Che cosa significa essere una donna in politica

AICVAS. presso l'archivio dell'Istituto nazionale Ferruccio Parri.

Essere donna è stato per me motivo di orgoglio e la mia attività in politica è stata influenzata sempre in qualche modo dalla mia femminilità dal momento che la mia formazione politica ha preso luogo specialmente in contesti femminili e ho avuto modo di partecipare a moltissimi progetti che coinvolgevano primariamente le donne. Alla mia educazione hanno sicuramente contribuito le sarte di Torino, la mia città: con loro ho partecipato ai primi scioperi per lottare per i miei diritti in quanto lavoratrice. Successivamente mi sono avvicinata ad ambienti politici femminili: sono diventata segretaria del Circolo Femminile “La Difesa”, sono stata eletta nel comitato regionale femminile e nella commissione esecutiva della sezione socialista di Borgo San Paolo, quartiere in cui sono nata. All'inizio della mia carriera politica sono anche stata invitata come rappresentante delle comuniste italiane alla II Conferenza femminile internazionale a Mosca. Mi sono occupata della redazione di “Compagna”, il quindicinale femminile del mio partito. 

Nel 1944 poi io ed altre importanti rappresentanti comuniste e socialiste abbiamo creato l’Udi, Unione Donne Italiane, di cui sono diventata presidente. Ho anche avuto relazioni unitarie con i movimenti femminili di tutti i partiti e le vecchie associazioni femministe. Ho inoltre fatto parte dell'Assemblea Costituente nel 1946 e il mio nome si inserisce tra quelli di altre 20 donne che hanno partecipato alla stesura della Costituzione italiana; il nostro ingresso nello scenario politico nazionale ha permesso che le istanze del mondo femminile, fino ad allora delegate agli uomini, potessero essere portate avanti in prima persona da chi fino a poco prima era senza voce.

Sono fiera di essere donna: durante il conflitto donne che mai si erano occupate di politica hanno saputo distinguere gli amici dai nemici, hanno salvato la vita a migliaia di prigionieri. Nelle officine, nei laboratori, negli uffici operaie ed impiegate hanno contribuito a sabotare la produzione di guerra, hanno difeso il diritto a un salario sufficiente, a sufficienti razioni di viveri. Ovunque le unità vittoriose dei patrioti in armi hanno contato nelle loro file centinaia di donne, di eroine che sono state pari ai loro compagni nel coraggio e nell'abnegazione. 

Credo poi profondamente che anche nell’uscire dalle macerie del fascismo e della guerra sia stato necessario rendere le donne italiane protagoniste della politica. Al termine della guerra, le donne si sono presentate davanti al Paese sotto un aspetto nuovo: non più come mute spettatrici degli avvenimenti, ma come collaboratrici sicure, intelligenti e preziose. Nonostante all’inizio siano state poche le donne in politica, o in qualche modo quelle che vi avevano accesso, e anche per quelle poche la vita non era affatto semplice all'interno dei rispettivi partiti, io ero convinta che le donne la politica l'avessero nel sangue ed ero orgogliosa di poterlo dimostrare.

«Largo dunque fin da oggi alle donne nei posti di Governo, largo alle donne nell’Assemblea Costituente, largo alle donne nelle Amministrazioni comunali; giusta retribuzione del lavoro femminile; tutte le vie del lavoro e del sapere aperte alle giovani» (Rita Montagnana,"La donna nella lotta antifascista e nella ricostruzione", in L’Unità, 9 maggio 1945).