Soggetti Religiosi

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Copia olio su tela cm. 125 x 82

Chiesa di S. Angelo di Celle – Deruta (Pg)

TINTORETTO (Jacopo Robusti)

Venezia 1518 – ivi 1594

Cristo davanti a Pilato (copia)

Originale - Olio su tela m. 5,15 x 3,80 – 1566-67

Venezia – Scuola Grande di San Rocco

 

Il giovane Jacopo, soprannominato Tintoretto dal mestiere del padre “tintor de panni”, mosse i primi passi nella bottega di Tiziano, ma ben presto i due divennero in disaccordo e l’allievo fu costretto ad allontanarsi dal grande maestro.

Sin dagli inizi della sua formazione il Tintoretto manifestò una pittura corsiva e nervosa e una tendenza per le composizioni spettacolari. In tutte le opere della sua fervidissima produzione artistica, questa tecnica personale sembra precorrere i tempi di El Greco e del Caravaggio.

La drammatica scena del quadro, riproduce quasi allegoricamente l’ambiente che regnava in quella lontana provincia romana. Il popolo vociante sullo sfondo mentre reclama la condanna dell’imputato; il potere, che domina le masse, incarnato nella pavida figura di Pilato; la forza, impersonata dal pretoriano sulla sinistra; la legge, rappresentata dal funzionario al centro mentre registra le varie fasi del processo, ed infine l’aristocrazia (il patrizio sulla destra) che cerca di rimanere estranea al fatale avvenimento.

E su questo contrasto di luci ed ombre sottolineato dal movimento delle figure con effetti di grande suggestione, si erge quasi diafana la figura maestosa e ieratica del Cristo, in un atteggiamento premonitore di quei drammatici eventi che di lì a poco cambieranno il corso della grande storia dell’umanità.

L’opera originale del Tintoretto insieme ad altri quadri del grande artista si trova ora esposta nella sala terrena della Scuola di San Rocco a Venezia.

 

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Copia olio su tela dimensioni cm. 110 x 70

     Chiesa S. Angelo di Celle – Deruta (Pg)

  CARAVAGGIO 

(Milano 1571 – Porto Ercole 1610)

Natività con i Santi Lorenzo e Francesco

Originale - Olio su tela 268 x 197

Opera trafugata nel 1969

 

L’opera fu commissionata all’artista per l’oratorio della Compagnia di S. Lorenzo in Palermo, dove il Caravaggio proveniente da Messina e diretto poi a Napoli,  soggiornò nei mesi di agosto e settembre del 1609.

La tela, riprodotta in clima seicentesco, presenta una sobrietà estrema ed il cartiglio del “Gloria in eccelsis Deo” sostenuto dall’angelo la richiama al Vangelo di Luca.

L’inserimento dei santi non è una trovata dell’estroverso pittore, ma un complemento anacronistico proprio di quel tempo che rispecchia il volere dei committenti. Lorenzo (il patrono dell’oratorio) in posizione di rilievo sulla sinistra in abiti vistosi e Francesco alle spalle della Madonna in atteggiamento reverenziale, rappresentano un ulteriore elemento devozionale al mistico evento. Lo sguardo tenero della Madonna denota un atteggiamento di riposo e la camicia allentata sulla spalla nuda fa pensare alla madre che ha appena allattato il proprio bambino. L’anziano pastore dietro Francesco sembra por-tare a Giuseppe seduto e a lui rivolto, l’annuncio del prossimo arrivo dei Magi.Intorno al 1625, il conte di Bastiglia Don Gaspare Orioles di origine genovese, appartenente a un contesto sociale di nobili cadetti ed alti prelati e grande estimatore delle opere del pittore, diede incarico ad un pittore del luogo Paolo Geraci di riprodurre la tela che dapprima fece parte della pregevole collezione del presidente della Suprema Corte di Giustizia di Catania, poi  venne conservata nel Museo Civico dei Benedettini di Catania.

Ma nel 1969 l’opera del Caravaggio venne trafugata e ora ne rimane solo la copia del Geraci, che è possibile ammirare presso il Museo Civico di Castel d’Ursino di Catania.

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Copia olio su tela cm. 167 x 110

Cimitero di S. Angelo di Celle – Deruta (Pg)

SEBASTIANO  DEL  PIOMBO

Venezia 1485 – Roma 1547

Resurrezione di Lazzaro

Originale - Olio su tavola cm. 355 x 235

Londra – National Gallery

 

Artista tra i più significativi della prima metà del cinquecento, Sebastiano Luciani (è questo il nome del suo casato) dialoga e si affianca a tutti i più grandi pittori dell’epoca (Giorgione, Tiziano, Raffaello e Michelangelo).

Dopo una prima attività nella sua Venezia, nel 1511 L’artista si trasferisce a Roma dove viene coinvolto, in collaborazione con di Raffaello negli affreschi della Farnesina. Inizia così quel periodo di transizione tra il cromatismo veneto e la ricerca espressiva della scuola romana che trova in Michelangelo il suo maestro, e di cui Sebastiano diventa fidatissimo amico.

Infatti dopo alcune opere a Roma e Viterbo il pittore diventa l’interprete dell’ arte michelangiolesca, fino a utilizzare i disegni del Buonarroti per la grande pala della Resurrezione di Lazzaro dipinta in concorrenza con la Trasfigurazione di Raffaello. Alla morte di questi Sebastiano diventa il più importante pittore di Roma.

Rimasto a Roma anche dopo il Sacco (1527), Sebastiano riceve nel 1531 l‘”officio del Piombo” un remunerato privilegio ecclesiastico che gli darà ulteriore fama, ma lo allontanerà in parte dalla sua attività pittorica. 

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Il Cristo del Dalì 

Copia olio su tela cm. 89 x 56

Opera trafugata e riprodotta – Collezione privata

SALVATOR  DALI’

(Figueras 1904 – ivi 1989)

Cristo di S. Giovanni della Croce

Originale - Olio su tela 205 x 116

Glasgow - Art Gallery

 

Un “sogno cosmico” ha rivelato a Dalì che il nucleo dell’atomo, limite stesso dell’universo, è il Cristo,

Ne fa fede uno studio di questo dipinto che Dalì riassume in un cerchio (il Cristo), racchiuso in un triangolo (la Croce).

Indipendentemente dall’insieme, la parte inferiore del quadro rappresenta un paesaggio perfetto. Si riconosce la costa di Port Ligat tanto amata dal pittore, e la barca gialla e nera che apparteneva a Salvator e alla moglie Gala. I pescatori sulla spiaggia indossano abiti di altri tempi e ciò contribuisce a trasformare il luogo perché gli uomini e la loro collocazione temporale fa parte dell’ambiente.

Per chi conosce Port Ligat l’impressione è piuttosto netta. Quelle tre figure di pescatori che non notano l’apparizione di Cristo, trasmettono una emozione che per alcuni si traduce in serenità e per altri in inquietitudine che invade l’anima

A Port Ligat nulla è cambiato, a differenza di altri luoghi dove il mutamento coinvolge edifici, strade, piazze e ci restituisce un paesaggio completamente scomparso. Molte tele o antiche incisioni in cui sono riprodotti il Ponte Neuf, il Louvre o Castel Sant’Angelo, danno contemplandole una certa nostalgia, mentre Port Ligat dà solo agitazione.    

Sono inevitabili i riferimenti alla tradizione presente, sotto forma di un omaggio e Velasquez e Le Nain. 

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La Via Crucis 

La Via Crucis esposta all’interno, venne presentata in occasione dell'ultimo restauro della chiesetta di S. Cristina. Queste tavole sono riprodotte dalle famose tele dell’artista veneziano Giandomenico Tiepolo (1727-1804), conservate oggi a Venezia nella chiesa di S. Polo (S.Paolo) nell’omonimo sestriere, dove è unita alla parrocchia dei ‘Frari’, Frati Minori Conventuali, che ne curano l’animazione liturgica.

Giandomenico Tiepolo, figlio e fedelissimo collaboratore del padre Giovan Battista, ricevette dall’Oratorio del Crocefisso la commissione della Via Crucis e la dipinse appena ventenne, tra il 1747 e il 1749.

Le scene delle diverse stazioni riproducono l’ambiente ed il tempo in cui vennero eseguite, come è visibile dai fastosi costumi d’epoca delle donne e dei dignitari rappresentati nelle tavole. Secondo lo stile del Tiepolo, si nota un certo affollamento delle figure e il ripetersi fisionomico di certi tipi  (ragazzotti dagli occhi sporgenti, facce larghe...).     

 

  Le originali tele del Tiepolo hanno la dimensione media di m. 1,50 x 1,20. Per riparare i danni del tempo, la famosa opera, mèta continua di numerosi visitatori, è stata recentemente restaurata ed è possibile oggi ammirarla in tutto il suo primitivo splendore.

Il Battistero in Valle Aurelia

Durante il periodo pasquale del 2017, il parroco della chiesa di S. Giuseppe Cottolengo in Valle Aurelia don Giuseppe Grazioli, manifestò a mio figlio il desiderio di voler sostituire la tela del piccolo battistero con un soggetto più intensamente rappresentativo.

                     

Venuto a conoscenza dell’intenzione del parroco, l’idea mi affascinò all’istante. Un quadro per una chiesa di Roma! Pensai subito che per le sue dimensioni il quadro non sarebbe stato facilmente gestibile in una stanza di appartamento, ma non mi preoccupai troppo. Consultando internet trovai 3 – 4 originali di pittori non molto conosciuti e d’accordo col parroco scegliemmo questo soggetto.  

                     

Insieme all’ing, Tonino Mei factotum della parrocchia, si convenne sulle dimensioni: un soggetto verticale di cm 170 x 120. Mi venne fornito un apposito compensato da mm10 sul quale incollai la tela e agli inizi di maggio iniziai il lavoro. Il rapporto tra originale e copia mi ha suggerito alcune integrazioni e qualche modifica. Tra queste una più consona vestitura di S. Giovanni e l’aggiunta di un cartiglio sulla sua croce. Nella parte inferiore ho pensato di raffigurare un ruscello le cui acque avrebbero dato l’idea di riversarsi nel piccolo pozzo antistante il dipinto, Lateralmente ho aggiunto delle figure di secondo piano che assistono alla scena e tra queste mi sono concesso la libertà di inserire il volto di mio nonno paterno (la testa dietro il pastore) a cui devo tanti affettuosi ricordi. 

Questo è il risultato !

                   

Il lavoro mi ha impegnato saltuariamente per tutta l’estate e personalmente sono rimasto sinceramente soddisfatto del risultato: di più non potevo fare. Anche il giudizio dell’ing. Mei è stato abbastanza benevolo e verso la fine di ottobre il quadro è stato sistemato in loco. Si può constatare come il carattere classico del dipinto si inserisce senza contrasto nello stile moderno dell’ambiente che lo circonda     

   

           Deposito              

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