Il castello

Il Castello di Abbiategrasso sostituisce un più antico castello che sorgeva nel vicino borgo San Martino e che fu distrutto dal Barbarossa nel 1167. Sorge lungo il Naviglio Grande, il più antico canale navigabile europeo, che fin dal 1200 convogliava le acque del Ticino verso Milano. Anche se le sue fondamenta più antiche risalgono alla fine del 1200 è con la famiglia Visconti, intorno alla metà del Trecento, che il castello, da semplice rocca difensiva tra il Ticino e la frequentata via Mercatorum e per lo più sfruttato come luogo di riposo e di caccia nell’immensa riserva del bosco del Ticino, si trasforma in dimora signorile. Costruito in cotto, in stile tardo-gotico lombardo, ha una pianta quadrangolare, che comprendeva quattro torri agli angoli, circondato dal classico fossato e dotato di una corte interna molto elegante. Ora è rimasta visibile un'unica torre posta sull’angolo Nord-Est (in parte ricostruita all’inizio del XX secolo), mentre è andato completamente perso il lato Sud.

Nel 1354 Galeazzo II Visconti dona la rocca alla moglie Bianca di Savoia e da allora sarà consuetudine dei duchi di Milano concedere il castello e il borgo alle mogli come dono di nozze. Nel 1381, con il ducato di Gian Galeazzo, il castello visse il suo periodo di massimo splendore; l’architettura si arricchì di eleganti elementi come le splendide bifore e di ricche decorazioni alle pareti.

L’ultima castellana di Abbiategrasso fu Bona di Savoia che qui giunse sposa felice nel luglio del 1468 e che sempre qui trascorrerà i tristissimi giorni di confino impostogli dall’ambizioso cognato Ludovico Sforza. Il ‘Moro’, con tutta la sua corte, preferirà invece il castello di Vigevano.

Proprio nelle sale della biblioteca sono stati riportati alla luce e restaurati gli affreschi della sontuosa corte di Gian Galeazzo e dove è ben visibile il motto dei Visconti: “A Bon Droit” (a buon diritto) coniato, secondo Pier Candido Decembrio, nientemeno che dal Petrarca che fu ospite dei Visconti a Milano dal 1353 al 1361 e che voleva legittimare in tal modo le future conquiste del duca Gian Galeazzo, iniziate sotto il segno di una politica di pace e conclusesi invece con una politica tirannica.

Gian Galeazzo deciderà di far nascere nel 1388 l’atteso erede Giovanni Maria proprio tra queste mura e l’evento sarà ricordato anche nella nuova dedicazione della basilica minore di Santa Maria che diverrà in occasione del lieto evento:”Santa Maria Nascente”. La cinta muraria comprendeva quattro Porte denominate Porta Milano, Porta occidentale verso il Ticino, Porta S. Pietro a nord e Porta S. Martino a sud. Legato per forza di cose alla vita politica dei Visconti prima e degli Sforza poi, perderà con la fine della signoria sforzesca, nel 1535, la sua importanza.

Le mura, che vedranno prevalentemente scene di vita familiare, in quanto scelto per farvi crescere i figli lontano dagli intrighi di Milano, saranno anche testimoni di episodi tragici come la sventurata sorte di Beatrice Lascaris, contessa di Tenda, moglie ed erede del condottiero Facino Cane. Beatrice, alla morte del marito nel 1412, sposa, su pressione dello stesso marito morente, il nuovo duca di Milano Filippo Maria di vent’anni più giovane e porta in dote i feudi del marito, un cospicuo patrimonio in oro e preziosi e, soprattutto, il castello di Abbiategrasso.

Ben presto però Filippo Maria si stancò dell’anziana moglie e con una pretestuosa accusa di adulterio la fece torturare e decapitare nel 1418 insieme al presunto amante Michele Orombelli forse proprio nel cortile del castello di Abbiategrasso (secondo lo storico Ambrogio Palestra) visto che Beatrice ne era stata la castellana, anche se la tradizione la vuole morta in quello di Binasco. Al delittuoso piano, sembra non sia stata estranea una dama di compagnia di Beatrice, la nobildonna Agnese del Maino, amante del marito, che gli darà l’ultima erede dei Visconti: l’illegittima Bianca Maria. Bianca Maria, cresciuta in questo borgo, cui sarà sempre affezionata, sarà la moglie di Francesco Sforza, casata che succederà alla dinastia Visconti nel ducato di Milano.

Quello che possiamo ammirare oggi è ciò che si è salvato da anni di incuria e da un ordine di demolizione per fortuna interrotto per mancanza di fondi nel 1660. Preoccupato che il castello potesse cadere nelle mani dell’esercito francese, infatti, Ferrante Gonzaga, governatore spagnolo di Milano, diede incarico a Biagio Villavecchia di demolire il castello. Non percependo, però, i fondi stanziati, il Villavecchia ne acquisì i resti a titolo di rimborso per le spese sostenute che diventarono così proprietà privata. Nel 1862 il castello sarà acquisito dal comune e adibito anche a scuola comunale. Negli anni sessanta troveremo tra le sue mura, oltre alla vecchia sede della biblioteca, la sede di un museo civico che conservava reperti archeologici rinvenuti sul territorio. Tra 1983 e il 1995 iniziò finalmente l’opera di restauro che restituì anche una buona parte delle decorazioni signorili delle stanze così come le vediamo ora.

L’attuale ingresso si presenta sul lato occidentale dove troviamo anche l’ingresso ai sotterranei, ed è esattamente all’opposto di dove si presentava in origine. Infatti, sulla facciata ad Est (attuale lato della fontana), è ancora ben visibile il Biscione, il famoso emblema visconteo, che sovrasta quello che era l’ingresso originario. La via del Naviglio, che arrivava poco distante, permetteva ai Duchi di arrivarvi comodamente da Milano e in grande sfarzo su appositi barconi.

All’interno, la corte, su due piani, ci rivela gli eleganti archi gotici che la circondano ed accoglie sulla sinistra la Sala Consigliare del Comune di Abbiategrasso. Il lato Ovest è andato purtroppo completamente perso e gli arconi si affacciano ora sul bel viale alberato denominato Allea, che sostituisce parte dell’antico fossato. Proprio su questo lato vi era il Borghetto, luogo dove erano ospitate le amanti e i figli illegittimi dei duchi di Milano i quali, con un passaggio appositamente predisposto, potevano raggiungere la corte del castello ed incontrare gli illustri padri.

Nel lato Ovest e nell’edificio ad Est vi è la sede della Biblioteca Civica dedicata nel 1997 a Romeo Brambilla, concittadino che dedicò gran parte della sua vita alla biblioteca. La biblioteca trova però ospitalità presso le mura del castello fin dal 1903 e vede nascere nel 2006 la Fondazione per Leggere che comprende a tutt’oggi 55 biblioteche della provincia di Milano.

All’ultimo piano, nei locali destinati ad essere principalmente le prigioni dei castelli per il gran caldo estivo e il rigore invernale, si possono ancora leggere i graffiti lasciati dagli infelici prigionieri che vi furono rinchiusi. Il più noto recita così:
"Jacobus de Lampugnano fuit hic die ultime martii et primo et secundo et tertio aprilis 1448 Nichil licitum nec honestum esse protest quod iustitia vachat" (Giacomo Lampugnano fu qui l’ultimo giorno di marzo e il primo, secondo e terzo giorno di aprile del 1448. Nulla può essere lecito ed onesto se manca di giustizia).

Oggi il castello si può definire il fulcro della cultura abbiatense, è luogo privilegiato di mostre nei sotterranei ristrutturati, di seminari, di rappresentazioni teatrali ed incontri di varia natura.

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Il Castello di Abbiategrasso e piazza Castello nelle vecchie cartoline (queste immagini fanno parte dell'archivio fotografico comunale - riproduzione vietata)