L’Unicità di D-o

Capitolo 9

L’Unicità di D-o

L’Unicità di D-o

Nella fede ebraica, D-o è assolutamente Uno; non esiste in Lui nessuna dualità o pluralità intrinseca in qualsiasi forma. La Cabala insegna che il processo creativo ha inizio con la contrazione dell’infinita luce divina. Allora comincia il susseguirsi di una serie di stati, il primo del quale è la proiezione di un raggio di luce divina (la Presenza rivelata di D-o) nel vuoto apparente (lo spazio “esterno” a D-o) che avviene attraverso la contrazione iniziale. I mondi sono creati intorno a questo raggio di luce, che per il cosmo equivale all’anima. Per questa ragione i saggi dicono che D-o è per il mondo quello che l’anima è per il corpo.

Dopo la prima contrazione, D-o appare in molteplici manifestazioni; dal punto di vista divino, le contrazioni non devono esere prese alla lettera poiché D-o è stato, è e sarà, sempre Uno e Unico. La sua unicità assoluta non va intesa in senso quantitativo (non è un “uno numerico”), è l’Uno assoluto che crea tutti i numeri da uno all’infinito. Il significato della contrazione va inteso solo in relazione al nostro punto di vista.

Dopo la contrazione, una volta che il creato ha ricevuto la sua prospettiva sulla realtà, D-o può manifestarvisi sotto un duplice, triplice, quadruplice aspetto; per esempio, come luce trascendente e luce immanente. Il nome più importante con cui si designa D-o, il Tetragramma, è composto da quattro lettere e ognuna delle quattro lettere è una manifestazione diversa della presenza di D-o nella realtà. Analogamente D-o può apparire sotto forma di cinque, sei, sette e così via; ognuna delle 22 lettere dell’alfabeto ebraico è una manifestazione divina. Quando queste possibilità risalgono alla loro fonte originaria, alla luce infinita come si trova nello stadio che precede la contrazione, ritornano a uno stato di assoluta unicità.

Vedremo fra poco che la manifestazione essenziale del tre nell’ebraismo è rappresentata dalla triade comprendente D-o, la Torà e Israele, ma non per questo il tre è in sé diverso da qualsiasi altro numero. Come abbiamo già spiegato D-o, l’Uno assoluto, può apparire in qualsiasi numero perché ogni numero simboleggia un segreto differente del creato (al solo scopo, in definitiva, di riflettere l’Unicità assoluta).

Dopo la contrazione iniziale, se le molteplici manifestazioni della divinità restano fedeli all’origine e senza macchia (creata dalla coscienza, causa della colpa) lo stato dell’essere in cui la realtà percepisce D-o come Uno assoluto è quello del mondo di Atzilut, emanazione. Nei tre mondi inferiori di creazione, formazione e azione, il cui stato proviene da una caduta dal mondo di Atzilut, la coscienza tende a separare, differenziare e dividere, quindi a percepire la realtà come naturalmente pluralistica. Questa condizione può degenerare fino a indurre alla venerazione idolatrica del molteplice in cui D-o si manifesta.

Come sopra accennato, lo Zohar e altre fonti ebraiche parlano di una triade che riconduce essenzialmente all’Uno: D-o, la Torà e Israele. La Torà contiene la saggezza e lo spirito divino per cui è detto: Lui e la sua saggezza sono Uno. Israele è figlio di D-o (il figlio è l’essenza manifesta del Padre); ogni volta che si fa riferimento al figlio nel Tanakh, il figlio è il mio primogenito, Israele. Lo Zohar ci insegna anche che la Torà funge da legame fra il livello di coscienza di Israele e D-o; si pone perciò come “intermediario” nel “due” essenziale composto dal Padre e dal figlio (secondo la Cabala e la chassidut, il figlio è nato da una “goccia” di saggezza paterna). Il tre “si riduce” a due: D-o e Israele. Analogamente, il tre “si espande” a quattro in corrispondenza con le quattro lettere di cui è composto il Nome essenziale di D-o.

Il livello di coscienza di Israele si divide a sua volta in tzadik (il giusto presente in ogni generazione) e popolo ebraico in genere (l’assemblea di Israele), cui ci si riferisce rispettivamente come al figlio e alla figlia di D-o.

Possiamo allora dire che l’errore in cui è caduto il cristianesimo consiste nell’aver trasformato, con il dogma della Trinità, in entità distinte quelle che per i cabbalisti erano manifestazioni della stessa Unità: il Padre, il figlio e lo Spirito santo. Tale deformazione del segreto del tre elimina di questo concetto l’aspetto paradossale, che è invece un elemento chiave in tutto il modo di procedere del pensiero ebraico.

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