Sulle creste occidentali del Gran Sasso

M. Corvo: Quando andare alla montagna significa fare un lungo cammino

M. Corvo, la montagna irraggiungibile, la montagna solitaria.

E' una delle montagne della parte occidentale del massiccio del Gran Sasso e la sua vetta principale raggiunge i 2623 m di altezza.

Sia se la si vede dalla Val Chiarino, sia se la si vede dalla Valle del Venacquaro, e, immagino, anche se la si vede dal Prato Selva, appare evidente tutta la sua imponenza e maestosità, tanto che in me suscita quel certo spirito di stupore, riverenza e desiderio di salirla.

Il M. Corvo fa parte proprio di quel genere di montagne che più prediligo, quelle che richiedono un lungo avvicinamento e un ripido attacco. Spesso infatti le montagne con queste caratteristiche sono, almeno fra i nostri appennini, quelle più selvagge e dotate di migliori paesaggi panoramici.

Esistono varie vie da cui raggiungere il Corvo, ma ognuna di esse richiede sempre un notevole impegno e tempo di marcia. Il percorso più breve è quello che inizia da Prato Selva, ma questo è un percorso che mi manca.

La prima escursione sul M. Corvo la feci nel Giugno del 2008 passando per la Val Chiarino. L'itinerario parte dalla diga del Lago della Provvidenza. Attraversa tutta la Val Chiarino e poi sale ripido verso la Sella del Corvo da cui inizia l'attacco alla vetta. L'intero percorso fin sulla vetta del monte si copre facilmente a piedi in 4 ore. E' reso suggestivo dalla valle che si distende ampia fra le montagne del Gran Sasso Occidentale e molto pittoresca nel periodo di fioritura. Un punto a suo sfavore è invece dato, per il mio gusto, dal fatto che una prima parte è carrabile.

In quell'escursione c'ero io, Max e altri due amici montanari Alessandro ed Elena.

Prevedevamo che il tempo ci avrebbe assistito nella mattinata e poi sarebbe un po' peggiorato. Le previsioni si rilevarono esatte e quando arrivammo in vetta ci trovammo nel mezzo di folate intermittenti di nebbia, che aprivano e chiudevano la nostra vista ai paesaggi sottostanti. La sosta in vetta fu breve sia perchè ci trovammo la neve sia perchè sapevamo che avevamo poco tempo per scendere a valle evitando il temporale.

La pioggia ci prese proprio mentre stavamo sotto la Sella del Corvo quando avevamo fatto appena in tempo a metterci la mantellina antipioggia. Da quel momento nè acqua nè grandine ci dava granchè fastidio perchè i nostri obbiettivi erano già stati raggiunti. Ci inzuppammo tutti finchè non arrivammo al rifugio Fiorini. Qui ci rifocillammo un po' con qualche dolcetto non consumato nelle precedenti soste e un buon nero d'avola offertoci direttamente dal propietario del rifugio. Riprendemmo il cammino del ritorno quando tornò il sereno.

Due giorni sulle Malecoste

Nell'agosto del 2010 decisi di tornare sul Corvo partendo da Campo Imperatore e passando per le Malecoste. Nello studiare il percorso migliore fui preso da una sete di montagna tale che mi venne in mente di dedicarvi due giorni, così da passare non solo sulle creste delle Malecoste ma anche sul resto della catena occidentale, cioè Pizzo di Camarda, M. Ienca, M. Morrone, e spingermi più giù fino a M. S. Franco, quindi, il giorno dopo, andare sul Corvo e tornare a Campo Imperatore passando per la Sella dei Grilli. In realtà M. Corvo era lo scopo principale di quella due giorni: se si doveva dare un taglio al perorso, il M. Corvo non doveva essere toccato.

Studiai bene l'itinerario e stimai i tempi. Max decise di accompagnarmi in questa due giorni in montagna. Ricordo che il passaggio per le Malecoste fu molto suggestivo, soprattutto il tratto da Pizzo Cefalone fino al Picco Giovanni Paolo II. Partimmo verso le 07,30 da Campo Imperatore e verso le 17,00, dopo aver visitato anche il Pizzo Camarda e lo Ienca, stavamo sul M. Morrone. Mentre fiancheggiavamo il lago di Camarda, prima di salire sullo Ienca, assistemmo allo spettacolare volo, molto a bassa quota, di un enorme grifone.

Arrivati sul Morrone, mancava ora solo il M. S. Franco per completare il programma della giornata. Riguardo la tabellina di marcia i tempi previsti furono quelli che si rivelarono necessari. Quello che non tornavano erano i conti con i nostri limiti fisici. Entrambi eravamo stanchi di camminare, soprattutto lo eravamo dal punto di vista psicologico. Ricordo che una volta seduto sulla cima del Morrone non mi andava neanche di alzarmi per andare a prendere la borraccia nello zaino che avevo lasciato poco più sotto. Con lo sguardo ad ovest, guardavamo il S. Franco che distava scarse un paio d'ore da noi, ma pensavamo che stava bene là dove stava: noi in quel punto avremmo chiuso la giornata, gustandoci il tramonto all'orizzonte. Però mi sono proposto che in un altro anno, in condizioni fisiche migliori, forse avrei ripetuto lo stesso persorso includendo anche il S. Franco. Così, nel pieno relax, aspettammo lì in vetta l'arrivo del tramonto ormai prossimo, dietro il M. S. Franco e dietro il lago di Campotosto, e ce lo gustammo tutto in completa serenità. Durante tutto il magico periodo mi accompagnò anche un buon sigaro cubano.

Bivaccammo a pelo d'erba con il sacco a pelo vicino alla vetta in una specie di conca un po' più riparata dal vento. Dormimmo sotto il cielo stellato, altro formidabile spettacolo della natura. Durante la notte ogni tanto mi svegliavo perchè sentivo tutta una parte indolenzita e quindi dovevo cambiare posizione, oppure perchè si era un po' scoperto il lembo del cappuccio del sacco a pelo e quindi sentivo lo spiffero gelido del vento che accarezzava la cresta. In quei frangenti vedevo Max che dormiva e russava ed ero contento pensando che almeno lui dormiva. La mattina seguente, raccontandoci come avevamo trascorso la nottata, scoprimmo che, in alternanza, avevamo vissuto le stesse cose: quando stavo io sveglio vedevo Max che dormiva e viceversa, quando lui stava sveglio vedeva me che dormivo e russavo; in definitiva riuscimmo comunque a riposarci.

La mattina seguente dopo una breve colazione e il riassetto del nostro bivacco, riprendemmo il cammino alla volta del Corvo. Passammo sotto il Camarda e arrivammo alla Sella delle Malecoste.

Da qui il progetto prevedeva di passare per la Forchetta Falasca e per le due gobbe della Cima Falasca e Cima Venacquaro. Ma per raggiungere la Forchetta Falasca si doveva fare un saliscendi molto ripido e impegnativo. Inoltre, una volta raggiunta la Forchetta Falasca, ci accorgemmo che non c'era alcuna via facilmente accessibile che ci portasse verso il M. Corvo. Se stavo solo la mia gita si sarebbe conclusa lì, tagliando verso la Sella dei Grilli. Con Max invece decidemmo di fare una piccola arrampicata su una parete di roccia di circa 4 metri. Il passaggio non era difficile ma incuteva un po' di timore. Ovviamente parlo solo di me: Max volò su come nulla fosse. Di difficile c'era solo un breve passaggio un po' esposto con uno spuntone di roccia che ti spingeva nel vuoto e ti costringeva ad abbassarti. Quel passaggio non l'avrei fatto se Max non mi aveva liberato dello zaino che pesava molto e mi squilibrava.

Fatte le due gobbe arrivammo alla Sella del Corvo che erano circa le 13,00. Ma quel tratto di strada dalla Sella delle Malecoste a lì ci fiaccò soprattutto dal punto di vista psicologico. Il tempo a disposizione ce lo avevamo ancora, ma non ci andava di salire. Volevamo solo tornare alle macchine. Quindi mangiammo il nostro pranzo e ci incamminammo per la Sella dei Grilli. Da qui, su suggerimento di alcuni ragazzi che trovammo sul Morrone, seguimmo il sentiero 1V che ci portava direttamente al Passo del Portella, evitando di attraversare la dura Val Maone. In cinque ore arrivammo alle macchine a Campo Imperatore.


Ritorno sul M. Corvo

L'anno dopo, nell'Agosto 2011, decisi di completare la gita dell'anno prima, questa volta avendo come unica meta il M. Corvo da Campo Imperatore passando per la Sella dei Grilli. Nessuno dei miei compagni di avventura mi seguì, quindi andai solo. Scelsi una domenica che prometteva molto bene, con tempo stabile e soleggiato. La variante 1V mi portò direttamente alla Sella dei Grilli in un'ora e mezza. Da qui scesi giù nel Venacquaro. Prima di iniziare la lunga salita verso la Sella del Corvo dovevo attraversare un ampio piano fatto di alti cespugli. Come mi era stato insegnato fin da piccolo, in questi frangenti uso far rumore con bastoni o battendo semplicemente le mani, con lo scopo di far scappare eventuali animali nascosti dai cespugli, in principal modo le vipere. Al primo battito di mani sentii un rumore di zoccoli e un grugnito, quindi vidi che un cinghiale uscì da un cespuglio di corsa. Così continuai con maggior impeto a battere le mani e da quei cespugli spuntarono fuori tantissimi cinghiali che sembravno non finire più. Non mi ero mai imbattuto in un branco di cinghiali e soprattutto in un branco così numeroso. Per fortuna erano loro che scappavano da me e non il viceversa. Prima correvano tutti a sinistra, poi, una volta che si erano radunati, tutti a destra fino a perderli di vista. Fra questi era evidente chi fosse il capobranco che dava i comandi.

Ok, adesso era arrivato il momento tanto aspettato di salire l'enorme salita fino alla Sella del M. Corvo. Passai per mia sorpresa in un fontanile in cui bevvi avidamente quell'acqua fresca, quindi ripresi il cammino. Alla Sella del Corvo feci il mio spuntino rifocillatore e schiacciai un bel pisolino di poco più di mezz'ora. La salita finale verso la vetta fu tranquilla. Rispetto alla prima volta che passai di là mi accorsi con più attenzione che aveva dei passaggi su roccia un po' insidiosi, facili ma insidiosi. In alcuni punti c'erano delle fessurine attraverso cui si vedeva nel vuoto. Immagino che con la neve salire sul Corvo richieda moltissima attenzione. Finalmente arrivai in vetta e qui stetti un po' di tempo a godermi il fantastico panorama, con il Lago di Campo Tosto sulla sinistra e il Pizzo Intermesoli sulla destra. Quando mi avviai per lasciare la vetta, improvvisamente ebbi un incontro ravvicinato con un camoscio insieme al suo piccolo che, in un batter d'occhio, sparirono dalla mia vista e andarono giù per i dirupi della parete nord del Corvo a cui io non ebbi il coraggio di affacciarmi per vedere dove se ne stavano andando.

Quindi tornai a Campo Imperatore ripercorrendo gli stessi passi dell'andata.

Vissi una giornata perfetta, in cui tutto mi appagava del mio desiderio di montagna.

Vallepietra, 18/08/2011