"Ci siamo talmente familiarizzati con l'aspetto delle grandi città che abitiamo e le loro forme ci appaiono così "naturali" che abbiamo la tendenza a immaginare che esse siano risultato di una logica progettuale facilmente svelabile con l'analisi. (...) ... l'ordine di certe realtà urbane che ammiriamo rileva in effetti un gioco infinitamente sottile tra il caso e la necessità. (...) Peraltro noi sappiamo per certo che all'origine di certi complessi prestigiosi come Piazza San Marco a Venezia o il Louvre a Parigi non c'è stato progetto unitario " (B. Huet).
E' esperienza comune per l'abitante della città percepire come naturale, nei termini che Huet descrive, un insieme di elementi che connotano la città storica: Rialto e San Marco a Venezia, oppure l'insieme delle piazze cittadine attorno a cui ruota la vita quotidiana, ed ancora scorci che suscitano emozioni legate al pittoresco, alla sorpresa: una piazzetta alberata, una chiesa nello slargo improvviso della stradina stretta, un passaggio in salita che si apre sui tetti, quello che rimane di un antico quartiere a fianco dello sventramento; momenti di cui tutti abbiamo esperienza, sia nella piccola che nella grande città.
La formazione di un insieme urbano, dovuto a momenti casuali frammisti a volontà pianificatrici, rivela l'esistenza di un filo conduttore che Huet, ancora, ma naturalmente non solo lui, chiama evidenza contestuale (ogni figura applicata è una risposta "convenzionale" al contesto), chiama principio della permanenza (di un insieme di convenzioni culturali elementari, facilmente riprendibili da vari architetti), chiama continuità architettonica (l'assenza di soluzione di continuità tra diversi elementi di una "grande composizione").
E' il contemporaneo verificarsi di questi fattori che fanno sì che un insieme di pietre, edifici, acque, alberi, divenga un luogo. Che caratteristiche possiede, un luogo ? E' uno spazio dove tutta la popolazione cittadina si può riconoscere; spazio in cui tutti possono leggere elementi di una storia comune, di una successione di avvenimenti radicati nel tempo che hanno formato una cultura comune. Nelle città di Venezia e Parigi, quella Piazza San Marco e quel Louvre, rispondono a queste caratteristiche. Ma queste stesse caratteristiche sono rilevabili, ad una osservazione attenta, anche in altre città. Soffermiamo l'attenzione, ad esempio, nei confronti della città di Padova.
Il centro storico, ad impianto triangolare, circondato dalle mura cinquecentesche veneziane, è caratterizzato dalla presenza del sistema delle piazze centrali, in posizione baricentrica, disposte a corona attorno al Palazzo della Ragione; in prossimità del vertice meridionale si trova il Prato della Valle, caratterizzato da un ampio ellisse erboso circondato da un canale, spazio meglio conosciuto come la piazza più grande d'Europa, ora parzialmente asfaltato e destinato a parcheggio, che è sempre stato usato sia per manifestazioni cittadine come mercati o raduni, sia per piccoli momenti della vita quotidiana. Lungo il lato settentrionale del triangolo storico si trova la stazione ferroviaria. Stazione e Prato sono collegate da un asse viario, in parte pedonale, tangente alle piazze centrali.
Il Prato della Valle può essere visto come l'elemento terminale della grande composizione costituita dal sistema delle piazze, dagli assi di attraversamento della città, dai sistemi di trasporto contemporanei: immaginiamo l'arco ferroviario scoccare un dardo, puntato verso l'ellisse, bersaglio dei movimenti della città, disseminando nell'impianto urbano frotte di terziari, di quaternari e di turistari: i cosiddetti "city users", cioè tutti coloro che arrivano nella città per usarne gli elementi ed i servizi -impiegati, studenti, docenti universitari, consumatori commerciali e culturali come i turisti.
Il percorso è asse pedonale, come già accennato in queste pagine, ideale tapis roulant nel luogo storico, attraverso la stratificazione secolare depositata dall'uomo. Ma questo percorso collega anche spazi contrapposti nella loro realizzazione concettuale, spazi che hanno ben poco in comune con gli altri - se non la vita contemporanea. Questi spazi si possono definire come luoghi e nonluoghi. Se i luoghi sono quegli spazi in cui si riconosce la memoria storica degli abitanti, nei nonluoghi questo riconoscimento non accadde più.
Il nonluogo, spazio dedicato ad attività particolari (il trasporto, il transito, il commercio, il tempo libero e la vacanza), cancella questa capacità di riconoscimento. L'utilizzatore non fa più parte di un gruppo sociale che dialoga con la città: diventa un comunicatore singolo, e nella sua singolarità dà origine ad un rapporto contrattuale con la città, rapporto che presuppone uno scambio. Ciò che viene ceduta dal singolo è la prova dell'identità, il proprio riconoscimento. In cambio, egli avrà il permesso di spostarsi liberamente, all'interno di quello spazio determinato, data la sua innocenza. Naturalmente, è questo il motivo che fa sì che il nostro stupore aumenti smisuratamente quando un qualunque avvenimento criminale avviene all'interno del nonluogo; uno scippo in un Centro Commerciale, ad esempio. Questo non rientra nelle regole del gioco; non siamo per la strada, dove le regole, apparentemente, non esistono più. Il presupposto dell'innocenza sta alla base anche di alcune recenti realizzazioni urbanistico-architettoniche della tipologia "città nelle città": alcuni isolati fortificati a Los Angeles, Milano 2 nei dintorni di Milano, e, guarda caso, Padova 2000, nell'immediata periferia. Ovviamente, il presupposto dell'innocenza presuppone l'innocenza solo di chi è all'interno del recinto: chi rimane all'esterno (delle mura ...), bontà sua, si arrangi.
Sembra quindi che il mondo sia destinato a trasformarsi sempre più in un nonluogo; o quanto meno, che diventerà sempre più probabile condurre una esistenza (o una nonesistenza ?) in nonluoghi: nascere in clinica, vivere a Padova 2000, cittadella riservata, passare le vacanze ad Albarella, isola riservata, e nella vita di tutti i giorni acquistare le provviste all'ipermercato del Centro Commerciale, dove certificheremo la nostra fedeltà con la Carta Club-SMA e la nostra solvibilità con la carta VISA.
La nostra vita quotidiana scorre in luoghi e nonluoghi, anche quando non ce ne rendiamo conto. Il centro storico chiuso al traffico automobilistico, permesso solo ad alcune categorie, viene posto istantaneamente nella condizione di nonluogo. "Andre Malraux diceva che le nostre città si trasformano in musei (monumenti intonacati, esposti, illuminati, settori riservati e isole pedonali) proprio mentre tangenziali, autostrade, treni ad alta velocità e strade a scorrimento veloce le aggirano" (M. Augé, pag. 69). La città quindi si sdoppia, e lo fa in orizzontale - il cittadino che passa indifferentemente attraverso luoghi e nonluoghi - ed in verticale – ad uso di chi visita il museo-città, cioè il viaggiatore-turista.
Ignaro, generalmente, della cultura locale, il turista occupa uno spazio archetipico del nonluogo: se lo porta con se. Da questo punto di vista, Prato della Valle è un nonluogo; ma non perché lo sia già diventato, quanto perché il turista lo percepisce come tale. Vi si arriva in auto, o in pullmann, si parcheggia, pagando il pedaggio, si passeggia un po', si riparte, uscendo dalla città seguendo la circonvallazione e la tangenziale e l'autostrada (quando non ci si perde).
Come in altre città alle prese con progetti di ristrutturazione urbana, Padova si sta confrontando con il ruolo futuro che dovrà avere Prato della Valle, e quindi con una serie di ipotesi legate alla destinazione delle aree confinanti.
C'è da augurarsi che i prossimi progetti su Prato della Valle siano capaci di restituire la connotazione di luogo, anche nei confronti dei turisti ? Oppure è preferibile caratterizzare il Prato, ed il centro cittadino, sempre più come un non luogo ? Paradossalmente, la questione ci lascia completamente indifferenti, perché, indipendentemente dalla qualità urbana dei progetti, la fruizione dello spazio sarà, ormai, sempre più giocata su due livelli: il cittadino capace di riconoscere la storia comune della città; e "l'altro", incapace di farlo. L'altro potrà essere il committente di qualche restauro di palazzo nel centro storico, tutto preso dall'ansia di storicizzare la sua nuova dimora, ma incapace di riconoscere i segni storici, oppure il turista, che vivrà nel nonluogo della sua vacanza - immaginaria bolla che avvolge il suo pullmann, il suolo dove cammina, il panorama che ammira, almeno fino al momento in cui non prenderà coscienza dello spazio che sta visitando. A quel punto, rotta la bolla che lo circonda, il turista, da estraneo in un territorio neutro, inizierà il processo di conoscenza, e prenderà possesso dello spazio, sia in maniera fisica che in maniera psicologica. Il suo viaggio continuerà, allora, non più come semplice spostamento corporeo, ma anche come spostamento mentale: dal nonluogo al luogo.
Bibliografia.
Marc AUGE, Nonluoghi - introduzione a una antropologia della surmodernità, Elèuthera, Milano, 1993.
Franco RELLA, Miti e figure del moderno, Limina. Il pensiero e le cose, Asterischi, ed altri, Feltrinelli.
Guido MARTINOTTI, Metropoli. La nuova morfologia sociale della città, Il Mulino, Bologna, 1993.
Mike DAVIS, Agonia di Los Angeles, Datanews, Roma,1994.
Enrico PIETROGRANDE, Edilizia urbana minore. Prassi della modificazione a Padova, De Arte, Roma, 1994.
Duccio CANESTRINI, Turistario. Luoghi comuni dei nuovi barbari, Baldini&Castoldi, Milano, 1993.
Georges PEREC, Specie di spazi, Bollati Boringhieri, Torino, 1989.
Bernard HUET si trova invece in Rassegna n. 27, marzo 1987, "Parigi e le vie d'acqua", a pag. 84: "Le avventure di una grande composizione"
[Julian Adda. settembre 1995]
[Pubblicato originariamente in: I Beni Culturali, n. 1/1996, Gennaio-Febbraio 1996, anno IV]