In un territorio fortemente antropizzato come quello delle regioni del Nord-Est, caratterizzato da un’urbanizzazione diffusa e da un conseguente consumo del territorio molto elevato, nonché da un patrimonio edilizio che per il 60 % ha più di trent’anni di vita (dato nazionale) e che, nel Veneto, per l’85 % è antecedente al 1989, uno dei percorsi con cui affrontare la sfida della sostenibilità ambientale e del risparmio energetico passa attraverso il recupero e l’adeguamento, se non il rinnovo, di quella stessa edilizia priva dei requisiti minimi per il contenimento dei consumi energetici.
Un ulteriore aspetto da considerare nell’ottica della sostenibilità riguarda l’equilibrio tra i processi di densificazione della città e il mantenimento dell’estensione degli spazi aperti cittadini. Nel continuo processo di trasformazione della città, la tendenza dominante porta alla densificazione continua del costruito, sostituendo il tessuto minuto unifamiliare con piccoli condomini; questo, se da un lato porta alcuni vantaggi (la riduzione degli spostamenti veicolari, ad esempio), di fatto riduce gli spazi verdi disponibili (e conseguentemente, gli spazi permeabili) aumentando, oltre che la densità, anche l’impermeabilità dei suoli.
In questo senso, le progettiste del progetto di recupero architettonico e adeguamento dell’efficienza energetica di Casa Borghesan, Lucia Corti e Elena Rigano, ci ricordano che “…intervenire sull’esistente è per noi già un fattore fondamentale di sostenibilità”. Per loro, entrambe esperte e docenti CasaClima, la progettazione sostenibile parte da qui, pensando al risparmio del consumo del territorio, nonché motivando la committenza a coniugare ristrutturazione e riqualificazione energetica: “Di norma ci rifiutiamo di compiacere committenti che non sono affatto interessati a svolgere insieme queste operazioni”.
Progettiste e committente hanno quindi imboccato la strada del recupero totale dell’edificio e del suo adeguamento alle necessità energetiche attuali, scegliendo di arrivare alla certificazione dell’edificio (secondo il protocollo Casaclima), e spingendo ancora più in là la sua sostenibilità, utilizzando solo materiali ecocompatibili.
L’architettura
Casa Borghesan è un edificio residenziale, situato nella prima periferia padovana, sviluppata su due piani fuori terra per un totale di circa 300 mq (a cui si aggiungono piano interrato e soffitte), risalente agli anni ’30, caratterizzato architettonicamente dalla presenza di decorazioni Liberty. Circondato da un ampio giardino che si sviluppa per la maggior parte al riparo dalla viabilità di maggiore scorrimento, l’immobile presenta il fronte principale e gli accessi orientati a sud, mentre sul lato settentrionale, più riservato, si condensa lo spazio aperto vissuto maggiormente dalla famiglia, come estensione della cucina. Nel corso della sua prima vita, le scarse qualità tecnologiche della casa erano compensate dal dimensionamento dei suoi muri in mattoni, nonché dal vantaggio di essere parzialmente ombreggiato a sud grazie alle alberature presenti nel giardino: il suo livello di consumo energetico era comunque molto elevato (27 litri/mq/anno), tale da posizionarlo nella classe peggiore. L’applicazione rigorosa del protocollo CasaClima e l’utilizzo di materiali ecologici hanno ridotto i consumi energetici dell’edificio dell’85 %, portandoli a meno di 4 litri/mq/anno (sei volte di meno), e innalzando il livello di risparmio della casa alla classe B+ CasaClima, per la quale è stata certificata (in accordo alla normativa nazionale si situa in classe A). Le specifiche richieste del committente volte al mantenimento della sua destinazione residenziale hanno salvaguardato inoltre volumi e funzioni dell’edificio, mantenendolo sostanzialmente nel suo stato originario.
La qualità dell’intervento architettonico e tecnologico, realizzato nel periodo tra l’autunno 2008 e l’estate 2009, ha fatto sì inoltre che il progetto abbia vinto il primo premio al CasaClima Awards nel 2010, nella sezione Risanamento (B plus).
I temi del progetto riguardano quindi l’adeguamento funzionale dell’edificio (in origine un’abitazione bifamigliare) in una unifamiliare, mediante una nuova distribuzione degli spazi interni, e la sua riqualificazione energetica, attraverso il contenimento dei consumi, grazie all’opera di rivestimento a cappotto dell’edificio e al rifacimento parziale dei solai e del tetto, nonché tramite l’approvvigionamento energetico mediante fonti di energia rinnovabili.
Sebbene l’edificio non fosse sottoposto ad alcun vincolo da parte della soprintendenza, il progetto ha mantenuto intatto il carattere Liberty in tutti i suoi aspetti originali sia esterni sia interni, tutelando stile, modanature e fregi delle facciate verso la strada - testimoni della cura e della perizia artistica e artigiana di quel periodo storico -, conservando la veranda in ferro e vetro che funge da filtro per l’ingresso alla casa, nonché la tipologia costruttiva in mattone pieno.
I lavori edili più importanti hanno riguardato la riduzione dimensionale della terrazza sull’angolo sud-est (ora ridotto sul solo lato est), aggiunta nel corso degli anni ‘60, l’apertura di una loggia interna, sul fronte meridionale, spazio filtro tra il soggiorno e l’esterno, nonché l’inserimento di una piccola scala che funge da collegamento rapido tra i due piani: la nuova organizzazione degli spazi, infatti, localizza al piano terra tutte le funzioni legate alla attività diurne (ad eccezione di una cellula autonoma destinata agli ospiti), mentre al piano superiore sono state concentrate le attività legate al riposo.
Questa scala, dal profilo planimetrico svasato, aperta all’interno del nucleo di servizio del piano terra (cucina, lavanderia, accesso al piano interrato, tutte affacciate sul lato nord della casa), sostituisce la scala principale di collegamento dei due appartamenti originari, che, restaurata, è stata ridisegnata nelle sue ultime rampe, quelle di accesso al piano soffitta.
Il progetto di trasformazione degli interni integra la diffusa presenza del legno a vista (travi interne, infissi, dettagli) con la scelta delle cromie delle stanze in tenui colori pastello, abbinamenti che suggeriscono un ambiente raccolto, intimo, caldo e riposante, lontano da un minimalismo freddo che troviamo spesso nelle realizzazioni contemporanee.
Altri dettagli particolari riguardano l’ovulo aperto nel muro che separa la camera da letto principale dalla spazio guardaroba, sorta di cornice che inquadra il dettaglio intimo della vita privata, così come la vasca del bagno principale, dalla struttura in vetro cellulare e rivestita di tessere in vetro, come un mosaico di antica fattura.
Oltre a questo, il ripristino ha riguardato poi altri elementi strutturali o di rifinitura: solai in legno, tetto, pavimenti in graniglia, tavoloni in larice (alcuni fino a 40 cm di larghezza), sono stati tutti recuperati, così come la vecchia ringhiera della terrazza, integrata con delle parti nuove e tutte le finestre in legno originali dei prospetti est, sud ed ovest. L’obiettivo principale, quello di rispettare il carattere originale dell’edificio, arrivato sino a noi praticamente intatto, è stato considerato non derogabile perché garanzia di rispetto del bene, e si è raggiunto attraverso l’uso di materiali e tecniche ecologiche.
La tecnologia
Il progetto di ristrutturazione prevedeva interventi sostanziali e di grande impatto, volti al conseguimento degli obiettivi di risparmio energetico. Messa a norma degli impianti, realizzazione degli isolamenti perimetrali (cappotto in pannelli in fibra di legno, con spessori variabili tra i 6 e i 12 cm. Per conservare le finiture esterne, sul fronte sud il cappotto è stato montato internamente, mentre è esterno sugli altri fronti), adeguamento energetico degli infissi (dotate in origine di lastre di vetro singolo, con una Ug di 5,8 W/m²K ed attualmente pari a 1,1/1,2), sostituzione parziale dei pavimenti e isolamento e consolidamento del tetto in legno sono quelle soluzioni basiche che sono state adottate. A queste si aggiungono delle specifiche soluzioni tecniche per l’eliminazione o l’attenuazione dei ponti termici dovuti alla struttura, l’installazione di un impianto VMC (prodotto da Zehnder, l’impianto assicura il ricambio dell’aria dell’intero immobile, da un minimo di un terzo ad un massimo di due terzi volumi/ora) e di un’impiantistica efficiente che fa ampio ricorso a fonti energetiche rinnovabili come pannelli solari (10 mq che forniscono l’acqua calda ad un accumulatore da 750 litri) e fotovoltaici (una stringa di 13 pannelli policristallini SPWR-215-WHT della SunPower, della potenza di 215 Wp cadauno e dalle dimensioni unitarie di 1,559 x 0,798 m, per una superficie totale di 16,17 m² ed una potenza di picco dell’impianto di 2795 Watt) che producono acqua calda sanitaria e integrano il sistema di riscaldamento a bassa temperatura. Tutto ciò con l’obiettivo, raggiunto, di ridurre in modo consistente il fabbisogno energetico annuo per il riscaldamento calcolato in circa 280 kWh/m²a: il consumo è ora di soli 40 kWh/m²a, il che ha permesso di certificate l’edificio nella classe CasaClima B.
Gli effetti benefici della trasformazione si sono avuti subito: l’isolamento termico e l’applicazione della tecnologia VMC hanno praticamente azzerato la necessità dell’impianto di riscaldamento, che nel primo inverno ha lavorato solo nelle poche settimane più fredde della stagione. Per il periodo più caldo della stagione estiva, al contrario (sottolineato che comunque non era stata richiesto un impianto di condizionamento dell’aria), la VMC viene supportata da un refrigeratore, che pre-raffredda e deumidifica l’aria prima della sua immissione nell’ambiente domestico.
La scelta di impiegare unicamente materiali ecocompatibili con una particolare predilezione verso quelli dotati di grande capacità igroscopica (lana/fibra di legno, silicato di calcio, calce naturale, legno, finiture naturali non pellicolanti) è stata dettata anche dall’esigenza di far lavorare gli ambienti in compensazione, data la condizione obbligata di dover realizzare una parte della coibentazione con il cappotto interno, opzione che ovviamente espone al rischio sempre presente della condensa interstiziale. Per questo motivo tutti i materiali impiegati devono concorrere a creare un microclima interno che aiuti a gestire e smaltire gli eccessi di umidità dell’aria. Anche le finiture sono eseguite con materiali naturali: le vernici, le pitture, i pannelli in fibrogesso, le finiture ad olio dei pavimenti.
Una sostenibilità complessiva
Il filo conduttore che guida il lavoro di Lucia Corti e di Elena Rigano si snoda lungo la consapevolezza che ogni aspetto della vita quotidiana ha il suo valore di ecosostenibilità: la scelta che spetta alla persona, in questo caso al committente, riguarda il quanto si voglia essere ecosostenibile. Non solo determinati protocolli tecnici, come in questo caso CasaClima, ma materiali ecologici, per contribuire a realizzare un micro clima interno salubre; non solo impianti che utilizzano energie rinnovabili, ma anche preclusione di certi impianti (come, in questo caso, quello del condizionamento), che altrimenti, come in un circolo vizioso, aumentano i consumi stessi; non solo attenzione all’aspetto architettonico del progetto, ma anche un’attenzione alle ricadute urbanistiche del recupero. L’approccio eticamente sostenibile che viene dimostrato dal loro lavoro si estrinseca anche attraverso la convinzione che trasmettono al committente dell’importanza di sostenere un costo complessivo dell’opera, minimizzando le esternalità che spesso vengono scaricate alla collettività in generale, o alle generazioni successive.
Julian W. Adda
da Bioarchitettura, n. 70, settembre 2011