Il manifesto degli scienziati razzisti

IL MANIFESTO DEGLI SCIENZIATI RAZZISTI

75 anni fa un gruppo di scienziati scrisse che per gli italiani era arrivato il momento di diventare razzisti.

Il 15 luglio del 1938 venne pubblicato in forma anonima sul Giornale d’Italia , il “manifesto della razza”, o il “manifesto degli scienziati razzisti”. L’articolo, in prima pagina era intitolato “Il Fascismo e i problemi della razza”. Era diviso in dieci punti e introdotto da un breve sommario in cui si spiegava che un gruppo di scienziati, professori e intellettuali fascisti, insieme al Ministero per la cultura popolare (il famigerato “Minculpop”) aveva redatto il documento per chiarire quale fosse la posizione del fascismo nei confronti della questione razziale.

In data 25 Luglio 1938, il segretario del Partito Nazionale Fascista, Achille Storace, attraverso la sua segreteria politica fece pubblicare il seguente comunicato:

Il ministro Segretario del Partito ha ricevuto un gruppo di studiosi fascisti, docenti nelle Università italiane, che hanno sotto l'egida del Ministero della Cultura popolare redatto o aderito alle proposizioni che fissano la base del razzismo fascista. Erano presenti i fascisti

dott. Lino Businco, assistente di patologia generale nell'Università di Roma,

prof. Lidio Cipriani, incaricato di antropologia nell'Università di Firenze direttore del Museo Nazionale di antropologia ed etnologia di Firenze,

prof. Arturo Donaggio, direttore della clinica neuropsichiatrica dell'Università di Bologna, presidente della Società italiana di psichiatria,

dott. Leone Franzí, assistente nella clinica pediatrica dell'Università di Milano,

prof. Guido Landra, assistente di antropologia nell'Università di Roma,

sen. Nicola Pende, direttore dell'Istituto di patologia speciale medica dell'Università di Roma,

dott. Marcello Ricci, assistente di zoologia all'Università di Roma,

prof. Franco Savorgnan, ordinario di demografia nell'Università di Roma, presidente dell'Istituto centrale di statistica,

on. prof. Sabato Visco, direttore dell'Istituto di fisiologia generale dell'Università di Roma e direttore dell'Istituto nazionale di biologia presso il Consiglio nazionale delle ricerche,

prof. Edoardo Zavattari, direttore dell'Istituto di zoologia dell'Università di Roma.

Alla riunione ha partecipato il ministro della Cultura Popolare [Dino Alfieri].

Il Segretario del Partito, mentre ha elogiato la precisione e la concisione delle tesi ha ricordato che il Fascismo fa da sedici anni praticamente una politica razzista che consiste, attraverso l'azione delle istituzioni del Regime, nel realizzare un continuo miglioramento quantitativo e qualitativo della razza. Il Segretario del Partito ha soggiunto che il Duce parecchie volte, nei suoi scritti e discorsi, ha accennato alla razza italiana quale appartenente al gruppo cosiddetto degli indo-europei.

Anche in questo campo il Regime ha seguito il suo indirizzo fondamentale: prima l'azione, poi la formulazione dottrinaria la quale non deve essere considerata accademica cioè fine a se stessa, ma come determinante un'ulteriore precisazione politica. Con la creazione dell'Impero la razza italiana è venuta in contatto con altre razze, deve quindi guardarsi da ogni ibridismo e contaminazione. Leggi «razziste» in tale senso sono già state elaborate e applicate con fascistica energia nei territori dell'Impero.

Quanto agli ebrei, essi si considerano da millenni, dovunque e anche in Italia, come una «razza» diversa e superiore alle altre, ed è notorio che nonostante la politica tollerante del Regime gli ebrei hanno, in ogni Nazione, costituito - coi loro uomini e coi loro mezzi - lo stato maggiore dell'antifascismo.

Il Segretario del Partito ha infine annunciato che l'attività principale degli Istituti di cultura fascista nel prossimo anno XVII sarà l'elaborazione e diffusione dei principi fascisti in tema di razza, principi che hanno già sollevato tanto interesse in Italia e nel mondo".

Il manifesto degli scienziati era diviso in punti che in sostanza sostenevano la superiorità di una razza rispetto alle altre. Il primo dei dieci punti affermava che “le razze umane esistono” e, per dare un’idea della prosa, diceva così:

“Le razze umane esistono. L'esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è rappresentata da masse, quasi sempre imponenti di milioni di uomini simili per caratteri fisici e psicologici che furono ereditati e che continuano ad ereditarsi. Dire che esistono le razze umane non vuol dire a priori che esistono razze umane superiori o inferiori, ma soltanto che esistono razze umane differenti.”

Nel seguito si distingueva tra “razza” – definita “un concetto puramente biologico”– e “popolo” e “nazione”, in cui entravano in gioco considerazioni storiche, linguistiche e religiose. Si affermava che “la popolazione dell’Italia attuale è nella maggioranza di origine ariana” e che, a differenza di quanto successo in “altre nazioni europee”, dopo l’invasione dei Longobardi non c’erano stati grandi movimenti migratori e quindi, si diceva implicitamente, la razza si era mantenuta particolarmente pura.

Il manifesto prendeva posizione poi contro i matrimoni misti e, al punto 7, diceva : “È tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti”.

Il punto 9 affermava infatti che: “Gli ebrei non appartengono alla razza italiana”.

Il manifesto venne ripreso da numerosi giornali e poi pubblicato una seconda volta nell’agosto del 1938 su un nuovo giornale che aveva appena iniziato le pubblicazioni: La difesa della razza, diretto da Teresio Interlandi. Il sommario che introduceva il manifesto aveva un tono ancora più definitivo: nel testo erano scritte “le basi del razzismo fascista”.

Fonti: https://www.polyarchy.org/basta/documenti/razza.1938.html