Dalla Torà agli Stati moderni

Capitolo 1

Dalla Torà agli Stati moderni

Dalla Torà agli Stati moderni

Le origini bibliche

Secondo il Talmud Sanhèdrin 56b, il codice della Legge divina che ora noi conosciamo come i Sette precetti dei figli di Noè è stato dato all’umanità fin dalla creazione del primo uomo, Adamo.

E il Signore Iddio comandò all’uomo dicendo: “Da ogni albero del giardino tu puoi sicuramente mangiare (Genesi 2, 16). Quest’unico enunciato avrebbe in sé l’origine dei Sette precetti dei figli di Noè: 1) perseguimento della giustizia sociale e istituzione di tribunali; 2) divieto di bestemmia; 3) divieto di idolatria; 4) divieto di uccidere; 5) divieto di relazioni sessuali illecite; 6) divieto di rubare; 7) divieto di cibarsi delle membra di animali vivi.

A prima vista, la suddetta interpretazione del versetto può sembrare gratuita ed arbitraria; bisogna perciò fare qualche considerazione su come procede l’esegesi talmudica e ricordare la funzione chiave che ha la Torà orale nella storia e nella sopravvivenza dell’ebraismo. Prima della caduta del secondo Tempio, la casta sacerdotale dei Sadducei si opponeva a quella dei Farisei proprio perché sosteneva che solo la Torà scritta avesse autorità. Se fosse prevalsa questa opinione, con la caduta del Tempio gli ebrei si sarebbero dispersi e nulla sarebbe sopravvissuto della loro religione e cultura. Dunque, fondamentale per i maestri era trovare il raccordo fra la messe di interpretazioni e leggi fiorite nel corso del tempo ed entrate nella tradizione orale tramandandosi di padre in figlio, che davano la possibilità di adattare la Legge scritta alle varie epoche storiche, e appunto la Scrittura stessa. Il passo seguente mostra chiaramente questa intenzione:

Se la Torà fosse stata data in forma fissa, i piedi non avrebbero potuto rimanere ritti. Che significa la frase spesso ripetuta: Il Signore parlò a Mosè? Mosè disse dinanzi a lui: “Sovrano dell’universo! Fammi conoscere qual è la decisione finale in ciascun argomento della legge”. Egli rispose: “Bisogna seguire la maggioranza. Quando la maggioranza dichiara una cosa permessa, è permessa, e quando la maggioranza la dichiara proibita, è proibita; così la Torà sarà suscettibile di interpretazione con quarantonove punti pro e quarantanove punti contro” (Talmud Yerushàlmi, Sanhèdrin 22a)8.

Bisogna però tenere presente anche un altro elemento di fondamentale importanza per comprendere l’esegesi talmudica, e cioè la struttura della lingua ebraica. È risaputo che, in ebraico, le vocali non esistono come lettere a se stanti ma solo come segni che si aggiungono alle consonanti in funzione fonetica; aggiungendo quindi segni fonetici differenti a uno stesso gruppo di consonanti, si otterranno parole diverse ma con radice comune. Inoltre, differenti disposizioni di uno stesso gruppo di consonanti designano parole con significati divergenti, collegati però dalla radice comune. Questi due esempi sono emblematici di come è possibile procedere nell’interpretazione di parole e frasi.

Infine, bisogna tenere presente che l’esegesi talmudica muove dal seguente assunto: ogni legge o situazione riportate dalla Torà furono formulate accuratamente e in modo conciso, rendendo significativo ogni più piccolo dettaglio. Le parole che ad una lettura superficiale del testo appaiano superflue, sono perciò oggetto di studio e ai termini che risultano non necessari viene attribuita la funzione di enfatizzare un concetto.

Che significa ciò che è scritto: Ed Io ti darò le tavole di pietra e la legge e il comandamento che ho scritto, perché tu li insegni loro (Esodo 24, 12)? “Tavole di pietra” è il Decalogo; “legge” è il Pentateuco; “comandamento” è la Mishnà9; “che ho scritto” indica i Profeti e gli Agiografi; “perché tu li insegni loro è la Ghemarà10. Il testo insegna che tutti furono dati a Mosè sul Sinai (Talmùd Bereshìt 5a)11.

Seguendo il procedimento talmudico, rabbi Yochanan nel passo citato in apertura di capitolo ci spiega così la connessione fra il versetto di Genesi e i sette precetti:

1. Il verbo “comandò” (vayetzav) si riferisce all’istituzione di tribunali di giustizia come è detto in Genesi 18, 19: Poiché lo conosco [Abramo], so che egli “comanderà”(yetzavé) ai suoi figli e alla sua discendenza dopo di lui di mantenere la via di rettitudine e giustizia dell’Eterno.

2. Dalle parole E il Signore (Hashem) discende la proibizione della blasfemia. In Levitico 24, 16 troviamo: … chi bestemmia il nome del Signore (Hashem) sia fatto morire.

3. Da Iddio (Elokim) deriva il divieto di idolatria, come è detto in Esodo 20, 3: Non avrai altri Elokim al mio cospetto.

4. In all’uomo (ha Adam) è implicito il divieto di uccidere. Nel versetto 9, 6 di Genesi leggiamo il comando esplicito di D-o a Noè: Chi versa il sangue dell’uomo (ha Adam), avrà il proprio sangue versato dall’uomo.

5. Il verbo dicendo (lemor) fa riferimento alle relazioni sessuali illecite; infatti in Geremia 3, 1 troviamo: Dicendo (lemor) “se un uomo ripudia la propria moglie”…

6. Le parole Da ogni albero del giardino rappresentano la proibizione implicita del furto. Mostrano che, per attingere da qualcosa che non è dichiaratamente nostro, è necessario un permesso. In Levitico 19, 11 leggiamo: Non rubate, non negate la verità e non mentite l’uno verso il suo prossimo…

7. In modo analogo, tu puoi sicuramente mangiare implica l’esistenza di cose che al contrario non si possono mangiare (le membra di un animale vivo): Non mangiate però carne mentre ha la sua vitalità, il suo sangue (Genesi 9, 4).

Inoltre, Adamo venne incaricato da D-o di insegnarli alle future generazioni. Nel versetto si legge che D-o ha comandato all’uomo “dicendo”; in questo caso il verbo “dicendo”, oltre che fare riferimento alla proibizione di relazioni sessuali illecite, indica che D-o non solo aveva dato i comandamenti ad Adamo ma intendeva anche che egli li trasmettesse a tutta la sua discendenza. Secondo un principio di esegesi biblica, l’espressione ricorrente “e il Signore parlò... dicendo” significa che D-o insegna a qualcuno qualcosa che vuole venga insegnato ad altri12; per esempio, quando il Signore parlò a Mosè dicendo intendeva comunicargli un insegnamento che il profeta avrebbe a sua volta dovuto diffondere fra tutto il popolo ebraico.

E così Adamo insegnò ai suoi figli le prime sei leggi universali da cui si sviluppò l’umanità: non adorare gli idoli, non maledire D-o, non uccidere, non rubare, non avere rapporti sessuali illeciti, ricordati di istituire tribunali di giustizia. Il settimo comandamento, quello che proibisce di cibarsi delle membra di animali vivi, non riguardava la generazione di Adamo in quanto allora agli esseri umani non era permesso uccidere gli animali per mangiarne le carni e fu comunicato direttamente da D-o a Noè quando, dopo il Diluvio, glielo consentì: Ogni essere che è vivo, vi servirà di cibo; come le verdure, io vi do tutto. Non mangiate però carne mentre ha la sua vitalità, il suo sangue (Genesi 9, 3-4).

La prova chiara, nel testo biblico, che i discendenti di Adamo dovessero conoscere i primi sei precetti e sapessero di dover obbedire al Giudice e al Padre Divino è il Diluvio che, secondo il calcolo dei maestri, 1656 anni più tardi Egli mandò come punizione perché l’umanità non aveva saputo seguire i suoi comandamenti. E D-o vide che la terra era corrotta, perché tutta la carne vivente aveva corrotto il suo modo di vivere sulla terra” (Genesi 6, 12).

Nel commento classico di Rashi, si dice che la corruzione era costituita dall’immoralità sessuale, l’adorazione degli idoli e il furto. In Genesi 6, 13 si legge: Allora D-o disse a Noè: “La fine di ogni carne è venuta davanti a me, perché la terra è piena di violenza per causa loro”. Rashì ritiene che la frase la terra è piena di violenza si riferisca allo spirito di rapina causa dell’immoralità sessuale, dell’adorazione degli idoli e del furto, e a causa dei quali il Creatore di tutto distrusse tutto ad eccezione di un nucleo che comprendeva Noè, sua moglie, i tre figli con le loro mogli e una coppia di animali per ogni specie: Tuttavia Noè trovò grazia agli occhi del Signore (Genesi 6, 8). Il nome Noè (Noàch) deriva dalla parola ebraica “conforto” e, invertendo le lettere che lo compongono, si forma la parola chen che significa “bellezza” o “grazia”, per l’appunto.

Dopo che le acque del diluvio si furono ritirate, e che la terra era stata ripulita dei suoi peccati, l’umanità non dovette più considerare Adamo come progenitore. Ora aveva un nuovo padre: Noè. Diversamente da Adamo, che aveva mancato di adempiere ai comandamenti divini, Noè era un uomo pio, pio nella sua generazione, e Noè camminava con D-o (Genesi 6, 9).

Così, con un nuovo mondo e un nuovo principio per costruirlo in santità, D-o ristabilì i sei comandamenti originali che aveva insegnato ad Adamo aggiungendovene, come abbiamo già rilevato, un settimo: quello di non cibarsi delle membra di animali vivi. D-o benedisse Noè, i suoi figli e le loro mogli promettendo che non avrebbe mai più distrutto il mondo, sigillando la promessa per tutto il tempo a venire e stringendo un patto con Noè, padre dell’umanità, come leggiamo nei versetti seguenti: E D-o parlò a Noè e ai suoi figli con lui dicendo: “Riguardo a Me, fate attenzione: Io stabilisco il mio patto con voi e con i vostri discendenti dopo di voi” (Genesi 9, 8) e: E D-o disse: “Questo è il segno del patto che Io metto tra Me e i vostri figli e fra tutti gli esseri viventi che sono con voi per tutte le generazioni. Metto tra le nuvole il mio arcobaleno ed esso resterà come segno del patto tra Me e la terra” (Genesi 9, 12-13).

L’arcobaleno sarebbe rimasto il simbolo permanente della benevolenza divina. Era la prima volta che compariva nel mondo, benché fosse stato creato e preparato per questo momento al crepuscolo del sesto giorno della creazione, fra la trasgressione di Adamo e lo Shabbàt, quando D-o si riposò13. L’arcobaleno coi suoi sette colori riflette specularmente la bellezza e la santità dei Sette comandamenti dei figli di Noè.

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