La Resistenza per me...

È innegabile che l’esperienza vissuta prima tra le fila dei combattenti antifascisti in Spagna e poi all’interno dei gruppi partigiani francesi a Marsiglia durante la guerra sia stata per me, così come per moltissimi altri, un qualcosa di fondamentale, che ha cambiato radicalmente il modo di fare e concepire la politica.

Il mio “battesimo del fuoco”, per così dire, è avvenuto per l'appunto durante la guerra civile spagnola (1936-1939), cui presi parte come reporter di guerra dei giornali Il garibaldino e Il volontario della libertà, rivolto ai volontari italiani inseriti nelle brigate internazionali. Ero, infatti, inserita nella Brigata Garibaldi. Sul campo ho constatato la ferocia e la crudeltà  impiegata dall’uomo nel difendere o distruggere principi ritenuti sacri da ambo le parti ma, di contro, ho anche imparato, osservando tutti quei coraggiosi che erano disposti a morire per la causa della libertà, quanto il desiderio di essa sia radicata nell’animo umano (ovviamente con tutte le eccezioni del caso); ho testimoniato come gli uomini, quegli stessi uomini capaci di inenarrabili atrocità, siano pronti a sacrificare ogni cosa, se stessi compresi, spinti dall’amore verso un principio inalienabile, quale il diritto alla libertà e alla felicità. Durante questa guerra ho compreso inoltre la vera importanza dell’educazione alla politica e della propaganda, mezzi fondamentali, e necessari, per risvegliare e far maturare quelle aspirazioni alla giustizia, all’emancipazione e al benessere socio-economico spesso sopite e inascoltate.

Valencia maggio 1937 Delegazione e sede Brigate Internazionali Fibbi Romeo, Bulzamini Lodovico, Longo Luigi, Noce Teresa, Alberganti Giuseppe, Spano Velio

È stata tuttavia la partecipazione attiva nella Resistenza contro il nazi-fascismo, all’interno del gruppo “Francs-Tireurs-partisans” attivo a Marsiglia, ad aprire ed ampliare ancor di più la mia comprensione della lotta diretta a scopo politico, caratterizzata da sacrifici e privazioni, ma essenziale nella preservazione e nel rafforzamento di principi sacri ed inalienabili in quel momento minacciati dal pugno dell’oppressione totalitaria ed annientatrice. Ho in questa circostanza affinato la complessa arte dell’organizzazione, necessaria per il delicato compito affidatomi dal partito comunista francese, ovvero la strutturazione di questi primi gruppi partigiani. Contemporaneamente ho sfruttato quanto già imparato durante il precedente conflitto in Spagna, primo fra tutti l’importanza dell'acculturazione politica e della propaganda, con il fine ultimo di opporsi efficacemente all’oppressione e ricordare a tutti quale fosse l’importanza di quella libertà soffocata ed umiliata e del sacrificio compiuto da coloro che oggi chiamiamo “partigiani” nell’interesse della collettività intera.

Un altro episodio in cui ho percepito chiaramente il mio desiderio di resistere, di non lasciare che la mia libertà e la mia consapevolezza di donna venissero trascinate  via fu durante il mio internamento a Holleischen. Si stava avvicinando l’8 marzo, la giornata internazionale delle donne, e io ero intenzionata a ricordarlo a tutti i costi. Non avrei lasciato che in quel campo, oltre a toglierci la nostra umanità, ci avrebbe tolto anche il nostro orgoglio di donne. L’incarico di tenere la conferenza fu dato a me. Ci tenevo a ricordare a tutte che nonostante fossimo deportate e vivessimo in condizioni durissime, la cultura e i nostri valori non potevano, e non dovevano, mai venire meno. Ricordai quello che le donne di tutto il mondo avevano fatto per la libertà, il progresso, lottando, combattendo e spesso pagando con la loro vita, come era accaduto a noi nella contro i nazisti. Era importante che tutte sapessero che in ogni secolo c'erano state donne che avevano lottato per difendere il proprio paese o la propria religione, il pane e il lavoro, la pace, la libertà da oppressione, contro la tirannia e lo sfruttamento. In quel momento, quando guardai le mie compagne annuire alle mie parole, altre addirittura commuoversi, ho percepito chiaramente la forza che le mie parole erano in grado di infondere in quelle donne. Lì ho capito quanto il nostro desiderio di libertà, di resistere, di non sottometterci all'oppressione sia uno dei nostri valori, se non il valore, più importante che abbiamo. 

Gappiste a Milano". Foto propagandistica scattata in via Brera a Milano. La prima a sinistra è la sceneggiatrice cinematografica Anna Maria "Lù" Leone

Foto: Di Valentino "Tino" Petrelli - Web, Pubblico dominio. 

Un’intera generazione ha dato vita ad una lotta che, in tutto il mondo e nell’arco di diversi anni, ha visto contrapposti coloro che combattevano in difesa della libertà fondamentale dell’uomo e coloro che invece si opponevano ferocemente per annientare questo basilare principio naturale.

Quando noi dunque parliamo di Resistenza non dobbiamo riferirci solamente a quella italiana, come sovente accade, per altro successiva ai movimenti resistenziali francesi cui presi parte, ma ad un fenomeno di carattere internazionale che, seppur attraversato da numerose diversità, ideologiche ed organizzative, aveva in comune proprio quell’oneroso ma necessario sacrificio compiuto nell’interesse di un’intera società.

Cosa dire dunque, se non che da queste esperienze ho appreso la reale importanza di quei principi da me sempre sostenuti e propugnati, di come la loro realizzazione sia attuabile unicamente attraverso sacrifici e privazioni e talvolta anche mediante la violenza stessa che, ahimè, diviene l’unico mezzo rimasto per il loro raggiungimento in circostanze come queste. Allo stesso tempo la politica, da molti disprezzata ed ignorata, si scopre essere in realtà il solo strumento che l’uomo ha per realizzare compiutamente una società in costante miglioramento, che renda merito agli uomini di tutti gli sforzi e l’impegno da loro impiegato. Da queste esperienze ho tratto anche una chiara visione dell’uomo il quale, pur nella sua indubitabile e tangibile crudeltà e tendenza alla distruzione, è capace di compiere spesso l’impensabile, nel nome di un qualcosa di più grande, trascurando il singolo e mettendosi in gioco a vantaggio di una pluralità bisognosa.