Nella democrazia dello sguardo-mente non si impongono le letture, ma si porgono come folate scomposte, fogli sparsi, tracce di seminati che aspettano d'essere raccolti e sistematizzati dallo guado-mente del destinatario che assume ruolo attivo nella narrazione medesima. Antonia Colamonico
Indice saggio: Il Metodo - Copertina 1. Evoluzioni di Echi - Incipit 2. La Tessitura - Premessa a. La funzione di lettura b. Fuochi sdoppiati di ordini 3. La realtà di carta a. Letture e Rotte b. I luoghi di navigazione 4. Topologia a nicchie Biostoria: L'approccio top-down 5. Sistema a influenze-echi Le traslazioni storiche
Per vivere necessita edificare una relazione tra il sé e il campo, in tale filo-cucitura si attuano le dinamiche dei fatti che piano piano intessono, come nidi, le nicchie storiche che si fanno case in cui, come in un bozzolo di seta, l'individuo e il campo diventano un tutto/uno.
La lettura dei fatti è la capacità del pensiero di saper visualizzare il campo-nicchia vitale per isolare le dinamiche che generano i mutamenti storici. Ma se si prova a spostare il fuoco di lettura dal fuori-campo, nicchia-habitat, al dentro-campo, io-sé, allora le costruzioni cambiamo visibilità, consistenza, da cose tangibili si fanno cose impalpabili, eteree, velate, come sanno esserlo solo i pensieri e le emozioni, che incidono la Coscienza, ma non lasciano tralicci o impalcature.
Le azioni sono il fuori, il pensiero è il dentro di quella struttura a spugna di pieno/vuoto che si chiama Vita. Provando a dare un corpo al pensiero, si scopre che anch'esso nel suo dialogare tra sé e il mondo e poi di nuovo con il sé nel mondo, costruisce nicchie-nidi che si fanno case di consapevolezza, anfratti di certezze, approdi sicuri di serenità o meandri bui di insicurezze e trappole dei pensieri.
Esiste una notevole corrispondenza tra i modi della natura che danno le topologie dei territori e degli individui e i modi del pensiero con la topologia delle proiezioni immaginativo-emozionali, come se i due topoi fossero di fronte e vicendevolmente si riflettessero, dando la faccia di sé all'altro. In tale essere l'uno il riflesso dell'altro si può parlare di naturalezza storica e mentale, come un ché di sorprendente che si intensifica e si annida, insieme, con plasticità, colma di bellezza. Antonia Colamonico
Ecco alcune domande che ricorrentemente gli allievi fanno agli insegnanti o ai genitori, quando l'ansia nello studio li rende dubbiosi.
Una sì fatta idea di dualità tra una realtà naturale, spontanea (fiore) ed una limitata, costretta ad apprende (uomo), nasce da una gabbia logica che vincola l'azione dell'apprendere al campo-scuola, tanto che in molti credono che terminato il tempo dello studio si smetta di apprendere, perché già adulti. Una simile interpretazione riduttiva non è più accettabile nella Società della Conoscenza
Aprendo il significato della parola apprendere si scopre il senso racchiuso dell'imparare a prendere, come la facoltà del saper fare proprio un quid che è di fronte; la parola è correlata all'azione medesima dell'osservare, come quella capacità di veicolare il fuori-Mondo nel dentro-pensiero.
In tale azione dell'importare una forma-mondo nella mente si crea la mappatura della realtà che inizia ad abitare nella coscienza-memoria dell'uomo; come cresce la lettura dell'habitat cosi si espande il pensiero-memoria:
Senza apprendimento la mente-osservatore resterebbe bloccata nella dimensione di seme senza sviluppare le possibilità di radicarsi e di germogliare.
Il seme è lo stato embrionale dell'albero futuro, il quale per prendere spessore e profondità necessita del terreno-campo. Il pensiero di un neonato è come un punto che può aprirsi a molteplici linee direzionali, ma perché ciò avvenga è vitale la relazione con la madre prima, con la realtà familiare dopo e scolastica dopo ancora e tutta la realtà-habitat infine.
Ogni contatto comunicativo neonato-mamma apre un indirizzo-linea di lettura che permette l'orientamento nello spazio visivo-olfattivo-tattile... Il muoversi crea le trame evolutive che danno a quel punto-origine pensiero la forma frattale a spugna.
L'apprendimento non è un abito scolastico, ma il modo naturale del cervello-mente di indirizzarsi nell'habitat, in ogni presente storico, per essere pronto a saper rispondere alla vita.
Anche il papavero è tenuto ad apprendere se vuole vivere, in quanto anche un umile fiore di campo che nessun contadino ha seminato, ha la sua scuola per relazionarsi con le variazioni del campo vitale che rende unico il suo passaggio nella storia. Certo l'organizzazione papavero ha una sua peculiarità che non può essere paragonata a quella di un'ape o di un cristallo o di un bambino, ma il restare nella vita impone l'apprendere a vivere, comunicando con il campo-habitat, nicchia-utero, del particolare individuo.
Svincolare l'azione dell'apprendere dall'istituzione scuola per legarla alla vita, quale naturalezza dialogica individuo/campo, da un lato alleggerisce il peso dell'influenza educativa nella formazione delle nuove generazioni non essendo, ad esempio, la diretta e sola responsabile del fallimento di una generazione; dall'altro, allargando gli orizzonti osservativi a tutto il sistema storico sociale e naturale che diventa campo-scuola, carica questo di responsabilità etica in una creazione aperta al divenire:
Se tutto è scuola, allora tutte le espressioni sociali-politiche-economiche-scientifiche... sono tenute a essere una buona scuola, assumendo ciascuna uno sguardo introspettivo (a feedback) sulle modalità di esercitare le particolari funzioni storiche in una dialogica del divenire.
La non lettura sugli effetti di ricaduta-ritorno delle modalità personali e sociali di risposte-fatti produce la Cultura dello scarto, isolata da Papa Francesco in Evangelii Gaugium (24 novembre 2013).
La proiezione del mondo-vita nella coscienza-memoria è per l'umanità la funzione storica che permette di restare radicati alla vita, allargando il concetto con un esempio, si osservi un ragno che tesse la ragnatela, nell'azione del costruire egli produce il filo, lo ancora, lo intesse come rete pronta a catturare il cibo che lo renderà vivo. Ogni piccola azione è un compito storico che lo distingue e lo caratterizza come individuo storico, ragno appunto.
L'azione di lettura è il modo naturale del pensiero-mente di appropriarsi della realtà storica, vincolandola alla sua particolare visualizzazione, che se da un lato toglie complessità alla Vita, dall'altra dà ad essa un significato, quale abito storico. Ogni lettura è una riduzione di complessità che richiede, per non trasformarsi in gabbia cognitiva, continui apprendimenti e adeguamenti in relazione alle crescenti ampiezze del medesimo sguardo-lente dell'osservatore-uomo.
Volendo definire la naturalezza del ragno, essa si esplica nella funzione di tessitura, ancor prima di quella di procreazione, un ragno che non sappia edificare la sua ragnatela difficilmente sarà in grado di generare una nuova vita, la possibilità di generare è fortemente vincolata alla capacità di edificare un buon legame con l'habitat.
Se il ragno sviluppa una molteplicità di relazioni con l'ambiente per dare il luogo-casa alla sua ragnatela, s'immagini allora quanto ogni singolo uomo sia tenuto ad apprendere per esercitare la sua funzione di vivente.
Dalle qualità degli apprendimenti si può valutare l'ampiezza di vita che si sta intessendo nella storia.
L'ampiezza è legata alla capacità proiettiva del pensiero che permette di anticipare, nella coscienza-memoria, gli effetti futuri di ogni singola azione-risposta.
Non tutte le Società sviluppano le medesime in-quadrature immaginative con corrispettivi volumi informativi. Alcune sono più parche altre più intraprendenti, alcune più oppositive al nuovo, altre più generose nel lasciarsi destrutturare per riorganizzarsi. La permeabilità rende porose le coscienze e la porosità amplifica le ampiezze-nicchie di realtà.
Talune Società per perpetuare il dominio propagandano una forma di esaltazione dell'ignoranza a difesa della tradizione (es. alcune società islamiche, oggi in grave crisi di identità) o a difesa dell'innovazione (es. molte società consumistiche); ma tali forme comunicative, come nella falconeria, impongono una benda restrittiva alla naturalezza evolutiva del pensiero nei soggetti, non permettendo loro la libera organizzazione del pensiero-azione. La libertà è un processo interno alla Creazione.
Impedire alla menti d'apprendere a osservare è una scelta limitante nell'esercizio della vita, come se una madre affaccendata mettesse in un box il bambino, rilegandolo in uno spazio ristretto d'azione. Se tale soluzione potrebbe avere una valenza pedagogica per una mamma che abbia la necessità per qualche ora di spolverare gli ambienti abitativi, tale modalità non è ammissibile per un capo-ufficio, un insegnate, uno statista, un economista, un industriale, un religioso che facciano della restrizione degli spazi mentali il metodo per bloccare la libertà delle coscienze.
Nascono da tali gabbie tiranniche le povertà immaginative, epistemologiche, fattuali che rendendo stantii i pensieri, le azioni e le Società.
L'essere stantio per un pensiero è lo stazionare sempre nei luoghi comuni delle frasi scontate, delle azioni ripetitive... che aprono alla massificazione delle coscienze-pensieri-fatti, si pensi agli slogan delle pubblicità:
Più bianco del bianco; un diamante è per sempre; la natura di prima mano; fate l'amore con il sapore; Antò, fa caldo! ...
Ogni slogan, puntando sull'effetto emotivo, focalizza la mente osservante su un prodotto che si canalizza ossessivamente nel pensiero, tanto da generare non solo l'insorgenza del bisogno, ma cosa più grave la dipendenza dal bisogno con un automatismo cognitivo.
La creazione voluta della dipendenza lega il soggetto non solo al prodotto, oggetto di desiderio, ma al bisogno di approvazione che rende ubbidienti alle direttive degli spot, tutto ciò denatura il destinatario in quanto lo condiziona nell'agire non secondo la sua privatissima realtà-uomo, ma secondo un prototipo di modello astratto, ad esempio d'efficientismo o d'eleganza o di perbenismo, di facciata.
Nascono così le uniformità logiche che aprono alle pedanterie storiche.
Di contro una Società che abbia a cuore la vita delle persone, saprà sviluppare un'elevata capacità critica sulle sue azioni di intervento-risposta alle mutevolezze del divenire.
La mutevolezza perde in tale contesto il significato negativo di superficialità, per assumere quello positivo di naturalezza.
Essere naturale per il ragno è costruire la ragnatela e per l'uomo costruire le parole-linguaggi-carte-modelli-spiegazioni-fatti di realtà; come ogni ragnatela è unica, così ogni pensiero uomo è unico, univocità non è sinonimo di eccentricità o di egoismo, ma di consapevolezza che nella dialogica individuo/campo si edifica la vita e ogni vita è un valore inalienabile.
Le democrazie si riconoscono, infatti, dalla fruibilità delle conoscenze che moltiplicano le informazioni (azioni che prendono forma), aprendo alla plasticità dei modelli-parole-mentalità.
Più sarà plastica la Società e maggiormente sarà aperta ad accogliere le univocità individuali, meno sarà plastica è più sarà pronta a disprezzare, per un abito non alla moda, per una parola imprecisa, per un comportamento non appropriato al cliché di uomo-prototipo:
Il prototipo in sé non ha un valore negativo, ma lo assume quando si confonde la realtà di carta con quella di carne e ossa. La spinta di essere all'altezza del prototipo oggi porta molti adolescenti ad avere un rapporto errato con il cibo; molte donne e uomini dello spettacolo a ricorrere alla plastica facciale che rende i loro lineamenti adolescenziali; proprio in tali risposte si legge la fragilità di una coscienza-società.
L'arte dell'apprendere rende coesa la vita di ogni uomo al campo-realtà; ogni lettura si colloca a cerniera tra lo spazio naturale e quello mentale. L'azione di lettura richiede un modello-schema mentale che dia la rappresentazione logica dell'avvistato. L'occhio in sé è cieco, perché si attui la visione necessita l'azione cerebrale che, captando degli echi-input, li traduca in codici-parole-significati, scartando come rumore tutto ciò che non rientra nello schema di logicità. Si osservi la mappa di fianco, in cui è schematizzata l'azione del cervello per soddisfare il bisogno di sete. L'azione di risposta, il bere, prende il la da uno stato fisico, la sete, che attiva l'attività della visione spingendo sia l'occhio a focalizzare il bicchiere con l'acqua, sia la mano a prenderlo per avvicinarlo alla bocca e a questa ad aprirsi per ingoiare il liquido. L'aver bevuto blocca il bisogno e il cervello-rete smette di esplorare il territorio, dedicandosi ad altro.
Apparentemente il cervello può apparire svincolato dal campo-habitat, come una cosa chiusa nella sua scatola cranica e che quindi abbia poco e nulla a che fare con l'habitat, come quella famosa idea di monade senza finestre di Leibniz, di fatto però il cervello, come insieme multi-funzionale di neuroni, svolge il ruolo di costruttore di situazioni mentali, per facilitare l'insorgenza delle risposte storiche: i fatti.
Ogni neurone soddisfa un segnale , ogni input proveniente dal mondo, trova collocazione-identità nel pensiero grazie al neurone preposto a captare il segnale e tradurlo in una forma-parola logica. La parola dà l'identità all'input-eco, isolandolo dal tutto-campo e racchiudendolo in una forma-immagine mentale che depositata nella memoria quiescente, può con un processo di transfert essere trasferita in una nuova situazione storica.
Il sistema neuronale ha l'impronta di tutta quanta la realtà che il cervello è in grado di elaborare, visualizzare e apostrofare. Ogni neurone attiva un'idea di risposta che si trasforma in possibilità fattuale quale campo dell'agire umano.
Gli studi delle neuroscienze stanno mappando le funzioni neuronali, ad esempio i neuroni a specchio che svolgono l'azione del riconoscimento di un appreso regresso:
L'aspirazione segreta dei nuovi scienziati è quella di poter ricostruire tutta la topografia del pensiero-mente, per approdare alla formulazione condizionata delle relazioni input-risposta, che dia loro la possibilità di automatizzare l'agire storico, solita mania degli antichi stregoni che volevano dominare la natura per piegarla alla loro visione di ordine. Rispetto al passato c'è però una novità, non solo si vorrebbe rendere l'uomo automa-macchina, ma rendere la macchina-robot, un sistema pensante.
Il dominio della mente è da sempre stata la grande ambizione di ogni despota, solo che oggi tale mania di onnipotenza la sta accarezzando un certo capitalismo, monolitico, globalizzante che ha un sogno nel cassetto rendere il consumatore automa di un consumismo convulso.
Alcune ricerche si stanno muovendo in tale direzione e il ruolo dispotico che nel medioevo-umanesimo fu di alcuni principi oggi è di alcune S. P. A che hanno monopolizzato la ricerca, indirizzandola al loro privatissimo verso di utile.
Ma la Natura come forza creatrice ha amato l'umanità avendo creato in lei un sistema cerebrale così complesso da essere considerato, se esteso, vasto quanto tutto il Cosmo. Isolare ogni neurone soggetto a essere deformato continuamente dalle esperienze vitali, per ricostruirne il riflesso condizionato, valido per sempre, è un'impressa da scienziato pazzo.
Il cervello-mente è il vero patrimonio che la natura creatrice ha donato ad ogni singolo uomo. Saperlo custodire, implementare, evolvere da seme a chioma è il compito storico che rende ogni vita unica per sempre; in tale univocità si costruisce il seno profondo che fa di un bozzolo una farfalla.
Non tutti i cervelli-pensiero sono identici, non tutti gli embrioni hanno le medesime qualità evolutive; esistono delle differenze di patrimonio genetico, di volontà ad agire, di campo-habitat stimolante o meno, ma tutti hanno il compito di provare ad essere dei viventi.
Il valore non è nelle produzioni-filature storiche, idea questa di un mercato globale che esalti stoltamente un efficientismo disumanizzante, ma nella capacità di essere un tutto coeso con la vita, sviluppando una sensibilità partecipativa. C'è più umanità in un Clochard che, vivendo al bordo della società, ha sviluppato una capacità osservativa più elevata (finestra allargata) di chi viva a centro-campo (finestra ristretta), o in un ragazzo diversamente abile che per raggiungere una forma semplice di normalità ha spinto al massimo la sua volontà per riuscire ad essere, semplicemente se stesso.
Su tali impegni vitali si costruisce il peso-valore di un uomo ed è intorno all'etica della vita che l'apprendere si pone a cerniera cardine del futuro storico di tutta quanta l'Umanità.
Restare fuori dall'impegno dell'apprendere è uno scollamento dalla vita che piano piano disumanizza; si pensi a quanti giovani schiavi del mercato delle droghe o dell'alcool, a quante vite sprecate nei ghetti delle periferie urbane o nei campi profughi. Quante intelligenze bloccate che hanno dovuto rinunciare a radicarsi nella storia.
Le politiche sociali ed economiche che favoriscono l'emarginazione, la quale si evolve lentamente in esclusione, sono tutte tiranniche. Da tale assioma necessità partire per ipotizzare una didattica pedagogica per una Società ad apertura logica continua.
La strada acquistava velocità, sotto il suo pedale. Ogni curva finiva inghiottita da quella corsa veloce, mentre i fari stanavano il buio tra gli argini e la campagna, svelando sagome ramificate di mostri preistorici che non gradivano invasioni aliene.
Mattia e i suoi compagni di viaggio avevano consumato la serata e gran parte della notte tra un locale e l'altro, bevendo e facendosi, come erano soliti dire.
Erano l'espressione più buia di quel epoca che aveva fatto del nichilismo storico una bandiera. L'assenza di una trama di futuro, mischiatasi con l'innovazione cibernetica che ha accelerato le sequenze temporali, stava amplificando il senso d'inutilità nella psiche alterata di quei ragazzi, veri oggetti di scarto di una sistema in cui l'uomo è sostituito da macchine pensanti.
La grande fede nella scienza con le tecnologie che le erano venute dietro, ha generato un grosso handicap storico: l'uomo ha perso il valore economico, non essendo più il fulcro generativo della ricchezza con la sua forza lavoro. Nodo questo del contrasto liberista e marxista, ma ora egli si è scolorato, come un acquarello macchiaiolo che sbavando i contorni, dà solo le impressioni delle cose.
Mattia e i tanti giovani della sua generazione erano gli stampi vuoti di una vita che sradicata, si stava bruciando nella veloce successione degli attimi vitali, in cui tutto è inghiottito, come quella strada nella folle corsa.
In loro non c'era cattiveria, né negligenza, né incoscienza. Solo assenza di un germe di futuro a cui ancorarsi e modellarsi in una prospettiva di significato. Essi erano uno spazio-tempo senza un sogno o un ricordo.
Prigionieri dell'attimo, avevano azzerato ogni possibilità evolutiva, rinchiudendosi in una piccolissima bolla di sé, che li faceva vagheggiare come nuvole sospese. Erano un sistema nuvoloso a pecorelle, che preannuncia la pioggia, ma non ne conosce l'odore al contatto del suolo. Erano i poveri mendicanti delle emozioni, delle sensazioni, delle eccitazioni... di tutto quel insieme di gusto che rende il sapore al permanere nella vita. In tale vuoto di percezione, solo la folle corsa riusciva ad allentare il buio del nulla; ma, essendo il gioco della vita una partita a più soggetti, essi non percepirono cosa avesse in serbo il futuro.
Lo schianto fu improvviso, il buio si squarciò in un immane dolore, che faceva digrignare i denti, mentre uno zampillare di calore copriva l'asfalto ghiacciato, invaso da lamiere.
Mario di ritorno da Roma ripercorreva tutti i punti della deludente riunione. Aveva un senso di presagio nefasto. Non vedeva una via d'uscita. All'improvviso i fari lo abbagliarono, tutto fu come quel tuono nella notte del Pascoli che si attutì nel “dolce canto di culla ”. Vide il sorriso ampio di suo padre che lo prendeva per mano e lo allontanava, da tanto strazio. Mentre sull'asfalto restava un corpo senza più un respiro.
Aveva fermato la folle corsa di quei giovani, permettendo alla vita di catturali per radicarli, come seme che marcisce, nel senso di quella insensata cecità.
Da A. Colamonico. Il grido, 9° ordito. Mattia. © 2011 - Antonia Colamonico
Ogni uomo è osservatore-narratore di fatti, Il ricostruire la topologia di un comportamento richiede una molteplicità di posizioni di lettura.
Ogni posizione è una presa di valore storico, quale acquisizione di un riflesso-guizzo informativo che apre nello spazio-mente uno spiraglio di verità. Il punto di vista è funzionale alla elaborazione della visione, non tutte le rappresentazioni mentali sono identiche, essendo molteplici le posizioni e gli sguardi di lettura. In tale ampiezza di possibilità osservative si concretizza il soggettivismo di lettura.
Ciascun racconto, da quello scientifico a quello fantastico, nasce da una presa di coscienza rigorosamente soggettiva. Più variegate saranno le sfumature-rappresentazioni e più allargata sarà la visione di realtà.
La visione è bene precisarlo funge solo un modello-carta di lettura con una funzione ben precisa:
fare orientare nello spazio presente lo sguardo osservante, per facilitare la presa di posizione nei confronti dei fatti.
La costruzione del pensiero è il risultato di una multi-proiezione di spazi-campi sovrapposti, come nella struttura di una cipolla, ogni campo è un livello di logicità-chiarezza che apre uno spaccato di verità che si radica nella memoria e ogni qual volta insorge un eco-parola di richiamo, quella chiarezza cognitiva prende visibilità nella coscienza.
Dalla mappa del racconto si possono isolare 3 campi di lettura sovrapposti, nella mente scrittore:
Il campo paradigmatico che fa da cornice alla valutazione del racconto (idea-chiave che dà il significato a campo profondo),
il campo ideologico che spiega il perché del comportamento (il contesto storico)
il campo del fatto che circoscrive il come e il quando del fatto-incidente (dinamica d'evento).
I tre strati di informazioni si sovrappongono e si confrontano, facendo prendere le posizioni di lettura con le corrispettive valutazioni storiche a più logiche; quella di Mattia, quella di Mario, quella della Vita.
Nell'intreccio narrativo emerge, anche, la posizione dell'osservatore-narratore che miscelando le sequenze di parole costruisce una scena, verosimilmente, vera:
In un racconto c'è sempre una traccia di verità, mascherata nell'intreccio di una situazione immaginata.
Ogni narrazione nasce da un appiglio concreto, da un fatto realmente accaduto che ha dato il la al volo di immagini nella mente osservatore-scrittore, per questo ogni fiaba, ogni poesia, ogni dipinto anche il più futurista ha il suo guizzo di verità.
Estendendo lo sguardo anche alle altre produzioni, ogni teorema matematico, ogni legge fisica... dalla forma più elementare alla più complessa e intricata parte da un'osservazione del campo-vita, essendoci una comunicazione silente autore-contesto storico. Il contesto fa da nicchia vitale da cui emerge la novità narrata; ogni epoca ha prodotto il suo particolare campo di ricerca con il relativo sguardo-mente di lettura. Un esempio, l'enunciazione della geometria piana con lo studio degli angoli, delle rette e delle curve è nata in un contesto storico che vide l'affermarsi dell'agricoltura, la quale richiedeva una certa competenza nelle tecniche di divisione dei terreni per la rotazione delle colture e la divisione delle proprietà.
La canalizzazione o il terrazzamento dei suoli risultava più semplice, se squadrati con angoli e linee rette. Pitagora quando formalizzò il suo teorema non scoprì nulla di fantasioso, certamente era già usato da secoli da ignari contadini che non l'avevano estrapolato e schematizzato in una dimostrazione geometrica.
Ogni accadimento genera la rottura dell'equilibrio del campo, sia esso habitat o pensiero, la rilevazione dello stato di crisi, attiva la capacità d'osservazione che permette d'isolare il quid, per vestirlo poi di significato, nell'azione di lettura. L'attribuire un'identità è un'operazione basilare nella costruzione della coscienza-memoria, l'identità è racchiusa in una parola-forma, fotografia di un compreso. L'aspetto interessante del fotografare mentalmente la realtà è l'accelerazione cognitiva che rende elastica e vigile la mente alle insorgenze di associazioni di immagini.
Ritornando all'analisi del racconto, all'interno della narrazione l'autore prende una distanza dalla logica di Mattia, non condividendone l'ideologia nichilista. L''idea-chiave è che la difficoltà a saper leggere il valore della vita, apre il vuoto-ignoranza nella coscienza di Mattia il quale, per placare la sete di verità, si spinge nella folle corsa. La scelta mostrandosi irresponsabile causerà la morte di Mario (la vittima). Sarà l'impatto, dopo, sulla strada ad aprire nella coscienza del ragazzo uno spiraglio di umanità, quasi un gioco della vita per costringere il protagonista a guardare in faccia la realtà, assumendosi la responsabilità della scelta-folle.
Acquaviva delle Fonti, 25 Settembre 2015
Antonia Colamonico
1. Isola le parole non note e fai una ricerca lessicale e storica.
2. Prova a mappare le posizioni di lettura nel racconto che segue.
Obiettivo metodologico: Imparare a identificare i punti di vista.
Il beccheggiare del peschereccio era l'unica cosa viva, in quella nottata vuota di stelle, il freddo umido penetrava, da quei panni adattati all'ultimo minuto, dando ai corpi un anticipo di quella che sarebbe stata l'ora ultima.
Erano in 80, non avevano bagagli. Non si poteva negare lo spazio ad una vita che chiedeva di respirare. Erano tutti ammassati, come una ricca cucciolata che a stento sta nella cesta preparata per l'occasione, solo che essi non scodinzolavano la corta coda e non trovavano un capezzolo caldo che li scaldasse.
A volte la vita è molto generosa con gli animali, dando loro ciò che a molti uomini è negato.
I loro sguardi erano cavi, non avevano trame di futuro e tanto meno di passato. Erano immobili in quelle frazioni gelide di presente che riduceva il campo dei pensieri a elementari atti respiratori.
La coscienza dell'esodo prende tutti i pensieri al laccio del nulla che, azzerando ricordi e sogni, rende sopportabile l'addio. Erano tanti visi con tante storie differenti, ogni sguardo una povertà, ogni movimento delle palpebre un'esclusione da qualcosa, da qualcuno, anche da sé.
Quando gli eventi erano precipitati dopo la rivolta, era iniziato l'esodo in massa verso le frontiere. Erano dei senza nome a confino, in cerca d'umanità.
Il movimento delle onde era il segno della vita, sorda alle beghe delle ideologie che innescano le gabbie di società. Ogni orlatura di terra un nome, ogni nome una tipologia di diritto, ogni diritto uno stato di cittadinanza, ogni cittadinanza un vincolo d'azione.
Porre strati vincolanti di codici e cavilli, a guardar bene, è la funzione degli amministratori che in virtù dell'ordinare, strizzano in una pressa lo slancio di libertà che muove le dinamiche del cuore.
Certo non tutti i cuori sono amorevoli, ma il vincolare il gregge nel recinto non annulla l'anelito al pascolo che solo, di filo in filo, può togliere la fame. Lo sapevano bene i pastori antichi che puntualmente aprivano i recinti, alle prime luci del nuovo giorno, lasciando a pecore e agnelli di praticare tutti i sentieri erbosi.
L'alba era vicina, un fil di luce era a dritta dalla prua, mentre di fronte la linea dell'ignoto iniziava a profilarsi tra un'onda e l'altra.
Il buio di quel presente stava evolvendosi in un “cavo” futuro.
Da A. Colamonico. Il grido, 3° ordito. I profughi. © 2011 - Antonia Colamonico
Verso una scienza & metodo dello sguardo
Il territorio mentale e le angolazioni di lettura - Cartografie di spazi naturali in Scenari immaginativi e attuativi
Le regole del gioco nel paradigma biostorico
Antonia Colamonico © 2013
Nota introduttiva Premessa - Angolo-riflesso Le trame dei ricami di realtà - Il punto e la regione Il limite delle scienze L'osservatore e il linguaggio Costruzioni di realtà a multi-strato e multi/faccia Riflessione a sistema uno/tutto La vita nel processo partecipativo
© 2015 - Antonia Colamonico - Scienza & Metodo Biostoria (Biohistory of Knowledge) - Vietata la riproduzione.