Il Parco Nuovo

PLanimetria della valle dell'Oreto con indicazione degli insediamenti normanni

Il Parco Normanno

Le fertilissime campagne a sud e a ovest di Palermo, ricche di depositi alluvionali e costituenti la cosiddetta Conca d'Oro, ai tempi dei normanni erano costellate di palazzi, di ville e di chioschi, veri luoghi di delizia. Esse erano un grande parco reale che abbracciava il retroterra della città fino alle pendici dei monti Grifone, Chiaranda, Starrabba, Greco, Valle di Fico e Moharda a sud e dei monti Caputo e Cuccitello a ovest. Le sue varie zone assunsero nel tempo i nomi di: Parco Vecchio che fu parco degli emiri e sul quale sorge il famoso palazzo della Favara o di Maredolce, oggetto di meraviglia da parte del normanno conte Ruggero, quand'egli nel 1071, irruppe nella pianura di Palermo; Parco Nuovo, "Paradiso della Terra" o "Genoardo", che comprendeva i campi e i giardini cingenti la città e sui quali erano impiantati i magnifici palazzi della Cuba, della Torre Alfaina, della Zisa, dello Scibene e alcuni padiglioni o chioschi con cupolette rosse.

Palermo era allora cinta di ville regie "con la stessa grazia con cui le collane cingono le gole delle fanciulle dal colmo petto", come scrisse Ibn Gubayr, viaggiatore e scrittore musulmano di Spagna, quando nel 1185, percorse la costa settentrionale della Sicilia, descrivendone le bellezze in un suo diario.

L'insediamento del palazzo di caccia di Ruggero II nei pressi della sorgente (Fonte Alto).

Torre di Rebuttone a cura di Federico Sciortino


Il sollazzo del Parco Nuovo

Uno dei palazzi, con relativo sollazzo, che cingevano Palermo, fu quello che Ruggero II, nella prima metà del XII secolo, fece costruire nel Parco Nuovo per sua dimora estiva e per i suoi svaghi di caccia.

Egli, infatti (secondo Romualdo Salernitano), dopo aver fatto circondare con un muro alcuni boschi e monti a sud di Palermo, vi fece immettere e vi lasciò proliferare un gran numero di daini, caprioli e cinghiali. Così diede vita ad una vasta “bandita” che si stendeva, secondo l’Amari, fino ai territori di Rebuttone e di S. Giuseppe Jato.

Inoltre, dalla vicina sorgente (Fonte Alto), per mezzo di una conduttura sotterranea, fece dotare il Palazzo di acqua corrente: “Fecit et in hoc parcho palatium, ad quod aquam de fonte lucidissimo per conductos subterraneos jussit adduci” (Cfr. Romualdo Salernitano, anno 1149).

A un chilometro dal palazzo, all’imboccatura della Valle di Fico (nella contrada detta “Biviere”), Ruggero II fece innalzare robuste mura rivestite di cemento idraulico, le quali raccoglievano le acque della valle in modo da formare un laghetto o “vivarium”, dove furono immesse rare specie di pesci e dove si realizzavano gite in barca e naumachie.

Lavoro a cura di:

  • Sciortino Federico
  • Tuttoilmondo Francesco