Per una contronarrazione del patrimonio culturale di un'area interna

L’intento della mia ricerca è quello di analizzare in che modo sia stata costruita nel tempo la narrazione del patrimonio culturale delle cosiddette aree interne, decostruendo le narrazioni dominanti e dando voce al racconto e alla memoria orale delle comunità locali.
Particolare attenzione verrà posta al modo in cui le persone partecipano alla produzione dei paesaggi del patrimonio e alle loro diverse scale di interpretazione, ma anche al modo in cui continuano ad interagire con lo stesso, e quindi agli utilizzi formali e informali che se ne fanno.
Indagherò nello specifico una micro-regione artistica: i Monti Prenestini, una breve catena montuosa del subappennino laziale, nella città metropolitana di Roma, a sud-est della stessa.
Supportata metodologicamente dall'ancora non formalizzata geografia artistica analizzerò il problema della dominazione simbolica e culturale promossa dai centri - a sfavore delle cosiddette periferie - e delle possibilità e dei modi di contrastarla. 

Le aree interne vengono definite come aree marginali - ma forse sarebbe meglio chiamarle marginalizzate - aree depresse, aree in continuo spopolamento, aree fragili, aree vuote, che vengono però descritte come detentrici di un patrimonio culturale e ambientale inestimabile. Un patrimonio di cui non si legge nei libri di storia dell’arte (Vasari stesso nelle sue Vite si stupisce del fatto che il Rinascimento fosse stato in grado di far nascere “opere meravigliose”  anche fuori dal centro) e che per troppo tempo è stato considerato minore e di scarso valore, ma che sempre più frequentemente oggi viene individuato come la chiave di volta per la rinascita dei territori periferici - periferici in quanto considerati da un centro, il nostro.

Verrà adottato un approccio critico al patrimonio culturale che lo consideri nella sua natura ambivalente: se infatti da un lato le pratiche di cura, gestione e valorizzazione del patrimonio - e con esse le narrazioni e i discorsi che vi sono stati costruiti intorno - sono funzionali al consolidamento di predeterminate strutture di potere, dall’altro vogliamo qui intendere il patrimonio culturale come un palcoscenico in cui possono prendere voce coloro che non hanno mai avuto accesso alla parola pubblica, per contestare e mettere in discussione le interpretazioni dominanti del passato facendo emergere memorie e narrazioni alternative, mai ascoltate prima. È in questo contesto che si parla di subaltern heritage e di heritage from below in riferimento a tutti quei tentativi contronarrativi che fanno emergere la dimensione soggettiva, affettiva e plurale del patrimonio culturale, dissociandosi dalle narrazioni ufficiali e convenzionali e imponendosi come contestazioni implicite o esplicite delle stesse 

La ricerca sarà inoltre caratterizzata da un approccio di tipo empirico, scendendo sul campo, esplorando il territorio perché «gli storici dell’arte non possono lavorare in biblioteca, devono percorrere il territorio, con tutti i suoi accidenti, per conoscere le opere nei loro contesti […] c’è un urgente bisogno di ricominciare a “camminare il patrimonio”». Questo sarà necessario per comprendere da quali immaginari e discorsi siano attraversati questi territori e i loro patrimoni culturali: come vengono narrati dalle politiche mainstream? In che modo queste ultime intervengono nella produzione di senso dei luoghi? Come sono percepiti e narrati invece da chi li vive, li custodisce, li rigenera e li tiene in vita?