Il Genogramma

COS'E' IL GENOGRAMMA

Tra gli strumento più conosciuti ed utilizzati per ottenere e rendere utili le informazioni sulla famiglia e/o sull’individuo in ogni training, servizio socio-sanitario o setting privato ad orientamento sistemico, il genogramma è costituito da una rappresentazione grafica carta-matita e può essere definito una sorta di albero genealogico in versione più dettagliata, generalmente limitata, però, alle ultime tre generazioni. In passato, attraverso gli alberi genealogici venivano rappresentati i legami tra i vari membri della stirpe, avendo come criterio guida il concetto di appartenenza, più precisamente l’appartenenza legata a vincoli di sangue. Il genogramma registra invece informazioni sui membri di una famiglia e sulle loro relazioni, mettendo in risalto da un punto di vista grafico le informazioni salienti, in modo da offrire una rapida visione di insieme dei complessi patterns familiari; la struttura che ne deriva non rappresenta solo i cosiddetti legami di sangue, ma può comprendere anche quelli che chiamiamo “membri parafamiliari”, cioè quelle persone che hanno rivestito un’importanza affettiva particolare.

Dall’albero genealogico, con cui ha in comune l’aspetto grafico, si fa risalire infatti il genogramma, ma, pur essendo - come il primo – il disegno di una storia familiare, è tuttavia diverso in quanto la persona che lo realizza, oltre alla descrizione dei legami di parentela, vi aggiunge una narrazione che riguarda le relazioni tra i soggetti rappresentati, la comunicazione tra di loro, le somiglianze, le differenze, i miti e i rituali che caratterizzano quel sistema particolare. Un genogramma riporta anch'esso i vincoli di sangue e consente di cogliere la continuità con il passato (gli antenati, le radici) e con il futuro (i discendenti, i germogli), ma le differenze rilevanti rispetto all’albero genealogico si delineano dal momento che il primo racchiude in una raffigurazione bidimensionale una notevole quantità di dati che riguardano tre categorie di informazioni: la struttura basica della famiglia (le relazioni biologiche attraverso le varie generazioni); le informazioni riguardanti i singoli membri della famiglia (dati anagrafici, eventi normativi e paranormativi, caratteristiche del comportamento emotivo e della personalità, etc.); le relazioni familiari (grado di invischiamento e disimpegno, livelli di coesione ed adattabilità, etc.). Lungo il dipanarsi della storia potranno essere raccontati e presi in considerazione anche miti e valori, regole e divieti, credenze e segreti, ruoli istituzionali e relazionali, attraverso il ricordo di gesti e di parole, di suoni e di immagini che appartengono all'esperienza e alla memoria soggettiva di ogni autore della narrazione. La differenza tra le due forme di rappresentazione diventa quindi significativa anche dal punto di vista della possibilità o meno di un cambiamento all’interno del sistema ritratto. In altre parole nel caso dell’albero genealogico (legami legati alla consanguineità) gli unici possibili cambiamenti sono quelli legati agli eventi anagrafici (nascite, morti, matrimoni), eventi che non variano il criterio di appartenenza. Il genogramma invece, pur contemplando la raccolta di dati anagrafici, concentra la sua attenzione sui legami affettivi importanti, sulle relazioni all’interno del sistema familiare, dandone così un’immagine che è, allo stesso tempo, storica ed in evoluzione.

 La struttura concettuale del genogramma viene fatta risalire a Murray Bowen. Questi, dopo essersi a lungo occupato dello studio e delle famiglie di pazienti schizofrenici giunse all’affermazione che la malattia psichica è l’esito di un processo trigenerazionale, originandosi nella scarsa differenziazione del sénell’ambito familiare; inoltre, dopo aver analizzato alberi genealogici di diverse famiglie, risalendo fino a 100-300 anni addietro, mise in evidenza le analogie nei processi che si trasmetterebbero da una generazione all’altra. In seguito altri apporti notevoli hanno contribuito a formare l'idea attuale di genogramma e del suo possibile utilizzo. Mc Goldrick e Gerson, pur partendo dalle osservazioni di Bowen,  nelle loro ricerche hanno invece lavorato sulla raccolta delle ridondanze che si colgono nelle storie delle famiglie osservate; questo allo scopo di stilare uno schema delle possibili aree di osservazione ed analisi di un ipotetico sistema familiare. Molti autori inoltre, seguendo l'approccio indicato da Cigoli, prendono in considerazione, nell’osservazione di un sistema familiare, anche l’apporto di discipline quali l’antropologia culturale, la sociologia e la storia, ritenendo che solo calando ogni famiglia nel proprio contesto culturale e storico, è possibile decifrarne correttamente comportamenti, miti e valori.

Il genogramma è quindi la rappresentazione visiva di un gruppo di persone, in relazione tra loro, che appartengono alla stessa storia familiare; una sorta di mappa che ritrae le relazioni all’interno della stessa generazione (intragenerazionali) e all’interno di generazioni diverse (intergenerazionali). Proprio la parola mappa sollecita una serie di riflessioni che rimandano tra la rappresentazione grafica (la mappa) e la rappresentazione mentale  delle relazioni familiari: “la mappa non è il territorio”, diceva Bateson riprendendo Korzybski. Aggiungendo anche che “la mappa non è mai il territorio, ma talvolta è utile discutere in che modo essa differisca dall'ipotetico territorio”.

Occorre pertanto tenere presente che il genogramma è un valido strumento, ma non può essere l'unico riferimento nel lavoro terapeutico e che richiede di tener conto di più elementi insieme, ossia l’uso che se ne intende fare, il sistema all’interno del quale viene realizzato, il particolare momento di vita del soggetto e, più in generale, il contesto storico/culturale in cui il sistema familiare e quello degli osservatori si snoda.

PERCHE' IL GENOGRAMMA

Il genogramma, quindi, si rivela in molti casi un utile strumento in terapia, in particolare laddove, dal momento presente con le sue problematiche attuali, si concordi di fare un' incursione nel passato e precisamente in quelle che sono le radici su cui l'esistenza attuale si innesta. Per me il genogramma rappresenta la mappa della "genetica culturale" della persona.

Il Sé è considerato il prodotto di una storia di relazioni: come un albero, l'identità di una persona affonda le sue radici nel sistema familiare e si costruisce nel tempo attraverso un processo di sviluppo che abbraccia più generazioni e che comprende i legami di sangue, le parentele acquisite, i rapporti di accudimento, i vincoli culturali, etnici, religiosi.....: si può pensare alla famiglia come ad un “sistema emozionale”, ossia un gruppo i cui componenti, volenti o nolenti, consapevolmente o meno rispetto alla portata emotiva e alla sua connotazione, hanno sviluppato un’interdipendenza emozionale. Kerr e Bowen (1990) si riferiscono alla famiglia multigenerazionale come ad un “organismo vivente”.

All’interno della cultura occidentale post-industriale, mediamente sono tre le generazioni contemporaneamente in vita e tre sono i ruoli (nonno/a, genitore, figlio/a) che ciascun individuo può probabilmente ricoprire durante l’arco della sua esistenza. La rappresentazione del sistema di relazioni significative per ricostruire “l'albero relazionale” di una persona contemporanea appare quindi snodarsi naturalmente su un asse diacronico che prenda in esame almeno tre generazioni: quella di appartenenza dell'individuo, quella dei genitori e quella ancora delle famiglie di origine dei genitori. In quest'ottica, il genogramma si presenta allora come una mappa, semplice e di intuitiva comprensione, del territorio (o del terreno - per riprendere la metafora dell'albero) in cui il soggetto ha esperito il proprio sviluppo. Si configura come uno strumento in grado di tradurre visivamente, in una forma grafica snella e simbolica, l’immagine della famiglia come entità plurigenerazionale che si snoda nello spazio e nel tempo permettendo quindi di riorganizzare immediatamente i dati e di generare connessioni e ipotesi sul funzionamento relazionale precedentemente inavvertite. Si crea quindi un “quadro del processo emotivo della famiglia” in esame (Kerr e Bowen, 1990).

L’approccio trigenerazionale si delinea come un orientamento, all’interno dell’ottica sistemico-relazionale, che tiene conto della dimensione storica ed evolutiva di una famiglia, in modo cioè di osservarne la rete relazionale, esaminandola non solo sull'asse del presente, ma elaborandola in 3D, lungo due assi orizzontali ed uno verticale.

La famiglia di origine sembra rappresentare per ogni individuo una sorta di “fucina delle relazioni” (Baldascini, 1999), che forgia le modalità relazionali, emozionali e razionali di ogni individuo. In altre parole, le trame transgenerazionali sono così potenti nella loro azione che i nodi conflittuali – intrapsichici o relazionali che siano – sono trasmessi inconsapevolmente ai figli e riproposti da questi, altrettanto inconsapevolmente, nelle loro relazioni attuali.

Framo (1996) scriveva che “….le difficoltà che una persona, nel presente, ha nella coppia, nella famiglia o con se stessa, possono essere viste fondamentalmente come sforzi riparativi…” ed anche “….la maggior parte delle persone non riesce a “vedere” i coniugi, i figli o comunque i partner così come sono, perché si frappongono vecchi fantasmi”.

Ciò non significa tuttavia che sia una mera illusione il desiderio di “essere se stessi” e che si sia condannati a rimanere fedeli nel tempo alle dinamiche e alle scelte del proprio contesto familiare. Dal punto di vista terapeutico infatti prendere atto di essere una parte di un tutto, una storia che si intreccia con altre storie provenienti da diverse generazioni, non significa che non si abbia la possibilità di diventare, oltre che attore, anche autore della propria esistenza, riconoscendo il proprio personale/originale contributo all’interno della propria famiglia. “Tale tentativo, a diversi livelli di gradualità, può essere paragonato all’atto paradossale e liberatorio del Barone di Munchausen, il quale, intrappolato nelle sabbia mobili, si salva afferrando il suo stesso codino” (Chianura e Iacoella, 2003).

Per questo processo, che potremmo definire “autopoietico”, il genogramma si può rivelare un utile strumento: lungi infatti dal voler essere una rappresentazione deterministica della storia di ciascun individuo, quasi una sorta di destino predeterminato dagli eventi familiari che ci hanno preceduto, la lettura del proprio genogramma apre invece alla possibilità di una maggiore consapevolezza e di una rivisitazione della storia e degli intrecci familiari. Mettere in luce connessioni fino ad allora non esplicitate può essere in molti casi “salvifico” rispetto a situazioni di impasse emotivo e cognitivo che chiudono al cambiamento adattivo e all'evoluzione di nuove modalità relazionali. La lealtà alle regole del sistema, così come si sono interiorizzate, può infatti essere così assoluta in talune famiglie da determinare un irrigidimento delle situazioni, degli schemi relazionali e dei ruoli e impedire l'espressione di quel potenziale di resilienza necessario a far fronte in modo adattativo ai cambiamenti del ciclo di vita. Ampliare il campo di osservazione è finalizzato ad identificare i modelli che originano dal passato e che influiscono anche nel momento attuale sulle persone, per aiutarle a distaccarsene se non si rivelano più funzionali al mantenimento del benessere psicologico.