SAN GIOVANNI IN CONCA RIVIVE GRAZIE AD INTERNET
Sotto il governo di Maria Teresa d’Austria (1740-1780) giunge per Milano la stagione delle riforme. Il vento dell’lluminismo soffia sempre più forte ed influenza anche le politiche in campo ecclesiastico, che Giuseppe II, suo figlio, realizza con ancor maggiore determinazione.
Con Maria Teresa e Giuseppe II arriva dunque anche il tempo delle soppressioni di monasteri e conventi. In sostanza:
Tra il 1767 e il 1789 in Lombardia si effettuano più di 200 soppressioni di monasteri e conventi (femminili e maschili) e 55 di esse avvengono nel 1782. Vengono colpiti gli istituti non dediti all'educazione, all'assistenza dei malati, alla predicazione, agli studi.
E il 1782 è l’”annus horribilis” anche per i Carmelitani di San Giovanni in Conca. Secondo una statistica compilata qualche anno prima, essi risultano avere in Lombardia 4 conventi, con 57 sacerdoti e 18 commessi laici.
La soppressione ha effetto dal marzo 1782: i frati sono costretti a lasciare chiesa e convento. I loro beni sono incamerati dallo Stato. Buona parte della sostanza liquida è destinata dallo Stato al sostegno dell’istruzione pubblica ed alle parrocchie povere. (Da documenti d’archivio si può ricavare una curiosa “classifica”: per quanto riguarda almeno gli argenti ed i mobili, i Carmelitani di San Giovanni in Conca risultavano fra gli ordini religiosi più ricchi a Milano). Questa politica ecclesiastica, come è noto, continua anche negli anni successivi sotto il governo costituito dai francesi ↓
10 luglio 1798: il Direttorio Esecutivo della Repubblica Cisalpina decreta la soppressione di diversi conventi per incamerarne i beni. Al primo posto è qui citato il convento annesso alla chiesa di Sant'Antonio Abate a Milano.
La decadenza della chiesa sta per cominciare. Intorno alla metà del Settecento, essa si presentava ancora come la vediamo in una nota incisione di Marcantonio dal Re. A sinistra il palazzo dei marchesi "Caravaggi" (Sforza di Caravaggio), a destra quel che restava dopo molte trasformazioni di un altro palazzo del complesso di Bernabò Visconti (la cosiddetta "Ca' di Can"): edifici destinati anch'essi a scomparire...
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▀ 1782 ➽ Soppressione della Congregazione dei Carmelitani presenti in San Giovanni in Conca
▀ 1784 ➽ Il convento dei Carmelitani annesso alla chiesa viene dato in affitto
▀ 1787 ➽ San Giovanni in Conca cessa di essere parrocchia, ma continua ad essere aperta come chiesa
▀ 1799 ➽ La chiesa viene utilizzata come ricovero per i prigionieri di guerra austriaci e come sede delle operazioni di leva per le armate di Napoleone
▀ 1805 ➽ San Giovanni in Conca viene chiusa
▀ 1806 ➽ San Giovanni in Conca viene riaperta
▀ 1808 ➽ San Giovanni in Conca viene nuovamente chiusa "a servizio della Corona". Il conte Pietro Moscati compra il campanile della chiesa per adibirlo ad osservatorio meteorologico
▀ 1814 ➽ L’arca di Bernabò Visconti è trasportata a Brera. La chiesa è affittata a privati che la utilizzano come magazzino
▀ 1824 ➽ La chiesa viene adibita a rimessa delle carrozze di corte (utilizzate poi come rinforzo per alcune barricate durante la rivolta delle “Cinque Giornate" del 1848)
ED INFINE...
Ed infine, l'ultimo sfregio: a partire dagli anni Settanta dell'800 la chiesa è data in affitto alla Ferriera Migliavacca di Vobarno (Brescia) e trasformata in "Ufficio di Amministrazione e Deposito Ferri", come si legge nel ritaglio di giornale riportato sotto e come si nota in una storica foto di quegli anni. Il processo che avrebbe portato alla sparizione della chiesa era iniziato.
PER APPROFONDIRE... Una breve scheda sulla Ferriera di Vobarno. Cliccare qui
Nel 1865, in pieno fervore di rinnovamento del centro cittadino (nello stesso anno si iniziano i grandi lavori per la Galleria Vittorio Emanuele), il sindaco di Milano Beretta presenta al Consiglio comunale un progetto studiato dall’architetto Mengoni che, fra l’altro, prevedeva un rettifilo che avrebbe collegato la contrada S. Margherita (che immetteva in Piazza della Scala) con il corso di Porta Romana. La nuova via si sarebbe chiamata "Carlo Alberto" (il padre del Re) ed avrebbe permesso un collegamento diretto fra la Piazza del Duomo e la direttrice Sud.
Sarebbe stata inevitabilmente abbattuta la chiesa di San Giovanni in Conca, che con la sua posizione ostacolava la realizzazione della nuova strada: nessuna voce contraria si leva nell’aula del Consiglio. Da un lato, dunque la “pubblica utilità”, il progresso ed anche interessi immobiliari... Dall’ altro una chiesa vetusta, veneranda per la sua storia, ma ormai in piena decadenza: sconsacrata, essa era divenuta di proprietà dello Stato ed era stata affittata a privati.
Nell’ultimo quarantennio dell’Ottocento, molte chiese di Milano sono coinvolte in un’intensa attività di restauro. Il fascino del loro passato, il culto delle “memorie patrie”, il gusto della riscoperta dell’arte medievale e quattrocentesca portano ad interventi in profondità sulle antiche strutture, soprattutto per liberarle dalle aggiunte dell'epoca barocca. Si vuole tutelare, conservare, riportare all’antico, ma si interviene anche in modo pesante, con integrazioni, sostituzioni, manomissioni, in una vasta gamma di scelte operative.
Nel 1876 il Comune di Milano, in seguito a complicate trattative con lo Stato, entra in possesso della chiesa di San Giovanni in Conca. Sembra arrivato il momento della sua demolizione: nel corso dei lavori per la realizzazione della via Carlo Alberto, viene infatti abbattuto l’antico palazzo Bentivoglio Sforza, vicinissimo. Ma la chiesa viene per il momento salvata dalla confusa legislazione in materia di beni culturali e dalla frammentazione delle competenze fra i diversi organismi, elementi che rallentano le decisioni.
Scoppia, naturalmente, anche un’accesa polemica tra il partito dei “demolitori” e quello dei “conservatori”. I secondi, in particolare, propongono di utilizzare la chiesa come sede di un museo, di riaprirla al culto, o anche di salvarne una parte. Nell’ottobre del 1877 il Ministro della Pubblica Istruzione oppone il suo veto all’abbattimento di quella che il Prefetto aveva definito una “brutta e cadente chiesuola”. Nel 1878 persino il Re Umberto I viene informato dell’acceso dibattito. San Giovanni in Conca per il momento è salva, grazie anche ad un ulteriore veto del Ministero dei Lavori Pubblici. Sembrerebbe che sia Roma (l’amministrazione centrale) più che Milano (l'istituzione locale) a premere per una qualche forma di salvaguardia della chiesa millenaria.
Il rettifilo di via Carlo Alberto visto dalla Piazza Missori agli inizi del Novecento.
Ricavata da una mappa francese del 1876, l'immagine mostra l'intrico di vie e viuzze, (sostanzialmente di origine medievale o addirittura romana) ancora esistente nel centro di Milano. Problematica, in particolare, la comunicazione tra la Piazza del Duomo ed il Corso di Porta Romana. (San Giovanni in Conca è contrassegnata dal cerchio azzurro).
L'architetto ANGELO COLLA, su incarico della Commissione conservatrice dei monumenti, esegue nel 1878 una serie di sondaggi e rilievi all’interno della chiesa di San Giovanni in Conca. Era il momento in cui stava crescendo la polemica fra “demolitori” e “conservatori”.
LA RELAZIONE DELL'ARCHITETTO. - “Il detto edificio – ricorda il Colla – è tuttora ingombro da un grosso deposito di ferri lavorati, che ne rendono malagevole la visita”. E nella sua relazione finale pubblica alcuni disegni che mostrano la chiesa in quello che egli ritiene fosse il suo aspetto nel XIII secolo. Conclude affermando che una restituzione della chiesa all’antico aspetto medievale non sia consigliabile, dato che purtroppo essa aveva subito una “radicale e deplorevole metamorfosi”, soprattutto a causa delle trasformazioni apportate in età barocca. Motivazioni "artistiche", urbanistiche, economiche sembrano condannare la chiesa.
PROPOSTA N. 1 - Molto meglio sarebbe - sostiene il Colla - salvare la facciata (la sola, a suo avviso, dotata di pregi artistici) staccandola e poi adattandola alla parte posteriore della chiesa (che non impediva il passaggio della nuova via). Si sarebbe potuto così creare un museo in cui accogliere i sepolcri di Bernabò Visconti, della moglie, ed altri cimeli. Insieme con il campanile (da conservare), si sarebbe così dato vita ad un angolo caratteristico e suggestivo della città. In subordine, si sarebbe potuto smontare la facciata per poi applicarla ad un'altra chiesa milanese che avesse caratteristiche di stile compatibili.
PROPOSTA N. 2 - Un’altra proposta (1879) prevede che la chiesa, per lasciar passare nel mezzo la nuova via, sia tagliata in due tronconi. Quello anteriore, con la facciata conservata integralmente, sarebbe stato venduto alla comunità anglicana (che da alcuni anni aveva in affitto una piccola parte della chiesa) e quello posteriore ai Valdesi, che si erano mostrati interessati ed avevano avviato trattative riservate con il Comune di Milano.
Riproduzione della copertina, della prima pagina e della pag.167 della guida turistica (Nord Italia) per viaggiatori inglesi pubblicata a cura di John Murray. La serie iniziò nel 1836 e copriva le aree a più spiccata vocazione turistica del mondo.
"Third edition, London, 1863"
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La pagina 167: dopo i medici e le farmacie di Milano, la guida riporta: "Protestant Divine Service". Un pastore anglicano, si segnala, officia il rito domenicale in un edificio concesso dal governo, con ingresso da "Vicolo di San Giovanni in Conca" n.12.
A. Parte da comprarsi [dai Valdesi]
B. Triangolo concesso per entrata
C. Parte della Soc. Archeol.
Facciata attuale
[Tra le due linee parallele] Corso Carlo Alberto progettato
16 giugno 1879. Sindaco e Giunta Comunale di Milano presentano in Consiglio questa proposta:
PROPOSTA APPROVATA ALL'UNANIMITA' DAL CONSIGLIO COMUNALE
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"VANDALISM IN ITALY"?
Le polemiche ricominciano, ma la questione può dirsi ormai sostanzialmente chiusa, anche grazie al comune interesse del Municipio e dei Valdesi di giungere ad una rapida soluzione. L'atto di vendita porta la data del 10 dicembre 1879. Poco dopo hanno inizio i lavori. E tuttavia, a riprova delle tensioni e dei contrasti, nell'aprile 1882 il “Times” di Londra pubblica un pezzo duramente critico verso i lavori di restauro architettonico eseguiti a Milano, citando proprio il caso di S. Giovanni in Conca. Titolo: “Vandalism in Italy”.
Le ultime tre fasi della millenaria storia di S. Giovanni in Conca (nella ricostruzione 3D di Michele Russo e Gabriele Guidi). Da sinistra: la chiesa nel Trecento circa; nel Seicento circa e, infine, dopo i lavori compiuti per la trasformazione in Tempio Valdese (1880-1881).
1881: L'ANNO DELL'"ESPOSIZIONE NAZIONALE"
Non era la prima volta che si interveniva su di una chiesa per motivi di "pubblica utilità": alla fine del Cinquecento, ad esempio, il governatore spagnolo aveva fatto eliminare una parte della piccola chiesa di San Giovanni "in Guggirolo" (si trovava nell'attuale piazza Velasca) per consentire un più agevole passaggio ai carri carnevaleschi...
I lavori a San Giovanni in Conca, sotto la direzione di ANGELO COLLA, procedono comunque con rapidità: nel maggio del 1881, alla presenza delle autorità, si può celebrare il servizio religioso d’inaugurazione. La soluzione di compromesso trovata sembra accontentare quasi tutti, perché rappresenta per la mentalità del tempo un punto di equilibrio tra le esigenze dell’arte e della conservazione e quelle del progresso e della modernità urbana.
La chiesa ne esce tuttavia mutilata, trasformata e sconvolta. È letteralmente "tagliata" e per di più obliquamente, perché la fronte possa adattarsi alla linea di via Carlo Alberto. La vecchia facciata viene arretrata, applicata al troncone restante e subisce pesanti modifiche, perché non più perpendicolare all'asse della basilica. Ciò che resta (l’abside ed il presbiterio, cioè poco più di un terzo della vecchia chiesa che era lunga una cinquantina di metri) viene completamente trasformato all’interno in stile neo-romanico/gotico da Angelo Colla. Scompare ogni traccia non solo dell'odiato periodo barocco, ma anche delle età precedenti.
Durante i lavori POMPEO CASTELFRANCO, ispettore agli scavi e monumenti, intraprende una campagna di scavi archeologici, con discreti risultati. E’ il 1881: l’anno dell'"Esposizione Nazionale" e Milano celebra il suo ruolo di capitale dell’industria e dell’innovazione, attirando folle nei padiglioni allestiti ai Giardini pubblici.
E così, nel luogo dove era stato sepolto Bernabò Visconti, dove i Carmelitani avevano pregato per più di due secoli, riprende a scorrere la vita di una comunità religiosa, con il suo ritmo abituale, fra le cerimonie dei Valdesi, la scuola domenicale per i bambini, i nuovi inni e le beneficenze della "Società delle Signore".
"Siamo andati ieri a visitare l'antica chiesa di San Giovanni in Conca che sta per essere demolita. Alcuni muratori lavoravano per le demolizioni, mentre altri stavano per porre le prime pietre della nuova facciata... "
Così inizia un articolo del "Corriere della Sera" del 10 marzo 1880. L'anno seguente, l'8 di maggio, il nuovo tempio valdese veniva solennemente inaugurato.
Per leggere parte della cronaca dell'inaugurazione pubblicata dal "Corriere della Sera" clicca qui
La vecchia facciata
La nuova facciata del 1881
La facciata oggi
Interno della chiesa di San Giovanni in Conca trasformato dai restauri di Angelo Colla.
Secondo i dati biografici disponibili, Angelo Colla (1827-1892) si formò come architetto da autodidatta. Alcuni suoi restauri (a volte decisamente fantasiosi) suscitarono accese discussioni.
Le sue opere sono caratterizzate da un gusto scenografico di stampo romantico e da una viva attenzione ai particolari decorativi.
UN BREVE PROFILO BIOGRAFICO di Angelo Colla
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(A destra) Due rare foto dell'epoca mostrano l'interno della chiesa dopo l'adattamento a Tempio Valdese. La foto in basso è tratta da un testo di C.Romussi del 1913.