SAN GIOVANNI IN CONCA RIVIVE GRAZIE AD INTERNET
L'area dell'attuale piazza Missori è particolarmente interessante dal punto di vista storico, perché era collocata subito dopo la porta delle mura romane di Mediolanum e preceduta dalla solenne via porticata, con il suo arco trionfale, lungo la direttrice da e per Roma. Gli scavi archeologici effettuati in occasione dei lavori di costruzione della linea 3 della metropolitana soprattutto negli anni 1989-1990 hanno offerto dati significativi. E' stata fatta un'indagine approfondita sull'andamento delle strade, sui periodi di uso delle strutture, sugli interventi operati lungo il corso dei secoli, con il recupero anche di monete. Si è deciso poi di esporre al pubblico, nel mezzanino della stazione, i resti di un tratto di fognatura e di un tratto di strada lastricata in uso dal I al V secolo d.C. ↓
UNO DEI MOSAICI PIU' BELLI DI MILANO ROMANA
All'età del rame risalgono punte di freccia, segmenti di lama e selci (rinvenute nel 1888 durante uno scavo effettuato nei pressi della chiesa) che parlano di un'antichissima presenza umana. Qualche anno prima (1880) POMPEO CASTELFRANCO, ispettore alle antichità, aveva compiuto due saggi di scavo in S. Giovanni in Conca, rinvenendo fra l'altro crani di bambini, cocci di lucerna, di anfore e di tegole romane, frammenti di marmi preziosi e un pavimento, forse il più antico della chiesa. Approfondendo gli scavi, arrivò ad incontrare il pavimento a mosaico da cui è stato tratto il logo di questo sito e che si trova oggi al Museo Archeologico di Milano.
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P. Castelfranco ricorda:
"Venni a scoprire un magnifico pavimento a musaico romano, uno dei più belli che Milano abbia finora veduto tornare in luce. E' questo pavimento veramente una splendida opera (...) circa sei metri quadrati di una zona ricchissima, condotta a tesselli di vari colori, la qual zona (...) presenta in un quadro rettangolare un leopardo corrente"
(da "Notizie degli scavi di antichità")
Il pavimento è attribuibile al III secolo d.C. e testimonia l'esistenza di una grande e sontuosa domus romana sorta in un quartiere della città antica ormai divenuto residenziale. Negli anni 1948-1952 si demolisce ciò che allora restava della chiesa. Sotto la cripta romanica sono portati alla luce i resti di una cisterna romana che probabilmente serviva all'approvvigionamento idrico della domus, resti oggi visibili insieme all'imboccatura del tubo di piombo che vi portava acqua.
Una foto dello stesso mosaico scattata poco tempo dopo la sua scoperta (Fotografo non identificato)
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Tra le altre scoperte, alcune piastrelle pavimentali (rinvenute alla profondità di m. 1,57 ed oggi visibili riunite nella cripta) appartenenti alla prima fase della storia della chiesa, quella tardoantica. Il motivo decorativo ad esagoni e triangoli è molto diffuso a Milano fra il IV e il VII secolo d.C.
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Durante gli scavi degli anni 1948-1952 si scoprono murature indubbiamente appartenenti alla prima e più antica chiesa. Ci si chiede allora se San Giovanni in Conca possa essere una basilica paleocristiana della fine del IV - inizi del V secolo d.C.: somiglianze con la basilica ambrosiana di San Simpliciano lo lascerebbero supporre. Non tutti gli studiosi, però, concordano.
Fine del V secolo, allora? Oppure più tardi, nel periodo longobardo, in un arco di tempo che va dal VI secolo a tutto il VII secolo d.C.? Gli scavi del 1948-'52 forniscono comunque elementi per tracciare un profilo di come potesse presentarsi in origine la basilica: una lunga aula rettangolare di 53 metri per 17, orientata ad est; l'edificio terminava con un'abside semicircolare molto ampia, aperta da un grande arco trionfale. Addossati ai muri esterni della chiesa robusti contrafforti, chiusi in alto da un serie di arcate.
"La datazione della basilica, in assenza di rilevazioni stratigrafiche, è oscillante tra IV e VII secolo" (M. David)
Le dimensioni e l'impianto di San Giovanni in Conca inducono alcuni studiosi a ritenere che essa, come altre chiese (ad esempio di Milano e di Aquileia) evocasse la spazialità maestosa delle basiliche civili, prima fra tutte quella costantiniana di Treviri in Germania, che aveva funzioni di rappresentanza ed era sede per l'amministrazione della giustizia. L'assenza delle navate laterali evitava inoltre il problema di procurarsi costose colonne di marmo.▼ (Sotto: due immagini della Basilica di Treviri oggi)
A sinistra (in bianco e nero) una ricostruzione di S. Simpliciano e, sotto, di San Giovanni in Conca. Qui sopra l'esterno e, sotto, l'interno di San Giovanni in Conca (a colori) come presumibilmente avrebbero potuto presentarsi nel loro aspetto più antico. [G.Guidi-M.Russo]
Gabriele Guidi e Michele Russo del Politecnico di Milano lavorano, tra l'altro, nel campo della rappresentazione virtuale di beni culturali mediante tecniche di rilievo 3D digitale. Si veda "Rappresentazione diacronica di edifici antichi: studi sulla basilica di S. Giovanni in Conca a Milano", da cui sono tratte alcune immagini di questo sito. (Vai all'articolo)
Francesco Corni è specializzato in disegni di architetture e città del passato ed in rilievi archeologici. Ha illustrato diverse pubblicazioni riguardanti soprattutto il patrimonio artistico della Valle d'Aosta. In questo breve video disegna un particolare della cupola del Brunelleschi a Firenze.
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Nel 1949, durante i lavori di demolizione della chiesa, viene in luce nel sottosuolo, addossata ad antiche murature, parte di una tomba dipinta...
La tomba, rettangolare, [V-VI secolo d.C, ma potrebbe essere più tarda] è affrescata all'interno e le pitture attirano l'attenzione per la vivacità della rappresentazione.
Sul lato lungo un cervo ed una cerva, l'uno di fronte all'altra, ai lati di una croce, fra cespugli di rose. Il motivo del cervo viene preso dai Salmi ("Come una cerva anela ai corsi d'acque, così la mia anima anela a te, o Dio") e qui significa che il defunto aspira a congiungersi a Cristo, fonte della vita. Sul lato corto una palma carica di frutti tra due pernici suggerisce il tema dell'anima che si volge all'albero della vita, al Paradiso.
Restaurati, gli affreschi sono oggi nei Musei del Castello Sforzesco, ma prima erano rimasti esposti per qualche tempo alle intemperie in un'intercapedine del grande palazzo-albergo che sorge ancora oggi accanto al rudere della chiesa. Allora un illustre studioso di antichità milanesi consigliava di non staccarli, e di conservarli "in loco" al riparo di una custodia di vetro, cosa ritenuta fondamentale per un futuro e più accurato esame degli archeologi. [Bognetti]
Ravenna, Mausoleo di Galla Placidia, Lunetta con cervi che si abbeverano alla fonte (425-450 d.C)
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Alcuni docenti dell'Università di Macerata hanno realizzato un ricco archivio dedicato ai significati simbolici degli animali nell'arte e nella letteratura. [Vai alla pagina riguardante il CERVO]
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Se non era possibile avere il riposo eterno all'interno della chiesa, (la zona absidale era quella più ambita perché garantiva una vicinanza salvifica con i corpi santi sepolti), un altro luogo privilegiato per la sepoltura si trovava sotto la gronda esterna dell'edificio (la cosiddetta "sepoltura sub stillicidio"). L'acqua piovana, dopo aver assorbito la sacralità dell'edificio, arriverà a bagnare la tomba ed a propiziare la salvezza. Così si pensava in quei secoli, e la "tomba dei cervi" potrebbe essere stata una sepoltura di questo genere.
Il ritrovamento della "tomba dei cervi" ci dice che la zona di S. Giovanni in Conca, prima residenziale, era probabilmente divenuta zona cimiteriale.
Gli scavi hanno messo in luce la presenza di un tipo di suolo caratterizzato nell'antichità da acque stagnanti. Già negli anni '30 erano state segnalate tracce di paludi preistoriche tra piazza Diaz e via Paolo da Cannobio. Effettivamente in questa zona confluiscono acque sotterranee e la falda è più superficiale rispetto ad altre zone della città. Per il drenaggio dei terreni umidi anticamente venivano usate delle anfore.
Il ritrovamento di diversi pozzi di età romana, non lontano da San Giovanni in Conca, si potrebbe spiegare con la necessità di costituire una rete di scolo per eventuali inondazioni. Inoltre lo scavo di un gruppo di pozzi ha restituito dispositivi antichi per il filtraggio e il pompaggio dell’acqua.
Si è pensato inoltre che il porto dell'antica Mediolanum si situasse non lontano dalla zona di piazza Missori. Milano, per molti secoli "città d'acque", era servita fin dall'età di Augusto da una rete di canali e fossati navigabili ed era dotata di un porto, collocato subito al di fuori delle mura, forse un vero bacino, forse un semplice canale con una banchina. Era tra le attuali vie Baracchini, san Clemente, delle Ore ed avrebbe avuto una continuità di traffico commerciale fino al IV-V secolo d.C. Una seconda ipotesi indicherebbe invece l'antico porto di Milano nella zona di Piazza della Vetra.
Una ricostruzione ipotetica tratta dal blog Urbanfile. La voce delle città ci aiuta ad immaginare come potesse essere la zona portuale di Mediolanum.
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► Il Dipartimento di Elettronica e Informazione del Politecnico di Milano, ha realizzato un sito ricco di informazioni e curiosità dal titolo "La società romana di Milano alla fine del IV sec. d.C."
L'appellativo "IN CONCA" potrebbe essere dovuto proprio al fatto che la chiesa sorgeva in un avvallamento del terreno. (Ma ci sono anche altre ipotesi...)
Ancora oggi i nomi delle strade, a volte delle chiese, hanno molto da dirci. A due passi da piazza Missori c'è una via "Pantano" e c'era, in passato, la contrada Pozzolaghetto, nomi che rimandano alla presenza antica di acque. Alle spalle di S. Giovanni in Conca, nella zona dell'attuale piazza Diaz, prima degli sventramenti degli anni Trenta, sorgeva una chiesa di antichissima origine dedicata a S. Giovanni Battista. Veniva chiamata San Giovanni Itolano, o anche Isolano, con riferimento ad una sorta di "isola" in mezzo alle acque... Nel corso del Cinquecento, essa muta il titolo in San Giovanni Laterano: ebbene, c'è qualcuno che vorrà spiegare il nuovo nome con il fatto che in quel luogo "latent ranae", cioè "si nascondono le rane" !
L'orda dei Longobardi, nel 569, si abbatte su una Milano stremata da anni di guerre e invasioni. E' un trauma: il vescovo, l'alto clero, la classe dirigente latina lasciano la città, trasferendosi a Genova (per circa 80 anni) sotto la protezione dei bizantini. Edifici pubblici abbandonati, vaste aree non più abitate e destinate alla coltivazione all'interno delle mura, impoverimento nella cultura e nella tecnica: anche queste sono conseguenze dell'arrivo degli "uomini dalle lunghe barbe".
Difficilissima la situazione religiosa: molti fra gli invasori sono pagani; altri aderiscono all'arianesimo, l'eresia che già S. Ambrogio, in altro contesto storico, aveva combattuto. E' la regina longobarda Teodolinda a favorire una politica di "cattolicizzazione": operazione complessa, che incontra resistenze e difficoltà. Il contatto con la Chiesa e la progressiva fusione con le popolazioni locali favoriscono però lo sviluppo artistico e culturale, coniugando la tradizione germanica con quella classico-cristiana.
E' in questo contesto storico che va collocata una fase importante della vicenda di San Giovanni in Conca: quale che sia la data precisa di fondazione della chiesa, sono accertate le connessioni con il periodo longobardo.
Durante i lavori di demolizione del campanile, nel 1884 vengono rinvenuti due frammenti di una lastra tombale in marmo (tagliata in epoca medievale a scopo di reimpiego) che può essere datata al VI-VII secolo. Al centro di questa lapide, una croce, ai lati della quale si trova l'iscrizione celebrativa, in latino; il tutto incorniciato da una bordura decorata e, in origine, ravvivato da stucchi colorati, intarsi di marmo e pasta di vetro. Si tratta di un manufatto di eccezionale valore dal punto di vista storico e artistico.
"PER ALDO, UOMO ILLUSTRE, E' STATO FATTO QUESTO GRANDE SEPOLCRO DOVE EGLI SEPPELLÌ LA CONSORTE": così inizia l'iscrizione, che elogia il defunto, sia per aver apprestato il mausoleo di famiglia, sia per la nobiltà (egli infatti poteva vantare legami di sangue con la stessa regina Teodolinda, morta nel 625 circa). Forse la tomba dei coniugi era collocata all'interno della chiesa, magari in prossimità dell'altare (una posizione privilegiata), forse in un edificio annesso alla chiesa.
Abbandonando l'antica tradizione di seppellire i morti all'aperto (talora all'interno delle città), i Longobardi di alto rango cominciano a scegliere come luogo della sepoltura antiche chiese o edifici di culto di cui hanno essi stessi promosso la costruzione: è una evidente ostentazione del proprio "status" sociale, che conferisce anche prestigio alla chiesa scelta per la sepoltura. Era stata dunque questa nobile coppia longobarda a volere l'edificazione o il ripristino di San Giovanni in Conca?
Verso la fine, l'iscrizione dice così: "A CHI ABBANDONA LA CREDENZA DEI PESSIMI ARIANI LA POTENZA DIVINA POSSA DARE, CON UNA GIUSTA SPERANZA DI SALVEZZA, UN SERENO VIAGGIO LUNGO IL FIUME" (si intende verso l'al di là...). Dunque Aldo era un convertito dall'arianesimo al cattolicesimo e la lapide vuole sottolineare il suo gesto, consegnandolo alla solennità di un'iscrizione marmorea. Questa coppia di altissimo rango sembra proporsi dunque come modello per l'aristocrazia longobarda.
S. LUSUARDI SIENA, la studiosa cui dobbiamo l'interpretazione della lapide qui riportata, ipotizza questo percorso: dopo l'invasione longobarda e l'abbandono della città da parte del vescovo, San Giovanni in Conca avrebbe svolto il ruolo di "polo devozionale" per i longobardi seguaci dell'arianesimo. Aldo, dopo la sua conversione, avrebbe patrocinato la costruzione (o ricostruzione) della chiesa per finalità, per così dire, "propagandistiche", in accordo con il clero cattolico. In questo quadro egli avrebbe promosso una sorta di sconsacrazione e riconsacrazione della chiesa in chiave anti-ariana.
A sinistra la lastra funeraria di Aldo come si può vedere oggi ai Musei del Castello Sforzesco. A destra la sua ricostruzione con l'integrazione delle parti mancanti. Le prime tre righe, ad esempio, possono essere lette e completate (dove il testo manca) in questo modo:
+HOC FAC[tum est]
ALDONI[viro ill]
SEPULCHR[um magnum]