2024
Luglio - Agosto
Articolo tratto da Il Giorno del 18 luglio dal titolo:
“Una storia a lieto fine”
L’articolo ci parla della storia di Ahmed Mahmoud, un giovane egiziano arrivato in Italia in modo irregolare e drammatico attraverso la rotta balcanica. Inizia il viaggio diciassettenne dalla città di Fayyum con un volo per gli Emirati Arabi e successivamente per Istanbul. Dopodiché cominciano i problemi: diversi tentativi di attraversare frontiere e fiumi, estenuanti camminate a piedi, un sequestro, minacce di morte, continue estorsioni di denaro (il viaggio gli è costato complessivamente 16.000 €), viaggi nei bagagliai di auto e nei cassoni di camion e infine non sono mancate percosse e violenze. Un’odissea durissima e molto pericolosa, tanto che sono partiti in 20 persone e sono arrivati solo in 2.
L’obiettivo, raggiunto dopo cinque mesi, era la città di Milano per poter lavorare nel settore dell’edilizia, dove la richiesta di manodopera è molto elevata. Ahmed è riuscito a diventare, dopo diverse traversie ed esperienze difficili anche in Italia, caposquadra in poco tempo e a 22 anni è stato assunto dalla Cisl, come sindacalista, per aiutare gli altri migranti.
Pa. sostiene che sia una storia che ci parla di qualcosa che è molto più frequente di quel che pensiamo, poiché i media si concentrano molto sugli sbarchi via mare, che in realtà sono una piccola parte degli arrivi. «I migranti, in realtà, giungono in Italia per la maggior parte attraversando la frontiera friulana percorrendo la pericolosa rotta balcanica».
Gi. crede «Anche quando si parla di migrazioni sono molto presenti stigma e pregiudizi: paura del diverso, l’immigrato che ruba il lavoro, lo straniero considerato come delinquente, la convinzione che siano facilitati nell’assegnazione di contributi o di alloggi pubblici. In realtà dietro a ogni migrante ci sono sempre un nome e un cognome e una storia tante volte drammatica come nel caso riportato nell’articolo».
En. aggiunge «In Italia, ma credo anche in tanti altri paesi del mondo occidentale, esiste il grave problema della denatalità che influisce negativamente sulla disponibilità di manodopera e quindi sono i benvenuti gli arrivi da altri paesi più prolifici. Certo però che il modo in cui arrivano in Italia questi stranieri necessita di una gestione più efficace, umana e legale».
Ci. rimane colpita dalla drammaticità del viaggio di questo giovane egiziano. «Quanti soprusi, quanta violenza ha dovuto subire per raggiungere la meta desiderata; ora sono contenta, ce l’ha fatta, ma quanti sono ancora rimasti indietro?» si chiede.
Fr. sostiene che la storia di questo giovane faccia riflettere anche su un altro aspetto dello stigma: l’idea che tutti i migranti siano economicamente miseri. «In questo caso invece, il viaggio è stato progettato e finanziato anche dalla famiglia di Ahmed che ha proprio studiato l’iniziativa come un investimento per il figlio, come capita in realtà anche a noi occidentali che magari spendiamo soldi per far studiare i figli all’estero. Nel caso in questione sottolineo inoltre l’impegno del giovane a restituire al padre l’ingente somma spesa per il viaggio».
Infine, St. aggiunge «Per una storia così ce ne sono tante che non finiscono bene e servono soluzioni a livello globale e accordi tra tutti i paesi coinvolti per evitare di finanziare i traffici illeciti e far subire a molte persone le violenze di cui si parla nell’articolo».
Articolo tratto dalla rivista Focus del 24 luglio dal titolo:
“Scienza e matrimoni”
L’articolo di Focus di oggi ci parla di un tema senza tempo, centrale nella vita umana e di grande interesse: i segreti di una relazione di coppia duratura. L’autore stesso, nuovo direttore di Focus, afferma di essere sposato da 17 anni, ma che questo tempo gli sembra poco rispetto a quanto sono stati sposati i suoi genitori, cioè 55 anni.
Cosa fa durare un amore a lungo dopo l’innamoramento (quella fase iniziale di grande passione)? Secondo le indagini scientifiche riportate, a fare la differenza sono le piccole attenzioni reciproche, la profonda conoscenza l’uno dell’altro e l’impegno comune a mantenere viva la relazione. L’articolo è corredato da diversi approfondimenti, tra cui un’indagine della giornalista Raffaella Procenzano che sottolinea gli aspetti legati alla genetica del tema proposto. Ci sono infatti alcune persone geneticamente predisposte a portare avanti relazioni a lungo termine, spesso si tratta di individui dalla personalità meno irrequieta.
Eu. conferma che le coppie durature esistono. «I miei genitori ne sono un esempio. Prima che la malattia li dividesse, sono stati insieme per 35 anni».
Ci. crede che «In una relazione di coppia valgono i piccoli gesti quotidiani di affetto e aiuto reciproco per supportare un rapporto duraturo e solido. Essere presenti nel momento del bisogno e rispettare nello stesso tempo gli spazi di autonomia del partner sono la chiave».
En. così come Eu., sostiene «posso testimoniare che i miei genitori sono sempre andati d’accordo, infatti non hanno mai litigato e, tra parentesi, ma non meno importante, non mi hanno mai dato nemmeno un ceffone. Ho fatto un mio ragionamento per quanto riguarda il periodo del Covid, quando c’era la chiusura le persone erano costrette a vivere a stretto contatto parecchio tempo e secondo me, quando si sta molto tempo insieme, è più facile venire in disaccordo».
St. pensa che cose di questo genere possano valere per tutti i tipi di relazione e che gli studi scientifici possano aiutare la saggezza popolare quando si tratta di capire i “segreti” di cui parla l’articolo.
Fr. crede che anche una buona salute mentale sia importante per avere buone relazioni con gli altri. «È anche fondamentale avere una buona relazione con se stessi! Pertanto, bisogna curare con attenzione la propria salute sia fisica che psichica e raggiungere un buon equilibrio interiore accettandosi e volendosi un po’ bene».
Articolo tratto da Il Corriere della Sera del 1 agosto dal titolo:
“Un abbraccio di vita”
Ci troviamo nella città di Como, dove una giovane agente di polizia al primo mese di servizio, Alessia Russo, ha compiuto un gesto di estremo coraggio e altruismo: sventare, insieme ai colleghi, un tentativo di suicidio di una sua coetanea.
La ragazza voleva lanciarsi dal tetto di un supermercato dell’altezza di venti metri, era decisa nel suo proposito, ma la squadra di poliziotti ha intuito che c’era margine per un intervento. I componenti si sono avvicinati, cercando di distrarla, per poterla afferrare prima che si lanciasse nel vuoto. Quando la ragazza in crisi ha individuato un volto femminile nella squadra, si è rassicurata e rinfrancata. Il lungo abbraccio tra le due protagoniste nell’attesa dei soccorsi ha permesso di stemperare l’emozione di entrambe.
Alessia Russo conclude la sua intervista dicendo: “essere un poliziotto non è solo punire e arrestare, ma anche capire e aiutare le persone”.
Ma. sostiene che in questi casi, molte volte, l’interessato cerca aiuto come ha fatto la ragazza che voleva buttarsi. «Secondo me – commenta Ma. – ha chiesto aiuto nel modo in cui le riusciva in quel momento. Gridava: “Mi butto”, ma il messaggio era: “Aiutatemi”. Questo articolo mi ha particolarmente commosso perché, tanti anni fa anch’io sono passato per quell’esperienza».
Gi. commenta «gli agenti vengono formati per affrontare certe situazioni di emergenza. In casi come questi scatta però il fattore umano che ha permesso l’esecuzione dell’intervento portandolo a buon fine».
Eu. afferma «Mentre guardavo un programma televisivo, ho visto l’intervento di due poliziotti a casa di una signora anziana che li aveva chiamati con grande urgenza. In verità la novantenne, in un momento di profonda solitudine, aveva solo bisogno di compagnia».
Ci. rimane colpita dalle parole della giovane agente Alessia Russo per cui il loro ruolo non è limitato all’arresto e a far rispettare la legge, ma comprende anche gesti di solidarietà e di aiuto al cittadino in difficoltà. «Un esempio di civiltà e di arricchimento personale» sostiene.
Fr. trova bellissimo e commovente l’intervento della squadra degli agenti di polizia. Aggiunge poi «Ore è molto importante che qualcuno aiuti la ragazza in difficoltà a riprendere in mano la propria vita, a ridarle un significato e a riempirla di progetti positivi».
Articolo tratto da Il Corriere della Sera dell' 8 agosto dal titolo:
“Scalare con l'anima”
Visto il caldo di queste giornate, vi portiamo oggi in Val d’Aosta a conoscere l’alpinista Marco Camandona, di anni 53, sposato con Barbara e guida alpina, maestro di sci molto impegnato nel sociale. A fine luglio Camandona ha raggiunto l’ultimo Ottomila che si era prefissato di scalare senza ossigeno supplementare. Ad ogni spedizione, Marco unisce anche un fine nobile: raccoglie infatti fondi per finanziare l’orfanotrofio costruito con sua moglie Barbara a Kathmandu.
Per scalare tutte e quattordici le vette sopra gli ottomila metri ha impiegato ventisei anni grazie alla sua progettualità, forza e determinazione. Nel corso del tempo ha dovuto anche rinunciare ad alcune scalate, ma questo gli è servito per preparare meglio quelle successive e a non rinunciare ai propri sogni.
«Senza la possibilità di sognare, mi considero un uomo finito» dice infatti Marco.
Mas. sostiene che scalare vette di ottomila metri ed oltre è una sfida molto difficile. «Consideriamo, infatti – spiega Mas. – che più si va in alto più la composizione dell’aria varia, in particolare la pressione dell’ossigeno diminuisce al punto che l’organismo umano è sofferente. Voglio ricordare che Messner non è stato l’unico a scalare le vette più alte dell’Himalaya senza ossigeno, ma c’è stato anche un altro scalatore mantovano, Fausto De Stefani, che ha ripetuto l’impresa di Messner senza farne troppa pubblicità. Notevole è la sua impresa per pulire le vette dell’Himalaya dai rifiuti lasciati dagli altri scalatori».
Mar. afferma «Leggere questo articolo mi fa venire in mente la capacità di poter scegliere cosa ci piace nella nostra vita e di perseguirlo con resilienza. Soprattutto nel campo della salute mentale è importante focalizzarci sugli obiettivi e sulla capacità di risolvere i problemi, in quanto, se ci limitiamo a “vedere” solo il problema, ci areniamo».
Eu. crede che sia bello vedere persone famose che, oltre a seguire con passione e impegno le proprie inclinazioni, dedicano anche tempo e risorse agli altri. «Per esempio – sottolinea Eu. – Camandona ha aperto un orfanotrofio, Mondinelli ha aperto un ospedale per traumatizzati stradali e De Stefani si dedica alle tematiche ambientali. Molto importante anche vedere come l’uomo cerca sempre di superare i suoi limiti».
Ci. spiega di essere rimasta colpita dall’altruismo dimostrato da Camandona. «Il suo appoggio e sostegno all’orfanotrofio sono esempi da elogiare. Scalare le vette è un’impresa difficile da seguire come è difficile nella realtà quotidiana superare i problemi e le difficoltà, bisogna essere allenati non solo fisicamente ma anche mentalmente».
A Fr. piace l’idea di trasformare i propri sogni in progetti, seguendo le proprie inclinazioni e le proprie passioni. «L’alpinista Camandona – aggiunge – è uno splendido esempio di questo concetto. Credo che ogni giovane dovrebbe essere reso consapevole ed educato a comportarsi in questa maniera anche nella propria ordinaria realtà quotidiana».
Articolo tratto da Il Corriere della Sera del 14 agosto dal titolo:
“Animali da salvare”
Questa settimana abbiamo scelto due articoli che parlano del delicato rapporto tra uomo e ambiente. Nel primo caso l'articolo riguarda le tartarughe marine, questi meravigliosi animali si trovano sempre più spesso sulle nostre spiagge per nidificare anche a causa del riscaldamento delle acque del mediterraneo. Il clima del nostro mare, infatti, sta diventando sempre più tropicale e le tartarughe apprezzano spiagge sempre più a nord.
Il secondo articolo racconta invece di una situazione di sovrappopolazione di esemplari di lupi nell'Alto Adige. In questi ultimi due mesi 30 capi di bestiame sono stati uccisi proprio dai lupi, gli allevatori si sono quindi rivolti alle autorità che hanno deciso l'abbattimento di due lupi a caso per affrontare la questione. Le associazioni ambientalistiche d'altro canto si sono rivolte alla magistratura per evitare gli abbattimenti contestando la regolarità del provvedimento. Per ora quindi niente di fatto, sarà dunque il TAR a decidere come proseguire.
Mas. crede che andare a contare i 500 nidi di tartarughe odierni sia un lavoro impegnativo. «Questo è confermato anche dai dati degli anni precedenti, che sono certi e solidi, tanto che si possono conoscere anche differenze minime e casi diversi tra loro. Anche se i casi considerati non sono estremamente numerosi ci danno però una rappresentazione molto realistica del fenomeno che viene studiato.
Quello che l'articolo non dice è che i lupi attaccano anche i cani che si trovano all'aperto, magari anche legati al guinzaglio o in recinti. Per quanto riguarda l'orso trovo che si tratti di un animale molto pericoloso per l'uomo e quindi abbatterne un solo esemplare praticamente non serve a nulla».
Gio. ha visto in un canale che irriga la città di Cremona alcune tartarughe in libertà. «Mi domando anzitutto se questi animali sono commestibili per l'uomo ed inoltre come hanno fatto a trovarsi nel nostro territorio. Un'altra questione riguardo in particolare la situazione degli orsi sul territorio italiano: io mi sento dalla parte degli animali e quindi preferirei che non venissero abbattuti».
Giu. pensa che non sia con gli abbattimenti che si risolve il problema. «Quando vengono reintrodotte delle specie ormai estinte nel territorio, è necessario fare delle valutazioni molto appropriate, credo sia da evitare l'immissione di animali non autoctoni, per esempio la situazione degli orsi immessi negli ultimi anni in Trentino.
Anche nel territorio cremonese sono stati avvistati branchi di lupi benché' non enormi. Purtroppo, questo fatto crea allarmismo nella popolazione che però, a mio avviso, è ingiustificato. Questi animali sono spinti in pianura dalla carenza di cibo, dal troppo turismo e dal cambiamento climatico, bisognerebbe fare in modo che rimangano nel loro ambiente».
Ma. allarga lo sguardo al rapporto generale tra uomo e ambiente, uomo e clima. «Ma quanto conta davvero il clima per la salute mentale?» si chiede. «Per me moltissimo. Quanto fa troppo caldo io mi chiudo in casa e non riesco ad uscire, né quindi ad incontrare persone o a fare attività di ogni tipo, dallo sport allo shopping... Quando invece il clima è più confortevole ragiono meglio, mi muovo meglio sul territorio ed in mezzo agli altri e quindi sto anche molto meglio dal punto di vista psicologico».
Fr. sostiene «L'uomo, purtroppo, inquina l'ambiente in modo importante e le sue attività hanno un impatto molto negativo, ciò mi sembra innegabile. Quello che più mi stupisce è che questo nostro "attacco" all'ambiente non è stato sferrato migliaia di anni fa ma in realtà solo da un paio di secoli, dalla rivoluzione industriale in poi. In questi ultimi decenni, fortunatamente, stanno crescendo sempre di più una coscienza ambientale e ambientalista ed il desiderio di correre ai ripari per rimediare alla situazione. Spero che anche i governanti dei paesi mondiali si mettano sempre più d'accordo sulle strategie più utili per contrastare il degrado creato».
Articolo tratto da La Repubblica del 22 agosto dal titolo:
“I city angels: un esercito di solidarietà”
Siamo a Milano, sotto il solleone d’agosto e incontriamo i city angels. I 60 volontari attualmente in servizio prestano aiuto ai bisognosi, di giorno portando pasti agli anziani soli e la sera aiutando i senzatetto per le strade. Questo gruppo è nato 30 anni fa, è già presente in 20 città italiane. A Milano, con un totale di 120 volontari, si occupa di 2300 senzatetto.
Moltissimi di questi ultimi, ben un quarto, sono stranieri.
Forse non tutti sanno che, anche parte dei senzatetto si trasferisce al mare nel periodo estivo. L’articolo dice che sono in tanti a spostarsi col treno verso le località balneari più raggiungibili, tanti vivono ancora di elemosina, alcuni riescono a trovare lavoretti nel turismo.
I city angels sono molto organizzati e per diventare uno di loro è necessario superare una dura selezione e poi un corso di formazione con relativo esame.
Oltre che sulle strade, la loro attività continua per tutto l’anno nel loro centro di accoglienza aperto 24 ore che ospita 48 persone.
Anche Ma. recentemente ha dovuto sostenere un colloquio per formarmi come ESP: Esperto in Supporto fra Pari. «Come nel caso dei city angels, devo studiare per acquisire competenze da spendere nell’aiuto agli altri. Un argomento a cui tengo particolarmente è lo stress. Mi hanno insegnato che per evitare di arrivare ad alti livelli di stress è opportuno mantenere la “giusta distanza” dalle situazioni che si possono incontrare anche nel campo della salute mentale».
En. è molto colpito dal fatto che ci siano tante persone che aiutano chi ha bisogno, soprattutto in ore serali che in una grande città potrebbero essere pericolose. «È molto importante per le persone in difficoltà sapere che c’è chi si occupa di loro e quindi sentirsi meno sole. Penso in particolare al fatto che i city angels portano aiuti molto concreti: sacchi a pelo che d’estate diventano materassi, spray antizanzare, coperte, cibo, acqua e una buona parola».
Ci. è rimasta piacevolmente colpita dalla presenza in forte numero delle donne in questa attività di volontariato. «Ritengo che la figura femminile sia particolarmente adatta a gesti di solidarietà, dotata di sensibilità e attenzione ai bisogni delle persone in difficoltà».
St. commenta «Sono molto contento che i city angels siano presenti in varie città, quindi non solo nelle grandi città, poiché delle loro attività c’è sempre bisogno ovunque. Immagino che non siano gli unici a farlo ed è bello che tra loro ci siano molti stranieri, come giustamente sottolinea l’articolo».