2025
Marzo-Aprile
Articolo tratto dal Corriere della Sera del 4 marzo 2025 dal titolo:
"I 149 anni del Corriere, un giornale testimone che attraversa la storia"
Questa volta vi portiamo a Milano dove stanno per iniziare le celebrazioni per un importante anniversario del prestigioso quotidiano Corriere della Sera. Il primo numero, infatti, è uscito domenica 5 marzo 1876, l'anno prossimo dunque si celebreranno i 150 anni di vita del giornale. L'articolo riporta i contenuti di un recente incontro in cui comparivano alcune figure rappresentative del quotidiano. Ogni invitato ha portato il proprio contributo raccontando la prima pagina preferita tra tutte quelle pubblicate finora.
L'attuale direttore Luciano Fontana riporta il primo editoriale a firma del direttore Eugenio Torelli Viollier dove si afferma che il giornale parlerà chiaro, parlerà di attualità e sarà libero, obiettivo ed indipendente.
Barbara Stefanelli, vice direttrice, ricorda invece che nel 1963 è stata inaugurata la sezione "La donna e il mondo" affidata al famoso giornalista e scrittore Dino Buzzati che anticipa i tempi intuendo il cambiamento del ruolo delle donne anche nel giornalismo.
Lo scrittore Paolo Giordano ha invece scelto la prima pagina del 11 novembre 1989 nella quale si parlava dell'abbattimento del muro di Berlino: un momento storico memorabile e fondamentale.
Infine, il vignettista Emilio Giannelli ha mostrato 41 vignette e regalato ai lettori aneddoti. In particolare, ha detto che Andreotti e Berlusconi non si arrabbiavano mai vedendo i suoi disegni, mentre Giorgio Napolitano lo chiamò adirato per la vignetta sul riscatto di Silvia Melis.
Eu. segue una trasmissione giornalistica che s'intitola "4 di sera" trasmessa su Rete4 in cui, come ospiti, vengono spesso invitati giornalisti e politici. «In particolare – racconta – mi piace il pensiero di Vittorio Feltri, già fondatore del quotidiano Libero. Mi piace perché' guarda con occhio disincantato alla realtà e il suo commento è sempre prezioso. Il giornale è fonte di sapere. Conoscere la realtà, essere informati sui fatti della propria città e sapere come vanno le cose nel mondo, fa stare bene. Ad esempio, a me aiuta a distrarmi dalle preoccupazioni quotidiane».
A C. piace leggere i quotidiani e segue anche il Corriere della Sera specialmente il martedì quando è pubblicato l'inserto "Buone Notizie". «Credo che la lettura dei quotidiani rappresenti un valido strumento per arricchire il proprio bagaglio d'informazione sul mondo» afferma.
Ma. spiega che per lei e per il gruppo dei redattori di questo blog, «Trovare la buona notizia non è facile, spesso non è in primo piano. Ma noi non cerchiamo necessariamente notizie che siano dichiaratamente positive. Anche nella tragedia a volte si può trovare un valore e questo ci educa a scorgere il lato positivo in ogni situazione della vita».
En. spiega «Non leggo i giornali di solito, preferisco seguire le notizie dei vari telegiornali e giornali radio. Seguo tutte le notizie e mi tengo informato su quello che accade nel mio territorio, in Regione, nell'Italia e nel mondo. Dopo aver ascoltato le notizie mi sento "apposto con me stesso"».
Fr. si racconta «Mi piace leggere il giornale e mi piace in particolare la "caccia" alle buone notizie che abbiamo inventato con il gruppo Happy News: è un modo per vedere il "bicchiere mezzo pieno" e gli aspetti positivi della nostra realtà che in effetti sono tanti ma vengono spesso offuscati dalle notizie (ovviamente importantissime) di emergenze, guerre e fatti di cronaca negativi».
Articolo tratto dal Corriere della Sera del 12marzo 2025 dal titolo:
"Khalida Poppal, esempio di coraggio"
A Milano, da martedì, al giardino dei giusti ci sono 6 nuove targhe per sportivi che sono stati simbolo di altruismo, cuore e pace; noi vi parliamo della storia di Khalida Poppal. Attraverso la sport-terapia e il suo attivismo è riuscita a fondare nel 2007 la nazionale femminile di calcio in Afghanistan. Nel 2021 è riuscita a salvare 300 persone in fuga dai talebani, perché voleva cambiare la storia di tutte le donne con la possibilità che le dava il calcio. Non avrebbero potuto giocare a calcio per le leggi del paese, ma volevano far sentire la propria voce. Volevano far conoscere la propria situazione, quasi tutti la scoraggiavano, ma lei è andata avanti e ha dovuto lasciare il paese per andare in esilio in Danimarca, da dove continua a usare il calcio per insegnare i valori della pace e dello sport agli altri.
Max. pensa che «È singolare che un gruppo di donne si metta a giocare a calcio perché il calcio è uno sport prevalentemente maschile. C'è un detto che circola negli ambienti calcistici a riguardo del paragone fra il rugby e il calcio: "Il calcio è un gioco da signori giocato da bestie. Il rugby è un gioco bestiale giocato da signori." Il calcio è uno sport fisico anche per le donne. È altrettanto singolare che il calcio venga usato come emancipazione dalla violenza e dall'integralismo religioso. Si sono verificati questi due aspetti del calcio insoliti che hanno avuto dei riscontri sociali e politici».
En. dice di aver seguito alcune partite di calcio femminile e di averle trovate avvincenti come quelle di calcio maschile. «È da apprezzare tantissimo il fatto che Khalida abbia fondato una squadra di calcio femminile in un paese dove è vietato, cosa che la nostra coraggiosa atleta ha pagato con l'esilio. Ma io tendo ad essere ottimista e penso che in un futuro, speriamo presto, le cose cambieranno in Afghanistan e si raggiungerà la parità di genere, confidando nelle nuove generazioni».
Ma. afferma «È interessante ed è un esempio da seguire questa donna che ha dimostrato non solo coraggio come diceva En., ma anche resilienza in un paese così arretrato da un punto di vista culturale. Credo fermamente che sia un esempio da seguire e ringraziare per il valore che ha aggiunto a tutte le altre donne del mondo».
Ci. rimane colpita dall'iniziativa e dal coraggio di questa giovane donna afghana. «Il calcio femminile da lei rappresentato si configura come uno strumento che conduce ad una strada di libertà e di democrazia in un paese fortemente oppressivo nei confronti delle donne».
Eu. sostiene che «Ci sono delle donne in Italia che hanno potere, mentre in un paese come quello citato nell'articolo le donne non possono avere potere e diritti. Io mi sento fortunata a vivere in Italia».
Articolo tratto dal Corriere della Sera di martedì 18 marzo, supplemento Buone Notiziedal titolo:
"Questa è nìbuona" dal titolo: "Un museo della follia, sosteniamo il progetto"
Questa settimana affrontiamo un tema delicato e facciamo conoscere il noto psichiatra Annibale Crosignani che ha un sogno da realizzare: allestire un Museo della Follia. Ad Annibale sono sempre piaciute le persone fragili ed è per questo che nel suo museo vorrebbe mettere gli strumenti che venivano utilizzati nei manicomi al fine di far conoscere un mondo troppo spesso ignorato. Questi oggetti dimostrano come è cambiata la psichiatria nel corso del tempo.
Lo psichiatra Crosignani è nato a Torino il 10 maggio 1933 e ricorda che in quel giorno Hitler fece un grande rogo di libri nell'Opernplaz di Berlino. È soprattutto un visionario e un partigiano, ha collaborato con Basaglia alla chiusura dei manicomi, ha fondato un comune ed è stato un apprezzato primario ospedaliero.
Ma. si ritiene una persona fragile. «Ho avuto la possibilità di essere ricoverata in un reparto ospedaliero di Psichiatria. Ho visto persone essere contenute fisicamente perché' aggressive ma mai maltrattate. Questa esperienza mi ha dato la possibilità di dialogare con infermieri e medici e di rivedere la mia terapia farmacologica. Credo che il lavoro che ha svolto questo noto psichiatra sia fondamentale per il nostro presente e per il futuro dei nostri giovani. La storia è cambiata e cambiamo anche noi» racconta.
Mas. afferma «Sento di dissentire da questa iniziativa. La malattia mentale come inizio risale più o meno ai tempi di Ettore, è forte perciò di alcune migliaia di anni e da sempre si è cercato di curarla da parte di guaritori o "medici" dell'epoca. Credo che di testimonianze più o meno materiali e/o iconografiche non ce ne siano o siano molto poche. Ad esempio, i famosi autoritratti di Van Gogh o Ligabue sono una testimonianza iconografica ma i pittori hanno voluto fare un autoritratto. Testimonianze di questo genere credo siano più eloquenti che una raccolta di strumenti di tortura. Qualcosa di più moderno potrebbe essere una raccolta delle scatole dei farmaci usati attualmente affiancata da fotografie di operatori e utenti che svolgono attività riabilitative».
Ci. spiega «Considero che queste misure di contenzione che il noto psichiatra torinese Annibale Crosignani vuole esporre nel suo Museo della Follia rappresentino un passo per ricordare il passato di questo ramo della psichiatria e trarne beneficio per il futuro, ovvero non dimenticare il passato per costruire un futuro di cure e di terapie più accettabili».
En. ha frequentato un Centro Diurno per la riabilitazione psichiatrica per 16 anni. «Devo dire – racconta – che sono stato trattato molto bene e le attività erano molto coinvolgenti , soprattutto perché' si facevano in gruppo; è stato molto utile per i miei problemi di ritiro sociale. La cosa migliore dal mio punto di vista è che alle 16.00 tornavo a casa mia. Se verrà realizzato il Museo delle Follia mi piacerebbe andare a visitarlo per comprendere come si viveva nei manicomi e con un viaggio magari organizzato dal Centro Diurno».
St. sostiene «Nella vicenda di Crosignani mi colpisce che lui sia nato in un giorno in cui Hitler voleva cancellare la storia e la cultura mentre lo psichiatra desidera fare cultura e far riflettere la gente sull'evoluzione delle cure psichiatriche nel corso degli anni. Anch'io nel museo aggiungerei oltre agli strumenti antichi una sezione dedicata alle moderne modalità di cura incentrate sul protagonismo degli utenti, sulla consapevolezza e sulla capacità di prendere in mano la propria vita».
Articolo tratto dal Corriere della Sera di martedì 1 aprile dal titolo:
"Musica inclusiva"
A Milano, nel 2011, è nato un bellissimo progetto: l’Orchestra Allegro Moderato composta da persone con disabilità che si propone di migliorare la loro qualità di vita. Prima queste persone avevano difficoltà ad uscire di casa, mentre ora si esibiscono in varie parti del mondo come, ad esempio, la Patagonia e il G7 e sono diventati professionisti.
Sono diretti dal Maestro Marco Sciammarella che ha conseguito la laurea in Musicologia a Cremona e ha poi proseguito gli studi al DAMS di Bologna. Gli esordi sono stati in parrocchia e l’Orchestra è composta da persone dai 6 ai 70 anni. La Cooperativa “Orchestra Allegro Moderato” è caratterizzata da tre elementi che sono l’inclusione, la musica e la professionalità. Inizialmente l’Orchestra era formata da 50 musicisti mentre adesso hanno raggiunto il numero di 200.
Tutto ciò è notevole, considerando anche che la musica è un linguaggio preverbale che consente di superare i limiti della logica.
Eu. afferma «La musica unisce le persone in quanto è un linguaggio universale. Io personalmente ascolto Radio Italia e mi sento parte di tutte le persone che ascoltano questa radio».
Max. ha avuto diverse esperienze di musicoterapia, sia come ascoltatore che come musicista dilettante. «In tutti e due i modi ho apprezzato il potere terapeutico della musica».
Ci. ha apprezzato molto l’esperienza dell’Orchestra “Allegro Moderato”. «La considero – spiega Ci.- una forma di riscatto nei confronti delle persone con disabilità. Ascolto musica di frequente. mi fa sentire felice e appagata».
Anche En., come Max ha avuto esperienza di musicoterapia. «Ero in un gruppo seguito da una musicoterapeuta al Centro Diurno Psichiatrico di Cremona. È stata una bellissima esperienza e ci siamo esibiti al Teatro Monteverdi e al Palazzo Cittanova di Cremona. Un anno ci siamo anche esibiti a Falconara e in tutti i casi abbiamo avuto grandi apprezzamenti» racconta En.
Ma. crede «Per persone che facevano fatica ad uscire di casa, suonare di fronte a così tante persone sia stato un gran traguardo. Questo mi fa capire che anche nelle peggiori situazioni: c’è sempre una soluzione».
Articolo tratto da Repubblica Milano del 9 aprile dal titolo:
"Charlotte, la vita è bella. Da lavapiatti senza futuro alla laurea della svolta"
Questa è la storia di Charlotte Piatti, 38 anni, nata a Torino. La storia di una ragazza semplice e del suo riscatto.
Durante il periodo scolastico delle superiori la nostra protagonista ha incontrato molte difficoltà: un brutto voto dopo l'altro, rimproveri, si sentiva brutta e sola, quindi emarginata. Per un incidente aveva problemi ai denti e detestava gli studi dentistici. Molti professori le consigliavano di andare a lavorare e dopo l'ennesima bocciatura ha deciso di assecondarli, abbandonando gli studi suo malgrado. Per tutte queste vicende lei soffriva molto e non riceveva aiuto.
Ha svolto tanti lavori fino a quando non si è trasferita a Milano per amore, ma una volta sposata, incontra sempre più difficoltà nella ricerca di un impiego. Nell'hinterland milanese trova lavoro come lavapiatti e all'alba dei 30 anni decide di rimettersi sui banchi di scuola e inizia per lei un periodo molto intenso, fitto di impegni. Finalmente arriva la sua conquista: il diploma, fondamentale per lei da ragazzina.
Successivamente diventa volontaria per la Croce Bianca, in quanto le è sempre piaciuto aiutare gli altri. Così facendo ha la possibilità di conoscere due studenti di odontoiatria della Bicocca che la motivano ad iscriversi all'università e raggiungere il suo obiettivo: diventare igienista dentale.
Come finisce questa storia? Charlotte attualmente lavora in diversi studi dentistici, luoghi in cui un tempo aveva paura di entrare.
Si nota dall'articolo che questa donna ha avuto la possibilità di cambiare la propria vita, potendo incontrare persone che credevano in lei e che le hanno mostrato empatia e fiducia.
Ci. rimane colpita dalla storia di questa giovane donna. «Nella vita di questa protagonista ho riscontrato un riscatto, una scelta radicale frutto di determinazione e di tenacia. Non sempre ci si deve arrendere di fronte alle avversità e alle difficoltà che la vita ci presenta, bisogna avere fiducia e la fortuna di trovare, come Charlotte, delle persone che ti incoraggiano» commenta.
St. afferma «Mi piace che questa sia la storia di una ragazza semplice e non di un personaggio famoso, che magari è più facilitato a trovare riscatto nella propria vita in caso di necessità. Determinazione ed empatia sono cose alla portata di tutti e spero che questa storia faccia da esempio e stimolo per molte persone».
Ma. crede che nella vita non ci si debba mai arrendere. «Come Charlotte anche io quando ero piccola, essendo nata con i denti scuri, a scuola venivo bullizzata e nascondevo la mia vitalità, la mia gioia, il mio sorriso. Ecco perché da grande ho voluto seguire gli studi nel sociale per aiutare chi come me ha sofferto per vari motivi» racconta Ma.
Articolo tratto da La Provincia del 16 aprile 2025 dal titolo:
“L’inquinamento sconfitto dagli studenti”
Siamo nello spazio del Consiglio Regionale della Lombardia alla presenza di politici, responsabili dell’Unicef e di altre importanti associazioni culturali. È l’evento finale dell’Hackaton per il clima promosso da Unicef e altre realtà pubbliche e private. A questo evento hanno partecipato diversi istituti scolastici della regione proponendo progetti dedicati a trovare rimedi per la qualità dell’aria.
La scuola cremonese Ipa Stanga è stata una delle 4 finaliste presentando 2 interessanti progetti. Nel primo, lo studente Baldrighi ha presentato uno studio di piantumazione di essenza autoctone per riequilibrare la salubrità dell’aria nella zona di Viadana.
Nel secondo lo studente Ferrari si è occupato dell’area dell’ex polveriera di Cremona dietro lo Stanga, immaginando di riorganizzare lo spazio verde per farne un parco pubblico per i cittadini e anche un polmone verde per la città.
Tutte azioni concrete che gli studenti hanno immaginato di realizzare tenendo conto delle criticità, delle soluzioni possibili e della crescita culturale attraverso formazione e informazione dei cittadini.
Ma. afferma «Questo articolo mi ha fatto apprezzare e provare gratitudine per questi giovani che credono in un mondo migliore, un clima migliore. Dalla mia esperienza bisogna coltivare un obiettivo nella vita per avere uno scopo e questi ragazzi lo stanno facendo».
St. trova molto importante che ragazzi così giovani scelgano di impegnarsi in progetti così votati al futuro e alla sostenibilità ambientale. «Come detto anche nell’articolo originale, spero proprio che questi progetti vengano portati a realizzazione dalle amministrazioni locali interessate» auspica St.
A Fr. piace molto che questi studenti si siano preoccupati anche di informare e formare la popolazione. «In questo modo – racconta – credo che possa crescere una cultura di maggiore rispetto nei confronti dell’ambiente che passa anche attraverso piccole azioni e semplici comportamenti quotidiani: usare l’auto una volta di meno, non gettare un rifiuto e fare una bella passeggiata nel verde di un parco».
Articolo tratto da Il Giorno del 23 aprile 2025 dal titolo:
“Flessibilità dei servizi. Si evitano dispersioni”
Il ministro della disabilità Alessandra Locatelli ha promosso la riforma della disabilità, con un progetto innovativo che viene sperimentato in nove province italiane dal 1° gennaio di quest’anno. I concetti cardine sono la non discriminazione, l’accessibilità e l’inclusione.
Il progetto di vita diventa dunque il punto di partenza per una vita dignitosa e deve essere individuale, partecipato e vissuto da protagonista dalla persona interessata. Il progetto deve partire dai desideri e progetti della persona con disabilità e non imporre dei pacchetti predefiniti e impersonali.
La riforma prevede anche delle semplificazioni burocratiche e tempistiche più brevi.
En. afferma «Leggendo l’articolo mi vengono in mente la recovery e la figura dell’ESP nel campo della salute mentale. La recovery è un processo di cura che mette al centro la persona, come nel caso dell’articolo. L’ESP è una sigla che sta a significare Esperto in Supporto tra Pari. Un utente dei servizi per la salute mentale che ha acquisito un sapere esperienziale che può essere utile nel coadiuvare gli operatori nel processo di recovery».
Ma. racconta «Anche io sono una persona con disabilità. Durante il mio percorso di recovery ho avuto la possibilità di essere accolta dai servizi psichiatrici della mia città senza alcuna discriminazione. Penso che attuare dei progetti personalizzati sia un’evoluzione, un cambiamento positivo, soprattutto quando questa novità parte dalla politica».
Fr. sostiene che ogni persona desidera realizzare pienamente il suo potenziale anche se a volte non se ne rende conto, non riesce o trova degli ostacoli. «Credo che sia molto importante trovare sulla propria strada persone, organizzazioni e istituzioni che ti aiutano anzitutto a capire “chi sei” e quali sono i tuoi talenti e successivamente ti danno una mano a perseguire appunto i tuoi obiettivi per raggiungere una situazione di benessere e di appagamento».
St. trova molto interessante la semplificazione degli iter burocratici e spera che la sperimentazione si estenda a livello nazionale molto presto. «Far passare poco tempo per il riconoscimento di una disabilità grave a chi ne ha bisogno è anche segno di civiltà oltre che di efficienza» sostiene St.