TEMPO PRIMA DIMENSIONE DELLO SPAZIO

Commento all'articolo di Antonino Saggio "Tempo prima dimensione dello spazio"


Bisogna interrogarsi continuamente sulla sulle conseguenze che le innovazioni tecnologiche hanno e avranno sul fare architettura. Gli architetti non si rendono conto dell'importanza e impatto che hanno sul mondo e la vita delle persone, nel loro lavoro pensano di modellare una cosa che "è", ma non pensano che la loro forza è creare tempo e spazio. Questo ragionamento ha un cambio di paradigma da oggettivo a soggettivo.


La prima convenzione sostiene che il tempo è la prima dimensione dello spazio (1). Siamo stati abituati di considerare il tempo una quarta dimensione, ma se si riflette bene il tempo descrive uno spazio, basta immaginare di percorrere una stanza buia. La seconda convinzione deriva dalla prima: lo spazio è un intervallo percorribile (2), la sua minima dimensione è la linea che grava nello spazio. Dalla prima deriva anche la terza definizione: il punto è ciò che non ha spazio, nè tempo (3). "Il tempo non solo è la prima dimensione dello spazio, ma che è anche lo strumento fondamentale per comprendere mondi a meno dimensioni della nostra e allo stesso per immaginare logicamente mondi a più dimensioni."


Ogni sistema di riferimento inferiore è contenuto da uno superiore (4), da un sistema inferiore si ha una proiezione di uno di livello superiore (5) e ogni sistema di riferimento è valido al suo interno e ha uno spazio e un tempo autonomo (6).


Per comprendere meglio tutto ciò, si prende un foglio di carta e si traccia una retta (T) che unisca due punti A e B. Restiamo nella convenzione bidimensionale e percorriamo la retta, la quale è conosciuta come un intervallo temporale che unisce due punti nel modo più efficiente. Se iniziamo a curvare il foglio piano piano fino ad avvicinare i punti A e B, la retta T rimane della stessa lunghezza e intervallo temporale. Ma, se facciamo un salto fuori dal mondo bidimensionale a quello tridimensionale, ci accorgiamo che il modo per arrivare più velocemente da A a B è lungo un'altra retta che passa per quei due punti ma nello spazio a tre dimensioni.


È fondamentale fare un salto per percepire un'altra dimensione e anche per comprendere la propria.


La quarta dimensione geometrica è la geometria che estende xyz nella progressione. Se trasliamo un cubo avremmo uno spazio idealmente in un ipercubo che termina e comincia con un cubo e avrà sedici lati. Per comprendere lo spazio a quattro dimensioni si deve aggiungere una settima formulazione: in ogni sistema di livello superiore coesistono infiniti sistemi di riferimento di livello inferiore (7).


"Se in un mondo a due posso cambiare continuamente linea e in quella a tre posso cambiare continuamente piano in quella a quattro posso cambiare continuamente volume, posso cambiare sistema di riferimento tridimensionale. La navigabilità di base di un mondo a quattro è quella che permette di saltare da un mondo a tre dimensioni a un altro mondo a tre e questo "salto" non è (come abbiamo capito) solo spaziale, è spazio temporale."


In un mondo in continua evoluzione bisogna sempre mettersi in discussione, studiare e trovare nuovi modi di interpretare la realtà. Il concetto di salto è importante per uscire dalla classica mentalità e scoprire nuovi mondi e modi di fare. Ringrazio il Prof. Saggio per questo illuminante concetto.

AFFIORAMENTI

"Ora la bellezza del termine affioramento è nel suggerire un processo di disvelamento "al contrario". Come se il progetto si debba formare certo attraverso stratificazioni, ma invece che attraverso una modalità "dall'alto al basso" con una modalità dal "basso all'alto". Come un insieme di strati che affiorino, che emergano."

Citazione di Antonino Saggio nell'articolo "Affioramenti"


Il titolo dell'articolo "Affiormanti" nasce da un fascicolo monografico della rivista "Gomorra" e la parola stessa permette di fare due riflessioni importanti. La prima riguarda i flussi, le limitazioni e la liquidità dell'architettura nell'ultima periodo. La seconda riguarda il concetto di stratificazione, di layer, che Peter Eisenman utilizza nel progetto di Canareggio e successivamente seguito da Rem Khoolaas e Bernard Tschumi nel progetto di Parc la Villette. Ogni strato è indipendente dall'altro e questo permette di creare un paesaggio complesso.

Progetto di Canareggio di Peter Eisenman e Progetto di Parc la Villette di Bernard Tschumi

I diversi layer indipendentemente tra loro danno l'impressione come se la quota zero si moltiplicasse e fosse più di una. Questo tema porta un "affioramento" tra loro.

L'architettura moderna è caratterizzata da tre temi principali che sono il motore della trasformazione della crisi in valore. Il primo è il concetto di frammentarietà dello spazio metropolitano, le cosiddette "brown areas", le quali possono essere riconverte e apportare valore all'area limitrofa o alla città stessa. A Roma abbiamo un questa situazione la zona Ostiense dove sono presenti il gasometro, la Miralanza e le sponde del Tevere. Questi progetti potrebbero essere risarciti alla città e ai cittadini con programmi contemporanei, con nuovi brani di città che permettessero di avere una città integrata e funzioni h24.

Riqualificare le sponde del fiume Tevere permetterebbe ai romani e ai turisti di godersi il corso d'acqua con un'architettura contemporanea, che risponda alle esigenze e requisiti del nostro periodo. Avere un progetto su layer permetterebbe anche di avere diversi punti di vista sul Tevere.

Dal punto di vista personale, la progettazione per layer la trovo molto interessante perchè permette di vedere diversi livelli di attività e funzioni. Questa metodologia per la città di Roma è ideale visto che ha millenni di storia alle spalle. Scavando per fare le fondazioni è probabile trovare resti di antichi romani, questo rafforzerebbe ancora di più il progetto. Spero un giorno di riuscire a vedere un progetto simile nella mia città.

NUOVE SOSTANZE

L'Informatica e il rinnovamento dell'architettura



"In Persico, in Pagano, in Terragni, in Venturi, in Argan, in Giolli vi era una tensione verso" sostanze" che riguardavano la semplificazione e la standardizzazione dei processi industriali, la risposta ai temi della casa popolare, dei servizi, dell'urbanistica; la ricerca di un'estetica astratta, elementare, igienica."

Come leggiamo dalla citazione del Prof. Antonino Saggio nel paragrafo" Sostanze" del libro Introduzione alla rivoluzione informatica in architettura, i grandi artisti dei primi anni del '900 cercavano nuove "sostanze" per esprimersi al meglio e ricercare un metodo di esprimersi unico e di quel periodo in cui vivevano. Questi artisti non si limitano ad accettare quello che veniva tramandato oppure fare quello che "si è sempre fatto cosi", ma cercano nuove cose, nuovi linguaggi, nuovi modi di fare. Questa ricerca ha a che vedere con situazioni, problemi e necessità di quel periodo che si potrebbe legare alla definizione di "modernità".

Ma che cosa è la modernità? Ci sono diverse filosofie di pensiero, la prima la vede in maniera cronologica, cioè la successione del periodo antico. La seconda interpretazione è contenuto nel giudizio di valore, cioè il "moderno era positivo e progressivo perché in vario modo risponde ai tempi e alle necessità della nuova società industriale." La terza interpretazione deriva da Baudrillard, il quale sostiene che la crisi genera un'estetica di rottura, la modernità affronta questa crisi trasformandola in valore. Questa trasformazione non è lineare bensì combinatorio, attraverso un processo contraddittorio.

Per comprendere meglio il concetto di crisi ci affidiamo ai scritti di Toffler. Lui sostiene che stiamo nella Terza ondata, l'ondata dell'informazione in cui dobbiamo affrontare la crisi economiche, politiche, sociali, architettoniche e urbanistiche attraverso l'information technology. La Prima Ondata è la fase agricola, la Seconda è l'industrializzazione e la Terza è l'informazione. Per chiarire questa teoria possiamo focalizzarci sugli sistemi produttivi. Nella prima fase i mezzi di produzione erano i campi agricoli, nella seconda fase erano tutto quello che faceva aumentare il valore (fabbriche) e nella terza fase, che ha inizio dalla metà del '900, il mezzo di produzione e di utilizzo è l'informazione. (per maggiori informazioni leggere l'articolo del mio blog).

Secondo voi, in confronto al mondo industriale, quali sono le nuove crisi di oggi che nascono nuovi valori?

La prima sono le "brown areas", cioè quelle aree dismesse in cui sono ideali per rivitalizzare una città o una parte di essa. Un esempio importante di questo tipo è il progetto dell'architetto Frank Gehry con il Guggenheim di Bilbao. Nel 1997 costruisce il museo, inizia scegliendo lui stesso l’area in cui far sorgere l’opera. Ne individua una dismessa, strategica perché vicina al fiume e ad un nodo tra ferrovia, ponte e banchine. Il volume si articola intorno a questi elementi creando una forma dinamica che assomiglia ad una barca attraccata al suolo. Il rivestimento in titanio assomiglia a squame di pesce. Le persone vivono lo spazio pubblico sia di notte che di giorno, la sentono come loro, un senso di appartenenza e identificazione.

La seconda crisi riguarda il concetto di "paesaggio" tra architettura e natura. Ad oggi abbiamo visto che lo zoning non funziona più, ma si cerca sempre di fare un programma di mixitè, di integrare più funzioni nello stesso lotto o edificio. Questo perchè non viviamo più in una società postindistriale in cui ogni zona era pensata per una sola funzione, oggi la città deve essere integra e rispondere contemporaneamente a più esigenze. Sei curioso di conoscere il paesaggio mentale? Leggi questo articolo.

La terza crisi ha a che vedere con la comunicazione e il suo ruolo nell'informare e da essa generare valore. Le opere che vengono create raccontano maggiormente qualcosa, narrano, parlano, cercano in qualche modo di "imporsi" sul territorio e creare valore e un simbolo di identificazione di un luogo. Come successe alla costruzione dell’Opera House a Sidney, un monumento simbolo per tutta l’Australia, dove gli abitanti, i visitatori, la città stessa si riconoscono, costruita dall'architetto Jørn Utzon. (per maggiori informazioni leggere il Commento "La Via dei Simboli)

La quarta è l'emergere di una nuova concezione di spazio.

Infine l'ultima, la quinta è l'estetica e la ricerca della trasparenza.

Tutti queste nozioni servono per renderci più consapevoli del nuovo mondo in cui viviamo e i mezzi per progettare opere migliori che possano rispondere alle esigenze di una società informatica e generare valore.


LA VIA DEI SIMBOLI

"Alcune opere dell'architettura recente impongono una riflessione."

Citazione di Antonino Saggio nell'articolo "La via dei simbolo". Link all'articolo


Inizio questo commento citando una frase del professor Antonino Saggio perchè appena letta mi ha suscitato molta curiosità. La prima domanda che mi sono posto è stata “Pensiamo mai a che cosa ci vuole trasmettere un’opera?” oppure “L’architetto che ha progettato questo edificio, cosa voleva comunicarci?”.


L’esempio presente nell’articolo cita l’architetto Jørn Utzon, il quale all’età di 38 anni, vince un concorso internazionale per la costruzione dell’opera house a Sidney, un monumento simbolo per tutta l’Australia, dove gli abitanti, i visitatori, la città stessa si riconoscono.


Utzon è un architetto nordico, di nazionalità danese, dove il monumento è “linfa vitale”, un connubio perfetto tra uomo e natura. Lavora da giovane con Alvar Aalto, imparando a fare edifici che si mimetizzano e si ispirano al paesaggio. Negli anni successivi si indirizza verso forme naturali e di movimento.


Grazie a questo background che riesce a ideare e realizzare un’architettura di grande successo. Si ispira al mare, alle conchiglie, alle onde e alle barche che navigano nella distesa dell’acqua di fronte all’area di progetto.

Un altro esempio contemporaneo che fa delle sue opere un simbolo della città in cui costruisce è l’architetto canadese Frank Owen Gehry. Nel 1997 costruisce il Museo Guggenheim di Bilbao. Inizia scegliendo lui stesso l’area in cui far sorgere l’opera. Ne individua una dismessa, strategica perché vicina al fiume e ad un nodo tra ferrovia, ponte e banchine.


Il volume si articola intorno a questi elementi creando una forma dinamica che assomiglia ad una barca attraccata al suolo. Il rivestimento in titanio assomiglia a squame di pesce. Le persone vivono lo spazio pubblico sia di notte che di giorno, la sentono come loro, un senso di appartenenza e identificazione.


Secondo me l'obiettivo di un architetto dovrebbe essere quello di rivitalizzare un'area se non addirittura una città attraverso la sua opera. Ma più importante vedo l'aspetto sociale, le persone del posto si devono identificare, la devono vivere e non abbandonarla. La maggior parte di queste realizzazioni sono state al loro tempo un design innovativo, "fuori dal comune" e alcuni pensavano anche dal contesto, ma con il tempo questo si è rivelato vincente e funzionale. Possiamo nominare oltre a Guggenheim di Bilbao anche il Centre Pompidou di Rogers e Piano il Copenhill dello studio BIG a Copenhagen, Museo Ebraico di Daniel Libeskind a Berlino. Credo fortemente in questa operazione e mi impegnerò a raggiungere questo risultato.