Le mie 10 fonti d'ispirazione:
N.
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
FONTE
CITAZIONE
[...] il consumo di media digitali e il rapporto con le nuove tecnologie della comunicazione starebbe disegnando il profilo di una identità generazionale completamente differente da quella degli adulti. Sinteticamente, questa identità viene descritta con le parole di Marc Prensky (2001) parlando dei più giovani in termini di "nativi digitali" e contrapponendo alle loro modalità di consumo quelle degli adulti, gli "immigranti digitali". I primi tra i media digitali ci sono nati e quindi sono cresciuti utilizzandole per comunicare; i secondi hanno dovuto descrivere un percorso di "conversione" ad essi imparando a conviverci.
[…] creare coinvolgimento non riguarda quella grafica elaborata e costosa, ma ha piuttosto a che fare con le idee. Certo i video game di oggi hanno la migliore grafica che sia mai esistita, ma il coinvolgimento a lungo termine in un gioco dipende molto meno da quello che i ragazzi vedono che da quello che fanno e imparano. Nel linguaggio degli utenti di video game il piacere del gioco ha sempre la meglio sull’aspetto grafico, su ciò che piace all’occhio. E se noi educatori non cominciamo a trovare qualche ottimo gioco da utilizzare nel curriculum dei nostri studenti, e presto anche, verranno tutti a scuola indossando (almeno virtualmente, nelle loro teste) quella maglietta che ho visto indosso a un ragazzo a New York: “Non si tratta di A.D.D. (Attention Deficit Desorder). È che non ti sto proprio ascoltando!”. Ciao a tutti, sono il ragazzo che se ne sta per conto suo, nell’ultima fila in fondo, quello con le cuffie. Oggi hai intenzione di coinvolgermi oppure di farmi arrabbiare? La scelta è tua.
[parlando delle tecnologie] Penso sia giunto il momento di abbandonare ragionamenti del tipo "servono o non servono - innovano a non innovano - migliorano o non migliorano". Del resto, nessuno fa domande simili pensando ad una "tecnologia" di base come la scrittura! Né possiamo immaginare un insegnante che vada in cattedra senza sapere leggere o scrivere!! Ebbene, è il caso di ricordare ancora una volta le "competenze chiave" proposte a livello europeo già dal 2006. Sono otto ma vorrei elencare qui soltanto le prime quattro:
• Comunicazione nella madrelingua;
• Comunicazione nelle lingue straniere;
• Competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia;
• Competenza digitale;
La scuola non può continuare a discutere se la LIM o qualche altra diavoleria tecnologica sia la chiave per il miracolistico rinnovamento (e su questo Gianni ha sacrosanta ragione![riferimento ad un post scritto da Gianni Marconato]) ma neanche pensare di poter ignorare le sue responsabilità! Il sistema educativo ha il dovere di formare cittadini che posseggano, tra le altre, anche la competenza digitale, ovvero …saper utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecnologie della società dell’informazione (TSI) per il lavoro, il tempo libero e la comunicazione. Essa è supportata da abilità di base nelle TIC: l’uso del computer per reperire, valutare, conservare, produrre, presentare e scambiare informazioni nonché per comunicare e partecipare a reti collaborative tramite Internet. E proprio ieri l’edizione online della Stampa riportava un richiamo della Commissione Europea su questi temi, che il giornale torinese sintetizzava così: La Commissione esorta gli Stati membri perché aiutino i cittadini a familiarizzare con le tecnologie. Signori, qui c’è molto da fare per il mondo della scuola!!! E pensare che vi sono ancora molti docenti (e dirigenti…) che addirittura ostentano una specie di "snobismo tecnologico" alla rovescia ("ah, io di computer non ci capisco niente") come se fosse un titolo di merito. Credo sia francamente inaccettabile.
MOTIVAZIONE
Mi sembra particolarmente rilevante la distinzione presentata nell’articolo di Rivoltella sulla Screen Generation tra “nativi” e “immigranti” digitali, cioè tra coloro che sono nati nella cultura della multimedialità e delle nuove tecnologie e quelli che hanno imparato a conviverci. Tale dicotomia, infatti, sottolinea il cambiamento nei modi di conoscere, capire, interpretare, analizzare, percepire e, pertanto, apprendere delle nuove generazioni. Il docente dovrebbe “richiedere la cittadinanza digitale”, cioè cercare di imparare la “lingua” e la “cultura” degli studenti che ha di fronte per poter comunicare con loro e stabilire un confronto-relazione-scambio, su cui costruire l’azione didattica.
Prensky mette in luce quanto sia importante il ruolo del docente nel coinvolgere gli alunni: considerando i cambiamenti sperimentati dalla nostra società, la scuola non deve proporsi come una sorta di “isola (in)felice” per la costruzione della Cultura con la C maiuscola, cioè totalmente distaccata dalla cultura informale della quotidianità perché, altrimenti, verrà percepita come qualcosa di inutile dagli studenti. È necessario quindi che il docente cominci a reinventare lo spazio della classe, abbandonando la lezione frontale con l’insegnante dietro la cattedra e gli allievi come pubblico spettatore il cui ruolo si limita ad ascoltare passivamente e in un secondo tempo ad imparare. Adottando una didattica ludica, più o meno tecnologica, gli studenti imparano di più perché si ritrovano impegnati in un'attività plurisensoriale, vivono un'esperienza di immersione totale, in cui partecipano fisicamente, cognitivamente, emotivamente, proprio come quando giocano ad un videogioco e imparano quasi dimenticando che stanno studiando.
Antonio Fini evidenzia quanto domandarsi se le nuove tecnologie servano o no sia un falso problema: per gli alunni che abbiamo di fronte esse sono l’habitat naturale. Un ragazzo cresciuto con l’ipod nelle orecchie, andando ai concerti, vedendo rappresentazioni teatrali, programmi televisivi, video musicali, navigando in rete ed esplorando rotte conosciute e non, creando testi, ipertesti, blog, inviando pareri, opinioni, email, chiacchierando in Chat o su Messenger, non riesce più ad essere un semplice utente, fruitore del sapere ma deve viverlo attraverso i sensi altrimenti gli apparirà sempre come qualcosa di anomalo e limitativo rispetto al sapere offerto dalla realtà esterna alla scuola: è necessaria una ri-mediazione ed un’integrazione del sapere formale sull’informale. Purtroppo è ancora molto diffuso nelle scuole l’atteggiamento che Fini chiama di “snobismo tecnologico”, tuttavia, qualcosa sta cambiando e forse, la volontà di una parte dei docenti di inserirsi in progetti di long life learning e quindi di volere per sé un tipo di conoscenza e di apprendimento non statico (knoledge) ma dinamico (knowing) ne è la prova.
Il video Book dimostra che la didattica che utilizza la multimedialità, cioè un insegnamento attraverso molti media (da quelli elettronici alla scrittura al linguaggio verbale e paraverbale umano) riesce facilmente non solo a trasmettere informazioni ma anche a suscitare emozioni e sentimenti, coinvolgendo la sfera intellettuale attraverso la sfera sensoriale, creando così una forma di comunicazione potenziata, che non spiega ciò di cui si parla, ma lo ricrea con l’intensità delle immagini, l’efficacia del ritmo, il potere evocativo dei suoni. Utilizzare le tecnologie per insegnare alle nuove generazioni che sono cresciute “attivamente dentro la rete” significa cercare nuove forme per parlare, coinvolgere, insegnare.
Bruni esemplifica e chiarisce le tipologie di blog, distinguendone gli autori, le finalità, le funzioni e i possibili impieghi: si tratta non di una semplice lista, ma di un’utile schema da cui attingere idee da sviluppare in qualità di docenti.
Mi piace l’idea di BlogDidattici di creare ponti dal basso per unire le belle isole create da insegnanti che “si rimboccano le maniche” ma che hanno bisogno di un effettivo supporto e collegamento per non rimare piccole oasi felici, per diventare patrimonio della comunità di insegnanti e alunni, oltre che della rete. Il blog rappresenta, inoltre, uno degli strumenti che il docente può utilizzare per coinvolgere gli studenti in nuove forme di apprendimento, in cui il sapere si co-costruisce mediante la narrazione, il confronto e la riflessione.
Alla dicotomia evidenziata da Prensky tra nativi e immigranti digitali, credo sia utile aggiungere anche la categoria dei “clandestini analogici”: non saranno forse i docenti che ostentano l’atteggiamento di “snobismo tecnologico” di cui parla Fini?
Le osservazioni che Ariot fa sull’uso del blog nel proprio progetto possono in realtà essere delle considerazioni generali sugli aspetti positivi dell’utilizzo del blog in (e con la) classe: la semplicità di crearne uno, usarlo e gestirlo, l’economicità (o meglio la gratuità) del blog, la sua efficacia, evidenziano come sia “facile” coinvolgere e non “far arrabbiare” gli studenti nella pratica didattica quotidiana.
Albezzano dà dei consigli importanti e non tanto scontati: è necessaria saper stare in rete per poterla abitare con il proprio blog. Infatti, stare dentro la rete è un po’ come visitare e soggiornare e poi abitare una città nuova: per quanto ci si possa preparare, consultando guide e mappe, una volta lì, si trovano cose diverse e impreviste. Visitare, vivere, abitare uno spazio di rete attraverso i commenti a post altrui e la costruzione del proprio blog è ben diverso dal leggere un testo e scrivere un diario. In tutto questo, il segreto è di non perdere mai la voglia di mettersi in gioco continuamente.
La scuola trova ancora notevoli difficoltà a pensare i media dentro logiche di sistema e nel vedere se stessa dentro simili cornici. Si continua a pensare secondo un modello contrappositivo: un mezzo contro un altro, il più delle volte il mezzo libro contro tutti gli altri mezzi. In realtà, i media dovrebbero essere pensati all’interno di logiche di sistema e tale considerazione non è legata esclusivamente al presente: l'invenzione della scrittura non ha abolito la parola parlata. Al contrario, i due media si sono subito dati un rapporto di vicendevole condizionamento: nessuna società nella quale sia presente la scrittura è stata o potrebbe mai essere una società che non parla.
Rivoltella P.C. (2010), "La screen generation: media, culture e compiti dell'educazione", in Cittadini in crescita, 2, 2010
Prensky M. (2005), trad.it “Coinvolgimi o fammi arrabbiare: che cosa chiedono gli studenti di oggi?”, in Educause Review, vol. 40, n.5
Fini A. (2009), “Le tecnologie servono”, nel blog Anto’stuff
Video Book
Bruni F. (2009), “Tipologie ed usi degli edublog”, in Blog e didattica, pp.91-103, EUM, Macerata
Bianchi M.T. (2010), BlogDidattici, una storia a più voci
Bianchi M.T. (2010), BlogDidattici, una storia a più voci
Ariot S. (2010), “Quando la classe sta in un blog… di scrittura creativa” in Formare, n.69
Albezzano G. (2010), “Da Edidablog: il raglio del prof”, in Formare, n.69
Bruni F., Rodari e il Social Networking
Un primo passo per provare a descrivere gli usi e quindi le tipologie di edublog può essere la classificazione proposta da Richardson che distingue tra class portal, online filling cabinet, eportfolio, collaborative space, knowledge management, school website. La logica che guida una tale distinzione è legata al criterio dell’autore/autori del blog: il class portal è gestito dall’insegnante; l’online filling cabinet e l’e-portfolio sono affidati al singolo studente; i blog come collaborative space e come knowledge management sono invece frutto di una attività di gruppo gestita nel primo caso da insegnante, studenti ed eventuali esperti e nell’altro da gruppi principalmente di insegnanti; in una ultima tipologia - il blog come school website - si ha invece un autore istituzionale.
Il blog come class portal ha la funzione di «comunicare informazioni sulla classe ed archiviare i materiali del corso» (Richardson 2006, p. 21). A promuoverlo e gestirlo è ovviamente l’insegnante, i destinatari non sono solo gli studenti, ma anche i genitori. E’ un uso tra i più diffusi: il blog rende visibile e documenta il percorso formativo, dando senso alla fatica dell’apprendere e motivando ricorsivamente gli studenti. […] Il blog come online filling cabinet e come e-portfolio esprimono quindi attività promosse e gestite, sia pure sotto la supervisione del docente, dallo studente. Con l’online filling cabinet si ha un blog che permette agli studenti di «archiviare i loro lavori» e di creare «uno spazio per un portfolio on line» (Richardson 2006, p. 23). Non si tratta di evidenziare semplicemente i vantaggi di natura pratica (facilità di controllare i compiti svolti, rispetto dei tempi di consegna…), ma anche di evidenziare come vengano stimolati processi di riflessione. […] La prospettiva del blog come portfolio porta a compimento un processo circolare tra dimensione formale ed informale […] il blog come collaborative space: si tratta di un blog che vede la partecipazione degli studenti coordinati dal docente con la collaborazione di esperti. Le ultime due tipologie di blog individuate da Richardson, quelle legate al knowledge management e allo school website, sono accomunate dal fatto che gli studenti ne sono esclusi come autori o collaboratori, lasciando la scena agli insegnanti e all’istituzione scolastica. Il blog come knowledge management dovrebbe essere lo strumento che permette a gruppi e commissioni di «archiviare gli appunti degli incontri, continuare il dialogo […], condividere link, […] conservare documenti e presentazioni» per arrivare ad assegnare al blog la funzione di repository condividendo «le migliori pratiche, gli schemi delle lezioni, i learning object» […] Infine il blog come school website offre la possibilità di pensare al sito della scuola non più in termini statici, come semplice vetrina, ma in costante aggiornamento e, almeno potenzialmente, aperto ai contributi di genitori e allievi.
La scommessa su cui ha puntato BlogDidattici è stata fin dall’inizio quella di rendere il blog uno strumento didattico, orientato alla comunicazione e alla cooperazione. Perché ciò accadesse, occorreva raccogliere le singole isole in un grande arcipelago e aggregarle, creando rotte che permettessero scambi continui di esperienze formative. […] [Astolfi, parlando di BlogDidattici:] Ci sono molti insegnanti in Italia che da sempre si rimboccano le maniche nel tentativo e nella speranza di colmare i ritardi e le carenze della scuola italiana. Il blog, tecnologia semplice ed economica, ci ha fatto fare un salto di qualità, perché ha collegato quello che era disperso nelle varie scuole e nelle diverse zone del Paese. BD nasce dal basso, ha una natura spontanea, collettiva, aperta e in continuo divenire. È un sistema di relazioni tra pari, dove le informazioni, le idee, le esperienze vengono condivise e diventano patrimonio non della comunità, ma della rete. […] [Catalini, parlando del c@ffè dei lettori:] Le molteplici attività hanno permesso agli alunni di conoscere in rete persone con le quali è nato un rapporto di amicizia, di condividere conoscenze e sperimentare abilità disciplinari in un contesto comunicativo molto coinvolgente. Attraverso il blog i ragazzi si raccontano, parlando di loro, dei loro vissuti e delle loro esperienze. La comunicazione è molto intensa, e ciò consente di recuperare quegli spazi di relazioni a volte sacrificati da giornate che scorrono via troppo in fretta. Un semplice saluto, la segnalazione di una difficoltà, la comunicazione di un’emozione, di una scoperta contribuiscono a costruire e consolidare quella trama di relazioni che rendono una classe una comunità.
Il passaggio dall’insegnare con i media all’insegnare nei media non è affatto privo di ostacoli e difficoltà. Non bastano certo generiche dichiarazioni di principio, né adesioni con riserva. Né esito migliore hanno avuto e avranno imposizioni ope legis di metodiche operative e strumenti destinati a cadere nel dimenticatoio nello spazio di un mattino, o a restare a impolverarsi nelle aule, in assenza di una completa e consapevole adesione di quanti dovrebbero farne uso. Finché in ogni istituzione scolastica non si costituirà la necessaria massa critica, i docenti sono destinati a perdere il confronto con una realtà che incalza. Di fronte al dilagare delle tecnologie informatiche e delle comunicazioni, in ogni istante e in ogni luogo dell’esistenza quotidiana dei loro allievi, potranno ritagliandosi, nel migliore dei casi, un ruolo di immigrati digitali, o limitarsi a sopravvivere, nel peggiore, adattandosi a un grigio futuro da clandestini analogici.
[Ariot esamina le caratteristiche del suo progetto di un blog di scrittura creativa] Semplicità. Creare, usare e gestire un blog è prima di tutto semplice. Anche chi non avesse diffuse competenze informatiche e si limitasse a un utilizzo «strumentale» non avrà problemi. Studenti e insegnanti possono comodamente rintracciare un documento del passato, o un vecchio post, semplicemente consultando l’archivio o addirittura digitando nei motori di ricerca una o più parole chiave. Il blog inoltre è esportabile da uno spazio fisico, slegato da esso e visibile in qualsiasi luogo, non certamente solo scolastico. Economia. Pochi anni fa sarebbe stato impossibile immaginare la possibilità di gestire un prodotto editoriale gratuito e utilizzabile da un qualsiasi utente, tanto più all’interno di una classe. Un blog è gratis. Non si paga per registrarlo, non si paga per crearlo, non si paga per scriverlo o per gestirlo. Non bisogna comunque dimenticare che i blog rappresentano allo stesso tempo una sorta di specchietto per le allodole in cui la facilità con è possibile crearli è direttamente proporzionale alla velocità con cui scompaiono. Recenti studi dimostrano che più del 90% dei blog dura poche settimane e che all’entusiasmo iniziale da parte dell’autore corrisponde un’inesorabile discesa. Sicuramente è meglio non avere un blog piuttosto che averne uno non aggiornato con frequenza. Un blog che respira raramente, privo di vitalità e nascosto nei meandri della rete, è un blog suicida. Meglio a questo punto provvedere all’omicidio. Funzionalità.[…] 1. Sviluppa lo stimolo alla scrittura e alla lettura: la familiarità che si crea con un blog di cui si è destinatari, ma allo stesso tempo autori, facilita il processo di familiarizzazione con l’universo della lettura e scrittura. Già il fatto che questi processi avvengano attraverso l’interfaccia del computer consente una percezione diversa della totalità. La grafica autonomamente scelta e modificabile a seconda delle necessità o preferenze, la facilità di scrivere e correggere grazie ad applicazioni intuitive, la consapevolezza che le soddisfazioni non sono collegate solo a un voto nel registro ma all’effettiva apprezzabilità da parte dei compagni, dell’insegnante e ancor maggiormente da un pubblico esterno sono tutte motivazioni che confermano uno sviluppo dello stimolo alla scrittura e lettura. 2. Permette un controllo a distanza e simultaneo: la magia di internet sta proprio in questa caratteristica. I tempi di correzione e collaborazione si dilatano. Le scadenze e le consegne non sono più quelle irrevocabili e tassative perché attraverso il sistema di posta elettronica lo studente non è costretto ad aspettare il giorno dell’interrogazione per vedersi valutato un lavoro, così come l’insegnante può in qualsiasi momento intervenire e relazionarsi con lo studente attraverso la comunicazione on line. Lo studente che è malato e impossibilitato ad assistere alla lezione può comunque offrire il suo contributo alla classe e le vacanze non sono più un limite che condiziona i tempi di lavoro. Le distanze si annientano. 3. Consente la condivisione del lavoro del singolo con il gruppo: le ricerche tradizionali, fatte dal singolo studente in duplice copia (una per sé e una per l’insegnante), si concludono nell’esperienza della correzione-valutazione che di fatto ritorna allo studente dopo un moto a boomerang. Lo studente crea, l’insegnante controlla, lo studente riceve nuovamente il prodotto controllato e valutato. Solitamente, nella didattica tradizionale, gli studenti di una classe producono tutti una ricerca attinente uno stesso oggetto, ma ognuno di essi conosce solamente il prodotto del proprio lavoro. Attraverso il blog, invece, il lavoro del singolo diventa di proprietà non solo del gruppo ma addirittura dell’intera comunità virtuale. 4. Mette in gioco conoscenze e competenze: […] lo studente ha modo di distanziarsi e riflettere sui propri stati mentali arrivando a dirigere (almeno in parte) autonomamente i propri processi di apprendimento. 5. Offre visibilità a un esempio di buona pratica didattica: lo strumento del blog è per definizione utile per garantire visibilità a un progetto, soprattutto considerando l’appartenenza alla piattaforma Blogger di Google. L’elevata indicizzazione nei motori di ricerca, facilitata dall’utilizzo di tag di testo, consente di arrivare al blog con molta facilità. Efficacia. L’efficacia di un progetto didattico che prevede l’utilizzo del blog è facilmente intuibile poiché consente un monitoraggio dall’esterno, in qualsiasi momento, in vacanza come in eventuali momenti di malattia e astensione dal servizio. Addirittura nel caso in cui si cambiasse insegnante l’attività può comunque essere mantenuta. Il monitoraggio dall’esterno e la sua consapevolezza rappresentano sicuramente uno stimolo affinché gli studenti, e l’insegnante, si sentano anche solo un po’ controllati, sentano che c’è qualcuno, anche fuori dalla classe e dalla scuola, che sta aspettando un aggiornamento al blog, una novità da leggere, un approfondimento da scoprire. Ma l’aspetto sicuramente più importante per quanto riguarda l’efficacia è da ricercare nell’effetto di responsabilizzazione negli studenti relativo alla salvaguardia dei diritti d’autore.
A chi intenda aprire un blog didattico, quali suggerimenti dare? Il primo è quello di imparare a usare non solo e non tanto i programmi di elaborazione testi, presentazione, ecc., ma soprattutto di imparare come si sta in rete e come si interagisce nella rete. Il secondo consiglio è di fare un progetto didattico e di vedere come il blog si inserisce in questo progetto. Il terzo è di considerare il blog non come un fine ma come un mezzo, uno strumento. Il quarto, infine, è quello di sapersi mettere in gioco.
[...] nello sviluppo dei media non si assiste ad una evoluzione lineare dove una nuova modalità sopprime definitivamente la precedente. Si vengono a creare forme di competizione/integrazione tra media: prodotti multimediali che utilizzano la grafica tipica di cartoline postali dell’inizio del Novecento, film che integrano al loro interno tecniche digitali… In tal senso diventa centrale l’idea di “remediation”: il processo di rimediazione mostra come più che un processo lineare che proceda, ad esempio, dal cinema alla televisione, si assista a forme di contaminazione tra media. Gli strumenti digitali, sostengono Bolter e Grusin, “stanno facendo esattamente ciò che hanno fatto i loro predecessori: presentarsi al pubblico come versioni migliorate e rimodellate di media già presenti sul mercato” (Bolter e Grusin, 1999)
Una mappa per "Ri-mediare (al)la didattica":
Clicca qui per vedere la mappa in Mindomo, leggere note, commenti e rendere attivi i link e i file multimediali.