Palestra dell'Attore Scuola per Performer e di Recitazione di Claudio Spadola
Facciamo l’otkàz e poi un salto sul posto lasciando cadere i piedi dove capita. Questa è la nostra distanza naturale dei piedi in posizione eretta, che dovrebbe corrispondere alla larghezza delle nostre spalle.
Mettiamo i piedi paralleli, sentiamo il nostro peso come se lasciassimo delle impronte nel fango.
Diamoci un pugno in pancia per sentire il centro del corpo. Questo formicolio è importante da memorizzare.
Dopo il colpo in pancia la nostra colonna vertebrale probabilmente si è riallineata. La maggior parte di noi, infatti, tende a stare seduto sui lombi in una postura simile a quella di chi soffre di lordosi, ovvero con l’arco lombare accentuato e il peso del corpo all’indietro.
Questo arco comporta la tendenza ad assumere una postura della testa anch’essa all’indietro. All’arco lombare infatti corrisponde l’arco cervicale perché la colonna vertebrale è a forma di S.
Una postura del genere, oltre ad essere deleteria per la nostra schiena, è anche già espressione, a nostra insaputa, di un atteggiamento e di un personaggio.
Attacchiamoci a un punto (točka) con lo sguardo. Anche concentrarci con lo sguardo su un punto non all’altezza dei nostri occhi, ma più in alto o più in basso, per esempio al suolo, come purtroppo avviene spesso, esprime, a nostra insaputa, un personaggio (...).
(Principio Operativo):
A parte la gravità del fatto di non essere consapevoli di come siamo e, quindi, di cosa proponiamo di noi e di come lo proponiamo, la biomeccanica teatrale serve proprio per trovare una tabula rasa (...), serve a percepire, pensare e infine sentire, un nostro stato ed essere essenziali, organici, necessari, pre-espressivi.
Solo dopo aver acquisito questa conoscenza di sé e la capacità di proporsi per quello che essenzialmente si è e per come il proprio essere si presenta un performer può, consapevolmente, costruire e realizzare caratterizzazioni fisiche, atteggiamenti o espressioni di stati d’animo 1.
Per correggere questi eccessivi archi e quindi rimettere la colonna vertebrale in asse, pur conservando i suoi archi naturali, oltre al colpo in pancia è necessario tendere il coccige verso (...)
NOTE
1 Solo dopo che un performer è in grado di dar corpo all’essenza di sé si può dar corpo, quantomeno, a tutte le nostre possibili identificazioni e, ad un livello più evoluto, a tutte le nostre possibili espressioni e, quindi e soprattutto, si può esprimere l’infinita varietà degli altri attraverso di noi e non limitarsi ad esprimere noi attraverso gli altri.
Nel malaugurato caso, che purtroppo è quasi la norma, in cui recitiamo noi attraverso gli altri, finiamo per recitare sempre allo stesso modo gli altri, cioè a recitare sempre allo stesso modo tutti i personaggi che sono stati scritti e gli infiniti personaggi che si possono inventare attingendo dalla vita. In poche parole, quando recitiamo noi attraverso gli altri finiamo per dare sempre una o due versioni di noi in vesti diverse.
Inoltre, le pochissime versioni di noi, che mascheriamo in contesti e vesti diversi, non sono altro che le pochissime identificazioni che siamo abituati a proporre agli altri, non sono altro che quei due o al massimo tre atteggiamenti che sappiamo che funzionano.
Ma assumendo quei pochi atteggiamenti noi non siamo realmente noi.
I nostri modi di essere che usiamo solitamente con gli altri sono solo identificazioni della nostra mente che siamo abituati ad assumere, talmente abituati che arriviamo a dimenticarci o, assai più spesso, a ignorare chi siamo veramente.
Siamo a tal punto soggiogati dalle nostre identificazioni mentali che i nostri poveri corpi non si rimembrano quasi più come stavano eretti o si muovevano prima che fossero costretti ad assumere quelle abitudini fisiche; e i nostri poveri centri affettivi non si ricordano affatto come vibravano prima che fossero viziati ad assumere quelle abitudini emotive.
Sentimento attorico o creativo per Stanislavskij Link ad approfondimenti relativi a queste due possibilità recitative così chiamate da Stanislavskij