MACARONS

foto Elena Recchia

Foto: Macarons, per gentile concessione dalla Piccola Dolceria di Elena. https://www.facebook.com/PiccolaDolceriaElena/?fref=ts

Sono piccoli, rotondi, francesi, raffinati, tutti luxe, calme et volupté. Sfoggiano tenui e romantici colori pastello, a volte osano abbinamenti audaci. Macarons. Nome francese, evidente etimologia italiana, ma è la forma, accattivante, quella che seduce: la superficie liscia e croccante, la crema soffice che affiora appena. Evocano sale da tè stile impero ed eleganti signore vestite come Madame Récamier che tengono tra le dita questi delicati pasticcini. Oppure, perché no, la tanto vituperata Marie Antoinette che si consola con i dolci dalla noiosa vita alla noiosa corte di Francia. Sappiamo poi tutti come andò a finire.

Tuttavia, a dispetto della fama, i macarons hanno spopolato sul mercato internazionale solo di recente. Forse per la loro forma essenziale, la varietà dei colori, la dolcezza estrema. Certo, non è un dolce da abbuffate, non è una Saint Honoré che lasci golosi baffi di panna o una bruna e peccaminosa Sacher. Sono la quintessenza dell’assaggio. Una superficie liscia e friabile che nasconde un cuore morbido e profumato. E i profumi, e i gusti, sono davvero tanti, alcuni sorprendenti (come l’improbabile macaron al tartufo nero), altri soavemente paradisiaci (come quelli ai petali di rosa). Eh, sembrano semplici, eppure è difficilissimo azzeccarne l’equilibrio, il punto di dolce, il gioco in punta di lingua fra la superficie croccante e il ripieno soffice. Eppure, anche ammettendo di trovarli perfetti, che senso ha, in un mondo così, passare tanto tempo, tanta fatica, tanta cura a creare un pasticcino che si mangia in un morso?

Come in un incontro amoroso la ricerca del piacere perfetto non si può scindere dall’attesa, dal desiderio, dalla contemplazione. Anche dal senso di colpa, naturalmente. Ha senso evocare una piccola, fuggevole felicità quando il mondo va a fuoco? Forse ha senso proprio perché il mondo va a fuoco e la felicità in fondo, come diceva Totò, è fatta di “attimi di dimenticanza”. Fare un dolce o fare l’amore, ascoltare una canzone, guardare un tramonto con l’abbandono del Petite Prince (o guardarne 43…).