SAN GIOVANNI IN CONCA RIVIVE GRAZIE AD INTERNET
I NUOVI ARRIVATI
Nel corso dei secoli, dal grande albero dei frati Carmelitani spuntano vari rami: intorno alla metà del Quattrocento ricevono l’approvazione papale i Carmelitani “della Congregazione di Mantova”, che mirano ad una più stretta osservanza della loro regola originaria. (Si trattava di Carmelitani "Calzati" e non "Scalzi"). Francesco II Sforza, ultimo e sfortunato Duca di Milano, dona loro nel 1531 la chiesa di San Giovanni in Conca, elargendo anche una somma di denaro in memoria del padre Ludovico il Moro. Una quindicina di anni dopo la chiesa otterrà lo “status” di parrocchia vera e propria.
L'arrivo dei Carmelitani rappresenta certamente per la chiesa un momento di svolta. Per 250 anni i frati assicureranno una presenza costante in un'antica chiesa milanese, collocata vicino al cuore del potere religioso e civile della città. Per i religiosi, d'altra parte, ciò significa poter mettere radici in Milano e consolidarvi la loro presenza, sia accrescendo il prestigio della chiesa loro affidata, sia dotandosi delle strutture necessarie alla vita della comunità. Importanti lavori sono eseguiti dopo le visite pastorali di San Carlo; nel 1576 hanno inizio altri lavori per la realizzazione del nuovo convento: una fabbrica impegnativa, che naturalmente prevede un chiostro, un refettorio, un edificio per i novizi, e che dura molti anni.
1. ANTEFATTO
Carlo Borromeo, nuovo arcivescovo di Milano, giunge in città nel 1565. Spira forte il vento della Controriforma (o "Riforma cattolica") ed il nuovo Pastore ha idee ben precise anche in campo architettonico e liturgico. Nel Duomo, ad esempio:
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Secondo un suo biografo, prima dell'intervento di S. Carlo il Duomo di Milano si trovava in queste condizioni: ↓
...però si vedeva questo magnifico tempio tutt'ornato di fuori, ma di dentro era quasi come un luogo profano apparendole pochissima forma di Chiesa; imperoche non vi era Choro ne Capelle, pochi altari, e con molta indecenza tenuti. In luogo di pitture sacre, imagini, e quadri divoti, si vedevano depositi e sepolcri de' Nobili, e dei Duchi di Milano, posti in luoghi eminenti, ornati di vanissimi fregi che ingombravano gran
parte della Chiesa e pendevano d'ogn'intorno arme & stemmi delle famiglie principali della Città; si che pareva più tosto, com'hò detto, un luogo profano che casa sacra di Dio. Oltre che vi erano due porte laterali che davano adito di passare da una piazza ad un'altra, cosa che rendeva il Duomo quasi che una strada pubblica, per la quale passava continuamente con gran concorso non solo il popolo confusamente...
Due fotografie, di oggi e di ieri, delle chiese di S.Maria Gloriosa dei Frari e dei Santi Giovanni e Paolo di Venezia. Possono aiutare ad immaginare l'aspetto di una chiesa costellata di sepolcri nobiliari con gli stemmi, monumenti equestri... (A destra, S. Maria Gloriosa dei Frari: opera di Vincenzo Abbati,1857) (Fondazione Cariplo)
2. AZIONE
San Carlo, naturalmente, inizia dalla Cattedrale, chiesa madre e modello per tutte le altre. La sua preoccupazione sembra soprattutto quella di evitare che apparati funebri, e dunque cadaveri, siano collocati al di sopra dei santi altari. Con grandissima determinazione, ma anche con una certa flessibilità, ottiene sostanzialmente ciò che desidera, facendo rimuovere dal Duomo le casse sospese con le salme dei duchi e delle duchesse di Milano. Entro il 1565 l'operazione può dirsi conclusa, non senza qualche eco polemica.
San Carlo compie la sua prima visita pastorale a San Giovanni in Conca il 9 agosto 1567, un sabato. Non è difficile immaginare cosa pensasse un vescovo così austero e rigoroso dell'arca funebre di Bernabò Visconti. Con i suoi sei metri di altezza essa (e naturalmente ciò che in essa era contenuto) dominava, nei pressi dell'altare maggiore, l’intera chiesa di San Giovanni in Conca. Il giudizio è dunque chiaramente negativo sia nella "Relazione", sia nelle "Ordinazioni" emanate in seguito alla visita. ►
In uno studio pubblicato nel 2009, Andrea Bonavita ipotizza che questa fosse la situazione che si presentò a San Carlo Borromeo quando visitò la chiesa nel 1567.
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LE DISPOSIZIONI DI S. CARLO PER IL MONUMENTO DI BERNABO':
L'arca di Bernabò viene definita una scultura "pulcherrima", ma sconveniente ("indecet" è scritto in latino) per quel luogo, dato che i Carmelitani, quando celebrano i divini uffici, sembrano rivolgersi non tanto a Dio, quanto a un idolo: un ricordo di quel "vitello d'oro" che gli Ebrei adorarono nel deserto. Sia dunque tolta l'arca e collocata a sinistra, subito dopo l'ingresso in chiesa (e dunque in una posizione defilata, ma pur tuttavia dignitosa).
PER CHI VUOLE APPROFONDIRE...
E' difficile sottovalutare l'importanza degli atti delle visite pastorali. Senza queste vecchie carte ingiallite non avremmo oggi notizie preziose sull'arte, la società, la cultura dei secoli scorsi. Per un approfondimento cliccare qui
1567 die sabati nono augusti vespere. Status ecclesiae parrochialis Sancti Joannis in Concha, Portae Romanae, Mediolani... Così ha inizio la Relazione della visita pastorale del card. Borromeo a San Giovanni in Conca, scritta da un segretario, nel latino ecclesiastico del tempo, come pure le "Ordinationes" emanate. I punti più importanti:
۞ una scala di dieci gradini porta alla zona del presbiterio, che risulta poco illuminata; il tabernacolo non sembra in buone condizioni e manca il vaso per conservare gli oli santi; a sinistra dell'altare vi è un piccolo organo; alla cripta si scende attraverso due scale poste ai lati della scala di dieci gradini; il battistero non è secondo le regole;
۞ la facciata è bella, con al centro un rosone di marmo con vetrata; vi è comunicazione diretta fra la chiesa ed il monastero dei Carmelitani; le campane sono tre, il campanile è "magnum" e vi si entra dalla chiesa attraverso una porta; andando verso l'uscita, a sinistra, vi è un sepolcro marmoreo su quattro colonne [quello della moglie di Bernabò, Regina della Scala? ]
۞ attigua alla chiesa ed al campanile vi è una cascina in cui si vende fieno, paglia e si tiene una stazione di posta e cavalli; sono inoltre nate controversie tra il convento carmelitano e gli ingombranti vicini, i Visconti, per questioni di confine, proprietà, denaro.
LAVORI IN CORSO...
֍ Il "San Carlone" di Arona, eretto in onore del Santo, è una colossale statua di rame alta più di 20 metri, terminata nel 1697. Chi vuole compiere una visita virtuale può cliccare qui. ֍
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→ Il rinnovamento di quegli anni sembra riguardare anche la decorazione pittorica: alcune fonti parlano di una “Gloria di Angeli” dipinta nella volta del coro (ma non è certo) dal pittore Giovan Paolo Lomazzo, un affresco probabilmente di grandi dimensioni.
Studi e documenti [Bonavita] indicano che San Carlo visitò la chiesa di nuovo il 6 marzo 1570, che nell'aprile del '71 i lavori da lui voluti non erano ancora stati eseguiti e che lo furono probabilmente entro l'ottobre. Era entrato in scena nel frattempo l'architetto VINCENZO SEREGNI figura di primo piano, già impegnato per molti anni nella fabbrica del Duomo di Milano. Opere più importanti realizzate sotto la sua direzione:
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Nel 1571 il Consiglio dei Sessanta Decurioni (uno dei massimi organi deliberativi della città) stanzia un finanziamento, su richiesta dei Carmelitani, per rimodernare la chiesa.
VINCENZO SEREGNI diresse anche i lavori per il nuovo monastero (dal 1576) e volle essere sepolto nella chiesa.
Intorno alla metà del Seicento a pochi passi da San Giovanni in Conca, i Barnabiti portavano avanti la costruzione della chiesa di Sant'Alessandro in Zebedia, iniziata nel 1602 (v. foto sopra). Ecco dunque sorgere la maestosa facciata dai due campanili, l'interno ricco di ori, stucchi, pietre dure: al confronto San Giovanni doveva avere un aspetto arcaico. Carlo Torre, nel suo “Ritratto di Milano” (1674) ricorda che era quasi tutta “sepolta in profonda Tomba” prima che iniziassero i nuovi lavori, sui quali esprime un giudizio lusinghiero.
I Carmelitani nel 1663 decidono infatti di "restaurare e ridurre in forma più moderna" (è scritto in un documento del 1662) la chiesa per adeguarla alle nuove forme architettoniche barocche. Tre anni dura questa campagna di interventi ed i lavori sono finanziati con un'eredità di un confratello carmelitano: essi vengono diretti dall'architetto FRANCESCO CASTELLI, uno dei più importanti del momento, autore di un progetto per la facciata del Duomo che fu al centro di un intenso dibattito da parte di architetti e studiosi di tutta Italia.
FRANCESCO CASTELLI è anche autore di un progetto, mai realizzato, per la facciata del Duomo di Milano (1650 circa). Esso fonde in modo nuovo la maniera gotica, sentita come qualcosa di potenzialmente protestante, ("alla tedesca") e quella classica ("alla romana").
Il Castelli propone un intervento che mira a trasformare ed aggiornare l'interno della chiesa con soluzioni più dinamiche e funzionali, rispettandone però la struttura di base. Ecco alcuni elementi:
Illustrazione A ►
Progetto di Francesco Castelli per il restauro di S. Giovanni in Conca, conservato alla Biblioteca Ambrosiana di Milano. Pubblicato da A. Scotti Tosini in un saggio edito nel 2004.
◄ Illustrazione B
Rielaborazione dello spaccato longitudinale della chiesa pubblicato dall'arch. Angelo Colla nel 1878. Sono evidenziate alcune strutture seicentesche.
◄ Illustrazione C
Disegno di Luigi Bisi (1830-1850 ca.) Rappresenta l'interno di San Giovanni in Conca dopo l'intervento dell'architetto Francesco Castelli. Si notano gli archi di forma semiottagonale, i capitelli e le colonne di ordine ionico-composito.
Illustrazione D
Un esempio di capitello ionico-composito.
Milano, Interno della chiesa di S. Maria alla Porta. Questa chiesa fu rinnovata sotto la guida dell'architetto Francesco M. Richini dal 1652. Dopo la sua morte, la direzione dei lavori passò (1660) proprio a FRANCESCO CASTELLI.
Il modello di S. Maria alla Porta fu tenuto presente dal Castelli nell'elaborare il suo progetto per S. Giovanni in Conca. Come si vede, la navata maggiore di S. Maria alla Porta era scandita da arcate su doppie colonne sormontate da edicole.
Dai documenti d'archivio risulta che, tra le spese sostenute durante questi lavori di rifacimento della chiesa, ve ne fu una di Lire 28 "per vino dato alla Maestranza" che sistemò un pilastro.
ALTRI GIUDIZI POSITIVI
Nella sua "Relatione", G. Gualdo Priorato scrive che l'architetto Castelli "s'immortalò nel riformarla [la chiesa] per la difficoltà di ridurla al segno di molta perfezione".
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Nel 1778, un secolo dopo circa, l'abate Francesco M. Gallarati scriveva: "Francesco Castelli staccò questa chiesa dall'antica sua barbarie con molto ingegno".
→ Galeazzo Gualdo Priorato (1606-1678) fu una singolare ed interessante figura di soldato, scrittore, diplomatico, avventuriero, storiografo, presente nei più diversi scenari europei. Nel 1666 pubblicò una Relatione della città e Stato di Milano, in cui (si veda il brano a sinistra) dà una valutazione molto positiva della "trasformazione" barocca dell'interno di San Giovanni in Conca.
RIASSUMENDO...
San Giovanni in Conca si avvia così ad assumere la forma che manterrà sino alle deplorevoli manomissioni ottocentesche. All'interno, oltre ai lavori già menzionati (che comportano comunque la perdita di gran parte della decorazione precedente) sono allestiti nuovi organi, nuove cappelle e una nuova sagrestia (1670-72).
All'esterno si ha la sistemazione delle porte laterali: la facciata si presenta insomma come una singolare "tavolozza", con una struttura di base "gotico-lombarda" sulla quale lo scorrere dei secoli ha lasciato una visibile traccia.