensione nel 1977.
Nel 1986 ricevette il premio Nobel per la medicina.
La Montalcini è stata la prima donna a essere ammessa alla Pontificia Accademia delle Scienze e il primo agosto 2001 è stata nominata senatrice a vita per aver dato lustro alla patria.
Attraverso la sua Fondazione ha fatto molto per aiutare le donne in difficoltà nei Paesi in via di sviluppo, si è battuta per il diritto all'aborto e ha portato avanti con determinazione il suo impegno in favore dell'emancipazione femminile. Insomma, la sua è stata una (lunga) vita dedicata alla scienza e all'umanità.
di N. De Stefano, G. Focaraccio, M. Uccelli, M. Viceconte IVD SUNon lo feci perché fossi particolarmente stanca. Non ero vecchia anche se molta gente pensava che lo fossi. Avevo 42 anni. NO, la sola cosa di cui ero stanca era di cedere.
NOME: Rosa Louise Parks (cognome da nubile: McCauley)
LUOGO DI NASCITA: Tuskegee (USA)
DATA DI NASCITA: 4 febbraio 1913
LUOGO E DATA DI MORTE: Detroit 24 ottobre 2005
PROFESSIONE: sarta, segretaria e attivista
Figlia di James e Leona McCauley, moglie di Raymond Parks, (attivo nel movimento dei diritti civili), Rosa Parks per buona parte della sua vita lavorò come sarta in un grande magazzino della città dove risiedeva. Dal 1943, Rosa, come il marito, aderì al Movimento per i diritti civili statunitensi e divenne segretaria della sezione di Montgomery della National Association for the Advancement of Colored People (NAACP). Nel 1955 iniziò a frequentare un centro educativo per i diritti dei lavoratori e l'uguaglianza razziale, la Highlander Folk School.
Il 1º dicembre 1955, a Montgomery, Rosa, all’epoca 42 anni, stava tornando a casa in autobus dal suo lavoro di sarta in un grande magazzino. Quando salì sull’autobus, non trovando posti liberi tra quelli “appositi” per la gente nera (sul fondo del pullman), occupò il primo posto dietro all'area riservata ai bianchi, nel settore dei posti accessibili sia ai bianchi che ai neri (i posti colorati) con l'obbligo per i neri di cedere il posto qualora fosse salito un bianco e non avesse potuto sedersi altrove. Dopo tre fermate, l'autista le chiese di alzarsi e spostarsi in fondo al mezzo per cedere il posto ad un passeggero bianco salito dopo di lei. Rosa, senza scomporsi, rispose in modo calmo e rifiutò di muoversi e di lasciare il suo posto. Il conducente fermò il veicolo e chiamò la polizia per risolvere la questione: Rosa Parks fu arrestata e incarcerata con le accuse di disturbo della pace e violazione delle leggi sulla segregazione. Da allora è conosciuta come The Mother of the Civil Rights Movement (la Madre del Movimento dei Diritti Civili).
"Non lo feci perché fossi particolarmente stanca. Non ero vecchia anche se molta gente pensava che lo fossi. Avevo 42 anni. NO, la sola cosa di cui ero stanca era di cedere"
Circa nove mesi prima successe un episodio simile alla più giovane, Claudette Colvin, anch'ella arrestata. Il caso della Colvin, tuttavia, non innescò le proteste e i risultati politici che ottenne quello di Rosa.
Quella notte, cinquanta leader della comunità afroamericana guidati da un pastore protestante, Martin Luther King, si riunirono per decidere come reagire, mentre già avevano avuto luogo le prime reazioni violente. Il giorno successivo cominciò il boicottaggio dei mezzi pubblici di Montgomery, protesta che durò per 381 giorni a partire da 5 dicembre di quello stesso anno, colpendo le casse comunali. Dozzine di pullman rimasero fermi per mesi finché non venne rimossa la legge che legalizzava la segregazione. Questi eventi diedero inizio a numerose altre proteste in molte parti del Paese. Lo stesso Martin Luther King scrisse sull'episodio descrivendolo come «l'espressione individuale di una bramosia infinita di dignità umana e libertà», aggiunse che Rosa «rimase seduta a quel posto in nome dei soprusi accumulati giorno dopo giorno e della sconfinata aspirazione delle generazioni future».
Nel 1956 il caso di Rosa Parks arrivò alla Corte Suprema degli Stati Uniti, che indicò come incostituzionale la segregazione in tutto lo Stato. Da quel momento, Rosa Parks diventò un'icona del movimento per i diritti civili.
Sebbene non fosse una leader del movimento, la figura di Rosa Parks divenne un simbolo importantissimo per gli attivisti e di conseguenza, divenne malvista dagli ambienti segregazionisti bianchi, contrari alla protesta nera. Ricevette numerose minacce di morte e, non riuscendo più a trovare lavoro, decise di trasferirsi all'inizio degli anni sessanta, a Detroit, nel Michigan, dove ricominciò a lavorare come sarta. Successivamente, dal 1965 al 1988 fu assunta come segretaria per il membro del Congresso John Conyers. Nel 1999 ottenne la Medaglia d'oro del Congresso. Morì per cause naturali a Detroit il 24 ottobre 2005.
di V. M. Morrone IVD SUSitografia di riferimento
https://www.unicaradio.it/blog/2020/12/01/rosa-parks-linizio-della-battaglia-non-violenta