Aggregati supramolecolari che i tensioattivi creano in acqua

Lezione 3

Quando i tensioattivi vengono messi in soluzione acquosa, questi tendono a disporsi all’interfaccia aria-acqua, come visto precedentemente. Quando però l’interfaccia si satura di tensioattivo, la sua ulteriore aggiunta determina il passaggio di alcune molecole in soluzione acquosa. La solubilizzazione in acqua dei tensioattivi è però un processo sfavorito termodinamicamente, proprio a causa della loro natura anfifila. Per questo, in determinate condizioni di temperatura ed al di sopra di una certa concentrazione, i tensioattivi possono dar luogo alla formazione di aggregati supramolecolari, in quali permetto a queste molecole anfifile di assumere una disposizione più stabile in acqua: le teste polari sono esposte al contatto con il solvente acquoso, mentre le code idrofobe vengono schermate dallo stesso e sono in contatto tra loro. Gli aggregati che si formano possono essere molto diversi per tipologia, forma e dimensioni; ciò è strettamente correlato alla struttura molecolare del tensioattivo usato e alle sue caratteristiche, insieme anche dalle condizioni di lavoro (temperatura, forza ionica, concentrazione).

I due fattori fondamentali che portano alla formazione di questi aggregati in soluzione sono:

  • la desolvatazione delle code idrofobe;

  • la solvatazione delle teste polari.

L’interazione delle code apolari con l’acqua induce un maggior ordine strutturale nelle molecole di solvente che le circondano, quindi l’interazione code apolari-acqua causa un forte contributo entropico negativo e di conseguenza un aumento dell’energia libera del sistema. L’acqua tende quindi a limitare i propri contatti con le catene idrocarburiche per ridurre al minimo la diminuzione di entropia. Questo effetto, noto come effetto idrofobico, rende la frazione apolare insolubile nel solvente polare e tenderebbe a far precipitare l’anfifilo. Tuttavia, la solvatazione delle teste polari e le repulsioni elettrostatiche tra queste impediscono la precipitazione e la formazione di un cristallo tridimensionale. Il bilancio tra queste due opposte tendenze è la formazione in soluzione di aggregati supramolecolari che possono essere molto diversi in tipologia, forma e dimensioni. Un aspetto molto importante dal punto di vista chimico ed applicativo è la relazione tra la struttura molecolare del tensioattivo e la morfologia dell’aggregato che esso forma. Un possibile approccio per prevedere la struttura dell’aggregato è quello del parametro d’impaccamento proposto da Israelachvili (1): in termini qualitativi questo modello approssima la struttura di tensioattivi a singola catena idrocarburica ad una geometria conica, mentre la struttura di anfifili costituiti da una testa polare e due catene idrocarburiche ad una geometria cilindrica. I primi formeranno preferenzialmente micelle, mentre i secondi tenderanno a disporsi in doppi strati planari (figura sottostante).

Micelle

Le micelle sono il tipo più semplice di aggregato supramolecolare che i tensioattivi in acqua posso formare spontaneamente.

Le micelle presentano una superficie esterna idrofila, costituita dalle teste polari delle molecole di tensioattivo, e una zona centrale idrofoba, costituita dalle code idrocarburiche. Esse vengono rappresentate classicamente come sfere con un raggio idrodinamico circa uguale alla lunghezza della catena (15-60 Å).

Non esistono, però, solo micelle sferiche. In funzione della struttura del monomero e delle condizioni sperimentali si possono formare micelle di forma diversa:

  • ellissoidali

  • discoidali

  • cilindriche.

Le micelle sono sistemi all’equilibrio che si disgregano per diluizione e si formano spontaneamente al di sopra di una certa concentrazione del tensioattivo, chiamata concentrazione micellare critica (CMC) e di una certa temperatura, chiamata temperatura del punto di Krafft.

Nel diagramma di fase temperatura/concentrazione del sistema tensioattivo-acqua, il punto di Krafft è il punto triplo dove sussiste l’equilibrio tra la soluzione monomerica del tensioattivo, la soluzione micellare ed i cristalli (2). Per concentrazioni superiori alla CMC, la temperatura alla quale il tensioattivo, ad una data concentrazione, diventa completamente solubile viene detta temperatura di Krafft per quella concentrazione. Questa temperatura è un parametro importantissimo perché ha l'effetto di aumentare il disordine portando alla distruzione della struttura cristallina assunta dal tensioattivo e favorendo il suo passaggio in soluzione. La CMC e il punto di Krafft sono quindi parametri termodinamici caratteristici della molecola, la temperatura di Krafft dipende dalla concentrazione.

Oltre che in acqua, le molecole anfifiliche possono formare micelle anche in solventi organici non polari. In questi casi, gli aggregati micellari prendono il nome di micelle inverse perché la situazione è "capovolta" rispetto all’acqua. Infatti, le code idrocarburiche sono esposte al solvente non polare, mentre le teste polari sono rivolte all’interno dell’aggregato per evitare il contatto con il solvente.

Le micelle inverse sono capaci di trattenere quantità relativamente grandi di acqua all’interno della struttura, verso cui puntano le teste polari. In questo modo si crea una "tasca" ideale per sciogliere e trasportare soluti polari attraverso un solvente apolare.

Liposomi

Alcuni anfifili, in virtù delle loro caratteristiche strutturali, possono aggregarsi in strutture a doppio strato con le teste polari esposte all’esterno da entrambe le interfacce e le code idrofobe rivolte verso l’interno ed isolate dal mezzo acquoso. Ad esempio, alcuni lipidi di origine naturale (fosfolipidi e glicolipidi) ed i tensioattivi con bassa solubilità in acqua, testa polare relativamente grande e regione idrofoba ingombrante si dispongono preferenzialmente in doppi strati chiusi. La struttura ricorda molto quella della membrana plasmatica delle cellule.


I liposomi, o vescicole, sono aggregati sferici costituiti da uno o più doppi strati chiusi che intrappolano al loro interno parte del solvente acquoso in cui sono dispersi.



Tali strutture supramolecolari hanno dimensioni maggiori rispetto agli aggregati micellari (50 nm-1 µm) e, a differenza di questi ultimi, generalmente non sono sistemi all’equilibrio. Infatti, le micelle si formano spontaneamente in soluzione quando il tensioattivo è aggiunto in concentrazioni al di sopra della CMC per semplice dissoluzione del tensioattivo in acqua; inoltre, la loro dimensione rimane costante nel tempo e non dipende dalle condizioni di preparazione. Le vescicole, al contrario, si formano solo se viene fornito un apporto di energia al sistema, la loro dimensione può variare nel tempo (aggregano tra loro e si fondono in strutture con minor raggio di curvatura) e sono cineticamente stabili alla diluizione, ovvero pur diluendo il sistema i liposomi rimangono stabili, al contrario delle micelle.

In base alla loro morfologia e alle loro dimensioni, i liposomi vengono generalmente classificati in tre grandi gruppi:

  1. SUV (Small Unilamellar Vesicles) piccole vescicole unilamellari: di dimensioni comprese tra 20 e 100 nm, risultano omogenee e sono formate da un solo doppio strato lipidico. Le SUV sono relativamente instabili e mostrano maggiore tendenza alla fusione; presentano un basso rapporto acqua/lipide (0.2-2.5 L per mole di lipide).

  2. LUV (Large Unilamellar Vesicles) grandi vescicole unilamellari: hanno dimensioni maggiori di 0.1 μm e sono formati da un solo doppio strato lipidico. Presentano un alto rapporto acqua/lipide (7 L per mole di lipidi); sono utili per veicolare grandi quantità di farmaci idrofili.

  3. MLV (Multilamellar Large Vesicles) vescicole multilamellari: hanno dimensioni maggiori di 0.5 μm, sono relativamente stabili e risultano disomogenee per dimensioni e lamellarità, sono facili da preparare e contengono molti doppi strati. I MLV riescono ad inglobare grandi quantità di composti liofili e presentano un buon rapporto acqua/lipide (1-4 L per mole di lipide).

È anche possibile avere soluzione multivescicolari in cui liposomi piccoli sono intrappolati in vescicole più grandi e liposomi di tipo oligolamellari.

I liposomi mostrano svariate applicazioni:

  • sono utilizzati e studiati come modelli di membrane cellulari;

  • sono impiegati in formulazioni farmaceutiche per la veicolazione di farmaci (NB. possibile collegamento ai nuovi vaccini contro il COVID-19);

  • sono applicati come sensori (i sensori a base lipidica si ispirano alla funzione di sensore delle membrane biologiche, le quali rivestono un ruolo importante nella trasduzione dei segnali e nell'elaborazione dell'informazione. Molte attività fisiologiche si basano su interazioni recettore-ligando a livello della membrana; la capacità di riorganizzarsi e rispondere a stimoli chimico-fisici dei doppi strati lipidici rende i liposomi eccellenti trasduttori per il trasferimento del segnale).

[1] D. Myers, Surfactant science and technology, VHC publisher, New York, 136, (1988).[2] D. N. Rubunch, P. M. Holland, Surfactant Science Series – Cationic Surfactant, Physical Chemistry, Vol. 37, M. Dekker inc. – New York and Basel, (1990).