Testo latino
Ecce autem gemini a Tenedo tranquilla per alta
(horresco referens) immensis orbibus angues
incumbunt pelago pariterque ad litora tendunt;
pectora quorum inter fluctus arrecta iubaeque
sanguineae superant undas, pars cetera pontum
pone legit sinuatque immensa volumine terga.
Fit sonitus spumante salo; iamque arva tenebant
ardentisque oculos suffecti sanguine et igni
sibila lambebant linguis vibrantibus ora.
Luca Canali
Ma ecco da Tenedo serpenti gemelli per l’alto mare tranquillo
(inorridisco raccontandolo) con immensi giri
incombono sul mare ed insieme si dirigono ai lidi;
ma i loro petti alzati tra i flutti e le creste
sanguinee superano le onde l’altra parte raccoglie
dietro e incurva i dorsi immensi con una spira.
C’è un fragore, spumeggiando il mare; ed ormai tenevano i campi
iniettati gli ardenti occhi di sangue e di fuoco
lambivano le sibilanti bocche con le lingue vibranti.
Alessandro Fo
Ecco però che da Tenedo, sopra le acque tranquille,
(e provo orrore a narrarlo) in immensi anelli due serpi
sul mare vengono a incombere, e in coppia si volgono al lido:
ritti i petti fra i flutti, svettano sopra le onde,
creste colore di sangue, il resto del corpo sul mare
striscia dietro ed inarca le immense terga in volute.
S’alza fragore sul gorgo schiumante, e già erano a terra,
e, con gli occhi ardenti, iniettati di sangue e fuoco,
nel vibrare la lingua lambivan le fauci in un sibilo.
Rosa Calzecchi Onesti
Ed ecco gemelli da Tenedo, per l’alto mare tranquillo
(rabbrividisco a narrarlo) con giri immensi due draghi
incombon sull’acque e tendono insieme alla spiaggia.
Alti hanno i petti tra l’onde, le creste
sanguigne superan l’onde, l’altra parte sul mare
striscia dietro, s’inarcan le immense terga in volute.
Gorgoglia l’acqua e spumeggia. E già i campi tenevano,
gli occhi ardenti iniettati di sangue e fuoco,
con le lingue vibratili lambendo le bocche fischianti.
Personale
Ma ecco da Tenedo, sopra le acque tranquille,
(inorridisco a narrarlo) con enormi spire due serpi
incombono sul mare e si dirigono verso la riva fianco a fianco;
i loro petti si alzano sopra la marea, e le loro creste
rosso sangue svettano sulle onde, il resto del loro corpo
striscia sul mare e snoda i dorsi in immense spire.
Sale un ruggito dal mare spumeggiante; ora raggiungevano la riva,
e con occhi ardenti iniettati di sangue e fuoco
lambivano le fauci sibilanti con le lingue vibranti.
Giovanni Tzetzes, ad Lycophr. Alex., 344
Πόρκις καὶ Χαρίβοια ὀνόματα δρακόντων οἴ πλεύσαντες ἐκ τῶν Καλυδνῶν νήσων ἦλθον εἰς Τροίαν καὶ διέφθειραν τούς παῖδας Λαοκόωντος ἐν τῷ τοῦ Θυμβραίου Ἀπόλλωνος νεῷ.
Porkis e Chariboia sono i nomi dei serpenti, che andando per mare dalle isole Calidne giunsero a Troia e uccisero o figli di Laocoonte nel tempio di Apollo Timbreo.
Petronio, Satyricon, 89
Ecce alia monstra: celsa qua Tenedos mare
dorso replevit, tumida consurgunt freta
undaque resultat scissa tranquillo minor,
qualis silenti nocte remorum sonus
longe refertur, cum premunt classes mare
pulsumque marmor abiete imposita gemit.
Respicimus: angues orbibus geminis ferunt
ad saxa fluctus, tumida quorum pectora
rates ut altae lateribus spumas agunt.
Dat cauda sonitum, liberae ponto iubae
consentiunt luminibus, fulmineum iubar
incendit aequor sibilisque undae tremunt.
Ma ecco un altro prodigio là dove Tenedo sorge dal mare,
i flutti si gonfiano turgidi, rimbalzano le onde,
si gonfiano di schiuma che la spiaggia ribatte,
quale un tonfo di remi arriva nel cuore sereno della notte,
quando solca una flotta le acque del mare
che fervide gemono sotto l'impeto delle chiglie.
Là noi volgiamo gli occhi e vediamo due draghi,
che torcendosi spingono l'onda agli scogli,
e coi petti impetuosi vorticano schiume intorno ai fianchi,
come alte navi. Il mare percuotono con le code,
le sciolte criniere lampeggiano come gli occhi,
un bagliore di folgore incendia il mare
e le onde sono tutte un tremolio di fremiti.
Quinto Smerneo, Posthomerica, vv. 447-463
Τῷ δ' ἐπὶ κύντερον ἄλλο θεὰ μεγάθυμος Ἀθήνη
δυστήνοις τεκέεσσιν ἐμήδετο Λαοκόωντος.
Δὴ γάρ που πέλεν ἄντρον ὑπὸ στυφελώδεϊ πέτρῃ
ἠερόεν, θνητοῖσιν ἀνέμβατον, ᾧ ἔνι θῆρες
σμερδαλέοι ναίεσκον ἔτ' οὐλομένοιο γενέθλης
Τυφῶνος, νήσοιο κατὰ πτύχας ἥν τε Καλύδνην
λαοὶ ἐπικλείουσιν, ἔσω ἁλὸς ἀντία Τροίης.
Ἔνθεν ἀναστήσασα βίην καλέεσκε δρακόντων
ἐς Τροίην· οἳ δ' αἶψα θεῆς ὕπο κινηθέντες
νῆσον ὅλην ἐτίναξαν· ἐπεσμαράγησε δὲ πόντος
νισομένων καὶ κῦμα διίστατο· τοὶ δ' ἐφέροντο
αἰνὸν λιχμώωντες· ἔφριξε δὲ κήτεα πόντου.
Ἀμφὶ δ' ἄρα στενάχοντο μέγα Ξάνθοιο θύγατρες
Νύμφαι καὶ Σιμόεντος, ἀπ' Οὐλύμποιο δὲ Κύπρις
ἄχνυτο. Τοὶ δ' ἄφαρ ἷξαν ὅπῃ θεὸς ὀτρύνεσκε,
θήγοντες βλοσυρῇσι γενειάσι λοιγὸν ὀδόντων
δυστήνοις ἐπὶ παισί. [...]
[...] E ancora la magnanima Dea preparò intanto un’opera più crudele nei confronti degli sventurati figli di Laocoonte. Vi era un antro oscuro in un dirupo scosceso ed inaccessibile ai mortali; ove due feroci ed orridi serpenti avevano dimora, progenie del maligno Tifone, nel cuore dell’isola, che dentro al mare incontro alla città di Troia viene detta Calidne dagli abitanti. Indi istigando i feroci serpenti, li inviò a Troia; ed essi immediatamente mossi al cenno della Dea, scossero tut ta l’isoletta loro: al loro movimento i flutti marini rimbombarono, e si divisero le onde. Gìano essi orribili le lingue vibrando in modo tale, che orrore, e le belve non avevano timore del mar, e in un le Ninfe di Simoenta meste piangevano, e Xanto: infine dal cielo gemeva Ciprigna. Ed essi sen gìan senza tardare laddove la Dea all’andar gli eccitava, i denti orrendi (strumenti di morte) alle mascelle sotto arrotando orribilmente ai danni degli infelici figli. [...]
TENEDO
Tenedos, Tenedi (n.f.)
Tenedo è un'isola della Turchia situata nel Mar Egeo a poco a sud dell'ingresso dello stretto dei Dardanelli e distante circa 6 chilometri dalla costa anatolica. Prende il nome da Tenete, figlio di Cicno, re di Colone, nella Troade, e di Procleia, e fratello di Emitea. La matrigna di costui, Filonome, essendosi invaghita di lui ed essendo stata respinta, lo calunniò con il padre, il quale, credendo alla moglie, ordinò di gettare Tenete e la sorella Emitea in mare. Furono salvati da Poseidone, che li portò sull’isola di Leukoffri, di cui poi Tenete divenne re, dandole il nome di “Tenedo”. Cicno, scoperto che le accuse fossero infondate, fece seppellire viva Filonome e si riconciliò con i figli. Nella guerra di Troia, Tenete, ostile agli Achei, cercò di impedire loro di sbarcare, ma fu ucciso da Achille.
Si vedono avanzare i serpenti marini da Tenedo (Aen. II, 203-204, Ecce autem gemini a Tenedo tranquilla per alta / ... angues), secondo una variante che non trova riscontro nella tradizione precedente, ma che ha un significato drammatico e simbolico in quanto l’arrivo dei serpenti era premonizione dell’arrivo delle navi greche, come sostiene anche Servio: A TENEDO: ideo quod significarent naves inde venturas. (“DA TENEDO: immagino che significasse che le navi sarebbero provenute da lì”). L’isola viene nominata ancora da Virgilio nel Liber II ai versi 254-256 (Et iam Argiva phalanx instructis navibus ibat / a Tenedo tacitae per amica silentia Lunae / litora nota petens), e varie volte nell’Iliade, ad esempio nei versi 38 e 452 del primo libro.
ANGUES
anguis, anguis (n.m.)
Anguis è il termine che ricorre con maggiore frequenza, con 18 occorrenze, seguito da serpens con 11. Anguis è un vocabolo raro in prosa (solo Livio lo usa diverse volte), dove è preferito serpens (Th. l. L. s.v. anguis, II 51) che sarebbe termine scientifico rispetto al più popolare anguis. Nella descrizione dei serpenti in Virgilio si possono distinguere due tipi dominanti: i serpenti reali e i mostri favolosi. La forza prodigiosa di questi animali, e perciò la loro grandezza, è scandita dall’epiteto immensus: immensa terga (Aen. II, 208) sono quelli dei due serpenti di Laocoonte. Elemento favoloso è la cresta di cui sono forniti e che forse trae origine dalla realtà esotica, poiché il ceraste è in effetti provvisto di piccole corna. Le iubae dei due dragoni di Laocoonte sono sanguineae (Aen. II, 206-207) e il colore rosso porpora, sanguigno, delle creste sembra imputabile alla tradizione greca. Un carattere che ancora contraddistingue questi serpenti prodigiosi riguarda gli occhi, di cui il fuoco è un elemento essenziale: gli occhi ardenti dei due dracones, iniettati di sangue e di fuoco (Aen. II, 210, ardentis [...] oculos suffecto sanguine et igni), aggiungono orrore all’episodio. Servio riferisce, citando come propria fonte i Nostoi di Lisimaco, che i nomi di questi serpenti (Porkis e Chariboia) sono menzionati nella tragedia perduta Laocoon di Sofocle.
VIBRANTIBUS
vibro, vibras, vibravi, vibratum, vibrare (verbo)
È spesso usato in contesti contrassegnati dalla ricerca di effetti fonici ed onomatopeici. Nel verso 211, sibila lambebant linguis vibratibus ora, Virgilio ha giocato su una doppia prospettiva, uditiva e visiva: ‘a cornice’ troviamo l’immagine di suono sibila ora, al centro, quella visiva linguis vibrantibus, fornita, però, di un plus-valore acustico, dall'interazione della sibilante e della suggestione del gruppo -br-.
Miniatura XIV secolo