Sotto le tue ali, disegno di Rodafà Sosteno
Ferragosto alle porte: voglia di vacanza, e poca voglia di concentrarsi e leggere. Perciò oggi non vi tedierò con lunghi articoli che obbligano a fermarsi ripetutamente e meditare, ma venendo incontro ai desideri di tutti i vacanzieri, scriverò l’articolo più breve dell’anno.
Da piccoli ci hanno insegnato che, se c’è il diavolo sempre in agguato, per contrappeso, ognuno di noi ha il suo angelo custode che lo protegge (n. 336 Catechismo). Già l’art.47 del Catechismo di Pio X stabiliva che dobbiamo particolare devozione al nostro angelo custode, e bisognava aver cura nell’invocarne l’aiuto, seguirne le ispirazioni ed essergli riconoscente per l’assistenza continua che egli ci presta.
Nell’antichità, la convinzione che ogni persona avesse la propria stella faceva parte dell’eredità culturale del Vicino Oriente e ancora oggi, quando nel linguaggio comune si dice di qualcuno che è nato sotto una buona stella, ci si richiama – senza rendersene conto, - a quest’antica tradizione. Questa idea venne in seguito modificata dai cristiani trasformando la stella, materia inerte, in un angelo custode personale (Schillebeeckx E.) e vivente. Quest’idea, di aver tutti un angelo custode che non vediamo, e che in cielo avremmo la possibilità di conoscere, permane tuttora (Frosini G.), ma mi sembra piuttosto fantasiosa.
La parola angelo, che deriva dal greco, significa semplicemente inviato, messaggero. Nell’antichità classica l’attività del messaggero (in greco angelos) era sacra, e anche all’interno delle corti celesti erano previsti angeli messaggeri col compito di recare agli uomini i messaggi degli dei. Nel NT perdura ancora la concezione biblica degli angeli come messaggeri divini, ma viene utilizzato il termine “angelo” anche nel senso di messaggero umano (Mt 11, 10; Lc 7, 24-27). Questi personaggi che servono da collegamento tra l’ambito della divinità e la realtà terrestre, possono essere di segno positivo (Michele e i suoi angeli) o negativo (Satana e i suoi angeli decaduti) (Ap 12, 7-9) (Pérez Márquez R.).
Quello che è curioso notare, però, è che nei vangeli gli inviati positivi di Dio non appartengano mai all’istituzione religiosa. Quando Dio vuol comunicare qualcosa evita accuratamente persone, luoghi e ambienti religiosi, ben sapendo che sono quasi sempre fra i più sordi, i più ostili, i più refrattari al suo messaggio (Maggi A.).
L’idea odierna dell’angelo si rifà, dunque, a quella ebraica, nata dopo l’esilio babilonese: si pensi ai geni alati babilonesi, da cui nasce l’angelologia ebraica, sì che non sarà più Dio che si rivela, ma saranno questi geni che comunicano la sua volontà. Poi, con la traduzione greca della Bibbia, questi geni sono diventati angelos, e questi angeli sono giunti fino a noi con le ali. Perché è così che tutti noi pensiamo ancora degli angeli, non è vero?
E da dove sappiamo che gli angeli hanno le ali, hanno la veste bianca come la neve, e custodiscono il paradiso, visto che nessuno di noi ha mai visto un angelo svolazzante? Dal libro dei segreti di Enoch (Capp. I, 5; III, 1; IV 2), scritto in greco fra il I e il II secolo d.C. Il libro di Enoch è diventato il prototipo dell’iniziazione ai misteri celesti, e anche il prestanome di tutto un insieme di apocrifi a carattere apocalittico. Eppure esso non rientra nel canone; anzi, proprio il richiamo ad esso fatto nella lettera di Giuda (Gd 14-15) fece ritardare non di poco l’accoglimento di questa lettera nel canone. Come si è ormai visto altre volte, anche l’insegnamento teologico della Chiesa si è rifatto più e più volte al patrimonio apocrifo dei cristiani, ancorché la stessa Chiesa continui a dichiarare che gli scritti apocrifi non possono essere presi in considerazione per costruire una dottrina veritiera.
Nella Bibbia, comunque, non c’è traccia di un angelo custode. Neanche i vangeli ne parlano. Oggi, forse, potremmo definire “angeli” (in senso positivo) ogni situazione, o tutte quelle persone che ci hanno fatto aprire alla vita, che ci hanno fatto fare un cambiamento positivo nella nostra vita. Non certamente uno spiritello svolazzante, con tanto di ali e di veste bianca. Con ciò ci si riaggancia esattamente all’idea iniziale ebraica, dove prima della contaminazione babilonese e della traduzione greca, il mal’ak era tutto ciò (persona, oggetto, animale, pianta) che aiutava a capire e cogliere la presenza di Dio.
Molti dei credenti di oggi, invece, credono ancora agli angeli svolazzanti. Il grave è che ci hanno insegnato addirittura una preghierina per l’angelo custode; per non dire delle immagini zuccherose, mostrateci al catechismo, dell’angelo che all’ultimo istante salva il bambino a lui affidato dalle fiamme di un improvviso incendio, oppure dal precipitare nel vuoto… e tutti quelli che sono invece precipitati? Tutti quelli che sono caduti dal balcone, che sono morti in incidenti stradali, bruciati nella macchina che dopo lo scontro ha preso fuoco? per malattia? annegati nel caldo mare di agosto mentre facevano il bagno? L’angelo non li ha custoditi per disattenzione? per cattiveria? No, ribatte il cattolico ortodosso, il fatto è che non tutti gli angeli custodi hanno lo stesso potere; anche loro sono divisi in varie categorie: ah sì? E come si spiega questa differenza, dovuta al capriccio di Dio, che a me affianca un angelo potentissimo che riesce perfino a guidare al mio posto quando ho bevuto troppo, mentre al mio amico - parimenti ubriaco che ha finito per schiantarsi in auto - ha abbinato un angelo meno potente, e quindi incapace di sostituirlo nella guida? Perché gli angeli custodi di tanti bambini non li hanno salvati dal devastante incendio in Grecia di pochi giorni fa? Perché Dio non ha preso tutti gli angeli custodi dalla stessa categoria, così tutti avevano gli stessi poteri? Mi sembra che creando una simile figura si sia entrati incautamente in un campo minato, dove la religione sprofonda nell’insignificanza o, peggio, anche nel ridicolo.
Ancor di più: questa preghierina afferma che l’angelo ci custodisce. Ma da che cosa? Dagli incidenti? Non sempre. Dal peccato? Meno che meno, perché è proprio la Chiesa che c’insegna che siamo comunque tutti peccatori; in effetti siamo tutti ben consapevoli che nella nostra vita ne combiniamo di cotte e di crude, senza che l’angelo ci abbia messo sulla dritta via in maniera stabile. Allora siamo tutti seguiti da angeli piuttosto debolucci?
Ma c’è ancora di più: sempre secondo la nota preghierina, questo angelo perfino regge e governa ciascuno di noi. Ma allora il libero arbitrio? La possibilità di scegliere, anche il male? O chi sceglie il male ha per sua sfortuna vicino a sé un angelo assai poco potente, incapace di consigliarlo ed intervenire con più efficacia? E invece, chi sceglie il bene, lo fa perché ispirato dal suo angelo potente: ma allora l’uomo non ha alcun merito del bene che fa, visto che il merito spetta al suo angelo.
E, infine, ecco una domanda che si può estendere a tutti gli angeli, potenti o non potenti. Gli angeli hanno bisogno di essere salvati o solo gli uomini ed il creato materiale sono coinvolti nel progetto di salvezza (Rm 8, 18-23: “tutta la creazione geme in attesa del parto”)?
C’è da chiedersi come mai ogni uomo sia lungo tutta la sua vita sempre a rischio di peccato, mentre sembra che l’angelo abbia avuto la possibilità di peccare in un solo momento della sua vita: doveva scegliere se seguire il ribelle Satana o rimanere fedele a Dio. Poi, basta! Vuol dire che da quel momento in poi la sua volontà è stata bloccata? Ma allora lo si poteva fare anche con gli uomini, mettendoli a rischio di dannazione in un solo momento della loro vita, e non ogni giorno, per tutta la vita. Inoltre visto che, al di fuori dell’uomo, il resto della creazione (mondo minerale, vegetale, animale) non può peccare, perché ha bisogno di essere salvato? Non ci è stato insegnato, infatti, che la caduta e la conseguente necessità di salvezza è conseguenza del peccato? Se all’infuori dell’uomo, il resto del regno minerale, vegetale e animale non ha peccato, la natura doveva essere ancora come nell’Eden iniziale, invece non è così.
Insomma, se l’istituzione continua a presentarci gli angeli seguendo l’antica tradizione, mi sembra che ci si cacci in un ginepraio, si sguazzi nel pieno dell’illogicità e della fantasia, come quando i nonni raccontano storie di fate e streghe ai bambini, come quando nei vangeli apocrifi si racconta di Gesù bambino che, preso un pesce seccato al sole, lo mise nella bacinella e il pesce cominciò a guizzare; oppure, preso del fango, costruì dei passerotti e li fece volare (Vangelo dello Pseudo-Tommaso, XXV, Vangelo Pseudo-Matteo, XXVII, in Vangeli apocrifi, ed. Giunti Demetra).
Visto che l’angelo è semplicemente il messaggero, anche umano, forse sarebbe meglio che ognuno si desse da fare per diventare lui l’angelo custode di chi gli sta vicino, considerandolo proprio fratello.
Un bell’esempio di angelo custode si ha nell’antica festa indiana Raksha Bandhan, ancora oggi molto sentita (ma questa è una festa indù, e non cattolica), nella quale le sorelle legano al polso dei fratelli un filo colorato (rakhi), e questi promettono di proteggerle.
Buon Ferragosto!, e intanto pensate a chi potreste proteggere.
Dario Culot