La Resistenza per me...

Quando nel 1926 Gramsci fu arrestato, io ero già sposata con Palmiro, avevo avuto mio figlio Aldo, ed eravamo a Mosca. Da quel momento fino quasi alla fine della Seconda Guerra Mondiale sono rimasta in esilio spostandomi tra Svizzera, Francia, Unione Sovietica. Sono stata in Spagna a combattere per la libertà contro Francisco Franco, ma poche settimane prima della vittoria franchista, sono riuscita a scappare e a riparare in URSS.

Ho cominciato così a collaborare prima alle trasmissioni di Radio Mosca indirizzate alle donne, poi, da Kuibišev, a partire dal 1941, alla redazione di Radio Milano Libertà, che fino al 24 gennaio 1944 trasmise all'Italia commenti sugli avvenimenti tragici di quel periodo, appelli alla resistenza antifascista e poi alla lotta armata, nonché indicazioni politiche. Era una emittente del Partito comunista italiano che lavorava in Unione Sovietica nel quadro di una attività radiofonica promossa dall'Internazionale Comunista dopo l'aggressione tedesca all'URSS del 1941. 

Nel 1943 mi impegnai anche nella redazione del periodico L’Alba, destinato ai prigionieri dell’ARMIR. Il primo numero comparve il 10 febbraio 1943 sotto la mia direzione, usciva ogni 7-10 giorni con una tiratura di 7.000 copie; ne uscirono 144 numeri, l’ultimo il 15 maggio 1946. Era composto da quattro pagine - mancava la carta! -: la prima era dedicata alle operazioni sul fronte russo-tedesco; la seconda conteneva articoli di elogio del sistema sovietico, della sua organizzazione socio-politica, delle realizzazioni industriali e agricole; la terza era composta da articoli e scritti degli internati stessi sulla condizione di vita nei campi; la quarta conteneva le notizie dal mondo .  

Tornata in Italia nel 1944,  il mio ruolo di funzionaria e dirigente comunista fu orientato verso il lavoro giornalistico e organizzativo, impegnandomi con altre donne a dare vita all’UDI (Unione Donne Italiane), di cui fui eletta presidente al congresso di Firenze del 1945, quando avvenne la fusione con i Gdd (Gruppi di Difesa della Donna), che avevano agito nell’Italia occupata. Insieme a Teresa Noce e Teresa Mattei sono stata promotrice del simbolo della mimosa per l’8 marzo, la giornata internazionale della donna.

Agivo nella convinzione che rendere le italiane protagoniste della politica fosse necessario per uscire dalle macerie del fascismo e della guerra. Per questo il voto alle donne fu la mia prima preoccupazione nel dare vita al Comitato di iniziativa dell’Udi, nato a Roma il 15 settembre del 1944 con rappresentanti comuniste, socialiste, del Partito d’Azione. Avevo cercato di coinvolgere anche la democristiana Angelina Cingolani, ma non ero riuscita. Avevo anche stabilito relazioni unitarie con i movimenti femminili di tutti i partiti del CLN (compresi la Democrazia Cristiana e i liberali) e le vecchie associazioni femminili, come l’Alleanza femminile e la Fildis: in generale avevo cercato di formare una ampia coalizione, ritenendo che il fine apartitico e universale della partecipazione femminile alla vita politica del paese  dovesse essere perseguito da tutti e da tutte.


Nel febbraio del ‘45, a pochi giorni dall’emanazione della legge che accordava il diritto di voto alle donne, in un manifestino ho spiegato molto chiaramente i vantaggi che questo successo avrebbe comportato all’Italia. Le donne, partecipando al governo della cosa pubblica, avrebbero finalmente potuto “allevare degnamente i loro figli, ricostruire le loro famiglie sconvolte dalla guerra, concorrere a tutti i posti a cui le loro capacità danno diritto, impedire che i loro figli, i loro mariti, i loro fratelli siano trascinati ancora in guerre ingiuste”. Unire le donne per la pace, contro tutti i conflitti, forieri di rovina e distruzione per il popolo era il mio obiettivo politico, condiviso da tante altre donne.

Ho sostenuto come grazie al voto alle donne tutti i problemi legati all’alimentazione, all’istruzione e in generale tutte le difficoltà quotidiane potessero essere avviate ad una soluzione più rapida, grazie all’esperienza, alle capacità e al senso pratico delle donne, al fine di contribuire tutti insieme alla “ricostruzione”. Più volte ho sottolineato come la battaglia contro i fascismi fosse stata vinta grazie all’unione di tutte le donne; essenziale, fondamentale per preparare un futuro migliore per i nostri figli sarà dunque l’unione di tutto il popolo, di tutte e di tutti.