Introduzione
Nella Commedia c'è l'idea che Dio ha creato l’uomo e gli ha dato la libertà di scegliere tra bene e male. Questa possibilità di scegliere è un dono che riceviamo, ma anche una responsabilità: ognuno è padrone di se stesso e da questo deriva la presenza di un giudizio morale; in base alle azioni compiute, ci sarà una precisa destinazione nell'aldilà.
Dipinto raffigurante San Tommaso.
Da dove deriva la concezione dantesca?
È noto come Dante sia un uomo di cultura, e dai suoi scritti sappiamo come egli sia molto legato alla fede e alla teologia. Il libero arbitrio è un tema che appartiene alla filosofia morale, e nel medioevo non c'è riflessione filosofica al di fuori della dottrina cristiana: dai grandi filosofi antichi, come Aristotele e Platone, si prendono solo gli elementi concordanti con il cristianesimo.
Il filosofo da cui Dante si lascia ispirare maggiormente è San Tommaso, che a sua volta interpreta in luce cristiana la dottrina di Aristotele, "il maestro di color che sanno" (Inferno, IV,131).
Il libero arbitrio spiegato da Marco Lombardo
Questo tema è trasversale nel Purgatorio perché viene affrontato varie volte nella cantica, ma è attraverso Marco Lombardo, nel XVI canto, che l'autore formula il discorso che meglio esprime la sua teoria.
L'anima afferma che in vita possedette virtù cavalleresche ormai quasi scomparse, allora Dante esprime il suo dubbio:
"Lo mondo è ben così tutto diserto
d’ogne virtute, come tu mi sone,
e di malizia gravido e coverto;
ma priego che m’addite la cagione,
sì ch’i’ la veggia e ch’i’ la mostri altrui;
ché nel cielo uno, e un qua giù la pone".
Marco allora spiega come il cielo (inteso come insieme degli influssi astrali) non determini le azioni del mondo, ma incida solamente sui primi impulsi degli individui, infatti ciò che determina le azioni umane è appunto il libero arbitrio, che comporta libere scelte individuali. Se il comportamento umano fosse determinato dagli astri, non ci dovrebbe neanche essere una distinzione delle anime dopo la morte, tra dannati e beati.
Tutto questo si può riassumere nella frase: "Lume v’è dato a bene e a malizia, / e libero voler". E questo dimostra anche come il male del mondo sia una diretta conseguenza dell'uomo, proprio perché libero di agire come crede e non vincolato da Dio.
Dante che incontra l'iracondo Marco Lombardo durante la scalata del Purgatorio.
Altri riferimenti testuali nel Purgatorio
Dante continuerà a parlare del libero arbitrio anche nei successivi due canti del Purgatorio, dove però questo principio viene completato con la dottrina dell'amore.
A partire dal verso 91 del canto XVII e nella prima parte del canto successivo, Virgilio spiega a Dante come ogni uomo provi amore, e che esso è un'inclinazione naturale a ciò che ci fa gioire ("Né creator né creatura mai / figliuol, fu sanza amore"). Questo fa nascere un dubbio in Dante, perché se l'amore fosse solo un'inclinazione naturale allora l'uomo sarebbe mosso da impulsi irresistibili, e non potrebbe essere giudicato per quello che fa.
Allora Virgilio risponde, completando il discorso di Marco Lombardo. Afferma innanzitutto che ci sono due tipi di amore: l'amore naturale, innato, che è sempre positivo e non può sbagliare; poi c'è quello derivante dalla libera scelta dell'uomo, che non sempre è positivo: finché è diretto verso Dio ed è misurato verso i beni terreni, non può sbagliare, mentre quando è diretto al male o ricerca il bene con energia scarsa o eccessiva, allora incorre nel peccato.
"Lo naturale è sempre sanza errore,
ma l’altro puote errar per malo obietto
o per troppo o per poco di vigore."
Nelle altre cantiche
Seppur in minor parte, anche nel Paradiso e nell'Inferno possiamo trovare alcuni passaggi relativi al libero arbitrio.
Nella prima cantica, nel canto III viene descritta la condizione degli ignavi, notevolmente disprezzati dall'autore, cioè coloro che non hanno usato il dono che Dio ha dato a tutti gli uomini, ossia la libertà. Tra di loro ci sono anche gli angeli che nella lotta tra Dio e Lucifero non si sono schierati, e per questo sono condannati ad inseguire un'insegna bianca che gira in tondo, mentre vengono punti da insetti.
Nel primo canto dell'ultima cantica, nei versi finali, mentre Beatrice sta chiarendo il secondo dubbio del poeta riguardante l'ordine dell'universo, afferma che tutto si muove seguendo un fine, sia gli esseri razionali che quelli non razionali. Così come il fuoco tende verso l'alto e la terra si raccoglie verso il proprio centro, l'uomo tende verso Dio. Però l'uomo è anche dotato di libero arbitrio quindi ha la possibilità di distaccarsi da questa tendenza naturale, e dedicarsi ai beni terreni, cadendo nel peccato.
Mitria indossata da Papa Benedetto.
Dante agens e il libero arbitrio
Dante compie un percorso che gli permette di acquisire un libero arbitrio retto e giusto, che si conclude con il passaggio attraverso il fuoco (versi 46 - 63) tra il purgatorio e il paradiso, dove incontrerà Beatrice.
In questo passaggio Dante è accompagnato da Virgilio e Stazio, due importantissimi poeti. Il primo, che fu la sua guida sin dall'inferno, alla fine del canto pronuncia queste parole:
«Non aspettar mio dir più né mio cenno;
libero, dritto e sano è tuo arbitrio,
e fallo fora non fare a suo senno:
per ch’io te sovra te corono e mitrio».
Purgatorio, XXVII 139-142.
Questo passo significa: "Non aspettare più una mia parola o un mio cenno; il tuo arbitrio è libero dal peccato, giusto e sano, per cui sarebbe un errore non agire in base ad esso: dunque, io ti incorono con la mitria".
La mitria è il copricapo usato dal papa e dai vescovi, simbolo di autorità, che appunto simboleggia per Dante l'essere imperatore di sé stesso, quindi libero.
Quindi ora Dante è in grado di proseguire sulla retta via, riuscendo ad evitare gli ostacoli, che generalmente sono problemi interni, come i vizi o le passioni.