Dall’anno 301 a oggi: San Marino, la storia che non finisce mai
San Marino è un piccolo stato di cui raramente ci ricordiamo, ma che ha in realtà una storia molto interessante. Sappiamo che la zona dove oggi è situato lo stato di San Marino è stata abitata fin dalla preistoria a partire dal 5000-4000 a.C.
La storia della città per come la conosciamo oggi comincia, secondo la leggenda trovata in un’agiografia del XII secolo, quando nel 257 d.C. arriva in fuga dalla Dalmazia sul monte Titano il Santo Martino a seguito delle persecuzioni esercitate sui cristiani dall'imperatore Diocleziano.
Il santo si distingue per le abilità mediche e dopo aver curato il figlio di Felicissima, una donna potente di quelle zone, gli viene fatto omaggio del monte Titano in segno di riconoscenza.
Il 3 settembre del 301 d.C., data che verrà poi adottata come festa nazionale, alla sua morte, San Marino pronuncia le parole «Relinquo vos liberos ab utroque homine» ovvero “vi lascio liberi da ambedue gli uomini”, che sta a significare l'autonomia della città nei confronti delle figure del Papa e dell’imperatore. La frase è in realtà frutto solamente della leggenda ma, nonostante ciò, dal VIII sec. si proclama città indipendente.
A partire dal medioevo, comincia a delinearsi la struttura della città con la divisione in “castelli”, un equivalente delle regioni italiane.
L’indipendenza attraverso i secoli che accompagna San Marino avviene grazie al rifiuto dell'espansionismo. Infatti, anche quando Napoleone Bonaparte, che ha ormai conquistato il nord Italia, propone di estendere i confini, la città si rifiuta. Ciò le permette di essere riconosciuta a livello europeo come città autonoma, al congresso di Vienna.
Lo stato di San Marino conferisce nel 1861 la cittadinanza onoraria al presidente statunitense Abramo Lincoln; in cambio, lui il 7 maggio invia una lettera di risposta ringraziando ed elogiando il piccolo stato. “Sebbene l’estensione dei vostri domini sia piccola, il vostro stato è nondimeno uno dei più onorati di tutta la storia”. Questa fratellanza viene ancora oggi celebrata al Palazzo Pubblico con la presenza di autorità sanmarinesi e americane per una cerimonia.
La repubblica, negli anni precedenti, aveva offerto ospitalità a personaggi illustri del Risorgimento italiano, come Garibaldi che, nella notte del 31 luglio del 1849, per eludere le forze austriache, si rifugia sul monte Titano, territorio indipendente e quindi non sotto il dominio asburgico.
La storia di San Marino nel Novecento si apre con un referendum elettorale il 5 maggio 1906, e le elezioni politiche, il mese dopo, vengono vinte dai democratici; questo evento cambia il sistema oligarchico che c’era stato fino ad allora nell’Arengo con la creazione di un Consiglio Grande e Generale, composto da sessanta membri.
Tutto ciò si sviluppa in un contesto di profonda difficoltà economica dovuta allo squilibrio tra sviluppo agricolo e industriale, e questo fa crescere la disoccupazione e il fenomeno dell’emigrazione dal paese.
La prima guerra mondiale non riguarda in modo diretto la repubblica, tanto che saranno mandati al fronte solo i volontari. Ciò che coinvolge maggiormente San Marino però sono le conseguenze di povertà e disoccupazione che, come in Italia, permetteranno al fascismo di prendere campo nel paese, anche a causa di una classe dirigente che non riesce a prendere provvedimenti adeguati e in modo repentino.
Nel 1922 nasce il Partito Fascista Sammarinese (PFS) in seguito a un conflitto tra il ceto povero e medio. A differenza dell’Italia, nel piccolo Stato, manca il consenso di massa, fondamentale per lo sviluppo iniziale del fascismo. Nonostante ciò, i governi antifascisti non hanno la forza e compattezza necessaria ad opporsi. Infatti, nel 1923, il Consiglio Grande e Generale viene trasformato in Consiglio Principe e Sovrano. Vengono indette nuove elezioni e si presenta una sola lista contenente in maggioranza candidati fascisti e una piccola rappresentanza di cattolici: inizia a questo punto la trasformazione dello Stato sul modello di quello fascista italiano.
La mancanza di consenso continua a costituire un problema che costringe il PFS a cercare più volte l’aiuto del Partito Fascista Italiano; ne consegue la perdita di autonomia del partito sammarinese, ma questo è anche l’unico modo per affermare il proprio potere e ostacolare gli avversari politici, cioè gli esponenti socialisti.
Nel 1941 - 42 nasce un partito antifascista clandestino fondato dai socialisti: grazie a loro, l’opposizione cresce fino a sfociare nella grande manifestazione del 28 luglio 1943, con la quale vengono indette nuove elezioni. Nel ‘43, con la liberazione di Mussolini e l’occupazione dei tedeschi, il fascismo fa un breve ritorno in Italia e a San Marino. Qui il governo riesce a formulare un patto di pacificazione con gli occupanti, e quindi a mantenere una linea neutrale.
Successivamente, quello che era il Consiglio Grande e Generale delega temporaneamente i suoi poteri a un Consiglio di Stato formato da venti membri, di cui alcuni fascisti.
Verso la fine della Seconda Guerra Mondiale sarà proprio questo nuovo Consiglio a imporsi per far rispettare la neutralità dello Stato. San Marino diventa un rifugio per molti italiani e un gruppo di ebrei, 10.000 profughi vengono sistemati nelle chiese, palazzi, gallerie della ferrovia e numerosi altri luoghi sicuri.
Il 26 giugno 1944 l’aviazione inglese, convinta di una presenza tedesca in territorio neutrale, sgancia alcune bombe sopra San Marino, provocando la morte di circa sessanta civili, che sono oggi ricordati nella lapide di Via Piana e con il monumento del Cantone. A settembre, il piccolo stato è territorio di uno scontro diretto tra angloamericani e tedeschi; una volta sconfitta la Wehrmacht, gli alleati rimangoni altri due mesi sul territorio sammarinese, accompagnando il lento flusso dei profughi.
Nell’immediato dopoguerra viene deciso di indire nuove elezioni. Ciò accade l’11 marzo 1945 con la vittoria dei partiti di sinistra: una coalizione formata da comunisti e socialisti che resterà al potere fino al 1957. In quell’anno USA e Italia si organizzano per entrare a San Marino con lo scopo di porre fine all’unico governo comunista sorto nella parte occidentale della cortina di ferro.
L’operazione procede senza problemi o resistenze, e dopo il colpo di stato di italiani e americani si forma un governo a maggioranza democristiana; i comunisti rimangono lontani dalla vita politica fino alla fine degli anni ‘70.
Da questo momento in poi nel paese ha luogo un processo di emancipazione femminile: il 23 dicembre 1958 si estende il voto a tutte le donne, legge che entra poi in vigore dal 1 gennaio 1960; in seguito l’11 settembre 1973 vengono parificati i diritti per accedere alle cariche pubbliche.
https://it.wikipedia.org/wiki/San_Marino
https://www.sanmarinosite.com/
Perché esiste la Repubblica di San Marino e come mai non è mai entrata a far parte dell'Italia?
SUDAN, LA GUERRA DIMENTICATA
Sarebbe meglio dire che quella di cui parleremo è solo 𝘶𝘯𝘢 delle guerre di cui si sente discutere in modo sporadico e spesso solo su mezzi di informazione di nicchia, specializzati su quest'argomento, o su una certa area geografica.
Il 2024 è stato tempo di conflitti, e ha lasciato alle proprie spalle una scia di sangue e armi in giro per il mondo. Se però l'anno si è da poco concluso, non si può dire lo stesso per le decine di guerre che attanagliano il pianeta, circa 56. Mai così tante, se prendiamo in considerazione il periodo che va dal 1945 ad oggi.
Lontano dai riflettori, dalle telecamere e dagli interessi più evidenti delle potenze globali ci sono troppi scontri radicati e annosi, e, di conseguenza, difficili da risolvere, che sia per una frammentazione del conflitto stesso (ciò che accade ad esempio in America meridionale e centrale, dove le guerriglie sono ormai intrecciate in modo indissolubile alla società) o perché il paese era sconvolto già in precedenza dall’instabilità e dalle crisi umanitarie.
È questo il caso del Sudan, che di recente ha vissuto il terzo colpo di stato nel raggio di un lustro, ricadendo nella violenza.
Il paese africano può vantare una storia ricchissima, legata dapprima all'Antico Egitto, poi alla Nubia e successivamente a numerose incursioni da parte di arabi, ottomani, inglesi e, per un breve periodo a fine '800, anche degli italiani, che di lì a poco sarebbero stati protagonisti –in negativo– della battaglia di Adua.
L'indipendenza dal Regno Unito risale al 1956, quando venne abbandonato il titolo di protettorato su questo territorio sulla base del principio dell'autodeterminazione dei popoli.
C'è poi da precisare che l'assetto dei confini di allora non ha la stessa fisionomia di oggi, in quanto nel 2011 il Sud Sudan ha reso ufficiale la propria secessione a seguito di un referendum dal risultato schiacciante (quasi il 99% dei votanti si è espresso infatti a favore della separazione), dando vita alla nazione più giovane del pianeta. Anch'essa fino al 2020 è stata teatro di tensioni e lotte di stampo etnico.
Nel mezzo, due guerre civili e continui rovesciamenti politici. Alcuni punti cardine sono poi la salita al potere del Fronte Islamico Nazionale negli anni '90, che comportò un irrigidimento dell’applicazione della Sharia, ovvero dei diritto islamico, e la sanguinosa guerra del Darfur, che ha provocato centinaia di migliaia di vittime fra il 2003 e il 2005. Numeri altissimi e capaci di rievocare i fantasmi del genocidio ruandese, episodio che un decennio prima, per brutalità e proporzioni, aveva segnato l'Africa intera.
Il riacutizzarsi del conflitto armato ha fatto salire a centinaia di migliaia il numero delle vittime.
Isoliamo ora l'arco di tempo che va dal 2019 ad oggi.
Al potere c'è il generale che si autodefinisce “feldmaresciallo” e che è accusato di crimini contro l'umanità: Omar al-Bashir. Sta celebrando la sua 30ª primavera al potere, mentre fuori dal palazzo ci sono i manifestanti: protestano da mesi a causa della crisi economica accentuata dal caro vita, e spingono per le dimissioni del presidente.
L'esercito prende il controllo e instaura un Consiglio di transizione democratica che durerà per due anni, e mette la firma su alcuni progressi nel campo dei diritti, come il divieto alla mutilazione genitale femminile,l’abolizione della pena di morte e della pena della fustigazione pubblica. Questi avanzamenti, però, saranno revocati.
Nel frattempo si delinea un'altra forza. Si tratta delle Rapid Support Forces: si tratta di una forza armata ideata anni prima per attuare una pulizia etnica delle popolazioni non arabe nel martoriato Darfur. Questo esercito di emanciparsi dalla gestione dello stato per diventare un'organizzazione paramilitare caratterizzata da brutalità e violenza, soprattutto sulle donne. Sfruttando la situazione caotica, il 3 giugno 2019 le Rapid Supporti Forces operano un vero e proprio massacro su civili che stanno compiendo un sit-in pacifico: i morti sono più di cento, alcune salme vengono buttate nel Nilo.
I fattori in gioco sono più di uno, dall'ambizione di controllo sul commercio dell'oro alla ricerca del sostegno di governi esteri, passando per la partecipazione marginale alla guerra del Tigray (Etiopia). Tutto questo contribuisce a creare continuamente nuove fazioni e a fermare la transizione democratica.
Nel 2021 sale al potere l'esercito regolare, il quale deve scontrarsi con la resistenza fierissima del popolo che paralizza il Sudan a suon di scioperi e vigorose dimostrazioni. Interviene anche l'ONU e, al termine delle negoziazioni, l'ex primo ministro Hamdok viene reintegrato.
Senza un progetto chiaro, e con un ulteriore golpe sventato, si arriva al 15 aprile 2023, che coincide con l'inizio della guerra. Tornano al centro della scena le RSF, che attaccano Khartoum. La capitale, appunto, è il teatro principale degli spari, che poi però si sono allargati anche alla vicina e importante città di Omdurman e al resto dello stato. Queste bande sanguinarie mirano in particolare ai canali nazionali, ai mezzi di comunicazione, ai ponti e tutte le altre vie d'uscita. Il giorno successivo l'altra parte in gioco, ovvero l'Esercito regolare (SAF), muove la controffensiva riportando sotto la sua giurisdizione la televisione e la radio. Il presidente al-Burhan sfugge a un tentativo di cattura (e al probabilmente assassinio) dei ribelli, che però assediano il suo quartier generale e lì lo confinano per quattro mesi: serviranno due tentativi di operazione speciale per liberarlo e consentirgli di lasciare il palazzo e fare il punto della situazione in prima persona.
I due centri urbani principali sono ancora contesi, ma per il resto dello stato si può fare una divisione. La parte a Sud-ovest è fra le mani delle Rapid Support Forces, che hanno sfruttato la carenza di rifornimenti degli avversari nel Darfur per perpetrare continui massacri, mentre una porzione più ampia che copre tutta l'area orientale e il Settentrione è controllata dall'Esercito governativo. Più tardi rispetto allo scoppio delle ostilità sono emersi un Terzo fronte (Tamazuj) e fazioni minori, autonominate “di Liberazione”, con un raggio d'azione limitato.
Giorno dopo giorno, nel silenzio pressoché generale, aumentano i crimini e l'incertezza. Nessuno riesce a sferrare colpi decisivi e il conflitto è in costante ramificazione. Allo stesso tempo ogni prova per formulare un trattato di pace si è arenata: un paio di proposte di “cessate il fuoco” che si credeva potessero diventare realtà non hanno mai visto la luce. Inoltre si è combattuto a pieno regime anche nel bel mezzo del Ramadan e nella festività di “eid al-fitr” che ne decreta la fine. Solitamente, durante il mese sacro dei musulmani si erano stabilite delle tregue, in passato.
Il prezzo dei beni di prima necessità è salito vertiginosamente e le già esigue possibilità di acquisto si sono dunque praticamente azzerate. La maggior parte della popolazione non riesce a consumare un pasto quotidiano completo, interi villaggi vengono saccheggiati, le strutture di assistenza medica sono poche e inoperose.
Eppure, le donazioni arrivate in Sudan non sono neanche un quinto di quelle giunte per la ricostruzione della cattedrale parigina di Notre-Dame.
Vlad Țepeș, figura alla quale si ispirò Bram Stoker per creare il suo personaggio, Dracula, nacque a Sighișoara (Voivodato di Transilvania) nel 1431 e morì all’età di 45 anni, il 14 dicembre del 1476, a Bucarest. Fu signore regnante (voivoda) della Valacchia, parte dell’odierna Romania, tra gli anni 1448 e 1476.
Discendente della dinastia Drăculeștilor, ramo della dinastia Basarabilor, il padre fu il monarca Vlad Dracul, figlio del voivoda Mircea il Vecchio. Il soprannome del padre, Dracul (“il diavolo” in rumeno), viene dal fatto che egli fu parte dell’Ordine militare e religioso del Drago, il cui simbolo era appunto un drago, fondato nel 1408 dall’imperatore del Sacro Romano Impero, Sigismondo di Lussemburgo, per la difesa del cristianesimo e per impegnarlo nella crociata contro gli ottomani. La madre, si ipotizza fosse una nobile transilvana, oppure una signora della Moldavia rumena. Fu tre volte sposato ed ebbe cinque figli.
Durante il regno di Vlad Țepeș, la Valacchia ottenne temporaneamente l'indipendenza dall'Impero Ottomano, che nel 1453 conquistò l’Impero Bizantino e diventò minaccia per l’Europa. Egli si rifiutò di pagare loro il tributo, e combatté contro l’esercito di Maometto II ricorrendo ad esecuzioni e supplizi intimidatori, e sconfiggendolo.
In quanto voivoda, fu noto anche per la sua severità e per il metodo punitivo al quale spesso ricorreva sia per i nemici sia per chi disobbediva alla legge, ovvero l’impalamento (da cui il soprannome Țepeș, in rumeno “impalatore”). Il conflitto con i ricchi mercanti transilvani da lui puniti per non aver rispettato le sue leggi commerciali portò questi ultimi a spargere voce della sua crudeltà demoniaca.
Fu assassinato a fine dicembre 1476, a seguito di un complotto. La sua testa fu mandata al sultano, il quale la mise in cima ad una lancia, per dimostrarne la vittoria. Per quanto riguarda il luogo della sua sepoltura, esso è incerto. Si presume che il suo corpo sia nel Monastero di Snagov (Bucarest), anche se studi più approfonditi dicono che sia stato deposto nel Monastero di Comana, da lui stesso edificato.
Il professore rumeno di letteratura, Marin Mincu, il quale insegnò nelle università di Torino, Milano e Firenze, pubblicò nel 1992 il romanzo storico Il diario di Dracula (Ed. Bompiani), che ha come protagonista e narratore il voivoda Vlad Țepeș, in cui egli viene presentato in maniera diversa, lasciando da parte i luoghi comuni relativi alla sua crudeltà. Emerge il personaggio storico e il contesto politico, con gli intrighi di cui fu vittima: la sua costante lotta per il trono, le guerre combattute contro i turchi e il periodo trascorso in prigionia nella fortezza di Visegrád. Insomma, Mincu cercò di rendere giustizia al profilo del personaggio che più corrisponde alla verità.
L’autore sostiene che nel 1439 Vlad Țepeș venne a Firenze in occasione del Concilio ecumenico di Ferrara-Firenze convocato da papa Eugenio IV, che intendeva riunificare la Chiesa latina con quella bizantina e tentare di impedire la conquista di Costantinopoli da parte di Maometto II. Secondo Mincu, Țepeș, allora un bambino di otto anni, fu parte della delegazione al seguito Giovanni VIII Paleologo, imperatore di Costantinopoli.
Nel 2003, Mario Valdes, studioso americano, scrisse su Magazin istoric, rinomata rivista di storia rumena, un articolo che conferma quanto detto da Mincu.
Lavorando alla sua ricerca su tracce africane nel rinascimento fiorentino, le individuò nella “Cavalcata dei Magi” (1464) di Benozzo Gozzoli (Palazzo Medici Riccardi).
Con il pretesto di onorare l’arrivo dei Magi a Betlemme, il pittore ha voluto rappresentare la ricchezza e la potenza dei Medici,e l’importanza delle personalità che presero parte al Concilio di Firenze del 1439; infatti i Medici sono raffigurati come i Magi che vanno a trovare il Salvatore ancora neonato, e insieme alle altre personalità di spicco del governo di Firenze sfilano, in questo affresco, per le strade della città.
Valdes identificò nella figura di un cavaliere con baffi lunghi, i capelli a scendere a boccoli sulle spalle e che indossava un copricapo tipico transilvano e per niente occidentale, il voivoda Vlad. Anche lo sguardo e le sopracciglia si identificano con le immagini del voivoda rumeno.
Mettendo a confronto i due volti, quello dell’affresco del Gozzoli e la copia del ritratto in vita di Vlad Țepeș (conservata a Innsbruck) e che il Gozzoli di certo non conosceva, essi appaiono estremamente simili. Vlad, come detto, aveva solo otto anni e poteva essere parte del corteo come a quell’età potevano esserlo i paggetti. Il volto ritratto però in età matura può essere frutto di una “licenza artistica” del Gozzoli, che rese attuali i volti di altre personalità, inserendo anche Lorenzo della famiglia dei Medici, il quale nacque dopo il Concilio, nel 1449. La presenza di Vlad (e non da escludere, di suo padre) al Concilio è spiegabile con l’adesione all’Ordine del Drago, coinvolto nella difesa dagli ottomani. Mincu sostiene pure che Vlad Țepeș ha avuto un rapporto epistolare con Marsilio Ficino, poiché era interessato alle questioni metafisiche e alle dottrine ermetiche, e che ritornò più volte a Firenze dopo il Concilio.
Addirittura, secondo lo studioso, il voivoda frequentò l’Accademia neoplatonica, nella villa medicea di Careggi.
Inoltre, il progetto fallito della crociata degli ottomani di Pio II sarebbe stato affidato a Mattia Corvino, alleato di Vlad Țepeș, per cui non mancano i legami e le ragioni per una sua presenza in Italia.
Una figura complessa la sua, non solo di giustiziere sadico e spietato, ma anche di uomo di cultura, piena di fascino, molto lontana da quella dipinta dall’irlandese Stoker, ispirato a sua volta da un racconto del 1819 del medico e poeta britannico, di padre toscano, John William Polidori.
Karin Veronica Leone
Fonti: https://www.thedotcultura.it; https://www.firenzefuori.it; http://www.centrostudipientini.it;https://mostenireculturala.com.
Margherita Sarfatti, l’amante del Duce
LA FIGURA DELLA DONNA
Ultima di quattro figli, nata a Venezia nel 1880, da una ricca e nota famiglia di origini ebree. Il nome di questa donna è legato strettamente a Mussolini: meriterebbe tuttavia un’attenzione particolare per ciò che è stata, al di là della relazione con il Duce. Margherita ha avuto una solida formazione intellettuale, seguita da grandi insegnanti, di cui lo stesso Gabriele d’Annunzio. È descritta come una donna fortemente audace, molto curiosa. Sarfatti è stata una grande critica d’arte, una giornalista, una brava scrittrice. È stata una figura centrale, attorno alla quale girava gran parte del mondo culturale italiano, dove lei era ben inserita. Era un modello curioso per le donne stesse, contribuendo allo sviluppo dell’emancipazione femminile.
SARFATTI E IL SOCIALISMO
Grazie ad un professore, inizia ad avvicinarsi al Socialismo, arrivando ad essere chiamata “la Vergine rossa”, dato il suo amore verso questo movimento politico.
Si dichiara apertamente contraria al governo liberale di Giolitti, considerato portatore di ideali borghesi. Contribuì a creare il Partito Socialista italiano. Questo non ci stupisce: gran parte dei fascisti arrivavano da questo partito, tra cui lo stesso Mussolini.
Sarfatti si sposa, giovanissima, con un avvocato militante socialista. Questo rapporto favorirà l’ingresso di Margherita nella stampa socialista.
Nel marito, vedeva soprattutto la chiave per poter raggiungere la sua indipendenza. I due si trasferiscono a Milano, considerata dalla donna più moderna e vivace rispetto a Venezia. Nel contesto socialista milanese Sarfatti conoscerà Mussolini.
L’INIZIO DELLA RELAZIONE
Margherita sente parlare per la prima volta di Mussolini nel 1911. I due iniziano a vedersi sempre più spesso, specialmente quando il marito venne nominato avvocato dello stesso Benito. In una lettera, Cesare, marito della donna, lo descrive come un uomo affascinante, dall’oratoria straordinaria. Prima dell’arrivo di Mussolini, Margherita è una giornalista per la rivista socialista: “l’Avanti”. Mussolini verrà nominato direttore della rivista e la donna lo vide per la prima volta presentandosi nel suo studio, per dare le dimissioni. La scrittura assume un ruolo centrale nella relazione tra i due: Sarfatti lavorerà per “il Popolo d'Italia", giornale di Mussolini.
SARFATTI E IL FASCISMO
Il movimento fascista nacque il 23 marzo 1919. La donna, cresciuta con il culto degli eroi e di una storia fatta dai grandi uomini, vede questi ideali in Benito Mussolini. Quando era socialista aveva prefigurato l’ideale di una società armonica; ora, nel fascismo, rivede un governo in grado di rispettare queste aspettative.
La marcia su Roma fu finanziata e, in parte, ideata dalla stessa Sarfatti. Ad un anno dalla formazione del governo fascista, sarà Margherita a consigliare la celebrazione dell’anniversario. La donna scrisse anche la sua prima biografia autorizzata, intitolata “Dux”, best seller tradotto in moltissime lingue. Al pubblico internazionale, il Duce appare come una persona sorridente e borghese, nella versione italiana appare già trasfigurato in una sorta di mito immortale. Benito non è un uomo acculturato, lui stesso si definiva selvaggio. Per questo ha un disperato bisogno di avere qualcuno che lavori sulla sua immagine, migliorandola dopo i fallimenti del ‘19 e le violenze del Biennio nero.
LA CENTRALITÁ DELL’ARTE
Nel salotto di Margherita ci sono numerose figure di rilievo, tra cui gli stessi futuristi. Arriva negli anni ‘20 a fondare un movimento artistico: “il gruppo del ‘900’”.
Professava un vero e proprio ritorno all’ordine nell’arte, un ritorno al classicismo. Margherita lo inserisce all’interno di ambienti culturali, dove Mussolini affermò sempre di più il suo potere.
Influenza Mussolini anche nell’idea di essere colui che avrebbe riproposto l’impero romano. Sarfatti lo portava tutte le sere a girare per i fori romani, facendogli delle vere e proprie lezioni d’arte. Il regime dava all’arte un ruolo molto importante , principalmente per la comunicazione politica, e la scrittrice contribuisce a creare una vera e propria arte di stato.
Per lei, gli artisti dovevano portare la disciplina in un’epoca di indisciplina.
Sarfatti diventa dunque la figura centrale per la definizione dell’estetica fascista. Sarà l’organizzatrice principale di tutto l’apparato propagandistico, che il fascismo inizia a sfruttare utilizzando proprio l’arte. Successivamente, quando il marito morirà, si dedicherà completamente e incessantemente alla creazione di questa nuova Italia estetizzante e fascista.
MARGHERITA E ROOSEVELT
Roosevelt, in questi anni, viene eletto nuovo presidente d’America, diventando il garante della pace in Europa. È favorevole al Duce, che larghissima parte dell’opinione pubblica americana considera un baluardo anticomunista; a patto, però, che non stringa un’alleanza con Hitler.
Sarfatti viene invitata negli Stati Uniti, in un viaggio politico e culturale, in quanto persona molto vicina al Duce. Lei tentò un’azione diplomatica per avvicinare Mussolini a Roosevelt, ma la sua influenza sul Duce stava già diminuendo.
Per la prima volta, la donna si rende conto che si può essere carismatici anche senza una disciplina esasperata. Lei vorrebbe continuare a raccontare a Mussolini molte cose; ma lui ha stretto un’alleanza con il dittatore tedesco e, da questo momento, il loro rapporto cambierà. La scrittrice arriverà a dire: “temo che vinceremo la guerra d’Etiopia, e questa vittoria farà perdere completamente le testa a Benito”.
L’EMARGINAZIONE DI MARGHERITA
La donna si convinse negli anni di poter guidare le scelte politiche e intellettuali del regime totalitario. All’inizio le aspettative rispecchiano la realtà, ma intorno agli anni ‘30 divenne fu sempre più marginalizzata dal fulcro della politica fascista.
Una volta attese addirittura due ore fuori dalla porta di Mussolini, per non essere nemmeno ricevuta. Un gesto di maleducazione gravissimo, impensabile anni prima, che dimostra che oramai ha perso ogni privilegio e ogni rapporto.
Arrivano altre donne nella vita del Duce. Margherita, tuttavia, continua a simulare un potere che ha perso e un affetto che è finito. Per molti, lei è stata sempre un riflesso del Duce.
La donna non si allontana solo per questioni private, ma anche per l’evoluzione dello stesso fascismo, diventato sempre più estremo. Arriverà a scrivere un libro, intitolato “My fault”, in cui denuncia gli errori della politica fascista, inclusi i suoi, sia i pubblici che i personali.
Ricordiamo le leggi razziali, emanate da Mussolini nei confronti degli ebrei, nel 1938. Tra gli ebrei, c’era anche Margherita. Decide quindi di scappare, di allontanarsi sempre più dall’Italia, finendo in esilio. Tornerà in Italia solo alla fine della guerra.
La sua storia personale è come il racconto del del fascismo stesso: i primi anni dominati dall’idea di cambiare l’Italia, di rivoluzionare il mondo. Poi l’istituzionalizzazione e la delusione delle aspettative di tanti fascisti stessi.
Emù eMunizioni
Dopo la prima guerra mondiale, numerosi soldati australiani avevano ricevuto dal governo di Canberra finanziamenti per costruire fattorie nella zona occidentale del Paese, un territorio selvaggio e, all’epoca, difficile da coltivare.
I problemi maggiori per i contadini erano causati dai lunghi periodi di siccità, che avevano spinto un'orda di 20.000 emù a emigrare dalle regioni centrali del paese verso le coste. A questi si aggiunse la crisi finanziaria mondiale del 1929 che portò a un calo di prezzo del grano, facendo aumentare notevolmente il malcontento degli agricoltori.
Gli emù sono il secondo uccello più grande al mondo dopo gli struzzi, possono infatti raggiungere 190 cm di altezza, si cibano di vegetali, insetti e piccoli animali. Sono inoltre molto intelligenti, si muovono in branco a grande velocità, riuscendo a raggiungere i 50 Km orari.
I contadini erano per lo più veterani, quindi muniti da armi da fuoco e sapevano, data la loro esperienza, che lo strumento migliore per sconfiggere un branco era la mitragliatrice.
Un gruppo di questi agricoltori andò nella capitale, Canberra, per chiedere aiuto al ministro della giustizia George Pearce e contrastare questa minaccia.
Nell’inverno del 1932, il parlamento australiano iniziò un’operazione militare contro gli emù, che portò a una sconfitta inaspettata.
Nell’Ottobre del ‘32 il generale Meredith, due uomini armati e un giornalista del “Move it all news” si recarono nei territori presi d’assalto dagli uccelli.
L’operazione si rivelò però più difficile del previsto: un’onda di improvvise piogge torrenziali portò il branco degli emù a sparpagliarsi in un’area più vasta di quella prevista, e i soldati rimandarono l’operazione al mese successivo.
Il 2 novembre venne organizzato il primo attacco nel distretto di Campion, che si rivelò fallimentare: mentre gli uomini cercavano di dirigere gli uccelli verso le mitragliatrici, questi riuscirono a ripararsi in un boschetto, venne abbattuto un numero molto piccolo di esemplari.
Il generale Meredith decise allora di preparare un’imboscata nascondendo le mitragliatrici vicino alle principali riserve d’acqua per colpire gli animali mentre si abbeveravano.
Quando questi si avvicinarono, i soldati iniziarono a sparare, causando la morte di molti emù; ma una delle armi si inceppò, e allora gli uccelli approfittarono dell'imprevisto per allontanarsi.
Dopo l’ennesimo fallimento, il generale attuò una nuova strategia, decidendo di montare le mitragliatrici sopra uno dei camion dei contadini. Purtroppo anche questa tattica si rivelò sbagliata, in quanto i pennuti erano molto veloci e la macchina non riusciva a raggiungerli.
Nel frattempo, nella capitale si domandarono se questa operazione non fosse solo uno spreco di proiettili ed energie; così il parlamentare Harold chiese al Primo Ministro di interrompere la “guerra”. Meredith provò inutilmente a difendere il suo operato, paragonando questi uccelli a un carro armato, ma poco dopo le truppe vennero ritirate.
Così, l’8 novembre dello stesso anno si concluse la prima fase dello scontro, che vide l’esercito australiano “sconfitto”.
La tregua durò poco: infatti, il 12 Novembre, il parlamento, a seguito di numerose proteste dei contadini per i danni causati dagli emù, decise di riaprire l’operazione con a capo sempre il maggiore Meredith.
I soldati riuscirono a uccidere tra i 100 e i 1000 uccelli su 20.000 esemplari, esaurendo le munizioni prima di riuscire a risolvere il problema.
All’estero, quando arrivò la notizia di una guerra uomo contro un animale, molte associazioni animaliste chiesero di porre fine allo scontro; dall’altra parte però i coltivatori continuarono a chiedere sostegno al governo per eliminare questa minaccia.
Negli anni ‘30 venne trovata la soluzione: l’uso di recinzione più resistenti - tra gli anni ‘40 e ‘50 del ‘900 venne costruita la recinzione più lunga del mondo - che permisero di salvaguardare i raccolti dagli attacchi.
Questa risoluzione non era perfetta, infatti non risolse appieno il problema. Perciò i contadini tornarono all’uso delle armi; è stato stimato che tra il 1945 e il 1960 vennero uccisi 300.00 esemplari.
Questa storia, non abbastanza conosciuta a mio parere, ci mostra che l’uomo alla fine non è superiore agli animali e nonostante sia dotato di macchine e ragione può sempre essere sconfitto da un branco di uccelli.
L'artista che cambiò il '900
E' il 20 aprile 1889 quando nel piccolo paese di Braunau am Inn nasce Adolf Hitler, un bambino di umili origini. Il destino? Quello di seguire il padre negli uffici della dogana, apparentemente. E invece con caparbietà e volontà riesce a stravolgere la sua vita mettendosi contro il mondo e l’Europa.
Tre anni dopo la sua nascita si trasferisce con tutta la famiglia a Passavia, in Germania, dove rimane per poco tempo, tanto che nel 1894 fa ritorno in Austria, a Lambach. La giovinezza di Hitler ci restituisce la figura di un ragazzo con la forte volontà di diventare pittore e con l’intenzione fare il liceo classico, sorte che non gli spetterà a causa di dissidi familiari; con la famiglia ha un rapporto distaccato, soprattutto con il padre: i due si scontrano spesso anche in giovane età.
Hitler viene così obbligato a frequentare la Realschule di Linz, una scuola tecnica che lo avrebbe proiettato verso il lavoro doganale, infrangendo così per sempre i suoi sogni d’artista, che realizzeranno solo in parte.
Rimasto orfano prima del padre poi della madre, nel 1908, appena ventenne, Hitler si trasferisce a Vienna.
Qui viene rifiutato nell'Accademia delle Belle Arti di Vienna a causa dei suoi tratti schematici e rigidi che rendono le sue opere più simili a progetti di architettura che non a veri e propri disegni.
In questi anni non semplici, durante i quali vive come un vagabondo, mette a frutto le sue conoscenze artistiche compiendo lavoretti saltuari quali la produzione di cartoline, souvenir o piccoli quadretti.
Con il passare del tempo, grazie alla maggiore stabilità economica e una posizione sociale più consolidata, i suoi anni di produzione artistica daranno vita a una collezione di circa 3000 disegni tra cui carboncini, acquerelli e tempere a olio. A questo scopo impiega i materiali più disparati come tele, carta e legno; i soggetti ritratti sono prevalentemente appartenenti alle fasce povere della popolazione, come i contadini, ma anche strutture architettoniche o immagini religiose.
Lo stile rimarrà quello rifiutato dall'accademia viennese: rigido nelle composizioni e duro nei tratti e con soggetti appartenenti alla vita comune e mondana.
Nel periodo viennese Hitler entra in contatto con le idee antisemite quando inizia a frequentare i concerti del musicista e compositore Richard Wagner (1813-1883). L'artista segue infatti il pensiero di J. A. de Gobineau (francese, 1816-1882) e H. S. Chamberlain (inglese naturalizzato tedesco, 1855-1927) che insieme pongono le basi della teoria della razza perfetta, individuata in quella nordica da K. Lueger (politico austriaco, 1844-1910) che lo stesso Hitler sostiene sia “il miglior sindaco mai esistito”.
Nel 1913 la guerra incombe, e a causa di tensioni sempre maggiori decide di lasciare Vienna per sfuggire al reclutamento militare nelle file austriache.
E’ il 1914: da poco trasferitosi a Monaco di Baviera, Hitler si arruola come volontario nell'esercito tedesco entrando a far parte della prima compagnia del sedicesimo reggimento dove svolge il ruolo di staffettista sul fronte occientale e all'interno del quale fa la conoscenza di Rudolf Hess (1894-1987) che in futuro ricoprirà il ruolo di vice nel Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori.
Durante la guerra viene ferito e ricoverato più volte, nel 1918 a causa della momentanea cecità, probabilmente indotta dai gas inalati al fronte, termina con qualche mese di anticipo la sua prima guerra mondiale. La sconfitta subita, le innumerevoli perdite economiche e umane fanno sì che le idee non solo antisemite, ma anche anticomuniste, trovino appoggio e si radicalizzino nella società tedesca.
Subito dopo la guerra Hitler entra a far parte di un piccolo partito di estrema destra il DAP (Deutsche Arbeiterpartei o Partito Tedesco dei Lavoratori) nel quale riesce da subito a far sfoggio di notevoli doti oratorie e di fascinazione sulle masse grazie alla sua forte personalità e carisma.
Il 24 febbraio 1920 il partito viene sciolto dando vita al NSDAP (Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori) che promuove gli ideali razzisti hitleriani, formando così quella che per gli storici diventerà una vera e propria dottrina di pensiero. Il simbolo di partito diventa la svastica anche chiamata Hakenkreuz (croce uncinata) che nella religione orientale aveva valenza positiva e di buon auspicio. Grazie alla propaganda nazista ottiene invece tutt'altro significato: venne orientata verso destra e ruotata di quarantacinque gradi; il colore rosso dello sfondo simboleggiava le origini socialiste e quindi l’incitamento delle masse, il bianco le idee nazionaliste e il nero della croce uncinata il trionfo della razza ariana. Il simbolo è del tutto in linea così con le idee del partito.
Il 29 luglio del 1921 Adolf Hitler diventa capo del partito, cominciando un'ascesa che si arresterà solo alla sua morte.
Poco tempo dopo, il 5 ottobre dello stesso anno, Hitler, fonda un gruppo armato le SA (Sturmabteilung o battaglioni d’assalto ) ovvero il reparto d'assalto delle Camicie Brune composte anche da coloro che la Repubblica di Weimar aveva usato per sedare le rivolte spartachiste: i Freikorps (corpi franchi).
Avevano oltretutto un chiaro riferimento a ciò che in quegli anni stava facendo Mussolini in Italia con le Camicie Nere. Il ruolo che dovevano ricoprire era quasi il medesimo: persecuzioni e azioni di violenza armata nei confronti di oppositori politici ed ebrei.
E' nel 1923 che Hitler si muove per la prima volta a livello politico in modo importante: decide di utilizzare il reparto delle SA per un colpo di stato che prende il nome di Putsch di Monaco.
Viene organizzato a Monaco di Baviera in una birreria (da questo il nome Putsch di Monaco) e con l'alleanza di E. Ludendorff (generale e politico tedesco, 1865-1937): l'obiettivo dei due è quello di prendere il potere in città e arrivare in un secondo momento a marciare su Berlino, tentando quindi di omologare ciò che aveva fatto il Duce a Roma poco prima. Egli dimostrava infatti molta ammirazione verso l'operato dell’uomo di Predappio.
Il tentativo fallisce e i due principali artefici vengono arrestati. I risultati del processo sono l’assoluzione di Ludendorff, e una leggera condanna di Hitler, che deve scontare cinque anni di carcere a Landsberg.
Anche se all'apparenza può sembrare una sconfitta, il putsch della birreria si rivela un exploit a livello mediatico e propagandistico.
La pena che il Fuhrer dovette effettivamente scontare fu solo simbolica (poco più di nove mesi), a causa delle simpatie che suscitava nella magistratura, periodo durante il quale scrisse il Mein Kampf (La mia battaglia) . In esso, attraverso un'autobiografia, illustra il programma di partito.
"Sarebbe umano e naturale che lo stato ponesse la razza alla base dell'esistenza generale. Lo stato deve curare che la razza resti incontaminata"
Mein Kampf
Una volta uscito dal carcere Hitler riorganizza il partito creando un nuovo gruppo armato di protezione personale, le SS (Schutzstaffel o squadre di protezione) 4 aprile 1925.
Nel mentre P. von Hindenburg (1847-1934) viene eletto Reichs President della repubblica di Weimar (Capo di Stato).
Negli anni successivi il partito ha sempre maggiori adesioni tanto che nel 1930 il NSDAP diventa per la prima volta uno dei partiti di punta del Reichstag (parlamento tedesco) con circa il 18% dei voti, ottenuti con un asfissiante propaganda e azioni squadriste.
Il risultato è la caduta della Repubblica di Weimar già resa fragile dalla forte crisi finanziaria e occupazionale che aveva colpito il paese dopo il crollo della borsa statunitense.
La riforma, colpisce non solo il paese ma anche i gruppi interni al partito: le SS delle quali diventa capo H. Himmler (1900-1945) nel 1929, e che in seguito diventerà il principale esecutore dei piani del Fuhrer, e le SA dove sale a capo E. Rohm (1887-1934) nel 1930.
Nel 1932 Adolf Hitler si consacra come una delle figure più importanti della politica tedesca. Il partito ottiene per la prima volta la maggioranza del Reichstag con duecentotrenta seggi; e il Fuhrer, una volta ottenuta la cittadinanza tedesca la cui mancanza fino a quel momento era stata una delle più grandi limitazioni al suo progetto di ascesa, decide di compiere il grande salto candidandosi alle elezioni presidenziali, nelle quali tuttavia perde con il 36% dei voti: le elezioni vengono vinte da von Hindenburg.
Da questo momento in poi l'instabilità politica è sempre maggiore: i governi si susseguono senza soluzione di continuità dapprima con H. Bruning (1885-1970), e in seguito con F. Von Papen (1879-1969) che non riesce a trovare gli accordi con Hitler. Quindi la maggioranza parlamentare sostiene K. von Schleicher (1882-1934) il quale si rivela un vero e proprio fallimento, tanto che dopo neanche due mesi viene sostituito.
La situazione si fa sempre più critica. Hindenburg e von Papen (quest’ultimo che ha ancora un ruolo di rilievo dopo la parentesi come cancelliere) decidono di nominare il Fuhrer nuovo cancelliere per tentare di controllarlo. Il risultato è non solo vano ma anche fatale perché da questo momento in poi Hitler instaura un regime totalitario che si conclude solo con la sua morte, nel 1945.
Il 27 febbraio 1933 quando viene dato alle fiamme il Reichstag da colpevoli ancora oggi sconosciuti: viene fornito perciò il pretesto per emanate leggi sulla limitazione dei diritti civili, che con il passare del tempo si inasprirono.
Il nuovo parlamento viene inaugurato il 21 marzo dello stesso anno: tre giorni dopo il Fuhrer accentra tutti i poteri su di sé.
Nello stesso anno J. Goebbels (1897-1945) diventa Ministro del Reich per l'Istruzione Pubblica e della Propaganda instaurando un’arte di stato che doveva essere molto lontana da quella moderna che era “l'origine del disfacimento della società".
Gli ultimi baluardi dell'opposizione restano solo quelli all'interno del partito stesso: gli oppositori politici degli altri movimenti erano stati in gran parte messi in prigione o deportati, o erano fuggiti per paura. All’interno del NSDAP, però, non tutti accettavano la leadership di Hitler. Il Fuhrer doveva riportare l’ordine all’interno del suo stesso partito.
Il gruppo armato delle SA contava ora quasi due milioni di membri, ed esercitava la propria pesante influenza assumendo ruoli che sarebbero altrimenti spettati all’esercito; questo ne metteva in pericolo l’autorità.
E’ quindi il 30 giugno 1934 che nella cosiddetta “notte dei lunghi coltelli” le SS, un altro esercito di partito più fedele a Hitler, reprimono nel sangue un complotto.
Tra le vittime risulta Rohm ex capo delle SA che grazie al loro supporto riusciva ancora a divincolarsi dalle imposizioni di Hitler rendendolo così un soggetto difficile a controllarsi.
Con questa azione il Fuhrer riesce a ottenere l’appoggio dell’esercito, che si sentiva minacciato da Rohm e i suoi seguaci; riprende quelle che erano le sue vecchie funzioni, dimostra l’innocenza delle SS nel complotto, e fornisce loro maggiore autonomia, relegando invece le squadre d’assalto a ruoli minori.
Il 2 agosto 1934 muore Hindenburg.
Adolf Hitler senza più alcun superiore è il capo incontrastato del Terzo Reich , e il resto della storia la conosciamo tutti.
BIBLIOGRAFIA
Caracciolo Lucio, Roccucci Adriano, Le carte della storia, Mondadori Education, Milano 2022, vol. 3, in particolare si veda cap. 11
Collotti Enzo, Hitler e il nazismo, Giunti Editore, Firenze 1996
SITOGRAFIA
https://it.wikipedia.org/wiki/Adolf_Hitler
https://www.treccani.it/enciclopedia/adolf-hitler/
https://www.finestresullarte.info/opere-e-artisti/il-rapporto-tra-hitler-e-le-arti
https://it.wikipedia.org/wiki/Arte_nella_Germania_nazista
https://www.treccani.it/enciclopedia/partito-nazionalsocialista_%28Dizionario-di-Storia%29/
https://it.wikipedia.org/wiki/Partito_Nazionalsocialista_Tedesco_dei_Lavoratori
https://it.wikipedia.org/wiki/Svastica
https://encyclopedia.ushmm.org/content/it/article/history-of-the-swastika