2024
Novembre- Dicembre
Articolo tratto dal “Corriere della Sera” del 29/10/24 dal titolo:
“In Adorazione di Botticelli”
Questa settimana vi portiamo a Milano e precisamente al Museo Diocesano che temporaneamente ospita nello spazio teatrale una grande opera del Botticelli, uno dei suoi capolavori, L’Adorazione dei Magi. Quest’opera normalmente si trova agli Uffizi di Firenze, dove si formano sempre grandi code per vederla. Un’occasione unica che si propone a Milano per poterla ammirare all’interno della XVI edizione de “Un capolavoro per Milano”.
Dal Museo Diocesano fanno sapere che quello dell’adorazione dei magi è un tema già proposto a cui sono molto legati per la presenza del sarcofago delle reliquie dei magi nella chiesa di S. Eustorgio. Ogni anno, in occasione dell’Epifania, c’è un corteo che parte dal Duomo e arriva appunto alla chiesa di S. Eustorgio.
L’articolo descrive poi tutto il quadro e anche dai particolari se ne capisce la grandezza.
Eu. afferma «Io sono una che legge molti fumetti, vedere un’opera del genere mi fa rimanere estasiata, anche se non mi intendo di pittura».
Ci. è rimasta colpita dal messaggio di spiritualità che emerge in quest’opera. «L’adorazione profonda dei magi nei confronti di Gesù Bambino è stata raffigurata in misura esemplare da questo grande maestro che è il Botticelli. Mi auguro di poterla ammirare personalmente in breve tempo» commenta.
Ma. è d’accordo con Ci. nel valorizzo la spiritualità che questo quadro emana. «Nel mio percorso di recovery (guarigione) la spiritualità è un valore aggiunto. Qualche anno fa ho dipinto in maniera elementare la Madonna e quando mi sento un po’ giù, prego. Credo che nelle scuole bisognerebbe trasmettere anche questo valore».
St. sostiene «È bello che anche opere di questa importanza vengano prestate ad altre città, per chi non riesce a muoversi ma non solo. La descrizione del quadro è molto interessante e mi fa ricordare il liceo quando mi piaceva molto la materia di storia dell’arte».
En., parlando di spiritualità, racconta «Ho un’amica che ha passato un momento difficile nella sua vita e ha trovato molto conforto nella religione. Tutt’ora vive bene, nonostante gli ostacoli, con l’aiuto della fede. Quando usciamo per fare quattro passi in città, non manchiamo di fare una visita a una chiesa».
Articolo originario tratto da La Repubblica del 14 novembre e dal titolo:
“Bergonzoni: i giochi di parole non li ho mai amati, scrivevo poesie per la prof. di lettere"
L'articolo ci parla di Alessandro Bergonzoni: un artista decisamente fuori dagli schemi, "folle" e famoso per le sue capacità di far riflettere stravolgendo le parole.
Il suo ultimo spettacolo è inquietante e commovente, l'artista racconta il mondo con i suoi pensieri profondi, le sue iperboli verbali insolite, comiche e malinconiche. Già dal titolo si capiscono la sua vena artistica e le sue capacità linguistiche: "Arrivano i Dunque (avannotti , sole blu e la storia della giovane saracinesca)".
Lo spettacolo inizia la tournée a Milano dove Bergonzoni ha anche aperto una mostra dal titolo "Vite sospese" nella quale si pone in dialogo ideale con un grande artista americano della video arte, Bill Viola. Bergonzoni esplora la condizione umana attraverso i suoi usuali strumenti: parla quindi di "coming in" invece che di "coming out" e quindi fa delle dichiarazioni a se stesso e non al pubblico oppure introduce il concetto di “congiungivite”, cioè una specie di patologia positiva che fa vedere chiaro, collega le cose, aiuta a connettersi con ciò che succede al mondo. Fa sì che dopo i "Dunque" arrivano i "Finalmente": finalmente ho visto, finalmente ho capito. Ci spinge ad essere non più solo umani ma "sovrumani".
Bergonzoni non intende spiegare le cose ma anzi vuole sollevare dubbi; ci spinge a pensare non solo alla realtà ma alla "crealta' ": non avere in mente solo il "materiale" ma pensare anche ad una dimensione universale, magari spirituale e con una forte propensione agli altri e al sociale.
Sempre a modo suo ci ricorda che non va in televisione perché' preferisce radio e teatro per avere una forma diretta di "trasmissione" con il suo pubblico.
Ma. crede che sia molto importante che questa persona si interessi degli "ultimi", della malattia e che si confronti con l'infinito. «Anch'io ho utilizzato questi stessi strumenti per stare bene – racconta Ma. – In particolare, per poter superare il disturbo del comportamento che ho avuto mi sono dedicata a delle attività : alcune di tipo artistico e altre con uno sguardo verso il mondo e gli altri. Certe cose le ho fatte da sola, per esempio dipingere quadri astratti o dedicarmi alla scrittura e per altre ho apportato delle proposte del Centro Diurno di Cremona, queste sono attività risocializzanti e anche spirituali come, ad esempio, il gruppo "Ora et labora" nel quale si rifletteva insieme proprio su come ognuno viveva la propria dimensione spirituale».
St. sostiene «Questa intervista mi è piaciuta molto poiché si percepisce cultura ad ogni parola. Le parole possono essere leggere ma possono anche ferire e quindi bisogna stare sempre attenti ad usarle e dosarle. Anche quello che facciamo noi nel gruppo Happy News riguarda le parole e cioè cercare notizie di conforto in un panorama di notizie spesso negative. È una esperienza positiva anche questa che aiuta ad aprire la mente».
A Fr. piace davvero molto il modo di giocare con le parole di Bergonzoni: «Forzandone il senso e mescolando parole diverse tra loro apre delle nuove finestre di riflessione e di pensiero. Per esempio, definendosi "altrista" (e non artista) che lavora in un "tealtro" (e non teatro) vuol dire che lavora solo se ci sono degli "altri": mi sembra una bellissima realtà, una recita in teatro senza pubblico, per esempio, avrebbe ben poco significato. Credo inoltre che in qualsiasi lavoro poi sia fondamentale pensare agli altri: la città, la collettività è una comunità fatta soprattutto da relazioni che ci permettono di stare bene insieme e di costruire un presente ed un futuro "felidale" (felice e solidale).
Articolo tratto da L'Avvenire del 20/11/24 dal titolo:
"Gmg, chi spera in Dio non si stanca mai"
Oggi parliamo di una giornata particolare: la Giornata Mondiale della Gioventù. Sono previste veglie e iniziative speciali nella Giornata Diocesana a essa dedicata, che sarà domenica prossima.
Il tema di quest'anno è preso da Isaia: «quanti sperano nel Signore non si stancano mai ed è tratto dal Libro della consolazione». Viene valorizzato questo versetto biblico perché, anche oggi, la società vive situazioni segnate da realtà che fanno pensare a un futuro non sereno. Molto spesso a pagare il prezzo più alto di questo sono proprio i giovani. Per questo il Signore apre davanti a loro una strada nuova e invita a percorrerla senza remore e con gioia e speranza.
Eu. afferma «La Gmg è un simbolo per chi vuole credere in valori che al giorno d'oggi sembrano superati e obsoleti. Alcuni giovani d'oggi sono infatti sempre più violenti e privi di rispetto, molti delinquono. Almeno questo si vede dai media».
Ci.: ritiene che «Le Giornate Mondiali della Gioventù siano un'occasione per sperimentare la spiritualità dei giovani, un incontro di anime per raggiungere un obiettivo comune, di speranza nella fede e nel mondo».
A St. piace il fatto che il Papa invita sempre in qualche modo i giovani a mettersi in controtendenza rispetto alla società, come quando li aveva invitati a fare chiasso, cioè a non subire le ingiustizie passivamente. «Anche in questa occasione fa qualcosa di simile e spero che lo ascoltino in molti».
Ma. crede che «Avere come risorsa anche la spiritualità è anche un ottimo modo per risolvere i problemi. È capitato anche a me di sentire il bisogno di spiritualità e di voler pregare la Madonna, oltre che dipingerla e dopo ho sentito una grande serenità. Per questo vorrei trasmettere con questo scritto a chi leggerà, in particolare ai giovani, l'educazione alla spiritualità».
Articolo tratto da Avvenire del 04/12/24 dal titolo:
“In Avvento alleniamo i ragazzi a saper attendere”
Questa settimana vi parliamo di un periodo fondamentale e cruciale per il mondo cattolico, l’Avvento. L’Avvento è tempo di attesa e di speranza per una storia destinata a cambiare il mondo. L’articolo scelto ci spiega cosa è l’Avvento e in primis come raccontare questo mistero ai ragazzi iperconnessi di oggi.
Nel mondo giovanile c’è una percezione dell’immediatezza.
Secondo la pedagogista Francesca Napolitano, «L’attesa è un concetto che sfugge ai ragazzi di oggi». Secondo lo psicologo Fabrizio Travaini, invece, «I giovani appaiono impauriti, incapaci di accogliere la venuta del Figlio di Dio in quanto privi di speranza». Sempre lo psicologo avverte che non bisogna arretrare di fronte a questa sfida: servono parole nuove per concetti sempre tramandati da una generazione adulta a una più giovane.
Si cerca di trovare delle modalità e un linguaggio più aderente alla realtà giovanile per questi ragazzi immersi nella tecnologia, forse spaventati dall’incertezza presente e futura che viviamo. Un modo per avvicinarli può essere il seguente: portarli a una riflessione sulle varie figure sportive, parlare delle loro fatiche per raggiungere la meta preposta e gli sforzi per saper attendere l’occasione giusta per riscattarsi. Il tutto e subito non paga mai, bisogna insegnarlo ai ragazzi.
En. crede che saper attendere sia una qualità che si impara nel corso degli anni. Infatti, «È l’esperienza che ci insegna che l’attesa è la cosa più importante per raggiungere gli scopi preposti. Posso fare un esempio: a me piace dipingere e ho imparato che per arrivare a dei buoni risultati non bisogna avere fretta di finire. Sapendo ciò l’attività risulta anche molto rilassante».
Ci. percepisce il tempo dell’attesa con ansia: «Mi affiorano alla mente alcuni momenti della vita in cui prevale l’attesa. Per esempio, lo stato di gravidanza per una donna, un periodo che prelude ad una gioia infinita paragonabile al tempo dell’Avvento che precorre la venuta del Figlio di Dio».
St. sostiene «Ho trovato molto interessanti tutti gli spunti degli studiosi citati nell’articolo, mi fa piacere che ci sia chi si occupa di questi temi così da vicino e con un occhio distaccato al tempo stesso. I giovani hanno l’intelligenza per capire le cose che gli vengono dette, basta armarsi di pazienza anche per raccontargliele e insegnargliele».
Articolo tratto dal “Corriere della Sera” di martedì 10/12/24 dal titolo:
“Il maestro Manzi: La <<lezione>> ci serve oggi”
Alberto Manzi ci ha insegnato che “non è mai troppo tardi”. Con semplicità e intelligenza ha avvicinato le persone alla cultura, che in fin dei conti è la vita reale. Il maestro Manzi è diventato famoso negli anni ‘60 proponendo una trasmissione televisiva che invitava gli italiani di ogni età a imparare a leggere e scrivere, un modo per combattere l’analfabetismo diffuso in quel periodo. E’ un personaggio difficile da dimenticare e quest’anno si celebra il centenario della sua nascita, figura mite ma severa, carismatica, paziente. Il suo curriculum vitae è variegato, l’articolo riporta per esempio un curioso aneddoto: nel ‘55 si recò in Amazzonia per studiare le formiche ma scoprì anche la condizione dei contadini analfabeti e sfruttati. L’autore dell’articolo auspica che ci sia una rubrica analoga oggi che insegni lingua e cultura italiana per dare a tutti gli strumenti per capire la realtà nella quale siamo immersi.
En.: Ovviamente è molto importante l’alfabetizzazione per una buona convivenza. Trovo però anche che sia molto importante la valorizzazione dei vari dialetti, che in alcuni casi potremmo addirittura considerare delle lingue. In tal modo si conserva la cultura. Io ho vissuto in molte città e paesi e quindi non possiedo un dialetto mio specifico, ma ne ho diversi mischiati. Trovo che sia una cosa positiva perché ho conosciuto culture diverse.
Mas.: Nel corso dei millenni preistorici di molte popolazioni si conosce poco o niente. La causa di ciò, e gli archeologi condividono questa opinione, è che questi popoli non avessero la conoscenza della scrittura e della lettura e testimonianze di quei tempi sono andate quasi completamente perse. Ad esempio non sappiamo che piatti cucinavano, quali erano le loro ricorrenze festive e loro sono conosciuti solo grazie alla ricostruzione che possono fare gli archeologi, abbiamo solo notizie frammentarie accessibili soltanto da studiosi ben preparati. Questo per sottolineare l’importanza della scrittura e della lettura. Per me la cultura è in grado di fornire gli strumenti più adatti per affrontare le realtà della vita.
Mar.: L’importanza della cultura è stata nella mia famiglia fondamentale. Mio papà aveva conseguito la quinta elementare tramite posta mi diceva, mentre la mia mamma era completamente analfabeta e quando io avevo dieci anni le ho insegnato a leggere e scrivere. Ha imparato a leggere e anche a fare la sua firma. Questo per me è stato oggetto di orgoglio e di soddisfazione, in quanto quello che imparavo a scuola lo trasmettevo anche a lei con gratitudine.
Penso che la cultura sia importante al giorno d’oggi e non solo “sapere” ma saper fare e saper essere. Nel campo della salute mentale il saper essere è molto importante per me, come il saper fare. Bisogna imparare a conoscersi e cercare gradualmente di superare quelle criticità che ci portano lontano da noi stessi. Solo con la conoscenza di noi stessi possiamo dare il meglio agli altri.
Ci.: Io sono molto ammirata dalla figura del maestro Manzi, ritengo che dovrebbe esserci anche ai nostri giorni una personalità così carismatica da coinvolgere il pubblico a programmi di cultura e di apprendimento. E’ necessario nella realtà odierna introdurre e
potenziare degli strumenti per combattere l’analfabetismo che coinvolge ancora un ampio strato della popolazione, seppure in forma ridotta rispetto agli anni ‘60.
St.: E’ vero che manca una trasmissione televisiva analoga al giorno d’oggi, ma a me vengono in mente le scuole gratuite di italiano per stranieri dello scrittore Eraldo Affinati. Si potrebbe fare o allargare una iniziativa del genere anche per contrastare la povertà culturale di alcuni italiani al giorno d’oggi.
Fr. Anche nel vastissimo e complesso panorama televisivo del giorno d’oggi esistono trasmissioni educative: per esempio ricordo quasi con affetto e tenerezza le avventure di Dodo’ nell’ “Albero Azzurro” o i fantastici racconti della “Melevisione”.
Articolo tratto dal giornale Avvenire di mercoledì 18 dicembre 2024 dal titolo:
"I regali (imprevisti) di Notre Dame. Da Parigi sette messaggi al mondo"
Nell'aprile del 2019 è andata a fuoco la Cattedrale di Notre Dame, i lavori di ricostruzione sono iniziati subito e sono durati 5 anni. In questo periodo la Cattedrale ci ha offerto sette regali su cui l'articolo ci invita a riflettere.
Anzitutto gli scavi necessari per i lavori hanno fatto riemergere migliaia di reperti storici e artistici di cui circa 700 sono sculture. Tra esse una rappresentante la testa di Cristo con gli occhi chiusi. Si è riscoperto un vero patrimonio. Si è pensato che la Cattedrale fosse il simbolo di un'epoca oscura, in realtà i lavori di restauro hanno rivelato che l'edificio rappresenta un esempio di costruzione luminosa e ricca di tesori. I restauratori hanno dovuto adeguarsi alle tecniche utilizzate nel passato, per esempio la scelta degli alberi e la lavorazione del legno sono stati eseguiti con modalità antiche. È stato quindi un modo per tenere vive le tradizioni dell'epoca medievale. Interessante anche la necessità di conciliare tali lavorazioni con le esigenze di una grande città moderna.
Gli addetti ai lavori hanno dovuto collaborare in armonia per raggiungere i traguardi prefissati. Gli ottimi risultati sono quindi da attribuirsi ad una grande sinergia tra le diverse maestranze. Restaurare questa importante Cattedrale ha invogliato la Chiesa francese a realizzare uno studio rivolto al recupero di altri edifici religiosi.
Il sesto dono è di natura materiale e facilmente misurabile: 340 mila soggetti hanno devoluto circa 140 milioni di euro. Un grande risultato, tanti benefattori!
L'ultimo dono è forse il più importante: pare infatti che l'evento nefasto abbia contribuito a ravvivare la fede dei francesi che si stanno riavvicinando ai sacramenti ed al culto. Questo evento ha colpito davvero tutti, tanto che moltissime persone si ricordano esattamente dov'erano e cosa facevano nel momento in cui l'incendio è divampato. A questo tema è ispirata la vignetta di Scott.
En. ricorda come il rogo della Cattedrale si sia sviluppato in breve tempo, mentre per ricostruirla ci sono voluti degli anni, ciò vale un po' per tutto: un incidente può svilupparsi anche in pochi secondi mentre per rimettere le cose a posto ci vuole tantissimo tempo. «Parlo quindi della pazienza e del saper aspettare, per dare il "tempo giusto" ad ogni cosa. Porto, ad esempio, la mia passione per la pittura che richiede pazienza. Infatti, non ho fretta di finire i miei lavori e questo mi porta ad essere rilassato ed in equilibrio interiore: mi dedico ad una attività che mi piace con i tempi che essa richiede».
Ma. Pensa a questo restauro come ad una iniziativa molto bella, positiva e propositiva. «Mi viene in mente – racconta Ma. – il "restauro" che ho dovuto affrontare a livello interiore, in particolare riguardo al mio comportamento. Per ristrutturare Notre Dame sono stati necessari 5 anni, io mi sono messa in gioco per 15 anni e ancora adesso "ci sto lavorando". È molto faticoso lavorare su se stessi ma anche gratificante in quanto, soprattutto quando lavori sulla
tua salute mentale, devi essere disposto a essere consapevole e ad accettare l'aiuto altrui. Ciò che è stato efficace è il lavoro fatto assieme, come è successo per la Cattedrale».
Ci. ritiene che dopo una catastrofe come quella che accaduta a causa dell'incendio della Cattedrale, segua sempre una ricostruzione. «Ad esempio, nella vita si possono verificare delle crisi e delle cadute, così segue una rinascita. L'importante è sempre combattere contro le avversità della vita e uscirne vittoriosi».
Anche Fr. fa un parallelo tra gli eventi negativi che accadono alle cose e quelli che accadono alle persone. «I lavori necessari a Notre Dame hanno permesso il ritrovamento di reperti archeologici di grandissimo interesse, guardare dentro me stesso mi ha consentito di recuperare una vecchia passione che quasi mi ero scordato e che ora mi piace davvero molto coltivare e cioè suonare la chitarra».