Capitolo 15
Il divieto di cibarsi delle membra di animali ancora in vita
Il divieto di cibarsi delle membra di animali ancora in vita
Come abbiamo osservato in precedenza, questa legge è molto importante nel complesso delle norme noachiche. Abbiamo già riportato nel primo capitolo l’esegesi di rabbi Yochanan sul versetto di Genesi 2, 16, che fa risalire anche questo divieto ai tempi di Adamo. Altri autori sostengono invece che essendo Adamo vegetariano, come si deduce dal versetto di Genesi 1, 29: Ecco, Io vi do tutte le erbe che fanno seme… tutti gli alberi che danno frutto d’albero producente seme; vi serviranno come cibo, non avesse bisogno di una simile proibizione; questa è l’opinione del Midrash Rabbà e di Maimonide. Altrimenti, non si spiegherebbe perché proprio da questa legge derivi l’appellativo di noachico a tutto l’insieme legislativo: infatti, quando fu data a Noè completò la serie e nacque così la prima eredità culturale per l’intera umanità.
I tosafisti (ma non tutti), pur ritenendo anch’essi Adamo vegetariano, giustificano così l’esistenza della legge che vieta di cibarsi di membra di animali vivi: al primo uomo non era permesso mangiare carne perché gli era proibito uccidere qualsiasi animale per cibarsene mentre, se avesse trovato un animale già morto, avrebbe potuto farlo; era quindi necessario introdurre un’ulteriore restrizione per quanto riguardava le membra distaccate di animali moribondi, per precisare che erano comunque proibite. Se questa teoria fosse valida, ne conseguirebbe che prima del Diluvio le leggi fossero addirittura otto; ma allora ci si potrebbe chiedere: è possibile che il motivo per cui all’intero ordinamento giuridico è stato dato il nome di Noè sia l’averne tolto una legge (quella che proibiva di uccidere animali per cibarsene)?
Comunque sia, resta indubbio che le Sette leggi hanno assunto carattere definitivo con Noè e l’introduzione esplicita di questa norma. Dice in proposito rav Benamozegh:
Perché dunque l’appellativo noachide? In primo luogo perché l’umanità è stata rinnovata da Noè, poi perché l’albero genealogico ci dimostra come – sotto il profilo etnografico – i figli di Noè abbiano dato origine alle varie razze, ciascuna con le sue caratteristiche: è quindi con Noè, e con lui solo, che la struttura dell’umanità ha raggiunto la perfezione, nel senso che dalla primitiva uniformità [sono sorte] le diverse popolazioni discendenti da Sem, Cam e Jafet che in Noè riconoscono il padre comune (op cit).
Sull’importanza del precetto in questione, leggiamo in Aaron Halevi di Barcellona:
Tra le varie ragioni che stanno all’origine di codesto precetto vi è quella che per esso sarà possibile evitare di acquisire l’aspetto della crudeltà, difetto indice di grande perversione. Non vi è, indubbiamente, esempio più grande di crudeltà di quando si stacca un arto o un’altra parte delle carni dell’animale vivo che ci si trovi di fronte e se ne faccia cibo per sé (op cit).
Si è già accennato, nel paragrafo dedicato alle Sette leggi secondo la Cabala, alle implicazioni di questa proibizione e a come il codice noachico definisca anche norme di ordine morale. Sono tre i principi che sembrerebbero così stabiliti:
a) non si dovrebbe rimanere insensibili di fronte alla crudeltà verso gli animali;
b) non si dovrebbe rimanere insensibili di fronte alla preparazione del proprio cibo;
c) è incivile rimanere insensibili di fronte ad entrambe le situazioni quando si trovino associate in modo da potenziarsi a vicenda.
Il dettato di questa norma trae origine dal già citato versetto di Genesi 9, 4 (Non mangiate però carne mentre ha la sua vitalità, il suo sangue) e dà origine al precetto negativo 182: non ci si cibi di una parte staccata da un animale vivo.
Mentre la maggior parte dei commentatori ritiene che il versetto si riferisca solo al divieto di mangiare carne smembrata da animali vivi, rabbi Hanania ben Gamaliel77 vi legge un duplice divieto: quello della carne così tagliata e quello del sangue78. Infatti troviamo in Deuteronomio 12, 23 che il sangue è chiamato l’anima dell’animale: Guardatevi dal mangiare il sangue, perché è l’anima e non mangerai l’anima con il corpo; a riprova che questa norma rientrasse nelle leggi noachiche, ricordiamo che il cristianesimo primitivo proibiva di cibarsi di sangue.
Bisogna osservare a questo punto una differenza fra legge noachica e legge mosaica: mentre per la prima è proibito in qualsiasi caso e in qualsiasi misura alimentarsi della carne di un animale ancora in vita, la legge mosaica considera morto un animale dopo la recisione della carotide nello sgozzamento rituale, la cui carne è quindi immediatamente utilizzabile.
Nella legislazione ebraica ci sono numerosi precetti che riguardano il cibo e richiedono la dovuta considerazione nei confronti degli animali, come il precetto negativo 102 che proibisce di uccidere la mucca e il suo vitello nello stesso giorno; il precetto negativo 306, che proibisce di catturare un uccello femmina con la sua nidiata; il precetto positivo 202, che impone di dare aiuto non solo all’uomo ma anche all’animale che sia caduto sotto un pesante carico.
Per quanto riguarda gli aspetti più strettamente legali, è stato generalmente accettato il punto di vista espresso nel Talmud Hullin 102b secondo cui il non ebreo viola la legge sullo smembramento di animali vivi non solo quando ne stacca un intero arto, ma anche quando mangia un solo boccone delle loro carni. Maimonide, nel suo Mishné Torà, fa suo questo punto di vista. Ne consegue che la norma può articolarsi in un ulteriore precetto negativo, il 182: non ci si cibi di carne di un animale che sia stato sbranato da una belva; infatti, gli sono state strappate le carni quando era ancora in vita.
Vediamo così che molte delle pratiche ebraiche volte a contenere la crudeltà verso gli animali ed a porre limiti a una gastronomia scadente, hanno una collocazione e un valore particolare anche nel contesto del codice noachico.